Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 16319 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L Num. 16319 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 12/06/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 19052/2019 r.g., proposto
da
COGNOME NOME , elett. dom.ta in INDIRIZZO, rappresentata e difesa dagli AVV_NOTAIOti NOME COGNOME e NOME COGNOME.
ricorrente
contro
RAGIONE_SOCIALE , in persona del legale rappresentante pro tempore , elett. dom.to in presso la Cancelleria di questa Corte , rappresentato e difeso dall’AVV_NOTAIO.
contro
ricorrente
avverso la sentenza RAGIONE_SOCIALE Corte d’Appello di Genova n. 95/2019 pubblicata in data 25/03/2019, n.r.g. 478/2018, notificata in data 13/04/2019.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del giorno 17/04/2024 dal AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO.
RILEVATO CHE
1.NOME COGNOME deduceva di aver lavorato presso l’RAGIONE_SOCIALE da febbraio 1997 con mansioni di sacrista, sebbene il rapporto di lavoro fosse stato regolarizzato solo in data 16/04/1997 con contratto di lavoro subordinato a tempo parziale e determinato, sostituito dall’01/01/2005 da altro contratto di lavoro
OGGETTO:
sacrista – mansioni ulteriori -cessazione volontaria -demansionamento -configurabilità – esclusione
subordinato a tempo indeterminato, conclusosi con il licenziamento del 27/11/2012.
Assumeva che durante il rapporto di lavoro e precisamente dall’01/01/2003 aveva iniziato a svolgere anche ulteriori compiti, tipici dell’addetta alla contabilità, alla segreteria e aiuto economico, proprie del livello C1 del CCNL RAGIONE_SOCIALE assistenziali RAGIONE_SOCIALE, ma non aveva percepito la relativa retribuzione.
Aggiungeva che era stata successivamente demansionata, in quanto progressivamente privata di quelle ulteriori mansioni, tanto che da agosto 2012 era ritornata a svolgere solo quelle di sacrista.
Adìva il Tribunale di Genova per ottenere l’accertamento dell’inizio del rapporto di lavoro d all’1 febbraio 1997, l’accertamento dello svolgimento di mansioni superiori dall’01/01/2003 all’01/07/2012, con conseguente diritto all’inquadramento nel livello C1 CCNL RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE assistenziali RAGIONE_SOCIALE, la condanna dell’RAGIONE_SOCIALE convenuto al pagamento d elle differenze retributive ovvero, in subordine, RAGIONE_SOCIALE somma non inferiore ad euro 45.743,55 previa consulenza tecnica d’ufficio di tipo contabile, l’accertamento dell’avvenuto demansionamento da agosto 2012 e la conseguente condanna dell’RAGIONE_SOCIALE al risarcimento del danno da liquidare in via equitativa.
2.Costituitosi il contraddittorio, espletata l’istruttoria testimoniale, il Tribunale rigettava le domande.
3.Con la sentenza indicata in epigrafe la Corte d’Appello rigettava il gravame interposto dalla COGNOME.
Per quanto ancora rileva in questa sede, a sostegno RAGIONE_SOCIALE sua decisione la Corte territoriale affermava:
sull’inizio del rapporto di lavoro l’unico testimone che ha saputo riferire è stato il marito dell’appellante, considerato inattendibile dal Tribunale -con convincimento che va condiviso -sia per il rapporto di coniugio, sia per la contraddittorietà delle dichiarazioni rese;
le allegazioni relative al lavoro straordinario sono state del tutto generiche;
con riguardo alle asserite mansioni superiori l’onere probatorio non è stato adempiuto, perché dalle testimonianze è emerso lo svolgimento solo occasionale ed episodico di mansioni ulteriori rispetto a quelle di
sacrista, mentre altri compiti (lavaggio e stiraggio del paramenti, incasso e registrazione delle offerte, cambio delle monete) rientrano nella predetta figura professionale;
la genericità delle deposizioni testimoniali non consente neppure di riconoscere un livello intermedio rispetto al C1 rivendicato;
ne consegue l’infondatezza anche dell’asserito demansionamento.
4.- Avverso tale sentenza COGNOME NOME ha proposto ricorso per cassazione, affidato a dieci motivi.
5.- RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE ha resistito con controricorso.
6.- La ricorrente ha depositato memoria.
7.- Il Collegio si è riservata la motivazione nei termini di legge.
CONSIDERATO CHE
1.Con il primo motivo, proposto ai sensi dell’art. 360, co. 1, n. 3), c.p.c. la ricorrente lamenta la violazione dell’art. 2697 c.c. per avere la Corte territoriale invertito l’onere probatorio, ritenendo non provato il diritto alle differenze retributive per aver ella ricevuto una retribuzione inferiore a quella prevista dal CCNL.
