Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 8171 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 8171 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 28/03/2025
ORDINANZA
nel procedimento iscritto al n. 12988/2024 R.G. proposto da NOME COGNOME rappresentata e difesa dagli Avv.ti NOME COGNOME NOME COGNOME e NOME COGNOME presso i quali è domiciliata come da pec registri di giustizia
– ricorrente –
contro
– intimata – avverso la sentenza n. 2116/2023 della Corte d’Appello di Bari, depositata il 24.11.2023, N.R.G. 497/2021.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 6.3.2025 dal Consigliere dott. NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
1.
la Corte d’Appello di Bari ha disatteso il gravame proposto da NOME COGNOME avverso la sentenza del Tribunale di Foggia che a
propria volta aveva rigettato la domanda con cui la stessa, quale dipendente dell’Azienda Sanitaria Locale di Foggia, inquadrata al livello B5, aveva chiesto la corresponsione delle maggiori retribuzioni a suo dire maturate per l’esercizio di mansioni superiori, di categoria C, dal maggio 1999 al pensionamento del novembre 2012, ovverosia nel periodo di assegnazione all’area farmaceutica ove si era occupata della contabilizzazione e liquidazione delle distinte riepilogative per le farmacie convenzionate, oltre alla predisposizione delle determine dirigenziali per il relativo pagamento;
la Corte territoriale, richiamate le declaratorie delle categorie B, Bs e C del CCNL comparto sanità del 7.4.1999, ne evidenziava i tratti differenziali, consistenti nelle conoscenze teoriche di base (categoria B) o specialistiche (cat. C) nel possesso di capacità ‘specifiche’ (categoria B) o di ‘particolare specializzazione’ (categoria Bs) o ‘elevate’ (categoria C), con coordinamento ed assunzione di responsabilità dell’operato altrui (cat. Bs) o dei risultati (cat. C), oltre ad ulteriori tratti di differenziazione risultanti dai profili professionali di riferimento;
ciò posto, la Corte d’Appello evidenziava come dall’istruttoria testimoniale e documentale fosse risultato che la ricorrente svolgeva un’attività circoscritta all’immissione di dati contabili in un apposito programma gestionale, senza svolgimento di alcun controllo e senza coordinare altri operatori e che anche le delibere da essa formate erano documenti dal contenuto sempre identico, in cui andavano solo inseriti i dati numerici risultanti dai prospetti riepilogativi delle singole farmacie, con le eventuali aggiunte o integrazioni elaborate dai superiori;
non era neanche emerso, aggiungeva la Corte distrettuale, che la ricorrente svolgesse attività di informazione ai cittadini, che collaborasse per attività di programmazione, studio e ricerca o che controllasse altri operatori ed infine era irrilevante la sua
partecipazione a corsi di formazione, in quanto ciò che contava erano le conoscenze concretamente utilizzate nell’attività di lavoro e non le cognizioni teoriche in quanto tali;
infine, la Corte d’Appello riteneva in sé irrilevante che nel proprio lavoro la ricorrente si interfacciasse con personale di qualifica dirigenziale o con altri soggetti sovraordinati;
la Corte di merito concludeva, quindi, nel senso che la ricorrente non aveva mai svolto mansioni tali da richiedere conoscenze specialistiche né una ‘particolare specializzazione’ ( cat. Bs) o capacità ‘elevate’ (cat. C), sicché non sussisteva prova della corrispondenza di fatto delle mansioni a tali superiori livelli;
2.
NOME COGNOME ha proposto ricorso per cassazione sulla base di un unico motivo, mentre la ASL è rimasta intimata;
con atto del 3.10.2024 è stata formulata proposta di definizione accelerata ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c. nel senso dell’inammissibilità del ricorso sotto vari profili;
NOME COGNOME con nota del 13.11.2024 ha chiesto la decisione del ricorso che è stato quindi avviato a trattazione camerale.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.
l’unico motivo di ricorso è rubricato come ‘errata valutazione delle prove acquisite e dei documenti prodotti, che hanno comportato il vizio di motivazione in relazione all’art. 360 comma 1, n. 3 e 5 c.p.c.’;
la ricorrente afferma di non condividere il processo logico-giuridico e le conclusioni dei giudici di merito, sostenendo di avere gestito in autonomia un complesso procedimento amministrativo con predisposizione di determinazioni e delibere di spesa;
non era vero -si afferma nel motivo -che le attività di contabilizzazione e liquidazione fossero semplici ed i controlli e coordinamenti cui la lavoratrice era sottoposta evidenziavano la responsabilità per le attività compiute, così come era altresì provato che la ricorrente svolgesse attività di informazione ai cittadini attraverso rapporti diretti con le farmacie convenzionate; in ogni caso avrebbe dovuto approfondirsi, mediante consulenza contabile, la sussistenza di differenze retributive e quanto meno dare atto della ricorrenza dei presupposti per il riconoscimento dello svolgimento di fatto di mansioni di categoria Bs; 2.
