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Mansioni superiori: la Cassazione chiarisce il diritto

Un lavoratore, assunto come autista soccorritore, ha richiesto il pagamento di differenze retributive per aver svolto mansioni superiori a quelle del suo inquadramento formale. La sua domanda era stata respinta in primo grado. La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso, cassando la precedente decisione. Il motivo risiede nel fatto che il giudice di merito non ha effettuato il corretto “giudizio trifasico”, ovvero l’analisi comparativa tra le mansioni effettivamente svolte e quelle previste dalla contrattazione collettiva per il livello rivendicato. La Corte ha rinviato il caso al Tribunale per una nuova e corretta valutazione dei fatti alla luce dei principi enunciati.

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Pubblicato il 26 novembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Mansioni superiori: il diritto alla retribuzione corretta secondo la Cassazione

Un lavoratore che svolge compiti più qualificati rispetto al suo inquadramento ha diritto a una retribuzione maggiore. Con l’ordinanza n. 15855/2024, la Corte di Cassazione ha ribadito il percorso che il giudice deve seguire per riconoscere le differenze retributive dovute per lo svolgimento di mansioni superiori. Il caso riguardava un autista soccorritore che, fin dall’assunzione, si era trovato a svolgere attività tipiche di un profilo professionale più elevato. Vediamo nel dettaglio la vicenda e i principi affermati dalla Suprema Corte.

I fatti del caso

Un lavoratore, dipendente di un ente in liquidazione coatta amministrativa, si era rivolto al Tribunale per chiedere di essere ammesso al passivo della procedura. La sua richiesta era fondata sul diritto a ricevere le differenze retributive maturate per aver svolto, fin dal 2003, mansioni superiori rispetto al suo inquadramento formale (posizione A2).

In particolare, egli sosteneva di aver operato non come semplice autista, ma come ‘autista soccorritore’, svolgendo attività sanitarie complesse, quali l’assistenza al paziente, la gestione dell’emergenza e l’uso di defibrillatori. Tali compiti, secondo il lavoratore, erano riconducibili a una categoria superiore (posizione B1), come definito dai vari contratti collettivi succedutisi nel tempo.

La decisione iniziale e il ricorso in Cassazione

Il Tribunale aveva respinto la domanda del lavoratore, ritenendo non sufficientemente provata la maggiore professionalità richiesta per le mansioni rivendicate. Secondo il giudice di merito, il lavoratore non aveva dimostrato un grado di competenza e responsabilità ulteriore rispetto a quello del suo inquadramento.

Contro questa decisione, il lavoratore ha proposto ricorso per cassazione, lamentando la violazione e la falsa applicazione delle norme dei contratti collettivi. Egli ha evidenziato come il Tribunale avesse errato nel non effettuare una corretta comparazione tra le attività concretamente svolte e le declaratorie contrattuali, omettendo il cosiddetto ‘giudizio trifasico’.

Le motivazioni della Suprema Corte: il ‘giudizio trifasico’ per le mansioni superiori

La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso, ritenendolo fondato. Gli Ermellini hanno chiarito che, di fronte a una richiesta di differenze retributive per lo svolgimento di mansioni superiori, il giudice è tenuto a un’operazione logica precisa, definita ‘giudizio trifasico’.

Questa operazione si articola in tre passaggi fondamentali:
1. Accertamento in fatto: Il giudice deve prima di tutto ricostruire quali siano state le mansioni effettivamente e abitualmente svolte dal lavoratore.
2. Ricognizione delle norme contrattuali: Successivamente, deve individuare le declaratorie e i profili professionali descritti dalla contrattazione collettiva applicabile (nazionale e integrativa), sia per il livello di inquadramento formale del lavoratore sia per quello superiore rivendicato.
3. Comparazione: Infine, deve confrontare il risultato della prima fase (le mansioni svolte) con quello della seconda (le definizioni contrattuali) per stabilire se le attività del lavoratore rientrino nel livello superiore.

Nel caso specifico, il Tribunale aveva omesso questa analisi dettagliata, limitandosi a un generico riferimento a una presunta ‘maggior quota di professionalità’ senza entrare nel merito delle specifiche attività descritte dal lavoratore e previste dai contratti. La Cassazione ha sottolineato come la distinzione tra un semplice ‘autista’ (Area A, attività di supporto strumentale) e un ‘autista soccorritore’ (Area B, attività inserita nel processo produttivo sanitario) sia cruciale e definita chiaramente dalla contrattazione collettiva.

Conclusioni

L’ordinanza in esame ribadisce un principio fondamentale a tutela dei lavoratori: il diritto alla retribuzione è strettamente collegato alle mansioni effettivamente svolte, non solo all’inquadramento formale. La Corte ha cassato la decisione del Tribunale e ha rinviato la causa allo stesso ufficio, in diversa composizione, affinché proceda a una nuova valutazione applicando correttamente il ‘giudizio trifasico’.

Questa pronuncia rappresenta un importante monito per i datori di lavoro sulla necessità di inquadrare correttamente i dipendenti in base alle reali attività richieste e un punto di riferimento per i lavoratori che si trovano a svolgere compiti di maggiore responsabilità senza il giusto riconoscimento economico. Il giudice, dal canto suo, ha il dovere di condurre un’analisi rigorosa e non superficiale, basata sulle prove fornite e sulle precise disposizioni dei contratti collettivi.

Cosa si intende per ‘giudizio trifasico’ nel contesto delle mansioni superiori?
È il procedimento logico in tre fasi che il giudice deve seguire: primo, accertare le mansioni concretamente svolte dal lavoratore; secondo, individuare le definizioni dei livelli professionali nei contratti collettivi; terzo, confrontare le mansioni svolte con quelle contrattuali per determinare se corrispondono a un livello superiore.

Un lavoratore che svolge mansioni superiori ha diritto automaticamente a una promozione?
No. La sentenza chiarisce che lo svolgimento di mansioni superiori, secondo l’art. 52 del d.lgs. 165/2001 (per il pubblico impiego contrattualizzato), dà diritto primariamente a ricevere il trattamento retributivo corrispondente, ma non a un automatico inquadramento nel livello superiore.

Qual è la differenza chiave tra le mansioni di un ‘autista’ e quelle di un ‘autista soccorritore’ secondo la contrattazione collettiva citata?
La differenza fondamentale sta nel tipo di attività: l’autista (Area A) svolge un compito di supporto meramente strumentale. L’autista soccorritore (Area B) è invece inserito nel processo produttivo sanitario, partecipa attivamente alle operazioni di soccorso e svolge compiti che integrano una professionalità specifica nel campo sanitario.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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