Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 18870 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L Num. 18870 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 10/07/2024
ORDINANZA
sul ricorso 10433-2019 proposto da:
NOME COGNOME, elettivamente domiciliato in ROMA, INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME, che lo rappresenta e difende;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Commissario Straordinario legale rappresentante pro tempore , domiciliata ope legis in ROMA, INDIRIZZO, presso la CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 1232/2018 della CORTE D’APPELLO di CATANZARO, depositata il 27/09/2018 R.G.N. 171/2015;
R.G.N.10433/2019
COGNOME.
Rep.
Ud. 22/05/2024
CC
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udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 22/05/2024 dal AVV_NOTAIO COGNOME.
RILEVATO
che, con sentenza del 27 settembre 2018, la Corte d’Appello di Catanzaro, in riforma della decisione resa dal Tribunale di RAGIONE_SOCIALE, rigettava la domanda proposta da NOME COGNOME nei confronti dell’RAGIONE_SOCIALE, avente ad oggetto la condanna dell’RAGIONE_SOCIALE predetta, alle cui dipendenze l’istante prestava servizio con inquadramento in categoria DS, profilo collaboratore amministrativo esperto ed assegnazione dal 2004 alla posizione organizzativa di responsabile amministrativo per la formazione del personale, al pagamento delle differenze retributive maturate nel periodo dal marzo 2002 al 31.12.2007 per aver svolto di fatto le superiori mansioni di direzione di struttura complessa in qualità di referente unico della struttura organizzativa di formazione e aggiornamento professionale, inserita in posizione di staff al Direttore Generale ai sensi dell’art. 16 dell’atto aziendale e, quindi, ricompresa tra le strutture complesse di cui al successivo art. 20;
che la decisione della Corte territoriale discende dall’averequesta ritenuto non ricorrere nella specie l’indefettibile requisito per il riconoscimento del trattamento economico relativo alle superiori mansioni anche dirigenziali di fatto esercitate, dato dalla sussistenza nella pianta organica di un posto cui riferire l’esercizio delle dette funzioni dirigenziali;
che per la cassazione di tale decisione ricorre il COGNOME, affidando l’impugnazione a due motivi, cui resiste, con controricorso l’RAGIONE_SOCIALE;
CONSIDERATO
che, con il primo motivo, il ricorrente, nel denunciare la violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c. nonché degli
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artt. 434, 437, 125 e 83 c.p.c. e 2697 c.c., lamenta a carico della Corte territoriale l’omessa pronunzia in ordine all’eccezione, tempestivamente sollevata, relativa alla nullità della procura allegata in calce all’atto di appello ed il conseguente error in procedendo dato dalla mancata declaratoria di nullità dell’atto di appello, implicante il passaggio in giudicato della pronunzia di primo grado;
che, con il secondo motivo, denunciando la violazione e falsa applicazione degli artt. 52, comma 5, d.lgs. n. 165/2001, 2126 c.c. e 36 Cost., il ricorrente lamenta l’incongruità logica e giuridica del convincimento della Corte territoriale per cui l’incarico conferito al ricorrente non configurerebbe, in base all’atto aziendale, una specifica posizione organizzativa che richieda l’esercizio di funzioni dirigenziali o l’attribuzione ad un dirigente;
che il primo motivo si rivela inammissibile, atteso che il ricorrente, che non allega né localizza l’atto di appello depositato dall’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, non assolve all’onere di specificazione ex art. 366 n. 6 cod. proc. civ. del dato di fatto su cui il medesimo fonda la sollevata eccezione del difetto di procura relativo all’atto di appello, ovvero l’essere quella ivi rilasciata una procura senza data destinata, pertanto, a prendere la data dell’atto di appello, in relazione alla quale il firmatario della procura risultava privo del relativo potere;
che la RAGIONE_SOCIALE controricorrente, nel replicare al motivo, insiste nell’attribuire all’atto una data anteriore attraverso il riferimento ad uno specifico atto deliberativo, su cui, evidentemente, trova fondamento la pronunzia a riguardo resa dalla Corte territoriale implicitamente, stante l’inconfigurabilità dell’omessa pronunzia in relazione alle questioni processuali;
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che, inoltre, infondatamente il ricorso fa discendere dall’asserita nullità della procura l’inammissibilità dell’appello, quando, invece, questa Corte ha affermato che al giudizio di appello si applica la disposizione dell’art 182, comma 2, cod. proc. civ. secondo cui il giudice, se rileva un vizio che determina la nullità della procura al difensore, assegna alle parti un termine perentorio per il rilascio della stessa o per la sua rinnovazione (cfr. fra le tante Cass. n. 2498/2022 e cfr. anche quanto all’applicabilità al rito del lavoro della disposizione citata Cass. n. 16252/2020 e Cass. n. 6041/2018);
che parimenti inammissibile risulta il secondo motivo, risolvendosi la censura in esso sollevata, formalmente prospettata come vizio di violazione di legge, nella confutazione della lettura accolta dalla Corte territoriale circa la qualificazione non dirigenziale, desumibile dall’atto aziendale, delle funzioni correlate all’incarico conferito;
il motivo, che richiamando la motivazione della sentenza di primo grado, fa leva sulle risultanze della prova testimoniale e sulla documentazione prodotta, nella sostanza sollecita una diversa valutazione delle risultanze processuali e un giudizio di merito, precluso al giudice di legittimità;
che il ricorso va, dunque, dichiarato inammissibile;
che le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna parte ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità che liquida in euro 200,00 per esborsi ed euro
6.000,00 per compensi, oltre spese generali al 15% ed accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.p.r. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso norma del comma 1- bis, dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma nell’adunanza camerale del 22 maggio 2024