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Mansioni superiori: diritto alla retribuzione

La Corte di Cassazione ha confermato il diritto di un dipendente pubblico a ricevere una retribuzione adeguata per lo svolgimento di mansioni superiori, anche in assenza di un incarico formale. L’ordinanza stabilisce che l’effettivo espletamento di funzioni dirigenziali prevale sulla mancanza di procedure formali, garantendo al lavoratore il compenso proporzionato al lavoro svolto, in base all’art. 36 della Costituzione.

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Pubblicato il 21 novembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Mansioni Superiori: La Cassazione Conferma il Diritto alla Retribuzione Anche Senza Incarico Formale

L’ordinanza n. 15280/2024 della Corte di Cassazione ribadisce un principio fondamentale nel diritto del lavoro pubblico: lo svolgimento di mansioni superiori conferisce al dipendente il diritto a una retribuzione proporzionata, anche se l’incarico non è stato formalizzato. Questa pronuncia offre importanti chiarimenti sulla prevalenza della sostanza sulla forma, tutelando il lavoratore contro le inadempienze procedurali della Pubblica Amministrazione. Il caso analizzato riguarda un funzionario di un’Azienda Sanitaria Locale che, per anni, ha di fatto ricoperto un ruolo dirigenziale senza il relativo riconoscimento economico.

Il Caso: Funzioni Dirigenziali di Fatto

Un funzionario amministrativo di un’Azienda Sanitaria Locale ha agito in giudizio per ottenere il pagamento delle differenze retributive maturate per aver svolto, per circa cinque anni, le funzioni di dirigente amministrativo di una struttura semplice, pur essendo inquadrato in una categoria inferiore. Sia il Tribunale di primo grado che la Corte d’Appello avevano accolto la sua domanda, condannando l’ente sanitario al pagamento di oltre 43.000 euro.
L’Azienda Sanitaria ha quindi proposto ricorso in Cassazione, sostenendo che la Corte d’Appello avesse errato nel qualificare la fattispecie come esercizio di mansioni superiori e lamentando una violazione delle norme sull’onere della prova.

La Decisione della Corte sulle Mansioni Superiori

La Corte di Cassazione ha rigettato integralmente il ricorso dell’Azienda Sanitaria, confermando le decisioni dei giudici di merito. Gli Ermellini hanno ritenuto inammissibili i primi due motivi di ricorso e infondato il terzo, stabilendo che il diritto del lavoratore alla retribuzione superiore sorge dall’effettivo svolgimento delle mansioni e non dalla formalità dell’incarico.

Le Motivazioni della Sentenza

La Corte ha basato la sua decisione su alcuni pilastri giuridici fondamentali.

Il Principio di Effettività e l’Art. 52 del D.Lgs. 165/2001
Il cuore della motivazione risiede nell’applicazione dell’art. 52 del Testo Unico sul Pubblico Impiego. La Cassazione ha chiarito che l’assegnazione di fatto di un funzionario non dirigente a una posizione dirigenziale, prevista nell’organigramma aziendale, costituisce a tutti gli effetti un espletamento di mansioni superiori. Questo diritto non è ostacolato:

* Dal mancato espletamento di una procedura concorsuale.
* Dall’assenza di un atto formale di nomina.
* Dalla mancanza di una previa fissazione di obiettivi.

La ratio della norma è garantire al lavoratore una retribuzione proporzionata alla qualità e quantità del lavoro prestato, in ossequio all’art. 36 della Costituzione. La Corte ha sottolineato che la diversità delle “carriere” tra funzionari e dirigenti non impedisce l’applicazione di questo principio.

La Questione dell’Onere della Prova
La Cassazione ha ritenuto infondato anche il motivo relativo al presunto malgoverno delle regole sull’onere della prova. Il lavoratore aveva fornito prove sufficienti del conferimento dell’incarico dirigenziale e dell’effettivo svolgimento delle relative funzioni. Di conseguenza, l’onere di provare il contrario era passato all’Azienda Sanitaria. Quest’ultima, tuttavia, non è riuscita a fornire elementi probatori adeguati, limitandosi a contestazioni generiche e attinenti al merito, non sindacabili in sede di legittimità.

Le Conclusioni e le Implicazioni Pratiche

Questa ordinanza consolida un orientamento giurisprudenziale cruciale per la tutela dei lavoratori del settore pubblico. La decisione afferma con forza che la Pubblica Amministrazione non può beneficiare delle prestazioni lavorative superiori di un dipendente per poi negargli il corrispondente trattamento economico appellandosi a proprie omissioni procedurali. Il principio di effettività prevale: ciò che conta è il lavoro concretamente svolto. Per i dipendenti pubblici, questa sentenza rappresenta una garanzia importante, confermando che il diritto a una giusta retribuzione è strettamente legato alla sostanza delle mansioni esercitate e non può essere vanificato da cavilli formali.

Un dipendente pubblico ha diritto a una retribuzione maggiore se svolge mansioni superiori senza un incarico formale?
Sì, la Corte di Cassazione ha stabilito che l’assegnazione di fatto di un funzionario a una posizione dirigenziale costituisce espletamento di mansioni superiori e dà diritto al corrispondente trattamento economico, anche in assenza di un atto formale di nomina.

L’assenza di una procedura concorsuale o di un atto formale impedisce il riconoscimento delle mansioni superiori?
No, secondo l’ordinanza, l’applicazione dell’art. 52 del D.Lgs. 165/2001 non è impedita dal mancato espletamento della procedura concorsuale, dall’assenza di un atto formale o dalla mancanza della previa fissazione degli obiettivi. Ciò che rileva è l’effettivo svolgimento delle funzioni.

A chi spetta l’onere della prova nell’accertamento delle mansioni superiori?
Inizialmente, l’onere della prova spetta al lavoratore, che deve dimostrare il conferimento dell’incarico (anche di fatto) e lo svolgimento effettivo delle mansioni superiori. Una volta che il lavoratore ha fornito tali prove, l’onere di dimostrare il contrario si sposta sul datore di lavoro (l’ente pubblico).

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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