Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 5508 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L   Num. 5508  Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 01/03/2024
ORDINANZA
sul ricorso 20809-2019 proposto da:
NOME, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, INDIRIZZO, presso lo studio degli avvocati NOME COGNOME, NOME COGNOME, che lo rappresentano e difendono;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE;
– intimati – avverso la sentenza n. 1449/2018 della CORTE D’APPELLO di CATANZARO, depositata il 31/12/2018 R.G.N. 1647/2014;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 17/01/2024 dal AVV_NOTAIO COGNOME.
R.G.N. 20809/2019
COGNOME.
Rep.
Ud. 17/01/2024
CC
RILEVATO CHE
con sentenza 31 dicembre 2018, la Corte d’appello di Catanzaro ha rigettato l’appello di NOME COGNOME avverso la sentenza di primo grado, di reiezione della sua domanda di condanna di RAGIONE_SOCIALE e di RAGIONE_SOCIALE (entrambe società della RAGIONE_SOCIALE) al pagamento, in proprio favore, della complessiva somma di € 79.176,60, a titolo di differenze retributive per mansioni superiori a quelle di inquadramento, lavoro straordinario, ferie, festività e permessi non goduti per il periodo lavorato alle dipendenze della prima dal 24 febbraio 2003 al 16 gennaio 2007 e della seconda dal 23 gennaio all’1 novembre 2007, svolgendo sempre le stesse mansioni;
in esito ad argomentato e critico scrutinio delle risultanze istruttorie, la Corte territoriale ha ribadito, per la sua correttezza, la valutazione probatoria del Tribunale, invece censurata dal lavoratore appellante e ha così confermato la carenza di prova (tanto testimoniale, tanto documentale: questa pure oggetto di un’elaborata C.t.u., per la sua voluminosità e difficoltà di estrazione di dati probanti) in ordine, per quanto ancora rileva, alle superiori mansioni e all’orario straordinario prestato;
 con  atto  notificato  il  27  giugno  2019,  il  lavoratore  ha proposto ricorso per cassazione con tre motivi, meramente richiamati con memoria ai sensi dell’art. 380 bis 1 c.p.c.;  le società,  ritualmente  intimate,  non  hanno  svolto  attività difensiva;
il  collegio  ha  riservato  la  motivazione,  ai  sensi  dell’art. 380 bis 1, secondo comma, ult. parte c.p.c.
CONSIDERATO CHE
il ricorrente ha dedotto:
a ) nullità della sentenza per violazione e falsa applicazione dell’art. 115 c.p.c., per non avere la Corte territoriale riferito al ricorrente le sottoscrizioni apposte a sua firma sulla voluminosa documentazione aziendale, prodotta dalle società datrici ed esaminata dal C.t.u., ‘in assenza di’ loro ‘espressa identificazione … salvo idonea perizia calligrafica’ , nell’inesistenza di un tale onere né di alcuna contestazione in ordine alla loro autenticità, come accertato anche dal C.t.u . ‘che nessuno avesse sollevato eccezioni in ordine alla firma’ , né che esistesse ‘alcun dubbio dal momento che nessun riferimento è fatto circa l’autenticità delle firme o circa l’espletamento di una specifica perizia calligrafica’ . Egli si è pertanto doluto della negazione, da parte della Corte calabrese, dell’efficienza probatoria della documentazione scrutinata dalla C.t.u., in ordine alla firma del lavoratore sui documenti in arrivo ed emessi dalle due società, nonché apposta a un numero significativo di altri documenti e di protocolli, attestanti lo svolgimento di mansioni del livello superiore rivendicato e dell’orario di lavoro straordinario prestato indicato nella trascritta tabella A, contenuta nell’allegato 2 alla relazione integrativa di C.t.u. (primo motivo);
