Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 15280 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L Num. 15280 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 31/05/2024
ORDINANZA
sul ricorso 28378-2019 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore legale rappresentante pro tempore , elettivamente domiciliata in ROMAINDIRIZZO, presso lo studio RAGIONE_SOCIALE, rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME;
– ricorrenti –
contro
NOME COGNOME NOME, domiciliato in ROMA, INDIRIZZO, presso la CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dagli avvocati NOME COGNOME, NOME COGNOME;
– controRAGIONE_SOCIALE –
avverso la sentenza n. 325/2018 della CORTE D’APPELLO di LECCE SEZIONE DISTACCATA di RAGIONE_SOCIALE, depositata il 08/10/2018 R.G.N. 694/2012;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 18/04/2024 dal AVV_NOTAIO COGNOME.
Oggetto
MANSIONI PUBBLICO IMPIEGO
R.G.N. 28378/2019
COGNOME.
Rep.
Ud. 18/04/2024
CC
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RILEVATO
che, con sentenza dell’8 ottobre 2018, la Corte d’Appello di Lecce – Sezione distaccata di RAGIONE_SOCIALE confermava la decisione resa dal Tribunale di RAGIONE_SOCIALE e accoglieva la domanda proposta da NOME COGNOME nei confronti dell’RAGIONE_SOCIALE, avente ad oggetto, previo accertamento dell’effettivo espletamento da parte del COGNOME RAGIONE_SOCIALE delle funzioni di dirigente amministrativo di struttura semplice (Area gestione del personale -Unità Operativa trattamento giuridico) dall’1.7.1998 al 28.2.2003, la condanna dell’RAGIONE_SOCIALE predetta al pagamento delle differenze retributive tra il trattamento riferito alla suddetta posizione dirigenziale e quello percepito relativo all’inquadramento posseduto di collaboratore amministrativo di categoria DS maturate a titolo di mansioni superiori e quantificate in euro 43.387,72;
che la decisione della Corte territoriale discende dall’aver questa ritenuto provato il conferimento di incarico dirigenziale per la temporanea scopertura del relativo posto previsto in organico nonché l’effettivo svolgimento delle funzioni e così sussistente il diritto al riproporzionamento retributivo ai sensi dell’art. 36 Cost.;
che per la cassazione di tale decisione ricorre la RAGIONE_SOCIALE, affidando l’impugnazione a tre motivi, cui resiste, con controricorso, il RAGIONE_SOCIALE;
che il controRAGIONE_SOCIALE ha poi depositato memoria.
CONSIDERATO
che, con il primo motivo l’RAGIONE_SOCIALE, nel denunciare la violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c., lamenta a carico della Corte territoriale lo scostamento dal principio di corrispondenza tra il chiesto ed il pronunciato
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e la conseguente nullità della sentenza o del procedimento per aver omesso l’esame delle doglianze sollevate dall’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE in sede di gravame uniformandosi aprioristicamente al decisum del primo giudice;
che, con il secondo motivo, denunciando la violazione e falsa applicazione degli artt. 36 Cost., 2, comma 2, d.lgs. n. 165/2001, 15, comma 1, d.lgs. n. 502/1992, 24 d.lgs. n. 29/1993, 27 CCNL 5.12.1996 e 8.6.2000 per il personale dell’area della dirigenza sanitaria, l’RAGIONE_SOCIALE, imputa alla Corte territoriale l’incongruità logica e giuridica della pronunzia resa avendo la Corte erroneamente qualificato la fattispecie in termini di esercizio di fatto di mansioni superiori (quando le funzioni svolte dal La RAGIONE_SOCIALE corrispondevano a quelle proprie dell’inquadramento posseduto quale collaboratore amministrativo di categoria DS) e disapplicato il principio, pur riconosciuto, di onnicomprensività della retribuzione del dipendente pubblico (cumulando le voci retributive percepite in relazione all’inquadramento posseduto con quelle del livello dirigenziale riconosciute come in fatto esercitate);
che, con il terzo motivo, rubricato con riferimento alla violazione e falsa applicazione degli artt. 2697 c.c., 112, 113, 115, 116, 132 e 416 c.p.c., l’RAGIONE_SOCIALE imputa alla Corte territoriale il malgoverno delle regole sull’onere della prova, che assume discendere dall’aver la Corte esonerato l’originario istante dalla prova su di lui incombente dell’esercizio di fatto delle superiori mansioni dirigenziali, nonostante la puntuale contestazione dall’RAGIONE_SOCIALE, così illegittimamente gravata della prova contraria;
che, venendo all’esame dei motivi di impugnazione, è a dirsi come i primi due motivi, i quali, in quanto strettamente
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connessi, per essere entrambi volti, sotto i distinti profili dell’ error in procedendo e dell’ error in iudicando , a sostenere l’essere la Corte territoriale incorsa nel travisamento della fattispecie, per aver considerato l’espletamento da parte del La COGNOME delle funzioni riconducibili all’incarico di posizione organizzativa, che la disciplina collettiva prevede di pertinenza dei funzionari amministrativi appartenenti al livello massimo della categoria, quale esercizio di fatto di funzioni dirigenziali, per di più con incarico di responsabile di struttura semplice, pur in difetto della relativa procedura, possono essere qui trattati congiuntamente, debbano ritenersi inammissibili;
che, quanto al profilo dell’ error in procedendo , l’RAGIONE_SOCIALE non ha dato adeguatamente conto di aver impostato su questa doglianza l’impugnazione in sede di appello e, quanto al profilo dell’ error in iudicando, la Corte territoriale ha correttamente applicato l’orientamento espresso da questa Corte (cfr. Cass. n. 30811/2018) secondo cui ‘ l’assegnazione di fatto di un funzionario non dirigente ad una posizione dirigenziale, prevista dall’atto aziendale e dal provvedimento di graduazione delle funzioni, costituisce espletamento di mansioni superiori, rilevante ai fini e per gli effetti previsti dall’art. 52 d.lgs. n. 165/2001, la cui applicazione non è impedita dal mancato espletamento della procedura concorsuale, dall’assenza di un atto formale, e dalla mancanza della previa fissazione degli obiettivi ‘;
