Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 32481 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L Num. 32481 Anno 2024
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data pubblicazione: 14/12/2024
La Corte di Appello di Caltanissetta ha rigettato il gravame proposto da NOME COGNOME (inquadrato come accompagnatore di scuolabus, livello B1) avverso la sentenza del Tribunale di Enna, che aveva rigettato le sue domande, volte ad ottenere le differenze di retribuzione per le mansioni superiori di autista per disabili, riconducibili alla categoria B3, svolte dal 12.1.2009 al 30.4.2015.
La Corte territoriale, respinta l’eccezione di inammissibilità dell’appello per novità della domanda, ha ritenuto applicabile l’art. 52 d.lgs. n. 165/2001 (e non l’art. 2103 cod. civ.).
Il giudice di appello ha inoltre precisato che l’art. 8, comma 5, del CCNL 14.9.2000 Comparto Regioni ed Enti Locali si limita a completare la disciplina normativa, senza apportarvi deroghe, che sarebbero comunque state nulle per violazione di norme imperative ed ha interpretato tale disposizione nel senso che lo svolgimento di mansioni superiori temporaneamente assegnate non comporta alcun mutamento nella posizione economica di appartenenza dell’impiegato e nella retribuzione individuale di anzianità; ha inoltre escluso l’applicabilità dei principi espressi dalla giurisprudenza di legittimità in ordine alla valenza professionale delle posizioni differenziate all’interno della categoria D, atteso che il caso di specie ha ad oggetto il transito ad una diversa posizione economica nell’ambito della categoria B.
Ha comunque considerato dirimente la percezione, da parte del Di Vita, del trattamento retributivo proprio della posizione economica B4, evidenziando che per la mansione di autista di pullman la posizione economica proporzionata e sufficiente è la B3, e che a maggior ragione lo è la più vantaggiosa posizione economica B4, essendo irrilevante che sia stata attribuita al De Vita fin dal 2005,
indipendentemente dallo svolgimento di mansioni di autista (ha sul punto rimarcato che il concetto di differenza retributiva presuppone che il corrisposto sia inferiore al dovuto), mentre non può residuare alcuna differenza se il corrisposto è uguale o superiore al dovuto.
Ha ritenuto che il COGNOME ne fosse consapevole in quanto nel ricorso di primo grado aveva taciuto la decisiva circostanza di aere percepito il trattamento retributivo connesso alla posizione economica B4, lasciando intendere che la sua retribuzione corrispondesse alla B1, salvo poi fondare le sue richieste su un’ardita tesi di irrilevanza del realmente percepito a fronte del mero dato formale dell’inquadramento.
Avverso tale sentenza il COGNOME ha proposto ricorso per cassazione, affidato a tre motivi.
Il Comune di Barrafranca ha resistito con controricorso.
DIRITTO
1.Con il primo motivo il ricorso denuncia violazione dell’art. 4 del CCNL Comparto RegioniEnti Locali del 31.3.1999 e dell’art. 8, comma 5, del CCNL 14.9.2000.
Addebita alla Corte territoriale di avere erroneamente ritenuto che le previsioni relative alle progressioni verticali contenute nell’art. 4 del CCNL Comparto Regioni-Enti Locali del 31.3.1999 si applichi solo alla categoria D e non anche alla categoria B, di avere erroneamente qualificato come equivalenti le mansioni corrispondenti alle posizioni giuridiche B1 e B3 e di avere pertanto ritenuto inapplicabile l’art. 8, comma 5, del CCNL 14.9.2000.
Assume che la medesima procedura selettiva stabilita per il passaggio da una categoria all’altra va applicata anche all’interno della categoria B per il transito dalla posizione giuridica B1 (con trattamento stipendiale iniziale pari alla posizione economica B1, corrispondente alla ex IV qualifica funzionale) alla posizione giuridica B3 (con trattamento stipendiale iniziale pari alla posizione economica B3, corrispondente alla ex V qualifica funzionale); evidenzia che secondo l’art. 13, comma 1, il trattamento tabellare iniziale del personale inserito nelle categorie A, B, C e D è indicato nella tabella allegato B e corrisponde alla
posizione economica iniziale di ogni categoria, salvo che per i profili delle categorie B e D di cui all’art. 3, comma 7, per i quali il trattamento tabellare iniziale corrisponde, rispettivamente, ai valori economici complessivi indicati nelle posizioni B3 e D3, mentre secondo l’Allegato A, ai sensi dell’art. 3, comma 7, per i profili professionali che, secondo la disciplina del DPR 347/1983 come integrato dal DPR n. 333/90, potevano essere ascritti alla V qualifica funzionale, il trattamento tabellare iniziale è fissato nella posizione economica B3.