b ) violazione e falsa applicazione dell’art. 116 c.p.c., per avere la Corte territoriale: b’ ) attribuito (come già il Tribunale) scarsa attendibilità al teste COGNOME (pure con ‘motivazione viziata nel suo iter logico … non adeguata e congrua’ ), per il solo fatto di aver promosso analogo contenzioso nei confronti delle società -prescindendo dalla precisione e completezza della deposizione, in quanto prestatore degli stessi orari del ricorrente, con il quale lavorava insieme -isolando gli elementi probatori acquisiti, così operandone una valutazione atomistica, anziché globale, come invece corretto; b” ) immotivatamente non valorizzato,
alla stregua di argomento di prova, la mancata ottemperanza delle società all’ordine del Tribunale di esibizione, a norma dell’art. 210 c.p.c., della documentazione fiscale degli anni 2003 e 2004, neppure messa a disposizione del C.t.u., nonostante fin dalla prima udienza del 19 marzo 2009 il giudice avesse loro intimato di ‘esibire le bolle di consegna della merce in entrata e in uscita nel periodo da febbraio 2003 al novembre 2007 sottoscritte dal ricorrente’ e reiterato l’ordine alle successive udienze d el 3 novembre 2010 e del 16 novembre 2011, evidenziando l’indispensabilità di detta documentazione ai fini della decisione (secondo motivo);
 essi,  congiuntamente  esaminabili  per  ragioni  di  stretta connessione, sono inammissibili;
3. in via di premessa, occorre rilevare come la Corte d’appello abbia globalmente valutato la documentazione e le prove orali, in esito ad un loro scrutinio attento e congruamente argomentato ( sub p.to I, ultimi sei alinea di pg. 6 e primi tre di pg. 7 e sub p.to II, dal secondo alinea di pg. 7 al nono alinea di pg. 9 della sentenza). Quanto al giudizio sull’attendibilità dei testi e sulla credibilità di alcuni invece che di altri (nel caso di specie, avendo la Corte d’appello congruamente giustificato, nel complessivo contesto probatorio, la parziale inattendibilità del teste COGNOME: agli ultimi quattro alinea di pg. 7 della sentenza) e alla scelta, tra le varie risultanze probatorie, di quelle ritenute più idonee a sorreggere la motivazione, si tratta di apprezzamenti di fatto riservati al giudice del merito, il quale, nel porre a base della propria decisione una fonte di prova escludendone altre, non incontra altro limite che quello di indicare le ragioni del proprio convincimento, senza essere tenuto a discutere ogni singolo elemento o a confutare tutte le deduzioni difensive: dovendo ritenersi implicitamente disattesi tutti i rilievi e le circostanze che, sebbene non menzionati specificamente,
siano  logicamente  incompatibili  con  la  decisione  adottata (Cass.  21  luglio  2010,  n.  17097;  Cass.  2  agosto  2016,  n. 16056; Cass. 31 luglio 2017, n. 19011);
4. non si configurano, pertanto, le violazioni di legge denunciate, oggetto di una mera enunciazione senza alcuna critica selezione di conferenza al caso di specie, non implicando le censure un problema interpretativo, né di falsa applicazione della legge, consistente nella sussunzione della fattispecie concreta in una qualificazione giuridica che non le si addica, perché la fattispecie astratta da essa prevista non sia idonea a regolarla, oppure nel trarre dalla norma, in relazione alla fattispecie concreta, conseguenze giuridiche che ne contraddicano la pur corretta interpretazione (Cass. 30 aprile 2018, n. 10320; Cass. 25 settembre 2019, n. 23851). Il ricorrente allega piuttosto un’erronea ricognizione della fattispecie concreta a mezzo delle risultanze di causa, esterna all’esatta interpretazione della norma e inerente alla tipica valutazione del giudice di merito, la cui censura è possibile, in sede di legittimità, solo sotto l’aspetto del vizio di motivazione (Cass. 11 gennaio 2016, n. 195; Cass. 13 ottobre 2017, n. 24155; Cass. 29 ottobre 2020, n. 23927), oggi peraltro nei rigorosi limiti del novellato art. 360, primo comma, n. 5 c.p.c.;