va intanto richiamato il principio per cui nel procedimento per la decisione accelerata dei ricorsi inammissibili, improcedibili o manifestamente infondati ex art. 380-bis c.p.c. (come novellato dal d.lgs. n. 149 del 2022), il presidente della sezione o il consigliere delegato che ha formulato la proposta di definizione può far parte ed eventualmente essere nominato relatore – del collegio investito della definizione del giudizio ai sensi dell’art. 380-bis.1 c.p.c., non versando in situazione di incompatibilità agli effetti degli artt. 51, comma 1, n. 4, e 52 c.p.c., atteso che tale proposta non rivela una funzione decisoria e non è suscettibile di assumere valore di pronuncia definitiva, né la decisione in camera di consiglio conseguente alla richiesta del ricorrente si configura quale fase distinta, che si sussegue nel medesimo giudizio di cassazione con carattere di autonomia e con contenuti e finalità di riesame e di controllo sulla proposta stessa (Cass., S.U., 10 aprile 2024, n. 9611);
è dunque del tutto rituale che il consigliere che formulò la proposta ai sensi dell’art. 380 -bis c.p.c. partecipi -qui in veste di presidente della parte
-all’adunanza camerale fissata in conseguenza corrispondente istanza di decisione formulata dalla interessata;
3.
ciò posto, il ricorso è da ritenere inammissibile;
4.
deve premettersi che, come ritenuto dalla S.U. di questa S.C. la riformulazione dell’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., disposta dall’art. 54 del d.l. 22 giugno 2012, n. 83, conv. in legge 7 agosto 2012, n. 134, deve essere interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 delle preleggi, come riduzione al “minimo costituzionale” del sindacato di legittimità sulla motivazione, sicché è denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sé, purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali, con anomalia che si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione (Cass., S.U., 7 aprile 2014, n. 8053);
nel caso di specie è di tutta evidenza -bastando il rinvio a quanto riepilogato nello storico di lite – che la motivazione vi è stata, muovendo correttamente lungo le linee del c.d. ragionamento trifasico e quindi con la ricostruzione delle declaratorie, dei tratti differenziali tra le categorie e con il raffronto di tali aspetti con quanto e merso dall’istruttoria sull’attività svolta;
Cass., S.U., 8053/2014, cit., ha altresì chiarito che l’art. 360 n. 5 c.p.c. regola un vizio specifico denunciabile per cassazione, relativo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere
decisivo, sicché non valgono ad integrare la fattispecie le generali critiche mosse dal ricorso per cassazione alla motivazione della Corte d’Appello e che parimenti sono state sopra sintetizzate nel loro contenuto;
5.
il ricorso -in realtà e come si evince dalla narrativa del suo contenuto -sviluppa una complessiva ricostruzione alternativa degli esiti dell’istruttoria, tra l’altro in gran parte con passaggi apodittici, e si traduce nella prospettazione di una diversa soluzione di merito, che non ha nulla a che vedere con l’impugnazione per cassazione, rigorosamente da svolgere sulla base di specifiche critiche di legittimità;
vale in definitiva il principio per cui il ricorso per cassazione non può essere impostato manifestando difformità rispetto alle attese ed alle deduzioni della parte ricorrente sul valore e sul significato da attribuire alle emergenze di causa, tutto risolvendosi, altrimenti, in un’inammissibile istanza di revisione delle valutazioni e del convincimento del giudice di merito tesa all’ottenimento di una nuova pronuncia sul fatto, certamente estranea alla natura ed ai fini del giudizio di legittimità (Cass., S.U., 27 dicembre 2019, n. 34476; Cass., S.U., 25 ottobre 2013, n. 24148; ora anche Cass. 22 novembre 2023, n. 32505);
manifestamente inammissibile è anche la censura, sviluppata in chiusura del motivo, in ordine al non essersi svolta consulenza contabile di approfondimento, chiaramente priva di rilievo alcuno a fronte della mancata prova dell’esercizio di fatto di mansioni superiori a quelle di inquadramento;
6.
all’inammissibilità del ricorso non segue pronuncia sulle spese, in quanto la ASL non ha svolto attività difensiva;
ciò comporta altresì che, nonostante la definizione avvenga in piena conformità a quanto già ritenuto nella proposta di definizione
accelerata, non può esprimersi la condanna in favore della controparte ai sensi dell’art. 380 bis, u.c. e 96, co. 3 c.p.c., ma solo la condanna ai sensi dell’art. 380 bis u.c. e 96, quarto comma, c.p.c., nella misura di cui al dispositivo.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento, in favore della cassa delle ammende, della somma di euro 1.500,00.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto, per il ricorso a norma del cit. art. 13, comma 1-bis, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Lavoro