Il motivo è inammissibile.
La ricorrente ripropone le sue deduzioni, ma non si confronta con la specifica argomentazione spesa dalla Corte territoriale, secondo cui il documento dattiloscritto da lei prodotto non poteva costituire idonea prova in quanto non sottoscritto da alcuno, privo di data ed espressamente contestato dall’RAGIONE_SOCIALE. I giudici d’appello hanno altresì evidenziato la genericità dell’allegazione relativa alle differenze retributive che rinviava a conteggi, elaborati tuttavia solo per il periodo gennaio 2003 -novembre 2012, ossia per quello di asserito svolgimento di mansioni superiori, sicché la richiesta consulenza tecnica d’ufficio di tipo contabile per quantificare differenze retributive non legate allo svolgimento di mansioni superiori si palesava meramente esplorativa. Rispetto a questi specifici rilievi la ricorrente si è limitata a dolersi di una violazione -in realtà inesistente –RAGIONE_SOCIALE regola generale di riparto dell’onere probatorio, con una censura, dunque, in nessun modo idonea a criticare la motivazione RAGIONE_SOCIALE sentenza impugnata.
2.Con il secondo motivo, proposto ai sensi dell’art. 360, co. 1, n n. 3) e
4), c.p.c. la ricorrente lamenta la violazione degli artt. 2697 c.c., 112, 116, 132 e 414 c.p.c. per avere la Corte territoriale ritenuto che nel ricorso di primo grado non vi fosse alcuna allegazione e offerta di prova sullo svolgimento di un orario eccedente quello pattuito, al di là RAGIONE_SOCIALE circostanza capitolata sub 11).
Il motivo è in parte infondato, in parte inammissibile.
E’ infondato, laddove la ricorrente lamenta un’omessa pronunzia invero inesistente, poiché la Corte territoriale ha espressamente preso in esame il relativo motivo di appello (secondo) e l’ha rigettato, ritenendo che il capitolo 11) delle istanze istruttorie RAGIONE_SOCIALE lavoratrice non solo non era diretto a specificare l’allegazione di avere svolto lavoro straordinario ‘mediamente’ per 48 ore al mese, ma al contrario la smentiva.
Il motivo è per il resto inammissibile, perché da un lato la ricorrente non si confronta con la predetta argomentazione articolata dalla Corte territoriale, che sul punto ha altresì valutato la prova testimoniale ed ha escluso che avesse trovato conferma la pretesa RAGIONE_SOCIALE lavoratrice (v. sentenza impugnata, p. 15); dall’altro sollecita a questa Corte una rivalutazione degli elementi documentali e delle deposizioni testimoniali, interdetta in sede di legittimità, in quanto riservata al giudice di merito.
3.Con il terzo motivo, proposto ai sensi dell’art. 360, co. 1, n n. 3) e 4), c.p.c. la ricorrente lamenta ‘violazione per falsa applicazione’ degli artt. 2697 c.c. e 116 c.p.c. per aver trascurato la testimonianza resa da NOME NOME COGNOME, che per un certo periodo era stato rettore dell’RAGIONE_SOCIALE e quindi particolarmente attendibile.
Il motivo è inammissibile, perché sollecita a questa Corte una rivalutazione delle deposizioni testimoniali, interdetta in sede di legittimità, in quanto riservata al giudice di merito.
Al riguardo va ribadito che la questione RAGIONE_SOCIALE ‘violazione’ o RAGIONE_SOCIALE ‘falsa applicazione’ degli artt. 115 e 116 c.p.c. è ammissibile dinanzi alla Corte di legittimità solo se si alleghi che il giudice di appello abbia posto a base RAGIONE_SOCIALE decisione prove non dedotte dalle parti, oppure pr ove disposte d’ufficio al di fuori dei limiti legali, oppure abbia disatteso prove legali, oppure abbia considerato come facenti piena prova (recependoli senza apprezzamento critico) elementi probatori soggetti invece a prudente valutazione (Cass. ord.
n. 27000/2016; Cass. ord. n. 1229/2019; Cass. ord. n. 6774/2022). Nessuna di tali doglianze è stata avanzata con il motivo in esame.
4.Con il quarto motivo, proposto ai sensi dell’art. 360, co. 1, n n. 3) e 4), c.p.c. la ricorrente lamenta ‘violazione per falsa applicazione’ degli artt. 112 e 116 c.p.c. per avere la Corte territoriale rilevato che le mansioni di addetta al negozio di souvenir erano state da lei collocate nel periodo dal 1998 al 2004. Assume che pertanto, considerata la deduzione di svolgimento di mansioni superiori dal 2003 al 2012, almeno per un anno (dal 2003 al 2004) tale attività doveva essere considerata rilevante.
