Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 1822 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 1822 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: NOME
Data pubblicazione: 25/01/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 6018/2020 R.G. proposto da:
INPS, elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE -ricorrente-
contro
COGNOME, domiciliato ex lege in ROMA, INDIRIZZO presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso dagli avvocati COGNOME NOME (CODICE_FISCALE), COGNOME NOME COGNOME (CODICE_FISCALE), COGNOME (CODICE_FISCALE)
-controricorrente-
avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO TRIESTE n. 145/2019 depositata il 6 novembre 2019.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 19/11/2024 dal Consigliere NOME COGNOME
RILEVATO CHE
1.La Corte d’Appello di Trieste, giudice del rinvio all’esito della ordinanza di questa Corte n. 6671/2019, accertava lo svolgimento da parte di NOME COGNOME, dipendente INPS inquadrato nell’area C, delle superiori funzioni dirigenziali nel periodo dal 1° luglio 1998 al 31 marzo 2001 ed il suo diritto al pagamento delle relative differenze di retribuzione.
2.Il Giudice del rinvio premetteva che la decisione di questo giudice di legittimità, con la quale era stata cassata la pronuncia della stessa Corte territoriale che aveva accolto la domanda del lavoratore, aveva fissato i seguenti principi:
-in base all’art. 17 d.lgs. n. 80/1998 (poi trasfuso nell’ art. 27 d.lgs. n. 165/2001) gli enti pubblici non economici nazionali avrebbero dovuto adeguare i propri ordinamenti ai principi fissati per la dirigenza statale con appositi regolamenti di organizzazione. Detto adeguamento era avvenuto per l’INPS con la delibera n. 799 del 1998, il cui art. 16 aveva ridefinito le funzioni dirigenziali, senza prevedere alcun differimento della entrata in vigore delle stesse disposizioni;
-dal rilievo secondo cui il differimento costituiva una conseguenza logicamente necessaria, non potendo le nuove mansioni dirigenziali essere esercitate se non all’esito della adozione del nuovo modello organizzativo, non poteva trarsi l’ulteriore conseguenza che le mansioni esercitate secondo il previgente ordinamento mantenessero il loro carattere dirigenziale;
-in assenza di un atto formale di preposizione, affinché si possa configurare l’esercizio di fatto delle mansioni dirigenziali è necessario che le stesse vengano svolte in modo prevalente sotto il profilo qualitativo, quantitativo e temporale, accertamento da condurre nel rispetto del cosiddetto procedimento trifasico;
-lo svolgimento di fatto di funzioni dirigenziali nell’impiego pubblico privatizzato non può verificarsi che in relazione ad una posizione classificata come dirigenziale nella organizzazione dell’ente.
Analizzando alla luce di tali principi i fatti di causa, la Corte di merito osservava che con ordine di servizio dell’anno 1994 era stata attribuita al RAGIONE_SOCIALE, in sostituzione del dirigente titolare transitato a nuovo incarico, la direzione dell’ufficio di livello dirigenziale «Ragioneria e Finanza». Contestualmente tale ufficio aveva subito un formale declassamento a semplice unità operativa ma il lavoratore aveva svolto i medesimi compiti assegnati al suo predecessore ed anche la natura dirigenziale dell’ufficio non poteva ritenersi mutata; infatti, le funzioni attribuite all’ufficio non risultavano in alcun modo modificate e la natura dirigenziale del posto, risultante dalla delibera n. 770 del 17 luglio 1989, non poteva subire modifiche per il tramite di un ordine di servizio interno.
4.Quanto al periodo dal 1° luglio 1998 al 31 marzo 2001, il giudice del rinvio osservava che con la nuova organizzazione, introdotta dalla delibera n. 799/1998, risultavano presenti presso le agenzie dell’INPS le figure dirigenziali del responsabile dell’area, del responsabile dei processi e del responsabile contabilità e finanza.
5.Queste ultime erano le funzioni svolte dal RAGIONE_SOCIALE presso l’Agenzia di Pordenone; sebbene la posizione dirigenziale vedesse formalmente preposto, con ordine di servizio n. 46 del dicembre 1999, il dirigente COGNOME, dalle dichiarazioni testimoniali era emerso che, in realtà, era il RAGIONE_SOCIALE ad occuparsi del settore contabilità e finanza, presiedendo l’ufficio e rispondendo direttamente al direttore della sede, in assenza di dirigenti intermedi. Lo stesso COGNOME aveva confermato di non avere in realtà mai assunto le funzioni, dal momento che si era sempre occupato di altro.
6.Le mansioni svolte erano quelle proprie del dirigente contabilità e finanza (monitoraggio dei flussi contabili e finanziari, attività di rendicontazione, controllo di gestione attraverso la contabilità analitica) mentre esorbitavano dall’ambito del livello C3 e del livello C4.
Non si trattava di funzioni vicarie del dirigente, come previste dalla declaratoria contrattuale dell’area C, non potendo essere ritenuto assente il dirigente che sin dall’origine, per scelta organizzativa datoriale, era destinato a svolgere altri incarichi. La prevalenza qualitativa delle mansioni superiori risultava dal loro stesso carattere dirigenziale mentre i
profili quantitativi e temporali risultavano dallo svolgimento delle funzioni superiori, con cadenza quotidiana, dal 9 aprile 1994 al 31 marzo 2001.
8.Ha proposto ricorso per la cassazione della sentenza l’INPS, articolato in tre ragioni di censura, cui ha resistito NOME COGNOME con controricorso, illustrato con memoria.