4.1. quanto, in particolare, alla violazione dell’art. 115 c.p.c., per dedurla correttamente con ricorso per cassazione, occorre denunciare che il giudice, in contraddizione espressa o implicita con la prescrizione della norma, abbia posto a fondamento della decisione prove non introdotte dalle parti, ma disposte di sua iniziativa fuori dei poteri officiosi riconosciutigli (salvo il dovere di considerare i fatti non contestati e la possibilità di ricorrere al notorio), mentre è inammissibile la diversa doglianza che egli, nel valutare le prove proposte dalle parti, abbia attribuito maggior forza di
convincimento ad alcune piuttosto che ad altre, essendo tale attività valutativa consentita dall’art. 116 c.p.c. (Cass. s.u. 30  settembre  2020,  n.  20867;  Cass.  9  giugno  2021,  n. 16016);
4.2. d’altro canto, ricorre violazione dell’art. 116 c.p.c. solo ove si alleghi che il giudice, nel valutare una prova o, comunque, una risultanza probatoria, non abbia operato -in assenza di diversa indicazione normativa -secondo il suo ‘prudente apprezzamento’, pretendendo di attribuirle un altro e diverso valore oppure il valore che il legislatore attribuisce ad una differente risultanza probatoria (ad esempio, valore di prova legale), oppure, qualora la prova sia soggetta ad una specifica regola di valutazione, abbia dichiarato di valutarla secondo il suo prudente apprezzamento, mentre, ove si deduca che il giudice ha solamente male esercitato il proprio prudente apprezzamento della prova, la censura è ammissibile, ai sensi del novellato art. 360, primo comma, n. 5 c.p.c., solo nei rigorosi limiti in cui esso ancora consente il sindacato di legittimità sui vizi di motivazione (Cass. s.u. 30 settembre 2020, n. 20867; Cass. 9 giugno 2021, n. 16016);
4.3. nel caso di specie, le suddette violazioni non si sono verificate, per avere la Corte territoriale, nell’ambito della valutazione probatoria globale premessa, negato che i documenti esibiti, oggetto di laboriosa C.t.u., fossero riconducibili ‘al COGNOME in assenza di espressa identificazione delle sottoscrizioni salvo idonea perizia grafica’ . A fronte di un tale accertamento in fatto, la censura di inesistenza di un onere del lavoratore di loro riconoscimento espresso, pure in assenza di alcuna contestazione in ordine alla loro autenticità, si rivela eccentrica rispetto al complessivo contesto argomentativo di incertezza altresì de ‘i contenuti (specificazione degli orari e
delle  altre  indicazioni  …  )’ e  inidonea  a  minare  la  tenuta probatoria del complessivo quadro, secondo una sua coordinata e combinata lettura con le risultanze delle prove testimoniali;
5. è poi nota la discrezionalità di esercizio, ai sensi dell’art. 421 c.p.c., del potere officioso del giudice di ordinare l’esibizione di documenti, in assenza di alcun vincolo; e parimenti discrezionale è il potere del giudice di desumere argomenti di prova dall’inosservanza dell’ordine di esibizione, in questo caso correlata alla natura dell’argomento di prova: comportante la necessità di elementi di prova, per l’eventuale valutabilità del rifiuto di esibizione di documenti come ammissione del fatto (Cass. 10 luglio 1998, n. 6769; Cass. 27 agosto 2004, n. 17076; Cass. 11 maggio 2023, n. 12774). In ogni caso, l’inosservanza dell’ordine di esibizione di documenti integra un comportamento dal quale il giudice può, nell’esercizio di poteri discrezionali, desumere argomenti di prova ai sensi dell’art. 116, secondo comma c.p.c. e la mancata valorizzazione dell’inosservanza dell’ordine ai fini della decisione di merito non è censurabile in sede di legittimità, neanche per difetto di motivazione (Cass. 13 agosto 2004, n. 15768; Cass. 27 gennaio 2017, n. 2148; Cass. 11 maggio 2023, n. 12774, in motivaz. sub p.to 2.5), oggi nei circoscritti limiti del novellato art. 360, primo comma, n. 5 c.p.c.);
6. il ricorrente ha, infine, dedotto violazione e falsa applicazione  dell’art.  2103  c.c.,  per  non  avere  la  Corte territoriale correttamente comparato le mansioni svolte dal ricorrente con le declaratorie dei livelli II (rivendicato) e IV (attribuito) del CCNL Terziario Commercio, non osservando compiutamente  il  procedimento  ‘trifasico’  prescritto  dal consolidato  orientamento  giurisprudenziale  di  legittimità, essendosi limitata ad escludere il primo per la ravvisata mera