Il motivo è in parte infondato, in parte inammissibile.
E’ infondato, laddove la ricorrente lamenta un’omessa pronunzia invero inesistente (v. sentenza impugnata, p. 16).
E’ poi inammissibile, perché la Corte territoriale ha assegnato a quella deduzione relativa al periodo dal 1998 al 2004 un’incidenza invalidante in termini di genericità e di difetto di coerenza -rispetto alla deduzione dello svolgimento di mansioni superiori dal 2003 in poi. Trattasi di un convincimento raggiunto all’esito dell’interpretazione dell’atto introduttivo del giudizio, che è un’attività riservata al giudice di meri to. Inoltre i giudici d’appello hanno comunque escluso che la prova testimonial e avesse corroborato l’assunto RAGIONE_SOCIALE lavoratrice e rispetto a questa argomentazione la ricorrente non si confronta. Si limita, invero, a riportare le deposizioni testimoniali, di cui sollecita a questa Corte una rivalutazione, interdetta in sede di legittimità.
5.Con il quinto motivo, proposto ai sensi dell’art. 360, co. 1, n. 4), c.p.c. la ricorrente lamenta la violazione degli artt. 132, co. 2, n. 4), c.p.c. e 111 Cost. per avere la Corte territoriale ritenuto come comprensive nelle mansioni di sacrista anche quelle di ‘registrazione delle offerte’ e di ‘cambio delle mo nete’.
Il motivo è infondato, perché la motivazione, sia pure sintetica, non è omessa e risponde al c.d. minimo costituzionale. Va al riguardo ribadito che la riformulazione dell’art. 360, co. 1, , n. 5, c.p.c. (disposta dall’art. 54 d.l. n. 83/2012, conv. in legge n. 134/2012), deve essere interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 delle preleggi, come riduzione al “minimo costituzionale” del sindacato di legittimità sulla motivazione.
Pertanto, è denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza RAGIONE_SOCIALE motivazione in sé, purché il vizio risulti dal testo RAGIONE_SOCIALE sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali. Tale anomalia si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” RAGIONE_SOCIALE motivazione (Cass. sez. un. n. 8053/2014). Nessuno di tali vizi ricorre nella sentenza impugnata.
Inoltre, come si evince dall’art. 1 CCNL sacristi, indicato e riportato dalla ricorrente (v. ricorso per cassazione, p. 14), nelle relative mansioni vi sono anche quelle ‘ compatibili con il suo profilo professionale ‘. Dunque la ‘registrazione delle offerte’, che la ricorrente adduce essere estranee a quelle del profilo di sacrista, sono state correttamente ricondotte dalla Corte territoriale al profilo d’inquadramento posseduto, poiché sono complementari a quelle di ‘incasso delle offerte’ (che la ricorrente ammette essere appartenenti al predetto profilo), in quanto idonee a consentire la tracciabilità delle somme (incassate) mediante la loro idonea annotazione. Dunque la motivazione spesa dalla Corte territoriale -che ha ritenuto appartenenti alle mansioni di sacrista anche ‘incasso e registrazione delle offerte’ se nza distinzione fra le due tipologie di compiti (v. sentenza impugnata, p. 16) -rispecchia altresì la declaratoria contrattual-collettiva.
Infine, i giudici d’appello hanno altresì evidenziato che dalla prova testimoniale era emerso lo svolgimento solo sporadico e non continuativo delle mansioni ulteriori, come tale insufficiente a far sorgere il diritto all’inquadramento nel superiore livell o e al relativo trattamento retributivo (v. sentenza impugnata, p. 16). Trattasi di un’autonoma ratio decidendi , in quanto da sola idonea a sorreggere il rigetto RAGIONE_SOCIALE pretesa (e del relativo motivo di appello), non impugnata con il motivo in esame.
Va allora ribadito che quando la sentenza impugnata con ricorso per cassazione sia fondata su diverse rationes decidendi , ciascuna idonea a giustificarne autonomamente la statuizione, la circostanza che tale impugnazione non sia rivolta contro una di esse determina l’inammissibilità
del gravame per l’esistenza del giudicato sulla ratio decidendi non censurata (Cass. n. 13880/2020), o comunque per carenza di interesse. Infatti, anche laddove fosse accolto l’unico motivo di ricorso, comunque la sentenza impugnata non potrebbe essere cassata, in quanto autonomamente e sufficientemente sostenuta dall’altra ratio decidendi non censurata.
6.Con il sesto motivo, proposto ai sensi dell’art. 360, co. 1, n. 4), c.p.c. la ricorrente lamenta la violazione degli artt. 132, co. 2, n. 4), c.p.c. e 111 Cost. per avere la Corte territoriale ritenuto che l’istruttoria svolta aveva dimostrato che le ulteriori mansioni erano state espletate in modo solo sporadico e residuale, comunque non continuativo.
