Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 25515 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 25515 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 17/09/2025
ORDINANZA
sul ricorso 1222-2021 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME
– ricorrente –
contro
COGNOME rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 397/2020 della CORTE D’APPELLO di CATANIA, depositata il 01/07/2020 R.G.N. 236/2019;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 22/05/2025 dal Consigliere Dott. COGNOME
FATTI DI CAUSA
Con sentenza n. 397/2020 la Corte di appello di Catania ha confermato la pronuncia del Tribunale di Catania che aveva
Oggetto
PUBBLICO
IMPIEGO
DIFFERENZE RETRIBUTIVE
R.G.N. 1222/2021
COGNOME
Rep.
Ud. 22/05/2025
CC
accolto la domanda proposta da NOME COGNOME nei confronti del Consorzio per le Autostrade Siciliane, diretta al riconoscimento della superiore qualifica B1 dal 19.12.2006, con conseguente condanna del Consorzio al pagamento delle differenze retributive tra il livello C di inquadramento e quello rivendicato. 2. La dipendente aveva dedotto di essere stata assegnata alle funzioni di Operatore “Punto Blu” di Catania, dove si era occupata di pratiche amministrative relative alla stipula dei contratti Telepass, ma il Consorzio non aveva proceduto al suo formale inquadramento in uno dei n. 20 posti previsti nella Pianta Organica del relativo servizio.
Il Tribunale aveva accolto la domanda, ritenendo provato l’avvenuto espletamento, da parte della ricorrente, di mansioni corrispondenti al preteso livello Bl.
Il Consorzio ha proposto ricorso per cassazione articolato in due motivi cui ha resistito con controricorso la dipendente.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo si deduce la violazione falsa applicazione, ai sensi dell’articolo 360, comma 1, n. 3, c.p.c., degli articoli 1 e 24 della legge della Regione siciliana n.10/2000 del CCRL applicabile nella dedotta fattispecie e dell’articolo 21 della legge 7 agosto 1990 numero 241.
Si lamenta col motivo di ricorso che la Corte territoriale di Catania avrebbe riconosciuto alla resistente, dipendente del CAS ed inquadrata nella categoria C del CCRL con qualifica di agente tecnico esattore, il diritto alle maggiori retribuzioni connesse allo svolgimento delle mansioni di ‘ operatrice punto blu ‘ con inquadramento nella più elevata categoria B posizione B1, sebbene detta qualifica e relativo maggiore e più elevato inquadramento determinati dal CAS medesimo nella predisposizione di una pianta organica approvata nel novembre
2004 non fosse prevista dal CCRL disciplinante ex lege i rapporti del consorzio con i propri dipendenti e sebbene la determinazione della detta qualifica ed il relativo maggiore più elevato inquadramento contrastassero con la vigente normativa e con l’interpretazione fornita al riguardo dalla Corte di cassazione che esclude la possibilità di una deroga al contratto collettivo regionale di lavoro della Regione Sicilia che non consentiva e non consente l’attribuzione di tale più elevato inquadramento, potendo solo adattare i profili professionali alle nuove esigenze organizzative, ma senza modificare la posizione giuridica ed economica stabilita dalle norme pattizie.
Con il secondo motivo si denuncia la nullità della sentenza e del procedimento per violazione degli articoli 112, 115 e 116 c.p.c. con riguardo all’articolo 360, comma 1, n. 4 c.p.c.
La Corte territoriale, erroneamente, avrebbe omesso di rilevare che la qualifica di operatrice PUNTO BLU inserita nella più elevata categoria B della classificazione del personale posizione B1 era inesistente nel CCRL della Regione Sicilia e non poteva essere attribuita alla resistente inquadrata nella categoria C del contratto collettivo regionale di lavoro con qualifica di agente tecnico esattore.
I due motivi possono essere trattati congiuntamente e sono inammissibili.
Nell’ambito del pubblico impiego contrattualizzato, l’accertamento dello svolgimento di mansioni superiori deve essere operato avuto riguardo all’atto di macro-organizzazione, di portata generale, con il quale l’amministrazione ha adattato alla propria struttura i profili professionali previsti dalla contrattazione collettiva, individuando i posti della pianta organica, dovendo escludersi che a tale compito possa provvedere il giudice, cui è devoluto il sindacato dei soli atti di
organizzazione esecutiva, assunti con la capacità ed i poteri del datore di lavoro privato (Cass. n. 33401 del 2019; v. pure Cass. 28451 del 2018 e n. 18191 del 2016).
5. E’ d unque, corretta la sentenza nella parte in cui ha ritenuto rilevante la previsione in pianta organica di una determinata posizione organizzativa, come pure l’effettiva adibizione ad essa della ricorrente, peraltro dopo il superamento di una prova selettiva per l’idoneità allo svolgimento delle relative mansioni. 6. L’impiegato pubblico cui sono state assegnate, al di fuori dei casi consentiti, mansioni superiori ha diritto, in conformità alla giurisprudenza della Corte costituzionale (tra le altre, sentenze n. 908 del 1988; n. 57 del 1989; n. 236 del 1992; n. 296 del 1990), ad una retribuzione proporzionata e sufficiente ai sensi dell’art. 36 Cost., che deve trovare diritto al compenso per lo svolgimento di fatto di mansioni superiori, da riconoscere nella misura indicata nell’art. 52, comma 5, del d.lgs. n. 165 del 2001, non è condizionato alla sussistenza dei presupposti di legittimità di assegnazione delle mansioni, posto che una diversa interpretazione sarebbe contraria all’intento del legislatore di assicurare comunque al lavoratore una retribuzione proporzionata alla qualità del lavoro prestato, in ossequio al principio di cui all’art. 36 della Costituzione (Cass. n. 19812 del 2016; Cass. n. 18808 del 2013), sicché il diritto va escluso solo qualora l’espletamento sia avvenuto all’insaputa o contro la volontà dell’ente, oppure quando sia il frutto di una fraudolenta collusione tra dipendente e dirigente, o in ogni ipotesi in cui si riscontri una situazione di illiceità per contrasto con norme fondamentali o generali o con principi basilari pubblicistici dell’ordinamento (Cass. n. 24266 del 2016; v. pure
Cass. n. 30811 del 2018).
Conseguentemente, le censure non si confrontano con il decisum, ma contestano la sentenza impugnata che non avrebbe tenuto conto della mancanza della qualifica rivendicata nel CCRL.
Tale contestazione non aggredisce correttamente la ratio decidendi che riconosce le differenze retributive riconducibili ad un livello di inquadramento superiore sulla scorta dell’art. 36 Cost. con richiamo al CCNL quale mero parametro per la determinazione della giusta retribuzione.
In conclusione, il ricorso va dichiarato inammissibile, con condanna di parte ricorrente alle spese di lite che si liquidano come in dispositivo.
P.Q.M.
La Corte dichiara il ricorso inammissibile. Condanna la parte ricorrente al pagamento in favore della controricorrente costituita delle spese di lite che liquida in € 4.000,00 per compensi professionali oltre € 200,00 per esborsi, nonché al rimborso forfetario delle spese generali, nella misura del 15%, ed agli accessori di legge.
Ai sensi dell’art.13, comma 1 quater del DPR 115/2002, dà atto della ricorrenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, ove dovuto, a norma del comma 1 bis dello stesso art.13.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Lavoro della Corte Suprema di Cassazione, il giorno 22 maggio 2025.
La Presidente NOME COGNOME