Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 30191 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 30191 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 16/11/2025
ORDINANZA
sul ricorso 14650-2022 proposto da:
NOME , rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE , in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 1311/2021 della CORTE D’APPELLO di MILANO, depositata il 14/12/2021 R.G.N. 678/2021; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 21/10/2025 dal AVV_NOTAIO COGNOME.
Oggetto
Mansioni superiori
R.G.N.NUMERO_DOCUMENTO
COGNOME.
Rep.
Ud 21/10/2025
CC
FATTI DI CAUSA
La Corte di Appello di Milano, con la sentenza impugnata, ha confermato la pronuncia di primo grado che aveva respinto il ricorso proposto da NOME COGNOME nei confronti di RAGIONE_SOCIALE volto ad accertare ‘il diritto ad essere inquadrato come Specialista tecnico/amministrativo con parametro 193 nell’Area Professionale 2, Area Operativa amministrazione e servizi del CCNL RAGIONE_SOCIALE Autoferrotranvieri ovvero, in subordine, come Collaboratore d’ufficio con parametro 175 nell’Area Profes sionale 3, Area Operativa amministrazione e servizi del medesimo CCNL con decorrenza dall’1 luglio 2016,’ con conseguente condanna della società a pagare le relative differenze retributive.
In sintesi e per quanto possa rilevare in questa sede di legittimità, la Corte territoriale ha preliminarmente richiamato le declaratorie contrattuali, sia con riguardo all’inquadramento assegnato dalla società (parametro 140), sia con riferimento a quelli superiori rivendicati dal lavoratore. Ha accertato che dall’istruttoria espletata emergeva che ‘l’appellante si limitava ad inserire dati provenienti da altri settori nell’ambito di un programma informatico specifico, che poi venivano utilizzati dall’a mministrazione del personale per comporre le paghe, senza poter apportare in maniera autonoma alcuna correzione, dovendo chiedere l’autorizzazione’. Secondo la Corte si trattava, quindi, di attività per le quali era sufficiente il possesso di ‘adeguate con oscenze tecniche o teoricopratiche’ e la capacità di ‘gestire’ queste conoscenze attraverso una adeguata ‘capacità operativa’, sempre però ‘sulla base di direttive ricevute’. ‘Tutti requisiti propri continua la Corte –
del parametro 140 nel quale è inquadrato’, mentre dall’istruttoria non era emersa in alcun modo la prova che l’appellante realizzasse ‘processi produttivi’, coordinasse specifiche unità, svolgesse ‘compiti tecnico specialistici di notevole contenuto profes sionale’, propri del parametro 193, o anche solo di ‘contenuto significativo’ proprio del parametro 175.
Per la cassazione di tale sentenza ha proposto ricorso il soccombente con quattro motivi; ha resistito con controricorso l’intimata.
Parte ricorrente ha comunicato memoria.
All’esito della camera di consiglio, il Collegio si è riservato il deposito dell’ordinanza nel termine di sessanta giorni.
RAGIONI DELLA DECISIONE
I motivi di ricorso possono essere sintetizzati come di seguito:
1.1. il primo denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 18, All. A, R.D. n. 148 del 1931 e dell’art. 115 c.p.c., ai sensi dei nn. 3 e 5 dell’art. 360 c.p.c., lamentando la ‘inesatta interpretazione della Corte di Appello in ordine alle risultanze d ella prova per testi’;
1.2. il secondo motivo testualmente deduce: ‘falsa applicazione dell’art. 360 n. 3 in relazione al mancato riconoscimento del parametro 193 o in subordine del parametro 175’;
1.3. il terzo motivo lamenta la ‘mancanza di motivazione’, eccependo che nella specie ‘non va applicato l’art. 2103 c.c. bensì l’art. 18, all. A, R.D. n. 148/1931 e quindi si desume che l’omessa trattazione di tale normativa costituisce violazione
dell’art. 360 n. 4 c.p.c. e pertanto la sentenza è affetta da nullità’;
1.4. il quarto mezzo, rubricato ‘mediazione -rifiuto’, si duole che la società, in sede di mediazione per altra contesa, ‘non ha voluto discutere in ordine a qualifica e differenze retributive’ onde evitare il giudizio di cassazione.
