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Mansioni superiori: no se nella stessa Area

Una dipendente pubblica, inquadrata come operatore giudiziario, ha richiesto il riconoscimento economico per lo svolgimento di mansioni superiori, tipiche del profilo di assistente giudiziario. La Corte di Cassazione ha respinto la richiesta, stabilendo un principio chiave: se entrambi i profili professionali rientrano nella stessa ‘Area’ di classificazione prevista dal contratto collettivo, le mansioni sono considerate formalmente equivalenti. Di conseguenza, non si configurano mansioni superiori e non spetta alcuna differenza retributiva. Il giudice non può effettuare una valutazione comparativa nel merito dei compiti svolti.

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Mansioni superiori: quando non sono riconosciute se nella stessa Area contrattuale

Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione è tornata a pronunciarsi sul tema delle mansioni superiori nel pubblico impiego, fornendo un’interpretazione rigorosa basata sul principio di equivalenza formale. La decisione chiarisce che lo svolgimento di compiti riconducibili a un profilo professionale diverso, ma inserito nella medesima area di inquadramento, non dà diritto a differenze retributive. Vediamo nel dettaglio la vicenda e i principi affermati dai giudici.

I fatti del caso: la richiesta di una dipendente pubblica

Una lavoratrice dipendente del Ministero della Giustizia, inquadrata come “operatore giudiziario” (Area II, F2), ha agito in giudizio sostenendo di aver svolto per anni, di fatto, le mansioni tipiche del profilo superiore di “assistente giudiziario” (Area II, F3). Per questo motivo, ha richiesto l’accertamento del suo diritto al superiore inquadramento e la condanna del Ministero al pagamento delle relative differenze retributive maturate tra il 2010 e il 2017.

Sia il Tribunale che la Corte d’Appello avevano dato ragione alla lavoratrice, riconoscendo l’effettivo svolgimento di compiti di livello superiore e condannando l’amministrazione al pagamento di una somma considerevole. Il Ministero, tuttavia, ha proposto ricorso per cassazione, basando la sua difesa su un’argomentazione puramente giuridica: entrambi i profili professionali in questione appartengono alla stessa “Area Seconda” prevista dalla contrattazione collettiva.

La decisione della Corte sulle mansioni superiori

La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso del Ministero, ribaltando completamente le decisioni dei giudici di merito. Il punto centrale della pronuncia risiede nell’interpretazione dell’art. 52 del D.Lgs. 165/2001 e della contrattazione collettiva di settore (CCNL Comparto Ministeri 2006-2009).

Secondo la Suprema Corte, il nuovo sistema di classificazione del personale pubblico, basato su “Aree” omogenee di competenza, è stato introdotto per aumentare la flessibilità organizzativa delle amministrazioni. All’interno di una stessa Area, tutte le mansioni e i profili professionali sono da considerarsi “formalmente equivalenti”. Questo significa che il datore di lavoro pubblico può legittimamente adibire un dipendente a qualsiasi mansione ricompresa nella sua area di inquadramento, senza che ciò configuri l’esercizio di mansioni superiori.

Il principio di equivalenza formale e i limiti del giudice

Il cuore della decisione è il principio di “equivalenza formale”. La Cassazione ha affermato che, una volta che la contrattazione collettiva ha inserito diversi profili professionali (come l’operatore e l’assistente giudiziario) nella medesima Area, il giudice non ha il potere di effettuare un giudizio comparativo per stabilire se, in concreto, le une siano qualitativamente superiori alle altre.

Il ruolo del giudice deve limitarsi a una verifica formale: le mansioni svolte appartengono a un’Area superiore a quella di inquadramento? Se la risposta è no, la domanda di riconoscimento delle mansioni superiori deve essere respinta. Nel caso di specie, essendo entrambi i profili nella Seconda Area, non poteva esserci alcuno svolgimento di mansioni superiori rilevante ai fini retributivi.

Le motivazioni

La Corte ha motivato la sua decisione richiamando la propria giurisprudenza consolidata. Il legislatore e le parti sociali, con la riforma del pubblico impiego e i relativi contratti collettivi, hanno scelto di superare la rigidità delle vecchie qualifiche, creando ampie Aree funzionali. All’interno di queste Aree, vige una presunzione assoluta di equivalenza. Di conseguenza, si ha diritto a una retribuzione superiore solo quando si svolgono compiti propri di un’Area immediatamente superiore, e non semplicemente di un diverso profilo professionale, seppur con declaratoria differente, della stessa Area. I giudici di merito hanno quindi errato nel procedere a una valutazione comparativa dei contenuti professionali dei due profili, un’operazione preclusa dalla legge e dalla contrattazione collettiva. La valutazione delle parti contrattuali che collocano profili diversi nella stessa area è insindacabile dal giudice.

Conclusioni

Questa ordinanza consolida un orientamento giurisprudenziale di grande importanza per i dipendenti del pubblico impiego. La possibilità di ottenere il riconoscimento economico per lo svolgimento di mansioni superiori è strettamente legata alla struttura formale della classificazione del personale. Un lavoratore che si trovi a svolgere compiti percepiti come più complessi o di maggiore responsabilità non avrà diritto a un compenso maggiore se tali compiti rientrano in un profilo professionale comunque collocato nella sua stessa Area di inquadramento. La decisione riafferma la centralità della contrattazione collettiva nel definire l’equivalenza delle mansioni e limita significativamente il potere di intervento del giudice in questa materia.

Quando un dipendente pubblico ha diritto al riconoscimento delle mansioni superiori?
Secondo la Corte, il diritto sorge solo quando il dipendente svolge mansioni proprie di un’area di classificazione contrattuale superiore a quella di appartenenza, e non quando svolge compiti di un diverso profilo professionale inserito nella medesima area.

Cosa significa il principio di ‘equivalenza formale’ delle mansioni?
Significa che tutte le mansioni e i profili professionali raggruppati dalla contrattazione collettiva all’interno della stessa ‘Area’ sono considerati legalmente equivalenti per definizione. Questa equivalenza è formale e non può essere messa in discussione da una valutazione di merito dei compiti effettivamente svolti.

Il giudice può valutare se, in concreto, le mansioni di un assistente giudiziario sono superiori a quelle di un operatore giudiziario?
No. Se entrambi i profili sono inquadrati nella stessa Area contrattuale, la Corte di Cassazione stabilisce che il giudice non può effettuare alcun giudizio comparativo sulla professionalità o sulla complessità delle mansioni, poiché sono considerate equivalenti a monte dalla contrattazione collettiva.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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