Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 10326 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 10326 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data pubblicazione: 18/04/2025
La Corte di Appello di Roma ha rigettato l’appello proposto dall’Azienda USL di Frosinone avverso la sentenza del Tribunale di Cassino che, in parziale accoglimento delle domande proposte da NOME COGNOME (dipendente della suddetta Azienda dal 2.5.1985 ed inquadrato come ausiliario specializzato), aveva accertato il diritto del medesimo a percepire le differenze di trattamento economico previste in ragione della mansioni superiori di Operatore socio sanitario di cui al livello B super del CCNL applicabile e a tale titolo aveva condannato l’Azienda al pagamento della somma di € 18.753,12 nei confronti del Venafro, oltre accessori come per legge.
R espinta l’eccezione di inammissibilità del gravame proposta dal Venafro, la Corte territoriale ha ritenuto rinunciata l’eccezione di prescrizione parziale del credito, in quanto non riproposta.
Richiamate le declaratorie contrattuali della categoria A del CCNL del Comparto Sanità del 1999 (di appartenenza del Venafro) e della categoria B, livello economico BS (in cui è ricompreso l’operatore sociosanitario), ha ritenuto prive di pregio le censure relative alla valutazione del materiale istruttorio e alla motivazione della sentenza impugnata.
Il giudice di appello in particolare rilevato che dall’attività istruttoria era emerso lo svolgimento, da parte del Venafro, in servizio presso la sala operatoria dell’ospedale di Sora, di attività di approvvigionamento dei farmaci, di pulizia e sterilizzazione dei ferri chirurgici, del ritiro del materiale necessario nel magazzino interno al reparto, di trasporto del materiale organico in laboratorio per gli esami prescritti e dell’approvvigionamento dei farmaci; era altresì emerso che le mansioni svolte dal ricorrente non si erano differenziate da quelle svolte dagli operatori sanitari.
Ha osservato che l’istruttoria svolta innanzi al Tribunale di Cassino aveva confermato lo svolgimento nel periodo per cui è causa, da parte del Venafro, di attività inquadrabili nel livello BS, essendosi il medesimo occupato di attività nell’ambiente ospedaliero ed in particolare di interventi igienico sanitari di supporto gestionale, organizzativo e formativo, ed in assenza di ulteriori censure ha respinto l’appello.
Avverso tale sentenza l’Azienda USL Frosinone ha proposto ricorso per cassazione sulla base di un unico motivo.
NOME COGNOME ha resistito con controricorso, illustrato da memoria.
DIRITTO
1.Con l’unico motivo, il ricorso denuncia violazione e/o falsa applicazione delle norme del CCNL Comparto Sanità 19982001 in relazione all’art. 360, comma primo, n. 3 cod. proc. civ.
Lamenta che con scarna, insufficiente e apodittica motivazione la sentenza impugnata ha accertato lo svolgimento di mansioni superiori da parte del Venafro.
Critica la sentenza impugnata per avere apoditticamente ritenuto che i compiti in concreto svolti dal Venafro siano ascrivibili alla categoria BS, a prescindere da un più approfondito esame degli elementi che caratterizzano le due diverse categorie.
Lamenta che la Corte territoriale non ha esplicitato il ragionamento giuridico in forza del quale le attività di approvvigionamento dei farmaci, di pulizia e di primo lavaggio dei ferri chirurgici, di ritiro del materiale necessario per il magazzino interno del reparto e di trasporto del materiale organico in laboratorio per gli esami prescritti debba essere qualificato alla stregua di interventi igienicosanitario di supporto gestionale, organizzativo e formativo, piuttosto che di ‘attività semplici di tipo manuale che richiedono una normale capacità nella qualificazione professionale, quali ad esempio…la pulizia e il riordino degli ambienti interni ed esterni e tutte le operazioni inerenti il trasporto di materiali in uso nell’ambito dei settori o serv izi di assegnazione, le operazioni elementari e di supporto richieste necessarie al funzionamento dell’unità operativa’.
Addebita alla Corte territoriale di avere omesso la doverosa comparazione tra la categoria di inquadramento (Ausiliario Specializzato di categoria A) e quello di rivendicato (Operatore Socio Sanitario di categoria BS).