Il ricorso, per come formulato, è inammissibile.
2.1. Il primo motivo è inammissibile perché dichiaratamente contesta la valutazione delle risultanze probatorie operata, concordemente, in entrambi i gradi del giudizio di merito, cui compete l’apprezzamento delle prove.
Si deduce il vizio di cui al n. 5 dell’art. 360 c.p.c. in una ipotesi preclusa dalla ricorrenza di una cd. ‘doppia conforme’ (cfr. art. 348 ter, ultimo comma, c.p.c., in seguito art. 360, comma 4, c.p.c., per le modifiche introdotte dall’art. 3, commi 26 e 27, d. lgs. n. 149 del 2022), senza indicare le ragioni di fatto poste a base, rispettivamente, della decisione di primo grado e della sentenza di rigetto dell’appello, dimostrando che esse sono tra loro diverse (v. Cass. n. 26774 del 2016; conf. Cass. n. 20944 del 2019).
Circa la pretesa violazione dell’art. 115 c.p.c. è sufficiente rammentare quanto ribadito dalle Sezioni unite di questa Corte (cfr. Cass. SS.UU. n. 20867 del 2020), secondo cui, per dedurre la violazione di detta disposizione è necessario denunciare che il giudice non abbia posto a fondamento della decisione le prove dedotte dalle parti, cioè abbia giudicato in contraddizione con la prescrizione della norma, il che significa che per realizzare la violazione deve avere giudicato o contraddicendo espressamente la regola di cui alla norma, cioè dichiarando di non doverla osservare, o contraddicendola implicitamente, cioè giudicando sulla base di prove non introdotte dalle parti e
disposte invece di sua iniziativa al di fuori dei casi in cui gli sia riconosciuto un potere officioso di disposizione del mezzo probatorio (mentre detta violazione non si può ravvisare nella mera circostanza che il giudice abbia valutato le prove proposte dalle parti attribuendo maggior forza di convincimento ad alcune piuttosto che ad altre).
2.2. Il secondo ed il quarto motivo sono inammissibili atteso che neanche individuano la norma di diritto di cui si lamenta la falsa applicazione.
Invero, il vizio ex art. 360, co. 1, n. 3, c.p.c., va dedotto, a pena di inammissibilità, sia con l’indicazione delle norme di diritto asseritamente violate ma anche mediante la specifica indicazione delle affermazioni in diritto contenute nella sentenza impugnata che motivatamente si assumano in contrasto con le norme regolatrici della fattispecie e con l’interpretazione delle stesse fornita dalla giurisprudenza di legittimità o dalla prevalente dottrina, così da prospettare criticamente una valutazione comparativa fra opposte soluzioni, non risultando altrimenti consentito alla RAGIONE_SOCIALE di adempiere al proprio compito istituzionale di verificare il fondamento della denunziata violazione (Cass. n. 287 del 2016; Cass. n. 635 del 2015; Cass. n. 25419 del 2014; Cass. n. 16038 del 2013; Cass. n. 3010 del 2012).
2.3. Il terzo motivo è inammissibile in quanto inconferente rispetto alla ratio della decisione gravata che ha risolto la controversia sulla base della mancanza in fatto, nelle mansioni esercitate dall’istante, di una prestazione connotata degli elementi richiesti dalle superiori declararatorie contrattuali rivendicate, peraltro confermando una sentenza di primo grado che aveva ritenuto appunto applicabile l’art. 18, All. A, R.D. n. 148 del 1931 (v. pag. 3 sentenza impugnata).
Pertanto, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile nel suo complesso, con spese che seguono la soccombenza liquidate come da dispositivo.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della legge n. 228 del 2012, occorre altresì dare atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13 (cfr. Cass. SS.UU. n. 4315 del 2020).
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il soccombente al pagamento delle spese liquidate in euro 3.000,00, oltre euro 200,00 per esborsi, accessori secondo legge e rimborso spese generali al 15%.
Ai sensi dell’art. 13, co. 1 quater, d.P.R. n. 115 del 2002 dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma nell’adunanza camerale del 21 ottobre 2025.
La Presidente AVV_NOTAIOssa NOME COGNOME