Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 9945 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L Num. 9945 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 12/04/2024
ORDINANZA
sul ricorso 17344-2019 proposto da:
COGNOME NOME, domiciliato in INDICOGNOME presso LA CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME;
– ricorrente –
contro
FALLIMENTO RAGIONE_SOCIALE;
– intimato –
avverso il decreto del TRIBUNALE di COSENZA, depositato il 24/05/2019 R.G.N. 1045/2015;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 26/03/2024 dal AVV_NOTAIO COGNOME.
RILEVATO CHE
Con il decreto indicato in epigrafe, il Tribunale di Cosenza, in sede di opposizione allo stato passivo, ha respinto la domanda
R.G.N. 17344/2019
COGNOME.
Rep.
Ud. 26/03/2024
CC
di NOME COGNOME diretta al riconoscimento, nei confronti del RAGIONE_SOCIALE, della qualifica di Quadro-Direttore di struttura alberghiera per tutto il corso del rapporto di lavoro (febbraio 1999-agosto 2013).
2. Il Tribunale, dando atto della rinunzia del lavoratore alla domanda di risarcimento del danno per illegittimità del licenziamento, ha ritenuto che il compendio probatorio (di fonte documentale e testimoniale) acquisito non consentiva di dimostrare lo svolgimento delle mansioni superiori invocate bensì di quelle formalmente attribuite dal datore di lavoro (I livello del CCNLl Turismo-Responsabile dei servizi di prenotazione): invero, era essenzialmente mancata la prova della ‘trasversalità direzionale’, ossia della gestione, del coordinamento e del controllo di tutti i settori e servizi dell’azienda, tratto tipico della quali fica del Quadro. Ha aggiunto che la prova del possesso della specifica abilitazione alla professione di direttore di albergo (come da legge Regione Calabria n. 14/1995) non era sufficiente (in assenza della dimostrazione della carenza del possesso di una tale abilitazione da parte di altri dipendenti dell’hotel e in mancanza di dimostrazione dell’esercizio effettivo delle relative mansioni), che alcuni testi avevano reso deposizioni del tutto generiche mentre altri (anche essi promotori di azioni di insinuazione al passivo per i rispettivi pretesi crediti e dunque destinatari di doverosa approfondita valutazione con riguardo alla loro attendibilità) avevano riferito circostanze non sufficienti al riconoscimento della qualifica superiore. Il collegio ha rilevato infine, che le mansioni accertate in giudizio corrispondevano alla qualifica attribuita.
Avverso l’anzidetto decreto il lavoratore ha proposto ricorso per cassazione sulla base di tre motivi, illustrati da memoria. Il fallimento è rimasto intimato.
Al termine della camera di consiglio, il Collegio si è riservato il deposito dell’ordinanza nei successivi sessanta giorni.
CONSIDERATO CHE
Con il primo motivo di ricorso si denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 2697 cod.civ., 115, 116, 244, 253, 257, 421 cod.proc.civ. nonché omessa decisione su punti decisivi della controversia e nullità del provvedimento e del procedimento (in relazione all’art. 360, primo comma, nn. 3, 4 e 5, cod.proc.civ.) avendo, il collegio del Tribunale effettuato una errata valutazione delle risultanze della prova testimoniale a fronte della conferma, da parte dei testimoni, dei capitoli di prova dedotti dal lavoratore e non essendoci motivazione alcuna sul mancato esercizio dei poteri istruttori a chiarimento o integrazione delle circostanze addotte. Inoltre, il collegio ha proceduto ad una aprioristica valutazione di inattendibilità di alcuni testimoni sulla base della mera appartenenza alla categoria di determinati soggetti (lavoratori che avevano promosso opposizione al fallimento).
Con il secondo motivo di ricorso si denuncia ‘violazione e falsa applicazione degli artt. 2967 cod.civ. e degli artt. 115 e 116 cod.proc.civ. per omesso esame di un fatto decisivo del giudizio sub specie travisamento di prova in relazione all’art. 360, primo comma, n. 5, cod.proc.civ.’ avendo, la Corte territoriale, considerato inattendibili alcune testimonianze nonostante i testi in questione non risultassero, dal fascicolo processuale, promotori di azioni giudiziarie di opposizione al fallimento (dunque notizia frutto di scienza privata dei giudici), né erano colleghi del lavoratore al momento della deposizione.
