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Mansioni superiori LSU: quando è dovuto il compenso?

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di alcuni ex lavoratori socialmente utili (LSU) che chiedevano il riconoscimento di mansioni superiori LSU e le relative differenze retributive. Gli eredi dei lavoratori sostenevano di aver svolto compiti equivalenti a quelli di un cancelliere. La Corte ha confermato la decisione d’appello, la quale aveva negato il diritto per carenza di prova, ritenendo le attività svolte solo “complementari ed accessorie”. L’inammissibilità del ricorso è stata motivata da vizi procedurali e dal tentativo di ottenere un riesame dei fatti, non consentito in sede di legittimità.

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Pubblicato il 25 dicembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Mansioni Superiori LSU: L’Onere della Prova è Decisivo

Il riconoscimento di mansioni superiori LSU e delle conseguenti differenze retributive è un tema complesso nel diritto del lavoro pubblico. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha ribadito un principio fondamentale: per ottenere il compenso aggiuntivo, il lavoratore deve fornire una prova rigorosa e specifica dello svolgimento di compiti qualitativamente diversi e superiori a quelli previsti dal proprio inquadramento. Analizziamo insieme questa importante decisione.

I Fatti di Causa: La Richiesta dei Lavoratori LSU

Il caso trae origine dalla domanda di alcuni lavoratori, provenienti dal bacino dei Lavoratori Socialmente Utili (LSU), impiegati presso un ufficio giudiziario. Essi chiedevano il riconoscimento del diritto alla stabilizzazione e, in subordine, il pagamento delle differenze retributive maturate. La loro tesi si fondava sull’assunto di aver svolto per anni mansioni riconducibili alla figura professionale del “cancelliere”, ben al di là dei compiti previsti dal programma LSU.

Il Tribunale di primo grado aveva parzialmente accolto la domanda, riconoscendo il diritto alle differenze economiche ai sensi dell’art. 2126 c.c. per l’instaurazione di un rapporto di fatto.

La Decisione della Corte d’Appello sulle mansioni superiori LSU

La Corte d’Appello, riformando la decisione di primo grado, ha respinto integralmente la domanda dei lavoratori. Secondo i giudici di secondo grado, le testimonianze raccolte durante il processo non erano sufficienti a dimostrare lo svolgimento effettivo di mansioni superiori.

Dalle deposizioni era emerso che i lavoratori svolgevano un’attività “complementare ed accessoria sotto la vigilanza del cancelliere titolare”. Si trattava di compiti preparatori, come il ricevimento di atti, l’annotazione su registri, il discarico delle udienze e l’archiviazione dei fascicoli. Tali attività, secondo la Corte territoriale, erano pienamente compatibili con quelle previste dal programma di impiego LSU e non configuravano lo svolgimento di mansioni proprie di un cancelliere.

Il Ricorso in Cassazione: I Motivi dell’Impugnazione

Contro la sentenza d’appello, gli eredi dei lavoratori hanno proposto ricorso in Cassazione, lamentando la violazione di numerose norme di legge e l’incongruità logica della decisione. Sostenevano che la Corte d’Appello avesse errato nel negare il diritto alle differenze retributive senza aver prima verificato l’effettivo scostamento tra le mansioni concretamente svolte e quelle previste dal programma LSU.

Le Motivazioni della Suprema Corte

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile per una pluralità di ragioni, sia di natura procedurale che sostanziale.

In primo luogo, la Corte ha sottolineato che il motivo di ricorso, pur apparendo come una denuncia di violazione di legge, mirava in realtà a ottenere una nuova e diversa valutazione delle prove e dei fatti di causa. Questo tipo di riesame è precluso nel giudizio di legittimità, il cui scopo è verificare la corretta applicazione del diritto, non ricostruire i fatti.

In secondo luogo, i ricorrenti non avevano rispettato il principio di specificità dei motivi di ricorso, sancito dall’art. 366, n. 6 c.p.c. Essi, infatti, pur criticando la sentenza per non aver considerato lo scostamento dal programma LSU, non avevano né trascritto né indicato con precisione dove fosse reperibile in atti il documento contenente tale programma. Questa omissione ha impedito alla Corte di valutare la fondatezza della censura.

Infine, la Cassazione ha evidenziato che la Corte d’Appello aveva, in realtà, compiuto la valutazione richiesta: aveva analizzato le prove testimoniali e concluso che le mansioni svolte non erano superiori, ma semplicemente di supporto a quelle del cancelliere, rientrando così nell’alveo del programma LSU.

Conclusioni: Cosa Insegna Questa Ordinanza sull’Onere della Prova

L’ordinanza in esame offre importanti spunti pratici. Chiunque intenda rivendicare il diritto a una retribuzione superiore sulla base dello svolgimento di mansioni superiori LSU deve essere consapevole che l’onere della prova è interamente a suo carico. Non è sufficiente affermare di aver svolto compiti più complessi, ma è necessario dimostrarlo in modo dettagliato e specifico, provando che tali compiti erano qualitativamente differenti e riconducibili a una qualifica superiore.

Inoltre, la decisione ribadisce l’importanza del rigore formale nella redazione degli atti processuali, specialmente nel ricorso per cassazione. L’omessa o imprecisa indicazione dei documenti e delle prove su cui si fonda il ricorso può condurre, come in questo caso, a una declaratoria di inammissibilità, impedendo al giudice di esaminare il merito della questione.

Un lavoratore LSU ha diritto a differenze retributive se svolge compiti più complessi del previsto?
Sì, in linea di principio, ma solo se dimostra in modo specifico e rigoroso che le mansioni svolte erano qualitativamente diverse e superiori a quelle previste dal programma LSU e riconducibili a una qualifica superiore, come quella di cancelliere. La semplice esecuzione di compiti complementari sotto la vigilanza di un superiore non è sufficiente.

Perché la Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso in questo caso?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile per diverse ragioni: era formulato in modo da richiedere un riesame dei fatti, vietato in sede di legittimità; non specificava in modo adeguato il contenuto dei documenti su cui si basava la critica (come il programma LSU); e le censure sulla motivazione della sentenza d’appello non erano state presentate secondo le corrette norme procedurali.

Cosa significa che le mansioni erano “complementari ed accessorie”?
Secondo la Corte d’Appello, e non potendo la Cassazione rivedere i fatti, significa che le attività dei lavoratori (come preparazione di atti, annotazioni, gestione dei fascicoli) non sostituivano quelle del cancelliere titolare, ma le supportavano e integravano, svolgendosi sempre sotto la sua vigilanza e rientrando nel perimetro delle attività previste dal programma LSU.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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