che, peraltro, è del tutto congrua la qualificazione della fattispecie come esercizio di mansioni superiori (di dirigente) attraverso la gestione delle risorse umane e di budget di struttura semplice alla luce dell’orientamento accolto da questa Corte (cfr. Cass. n. 30811/2018) secondo cui
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‘ l’assegnazione di fatto di un funzionario non dirigente ad una posizione dirigenziale, prevista dall’atto aziendale e dal provvedimento di graduazione delle funzioni, costituisce espletamento di mansioni superiori, rilevante ai fini e per gli effetti previsti dall’art. 52 d.lgs. n. 165/2001, la cui applicazione non è impedita dal mancato espletamento della procedura concorsuale, dall’assenza di un atto formale, e dalla mancanza della previa fissazione degli obiettivi ‘;
che nessuna confusione vi è stata da parte della Corte territoriale rispetto ad un incarico conferito ex art. 27 del CCNL 2000 (che si applica a coloro che sono già dirigenti) visto che vi è stato l’accertamento in fatto della pienezza delle superiori mansioni dirigenziali rivendicate con responsabilità di struttura, di personale e budget ;
che, del resto, la diversità delle “carriere”, non può escludere la applicazione dell’art. 52 del d.lgs. n. 165/2001 quando venga dedotto, come nella specie, l’espletamento di fatto di mansioni dirigenziali da parte di un funzionario; tale ipotesi può essere invece ricondotta certamente alla previsione del citato quinto comma, relativa al conferimento illegittimo di mansioni superiori, da cui consegue il diritto al corrispondente trattamento economico, secondo la ratio della norma che è quella di assicurare al lavoratore una retribuzione proporzionata alla qualità del lavoro prestato, in ossequio al principio di cui all’art. 36 Cost. (cfr. Cass. n. 350/2018);
che non è stata mai in discussione, o per lo meno, non lo è stata in sede di appello, la sussistenza di una struttura semplice come riconosciuta dal Management RAGIONE_SOCIALEle cui riferire il dedotto esercizio delle funzioni dirigenziali emergendo, anzi, dalla sentenza impugnata che erano stati
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provati dagli atti di causa sia l’organigramma con individuazione dei posti dirigenziali sia il conferimento al La RAGIONE_SOCIALE dell’incarico di dirigere l’Unità operativa ‘Trattamento giuridico’, incarico attribuito temporaneamente per coprire il posto scoperto e prorogato fino a quando l’RAGIONE_SOCIALE non aveva, poi, conferito la direzione dell’Unità operativa ad un dirigente in possesso della relativa qualifica dirigenziale; che inammissibili sono le censure volte a contestare, in punto di fatto, l’accertato svolgimento delle funzioni dirigenziali, sotto il profilo sia qualitativo sia quantitativo;
che i motivi suddetti non soddisfano le esigenze di specificità là dove non individuano (al fine di non incorrere nell’inammissibilità per novità della censura) in quali termini sia stata posta ai giudici di merito la questione (giuridica ma implicante accertamenti in fatto) relativa a voci del trattamento retributivo erroneamente riconosciute risultando, al contrario, che i rilievi dell’appellante si erano incentrati sulla mancanza di una procedura di affidamento dell’incarico dirigenziale, sulla inapplicabilità dell’art. 2103 c.c., sulla carenza di prova della progressione in carriera da funzionario a dirigente incaricato di struttura semplice (v. pag. 3 della sentenza impugnata);
che la censura si risolve nell’opporre da parte dell’RAGIONE_SOCIALE la propria valutazione degli elementi di fatto acquisiti in giudizio a quella operata dalla Corte territoriale nel discrezionale apprezzamento del materiale istruttorio; che, di contro, infondato risulta il terzo motivo, dovendo ritenersi, alla stregua di quanto sopra detto, aver correttamente la Corte territoriale, a fronte del ritenuto assolvimento da parte del RAGIONE_SOCIALE dell’onere della prova circa il conferimento dell’incarico dirigenziale, l’effettivo
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svolgimento delle relative funzioni e le differenze retributive spettanti, considerato l’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE tenuta alla prova contraria, la cui carenza è, al di là dell’insindacabilità della valutazione, congruamente affermata in relazione, da un lato, alla contrarietà degli elementi addotti ai principi di diritto sanciti da questa Corte (l’irrilevanza del mancato espletamento della procedura per il conferimento dell’incarico) e, dall’altro, al difetto di specificità dei rilievi, peraltro attinenti al merito e, pertanto, estranei al giudizio di legittimità o comunque introducenti questioni nuove, in quanto non risultanti sottoposte ai giudici del merito, come tali inammissibili in sede di legittimità; che il ricorso va, dunque, rigettato;
che, le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo;
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna parte RAGIONE_SOCIALE al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità che liquida in euro 200,00 per esborsi ed euro 3.800,00 per compensi, oltre spese generali al 15% ed altri accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater del D.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del RAGIONE_SOCIALE dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto tanto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma nell’adunanza camerale del 18 aprile 2024
La Presidente (NOME COGNOME)