Il collegio giudicante, inoltre, ha omesso la valutazione di una prova decisiva, ossia che i testi COGNOME, COGNOME e COGNOME avevano ammesso come vere tutte le circostanze da sub a) a sub p) della memoria articolata dal COGNOME. Si chiede, dunque, di verificare la logicità della motivazione della sentenza impugnata rispetto alle risultanze probatorie.
Con il terzo motivo di ricorso si denuncia violazione dell’art. 201, titolo X del CCNL Turismo nonché degli artt. 2697 cod.civ. e 115, 116, 244, 253, 257, 421 cod.proc.civ. nonché omessa motivazione sui punti decisivi della controversia (in relazione al l’art. 360, primo comma, nn. 3 e 5, cod.proc.civ.), nonché motivazione apparente, contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili e motivazione perplessa e obiettivamente incomprensibile, avendo, il collegio del Tribunale disapplicato l’art 201 CCNL Turismo, area Quadri quando doveva applicarlo e applicato il medesimo articolo, livello 1, quando non doveva farlo, visto che tutti i testimoni hanno confermato lo svolgimento di mansioni di direttore di albergo.
I motivi di ricorso, che possono essere esaminati congiuntamente in quanto strettamente connessi e per la gran parte sovrapponibili, sono inammissibili per plurime ragioni.
Tutti i motivi vengono sviluppati sovrapponendo e confondendo questioni che attengono alla ricostruzione dei fatti oggetto di causa, ossia alla valutazione dello svolgimento delle mansioni da parte del COGNOME nel corso del rapporto di lavoro, e profili giuridici: sotto tale aspetto le censure appaiono inammissibili, perché l’orientamento secondo cui un singolo motivo può essere articolato in più profili di doglianza, senza che per ciò solo se ne debba affermare l’inammissibilità (Cass. S.U. n.9100 del 2015), trova applicazione solo qualora la formulazione permetta di cogliere con chiarezza quali censure
siano riconducibili alla violazione di legge e quali, invece, all’accertamento dei fatti. Nel caso di specie, al contrario, le doglianze operano una commistione fra profili di merito e assegnare inammissibilmente al giudice di legittimità il compito di isolare le singole censure teoricamente proponibili, al fine di ricondurle ad uno dei mezzi d’impugnazione consentiti, prima di decidere questioni giuridiche, sicché finiscono per su di esse (Cass. n. 26790 del 2018, Cass. n. 33399 del 2019). 6. Inoltre, le censure si traducono in critiche ed obiezioni avverso la valutazione delle risultanze istruttorie quale operata dal giudice del merito nell’esercizio del potere di libero e prudente apprezzamento delle prove a lui demandato dall’art. 116 cod. proc. civ. e si risolvono altresì nella prospettazione del risultato interpretativo degli elementi probatori acquisiti, ritenuto dallo stesso ricorrente corretto ed aderente alle suddette risultanze, con involgimento, così, di un sindacato nel merito della causa non consentito in sede di ‘legittimità (cfr. in motivazione, ex plurimis, Cass. n.22283 del 2014).
7. Questa Corte ha da tempo consolidato il principio secondo cui una censura relativa alla violazione e falsa applicazione degli artt. 115 e 116 cod.proc.civ., non può avere ad oggetto l’erronea valutazione del materiale istruttorio compiuta dal giudice di merito, ma solo il fatto che questi abbia posto a base della decisione prove non dedotte dalle parti o disposte d’ufficio al di fuori dei limiti legali, ovvero abbia disatteso, valutandole secondo il suo prudente apprezzamento, delle prove legali, o abbia considerato come facenti piena prova, recependoli senza apprezzamento critico, elementi di prova soggetti invece a valutazione (cfr., Cass. S.U. n. 20867 del 2020; nello stesso senso, fra le più recenti, Cass. n. 6774 del 2022, Cass. nn. 1229 del 2019, 4699 e 26769 del 2018, 27000 del 2016), restando
conseguentemente escluso che il vizio possa concretarsi nella censura di apprezzamenti di fatto difformi da quelli propugnati da una delle parti (Cass. n. 18665 del 2017) o, in più in generale, nella denuncia di un cattivo esercizio del potere di apprezzamento delle prove non legali, non essendo tale vizio inquadrabile né nel paradigma dell’art. 360 cod.proc.civ., primo comma, n. 5, né in quello del precedente n. 4, che, per il tramite dell’art. 132 cod.proc.civ., primo comma, n. 4, attribuisce rilievo unicamente all’anomalia motivazionale che si tramuti in violazione di legge costituzionalmente rilevante (Cass. n. 11892 del 2016).