Evidenzia che mentre l’Operatore Socio Sanitario svolge funzioni (sia pure di carattere manuale) che comportano un contatto diretto e costante con il paziente che presuppongono conoscenze teoriche di base necessarie per lo svolgimento dei compiti assegnati , l’Ausiliario Specializzato espleta essenzialmente attività di carattere manuale che ineriscono quasi esclusivamente ai locali o agli strumenti che non implicano alcuna specifica relazione con i degenti, all’infuori del mero accompagnamento e spostamento degli stessi in relazione alle esigenze assistenziali.
Sostiene che ai fini dell’inquadramento nel profilo di Operatore Socio Sanitario è necessario che le attività strettamente legate alla degenza dei pazienti in ospedale siano svolte in maniera prevalente, piena ed integrale.
2. Il ricorso è inammissibile.
Infatti, in seguito alla riformulazione dell’art. 360, primo comma, n. 5, c.p.c., disposta dall’art. 54 del d.l. n. 83 del 2012, conv., con modif., dalla l. n. 134 del 2012, non sono più ammissibili nel ricorso per cassazione le censure di contraddittorietà e insufficienza della motivazione della sentenza di merito impugnata, in quanto il sindacato di legittimità sulla motivazione resta circoscritto alla sola verifica della violazione del “minimo costituzionale” richiesto dall’art. 111, sesto comma, Cost., individuabile nelle ipotesi -che si convertono in violazione dell’art. 132, secondo comma, n. 4, c.p.c. e danno luogo a nullità della sentenza- di “mancanza della motivazione quale requisito essenziale del provvedimento giurisdizionale”, di “motivazione apparente”, di “manifesta ed irriducibile contraddittorietà” e di “motivazione perplessa od incomprensibile”, mentre al di fuori di tali ipotesi il vizio di motivazione può essere dedotto solo per omesso esame di un “fatto storico”, che abbia formato oggetto di discussione e che appaia “decisivo” ai fini di una diversa soluzione della controversia (Cass. Sez. 1 – Ordinanza n. 7090 del 03/03/2022; Cass. Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 22598 del 25/09/2018; Cass. Sez. 3 – Sentenza n. 23940 del 12/10/2017).
Nel caso di specie non è configurabile la motivazione apodittica, atteso che la Corte territoriale sintetizzato i motivi proposti, riguardanti la valutazione del materiale istruttorio e la motivazione della sentenza impugnata, e si è pronunciata su tali censure.
Ancorché sinteticamente, la Corte territoriale ha infatti riportato le declaratorie contrattuali; dopo avere dato atto delle risultanze istruttorie, ha indicato le mansioni svolte dal Venafro presso la sala operatoria dell’Ospedale di Sora e le ha rapportate alle declaratorie contrattuali.
In particolare, il giudice di appello ha escluso l’erronea valutazione del materiale istruttorio, in quanto le attività espletate dal Venafro erano consistite nell’ approvvigionamento dei farmaci, nella pulizia e nella sterilizzazione dei ferri chirurgici, nel ritiro del materiale necessario nel magazzino interno al reparto, nel trasporto del materiale organico in laboratorio per gli esami prescritti e n ell’approvvigionamento dei farmaci ; ha inoltre valorizzato la circostanza che tali mansioni, svolte in ambiente ospedaliero (come previsto dalla declaratoria relativa all’operatore socio sanitario) , erano consistite in interventi igienico sanitari e di supporto gestionale, organizzativo e formativo, non differenziandosi da quelle svolte dagli altri O.S.S., come riferito dai testi escussi.
Ha dunque dato atto della circostanza che il Venafro aveva svolto compiti di carattere sanitario in sala operatoria; si tratta dunque di compiti diversi da quelli propri della qualifica di inquadramento, di carattere meramente manuale.
Il ricorso va pertanto dichiarato inammissibile.
Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.
Sussistono le condizioni per dare atto, ai sensi dell’art.13, comma 1 quater, del d.P.R. n.115 del 2002, dell’obbligo, per parte ricorrente, di versare l’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per l’impugnazione integralmente rigettata, se dovuto.
P. Q. M.
La Corte dichiara l’inammissibilità del ricorso e condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in € 200,00 per
esborsi ed in € 3.000,00 per competenze professionali, oltre al rimborso spese generali nella misura del 15% e accessori di legge , da distrarsi in favore dell’Avv. NOME COGNOME;
dà atto della sussistenza dell’obbligo per parte ricorrente, ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. n.115 del 2002, di versare l’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per l’impugnazione integralmente rigettata, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Lavoro della