‘occasionalità’  dello  svolgimento  di  mansioni  rientranti  in esso, senza una congrua applicazione del criterio di prevalenza, sotto il profilo meramente quantitativo anziché qualitativo (terzo motivo);
7. anch’esso è inammissibile;
8. come già il Tribunale -che ha operato una comparazione tra II livello (con individuazione del profilo professionale di impiegato d’ordine) e IV livello (profilo professionale di impiegato di concetto) del CCNL Terziario Commercio, in base alla presenza o meno di autonomia ed alla natura del controllo meramente quantitativa sulle merci (mansione peculiarmente propria del lavoratore) e non qualitativa (controllo invece proprio dei magazzinieri), così come risultante dalle testimonianze ( sub p.to 5 di pg. 4 della sentenza) -la Corte d’ appello ha ripreso la chiara distinzione qualitativa delle mansioni, giustificante il diverso inquadramento e ben tenuta presente nella comparazione rispettiva di ogni livello di inquadramento con le mansioni svolte dal lavoratore; in particolare esprimendosi, a proposito della valutazione in ordine alla verifica dal medesimo delle merci in giacenza con un lettore ottico, in termini di ‘un tale livello di saltuarietà e/o occasionalità’ , oltre che di possibilità di essere affidata a qualunque dipendente, ‘tr attandosi di operazioni tecniche esigenti qualifiche ed abilità semplici, acquisibili anche con la pratica’ ( sub p.to I dal terzo al sedicesimo alinea di pg. 7 e sub p.to II dal 10° all’ultimo alinea di pg. 9 della sentenza);
8.1. la Corte territoriale ha così correttamente osservato il procedimento  trifasico  (scandito  nelle  tre  fasi  sequenziali dell’accertamento in fatto delle attività lavorative concretamente  svolte,  dell’individuazione  delle  qualifiche  e dei gradi previsti dal contratto collettivo di categoria e del raffronto tra i risultati di tali due indagini: Cass. 27 settembre
2010, n. 20272; Cass. 28 aprile 2015, n. 8589; Cass. 22 novembre 2019, n. 30580) e così pure il criterio di prevalenza, per la giustificazione argomentata della corrispondenza delle mansioni effettivamente svolte in misura ‘non occasionale’ (tenuto conto, in base alla reciproca analisi qualitativa, della mansione maggiormente significativa sul piano professionale, non espletata in via sporadica od occasionale: Cass. 22 dicembre 2009, n. 26978; Cass. 8 febbraio 2021, n. 2629) dal lavoratore con quelle del IV livello attribuitogli;
conclusivamente, tutte le censure si risolvono nella sostanza in una diversa interpretazione e valutazione delle risultanze processuali e ricostruzione della fattispecie operata dalla Corte territoriale, insindacabili in sede di legittimità (Cass. 7 dicembre 2017, n. 29404; Cass. s.u. 27 dicembre 2019, n. 34476; Cass. 4 marzo 2021, n. 5987; Cass. 13 febbraio 2023, n. 4316), in quanto spettanti esclusivamente al giudice del merito, autore di un accertamento in fatto, argomentato in modo pertinente e adeguato a giustificare il ragionamento logico-giuridico alla base della decisione;
10. pertanto il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, senza alcun provvedimento sulle spese del giudizio, per non avere le parti vittoriose svolto attività difensiva e raddoppio del  contributo  unificato,  ove  spettante  nella  ricorrenza  dei presupposti  processuali  (conformemente  alle  indicazioni  di Cass. s.u. 20 settembre 2019, n. 23535).
P.Q.M.
La Corte
dichiara inammissibile il ricorso.
Ai  sensi  dell’art.  13  comma  1 quater del  d.p.r.  n.  115  del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali
per  il  versamento,  da  parte  del  ricorrente,  dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1 bis, dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso nella Adunanza camerale del 17 gennaio 2024