Lamenta che la Corte territoriale ha erroneamente valorizzato il trattamento economico effettivamente goduto dal dipendente, che sarebbe stato irrilevante ai sensi dell’art. 8, comma 5, del CCNL 14.9.2000.
Richiama gli orientamenti applicativi dell’ARAN, sostenendo che il De Vita ha diritto a percepire la differenza tra il trattamento economico iniziale previsto per l’assunzione nel profilo rivestito (B1) e quello iniziale corrispondente alle mansioni superiori di temporanea assegnazione (B3), in aggiunta rispetto al normale trattamento economico in godimento del dipendente.
Precisa che l’omessa menzione, nel ricorso introduttivo, delle successive progressioni economiche ricevute dal De Vita (B2, B3, B4) dopo l’originario inquadramento (B1) era dipesa dall’irrilevanza del trattamento economico in godimento.
Con il secondo motivo il ricorso denuncia nullità della sentenza ex art. 360, comma 1, n. 4 cod. proc. civ. per omessa pronuncia sul terzo motivo di appello relativo alla condanna alle spese legali e di CTU, e conseguente violazione dell’art. 112 cod. proc. civ.
Evidenzia di avere chiesto la riforma del capo della sentenza di primo grado anche in caso di rigetto della domanda e richiama la sentenza n. 77/2018 della Corte costituzionale.
Con il terzo motivo il ricorso denuncia violazione dell’art. 92, comma secondo, cod. proc. civ. (secondo la lettura della Corte costituzionale, con la sentenza n. 77/2018), per avere la Corte territoriale disposto la compensazione delle spese di lite.
Evidenzia che il contenzioso riguarda norme di legge e della contrattazione collettiva che si prestano a diverse interpretazioni.
4. Il primo motivo è infondato.
L’art. 8, comma 5, del CCNL del Comparto Regioni e Autonomie Locali del 14.9.2000 stabilisce: ‘Il dipendente assegnato alle mansioni superiori ha diritto alla differenza tra il trattamento economico iniziale previsto per l’assunzione nel profilo rivestito e quello iniziale corrispondente alle mansioni superiori di temporanea assegnazione, fermo rimanendo la posizione economica di appartenenza e quanto percepito a titolo di retribuzione individuale di anzianità’.
Ritiene la Corte che il meccanismo descritto nella suddetta disposizione non si presti ad essere applicato riguardo a mansioni corrispondenti a profili che si collocano all’interno della stessa Area contrattuale di appartenenza.
Deve pertanto ritenersi assorbente la circostanza, valorizzata dalla Corte territoriale, che in epoca anteriore al 2009 il Di Vita aveva conseguito la posizione economica B4.
Anche il secondo motivo è infondato.
Non sussiste l’omessa pronuncia, in quanto la Corte territoriale ha confermato la sentenza di primo grado, e si è dunque implicitamente pronunciata sul motivo di appello relativo al governo delle spese di lite nel giudizio di primo grado.
6. Il terzo motivo è inammissibile.
Deve infatti rammentarsi che la denuncia di violazione della norma di cui all’art. 91, comma 1, c.p.c., in sede di legittimità trova ingresso solo quando le spese siano poste a carico della parte integralmente vittoriosa ( ex multis : Cass. n. 18128 del 2020 e Cass. n. 26912 del 2020) e che la compensazione delle spese processuali, di cui all’art. 92 c od. proc. civ., costituisce esercizio di un potere discrezionale del giudice di merito (v., per tutte, Cass. SS. UU. n. 20598 del 2008).
Il ricorso va pertanto rigettato.
Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.
Sussistono le condizioni per dare atto, ai sensi dell’art.13, comma 1 quater, del d.P.R. n.115 del 2002, dell’obbligo, per parte ricorrente, di versare l’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per l’impugnazione integralmente rigettata, se dovuto.
P. Q. M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente a rifondere le spese del giudizio di legittimità, liquidate in € 200,00 per esborsi ed in € 2000,00 per competenze professionali, oltre al rimborso spese generali nella misura del 15% e accessori di legge;
dà atto della sussistenza dell’obbligo per parte ricorrente, ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. n.115 del 2002, di versare l’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per l’impugnazione integralmente rigettata, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Lavoro della