Il motivo è inammissibile, perché, attraverso la veste formale del difetto di motivazione, la ricorrente sollecita a questa Corte una diversa valutazione delle deposizioni testimoniali, interdetta in sede di legittimità.
7.Con il settimo motivo, proposto ai sensi dell’art. 360, co. 1, n n. 3) e 4), c.p.c. la ricorrente lamenta la ‘violazione per falsa applicazione’ degli artt. 61, 424 e 116 c.p.c. per avere la Corte territoriale rifiutato di disporre una consulenza tecnica d’ufficio di tipo contabile.
Con l’ottavo motivo, proposto ai sensi dell’art. 360, co. 1, n n. 3) e 4), c.p.c. la ricorrente lamenta la ‘violazione per falsa applicazione’ degli artt. 421, 437 e 116 c.p.c. per avere la Corte territoriale omesso di esercitare il suo potere d’ufficio e disporre così una consulenza tecnica d’ufficio di tipo contabile.
I due motivi -da esaminare congiuntamente per la loro connessione -sono inammissibili.
Questa Corte ha già avuto modo di affermare che il giudizio sulla necessità e utilità di far ricorso allo strumento RAGIONE_SOCIALE consulenza tecnica d’ufficio rientra nel potere discrezionale del giudice di merito, la cui decisione è censurabile per cassazione unicamente ai sensi dell’art. 360, co. 1, n. 5, c.p.c., soggiacendo peraltro la relativa impugnazione alla preclusione derivante dalla regola RAGIONE_SOCIALE c.d. doppia conforme di cui all’art. 348 ter, co. 5, c.p.c. ed ora art. 360, penult. co., c.p.c. (Cass. n. 25281/2023; Cass. n. 7472/2017; Cass. sez. un. n. 8053/2014).
8.Con il nono motivo, proposto ai sensi dell’art. 360, co. 1, n. 3), c.p.c. la ricorrente lamenta la violazione degli artt. 2087, 2103 e 2113 c.c. per avere
la Corte territoriale escluso il demansionamento.
Il motivo è infondato.
Come evidenziato dai giudici d’appello, fra le parti è pacifico (v. ricorso per cassazione, p. 23) che, ad un certo momento del rapporto di lavoro, sia stata la stessa COGNOME a ridurre da sé i propri compiti, in modo spontaneo e comunque volontario. Dunque ciò che è mancato è l’atto datoriale di esercizio dello ius variandi , quale necessario presupposto per addebitare al datore di lavoro l’eventuale illecito fonte di responsabilità risarcitoria.
Inammissibile infine è la censura relativa all’asserita violazione dell’art. 2113 c.c., atteso che non sussiste alcuna rinunzia, la quale dovrebbe avere ad oggetto un diritto. Nel caso in esame -alla luce delle considerazioni sopra svolte e RAGIONE_SOCIALE motivazione articolata dalla Corte territoriale -la lavoratrice non ha mai acquisito il diritto all’inquadramento in un livello superiore e quindi nessuna rinunzia a tale diritto è configurabile a causa dell’inesistenza del diritto che dovrebbe formale oggetto del negozio abdicativo.
9.Con il decimo motivo, proposto ai sensi dell’art. 360, co. 1, n. 3), c.p.c. la ricorrente lamenta ‘violazione e falsa applicazione’ dell’art. 92, co. 2, c.p.c. per avere la Corte territoriale condannato l’appellante al rimborso delle spese del gravame.
Il motivo è inammissibile.
Questa Corte ha più volte evidenziato che in tema di spese processuali, la facoltà di disporne la compensazione tra le parti rientra nel potere discrezionale del giudice di merito, il quale non è tenuto a dare ragione con una espressa motivazione del mancato uso di tale sua facoltà, con la conseguenza che la pronuncia di condanna alle spese, anche se adottata senza prendere in esame l’eventualità di una compensazione, non può essere censurata in cassazione, neppure sotto il profilo RAGIONE_SOCIALE mancanza di motivazione (Cass. ord. n. 11329/2019; Cass. sez. un. n. 14989/2005).
10.- Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso; condanna la ricorrente a rimborsare al controricorrente le spese del presente giudizio di legittimità, che liquida in euro 4.000,00, oltre euro 200,00 per esborsi, oltre rimborso forfettario delle spese generali e accessori di legge.
Dà atto che sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte RAGIONE_SOCIALE ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, ai sensi dell’art. 13, co. 1 quater, d.P.R. n. 115/2002 pari a quello per il ricorso a norma dell’art. 13, co. 1 bis, d.P.R. cit., se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio RAGIONE_SOCIALE sezione lavoro, in data