Il collegio si è riservato il deposito della ordinanza nel termine di giorni sessanta.
CONSIDERATO CHE
Con il primo motivo l’INPS ha denunciatoai sensi dell’art. 360 n. 3 cod.proc.civ. -la violazione e falsa applicazione dell’art 384 cod. proc. civ., per avere il giudice del rinvio violato ed erroneamente applicato il principio di diritto di cui alla ordinanza di questa Corte n. 6671/2019.
Il motivo è infondato.
3.La parte ricorrente si limita a richiamare i principi che presiedono il giudizio di rinvio ed i principi enunciati nella ordinanza di cassazione con rinvio, senza indicare sotto quale profilo e per quale ragione la decisione impugnata avrebbe violato la regula iuris enunciata da questa Corte. In ogni caso, è stata la stessa ordinanza rescindente (si veda il punto 21 del considerato in diritto) a delegare al giudice del rinvio la verifica della effettiva prevalenza delle funzioni dirigenziali esercitate dal RAGIONE_SOCIALE presso il settore «contabilità e finanza» -sotto il profilo qualitativo, quantitativo e temporale -alla luce della nomina del dirigente COGNOME Non appare, dunque, idoneo a sorreggere il ricorso per cassazione l’unico riferimento alla sentenza gravata contenuto alla pagina 16 del ricorso in cassazione, secondo il quale la Corte di Trieste avrebbe dovuto attenersi agli accertamenti già compresi nell’ambito della decisione di cassazione come premesse logico-giuridiche della decisione adottata.
Con il secondo mezzo (erroneamente rubricato come primo) si lamenta -ai sensi dell’ art. 360 п. 3 сod.рroc.сiv . -la violazione e falsa applicazione degli artt. 2697 cod.civ., 414 n. 4 e n. 5 cod.proc.civ., 415 cod.proc.civ.
5.Si censura la sentenza per avere considerato pacifico che le mansioni svolte dal RAGIONE_SOCIALE fossero di natura dirigenziale laddove era
incontestato che dopo la delibera n. 799/98, unico periodo rilevante ai fini di causa, l’Istituto aveva modificato l’organigramma nazionale e la posizione dirigenziale era stata assegnata al dott. COGNOME mentre il LATEMPA aveva ricevuto la specifica indennità prevista dall’art. 15, comma 2, l. n. 88/89 per lo svolgimento di funzioni vicarie del dirigente.
6 . L’ultima critica è propostaai sensi dell’art. 360 n. 3 cod.proc.civ.per violazione e falsa applicazione: dell’art. 56 d.lgs. n. 29 del 1993 ( come sostituito dall’art. 25 d.lgs. n. 80 del 1998 e successivamente modif. dall’art. 15 del D. lgs. n. 387 del 1998) ora art. 52 del d.lgs. n. 165 del 30.3.2001; dell’art 16 d.l.gs. n. 29 del 1993 (come mod. dall’art. 11 del d.l.gs. n. 80 del 1998) ora art. 16 d.lgs. n. 165 del 2001; dell’art. 17 d.lgs. n. 29 del 1993 (come modif. dall’art. 12 d.l.gs. n. 80 del 1998) ora art. 17 d.l.gs. n. 165 del 2001; dell’art. 15, secondo comma, legge n. 88/89 nonché -ai sensi dell’art.360, n.5, cod.proc.civ.per manifesta contraddittorietà ed insufficienza della motivazione circa un punto decisivo della controversia.
7 .L’INPS ha dedotto che nel nuovo assetto organizzativo, vigente nel periodo di causa, l’unità «contabilità e finanza» era stata declassata ad unità organizzativa ed il numero dei dirigenti ridotto; ha assunto essere stato documentato che nel breve tempo in cui l’ufficio contabilità e finanza poteva considerarsi dirigenziale il dirigente preposto era il dott. COGNOME Ha lamentato che il dipendente non aveva mai dedotto né provato il rapporto diretto con il dirigente generale regionale e neppure la gestione del personale e delle risorse strumentali e finanziarie dell’ufficio.
I due motivi, che possono essere trattati congiuntamente, sono inammissibili.
9.Essi non si confrontano con i contenuti della sentenza impugnata, la quale dopo avere richiamato, ad abundantiam , la situazione precedente ai fatti di causa, ha esaminato il periodo di causa sulla base della delibera n. 799/98.
10.Ha dunque individuato, sulla base di tale organigramma, la posizione dirigenziale di «Responsabile Contabilità e Finanza» ed accertato che il RAGIONE_SOCIALE aveva svolto tutte le funzioni che competevano a tale figura
dirigenziale nel nuovo ordinamento. Ha poi dato conto che il dirigente formalmente preposto alla funzione, dott. COGNOME nei fatti era stato assegnato ad altro incarico e che la responsabilità era stata assunta dal COGNOME, pienamente ed al di fuori del controllo del dirigente titolare. L’INPS continua a riproporre in questa sede le difese già esaminate e disattese dal giudice del rinvio, così devolvendo nella sostanza a questa Corte un non-consentito riesame del merito.
Il ricorso deve essere nel complesso respinto.
Le spese di causa, liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza.
Stante il tenore della pronuncia, va dato atto, ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater D.P.R. n. 115/02, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
P. Q. M.
La Corte rigetta il ricorso.
Condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese, che liquida in € 200 per spese ed € 5.000 per compensi professionali oltre spese generali al 15% ed accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 -quater del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1 -bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Lavoro della