8. Va, poi, ribadito l’orientamento consolidato espresso dalle Sezioni Unite secondo cui, all’esito della riformulazione dell’art. 360, primo comma, n. 5 cod. proc. civ. (come sostituito dall’art. 54, comma 1, lettera b), del decreto-legge 22 giugno 2012, n. 83, convertito, con modificazioni, nella legge 7 agosto 2012, n. 134), in relazione all’apprezzamento delle risultanze processuali rileva solo l’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti, oltre ad avere carattere decisivo; l’omesso esame deve riguardare un fatto, inteso nella sua accezione storicofenomenica, principale (ossia costitutivo, impeditivo, estintivo o modificativo del diritto azionato) o secondario (cioè dedotto in funzione probatoria), la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali e che abbia carattere decisivo. 9. Come sottolineato dalle Sezioni Unite di questa Corte (con la sentenza n. 8053 del 2014), per effetto della riforma del 2012, per un verso, è denunciabile in Cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza
della motivazione in sé, purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali (tale anomalia si esaurisce nella «mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico», nella «motivazione apparente», nel «contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili» e nella «motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile», esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di «sufficienza» della motivazione).
Nessuno di tali vizi ricorre nel caso in esame e la motivazione del decreto non è assente o meramente apparente, né gli argomenti addotti a giustificazione dell’apprezzamento fattuale risultano manifestamente illogici o contraddittori.
Il Tribunale ha riportato le declaratorie contrattuali relative alla qualifica rivestita (1 livello -Responsabile servizi di prenotazione, CCNL Turismo) ed a quella rivendicata (Quadro -Direttore di albergo), ha fatto la ricognizione del quadro probatorio (di fonte testimoniale e documentale) acquisito ed ha, infine, ritenuto insufficienti gli elementi raccolti ai fini dell’integrazione della nozione contrattuale di Direttore di albergo.
Va ribadito inoltre, che nel rito del lavoro, il ricorrente che denunci in cassazione il mancato esercizio dei poteri istruttori di ufficio nel giudizio di merito, deve riportare in ricorso gli atti processuali dai quali emerge l’esistenza di una “pista probatoria” qualificata, ossia l’esistenza di fatti o mezzi di prova, idonei a sorreggere le sue ragioni con carattere di decisività, rispetto ai quali avrebbe potuto e dovuto esplicarsi l’officiosa attività di integrazione istruttoria demandata al giudice di merito, ed allegare, altresì, di avere espressamente e specificamente
richiesto tale intervento nel predetto giudizio (Cass. n. 22628 del 2019), elementi tutti mancanti nel caso di specie.
13. Infine, pur dovendosi rilevare che il Tribunale non ha dichiarato inattendibili i testimoni bensì ha sottolineato la genericità di alcune deposizioni, da una parte, e la insufficienza delle circostanze dedotte da altri testimoni, dall’altra, va ribadit o l’orientamento consolidato di questa Corte secondo cui la valutazione di attendibilità del teste afferisce alla veridicità della deposizione che il giudice deve discrezionalmente valutare alla stregua di elementi di natura oggettiva (la precisione e completezza della dichiarazione, le possibili contraddizioni, ecc.) e di carattere soggettivo (la credibilità della dichiarazione in relazione alle qualità personali, ai rapporti con le parti ed anche all’eventuale interesse ad un determinato esito della lite), con la precisazione che anche uno solo degli elementi di carattere soggettivo, se ritenuto di particolare rilevanza, può essere sufficiente a motivare una valutazione di inattendibilità (Cass. n. 21239 del 2019).
Il ricorso va, pertanto, dichiarato inammissibile; nulla sulle spese in assenza di costituzione della controparte.
Sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, previsto dal D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17 (legge di stabilità 2013), ove dovuto;
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Nulla sulle spese. Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater del D.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso
principale, a norma del comma 1-bis dello stesso articolo 13, ove dovuto.
Così deciso in Roma, all’Adunanza camerale del 26 marzo 2024.