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Mansioni superiori: il diritto alla retribuzione nel pubblico

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso di un dipendente di un ente pubblico di ricerca che chiedeva il riconoscimento di mansioni superiori. La Corte ha stabilito che, per ottenere la relativa retribuzione, il lavoratore deve dimostrare di aver svolto in modo prevalente e continuativo la totalità dei compiti caratterizzanti la qualifica superiore, non solo una parte di essi. La prova fornita è stata ritenuta insufficiente e generica.

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Pubblicato il 22 novembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Mansioni Superiori nel Pubblico: Come Ottenere la Giusta Retribuzione

Il riconoscimento delle mansioni superiori nel pubblico impiego è un tema cruciale che tocca il diritto fondamentale a una retribuzione proporzionata al lavoro svolto. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha ribadito i rigorosi requisiti probatori che il dipendente pubblico deve soddisfare per vedersi riconoscere il diritto alle differenze retributive. Analizziamo insieme questa importante decisione per capire quali sono gli elementi chiave da dimostrare in giudizio.

I Fatti di Causa

Il caso riguarda un dipendente di un importante ente pubblico di ricerca, inquadrato in un determinato livello professionale. Il lavoratore ha agito in giudizio sostenendo di aver svolto, per un lungo periodo, compiti riconducibili a un livello superiore. Di conseguenza, ha richiesto al Tribunale la declaratoria del suo diritto a ricevere la retribuzione corrispondente a tali mansioni più elevate.

Il Tribunale di primo grado ha respinto la domanda, ritenendo non sufficientemente provato lo svolgimento delle attività superiori. Il lavoratore ha quindi presentato appello, ma anche la Corte d’Appello ha confermato la decisione iniziale. Secondo i giudici di merito, le prove raccolte, incluse le testimonianze, non erano abbastanza specifiche da dimostrare che il dipendente avesse svolto in modo pieno e prevalente tutte le mansioni caratterizzanti il profilo professionale superiore rivendicato. Di fronte a questa doppia sconfitta, il lavoratore ha deciso di portare il caso davanti alla Corte di Cassazione.

La Prova delle Mansioni Superiori: L’Onere del Lavoratore

Il cuore della questione giuridica risiede nell’onere della prova. Chi chiede il riconoscimento di un diritto, in questo caso il pagamento per mansioni superiori, deve dimostrare in modo inequivocabile i fatti su cui si basa la sua richiesta. La Cassazione, nel confermare la decisione dei giudici di merito, ha sottolineato un principio consolidato: non è sufficiente provare di aver svolto alcuni compiti di livello più elevato.

Il lavoratore deve dimostrare di aver esercitato, in modo prevalente e continuativo, la totalità delle mansioni proprie della qualifica superiore. Deve, in sostanza, provare di aver ricoperto di fatto quel ruolo, con tutte le sue responsabilità e complessità. Le prove testimoniali generiche, che descrivono le attività in modo vago, non sono considerate sufficienti a raggiungere questo obiettivo.

L’Applicazione dell’Art. 52 del D.Lgs. 165/2001

La norma di riferimento per le mansioni superiori nel pubblico impiego è l’art. 52 del D.Lgs. 165/2001. Questo articolo prevede che il dipendente adibito a mansioni superiori abbia diritto al trattamento economico corrispondente per il periodo di effettivo svolgimento. Tuttavia, questo diritto sorge solo a condizione che lo svolgimento sia pieno e conforme al profilo professionale della qualifica superiore. La Corte ha ribadito che l’accertamento di questi requisiti è un’indagine di fatto, riservata al giudice di merito e non sindacabile in sede di Cassazione, se la motivazione è logica e completa.

Le Motivazioni

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso del lavoratore. I giudici supremi hanno spiegato che le censure mosse dal ricorrente non denunciavano una vera e propria violazione di legge, ma miravano a ottenere una nuova e diversa valutazione delle prove, cosa non consentita in sede di legittimità. La Corte d’Appello, secondo la Cassazione, aveva correttamente applicato i principi in materia di onere della prova, valutando le testimonianze e concludendo, con una motivazione logica e coerente, che non era stato dimostrato lo svolgimento integrale e prevalente dei compiti della qualifica superiore. Il ricorrente non aveva allegato e provato in modo specifico e puntuale la piena corrispondenza tra le attività svolte e quelle previste dalla declaratoria contrattuale della qualifica rivendicata.

Le Conclusioni

Questa ordinanza rafforza un importante principio per tutti i dipendenti pubblici che ritengono di svolgere mansioni superiori. Per ottenere il giusto riconoscimento economico, è indispensabile preparare una solida base probatoria. Non basta sentirsi o essere considerati ‘di fatto’ a un livello superiore; è necessario documentare e dimostrare, attraverso prove concrete e testimonianze precise, di aver assunto la totalità delle responsabilità e dei compiti che definiscono quella posizione. Una richiesta basata su prove generiche o incomplete è destinata, come in questo caso, a non trovare accoglimento in sede giudiziaria.

Per ottenere il pagamento per mansioni superiori nel pubblico impiego, è sufficiente svolgere solo alcuni compiti di livello più alto?
No, la sentenza chiarisce che il lavoratore deve provare di aver svolto in modo pieno, prevalente e continuativo tutte le mansioni proprie della qualifica superiore rivendicata, e non solo una parte di esse.

Cosa deve dimostrare in giudizio un dipendente pubblico che chiede il riconoscimento di mansioni superiori?
Deve fornire una prova rigorosa, anche attraverso testimonianze specifiche e non generiche, di aver esercitato tutti i compiti caratterizzanti e distintivi del profilo professionale superiore, dimostrando una piena corrispondenza tra le attività svolte e quelle previste dalla contrattazione collettiva per quel livello.

La Corte di Cassazione può riesaminare le prove e i fatti di una causa?
No, la Cassazione ha il compito di verificare la corretta applicazione delle norme di diritto e la coerenza logica della motivazione della sentenza impugnata. Non può effettuare una nuova valutazione delle prove o dei fatti, che è di competenza esclusiva dei giudici di primo e secondo grado.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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