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Mansioni superiori: diritto alla retribuzione

Un dipendente di un ente pubblico ha svolto per anni mansioni dirigenziali superiori rispetto al suo inquadramento. La Corte di Cassazione ha confermato il suo diritto a ricevere le differenze retributive, stabilendo che conta l’effettivo svolgimento dei compiti (la sostanza) e non la mera qualifica formale. Il ricorso dell’ente è stato respinto, sottolineando che, per il riconoscimento delle mansioni superiori, è decisiva la prova della prevalenza qualitativa, quantitativa e temporale delle attività svolte.

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Pubblicato il 16 settembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Mansioni superiori: Il Diritto alla Retribuzione Anche Senza Incarico Formale

Il riconoscimento delle mansioni superiori nel pubblico impiego rappresenta una questione cruciale, dove la realtà operativa spesso si scontra con l’inquadramento formale. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha ribadito un principio fondamentale: ciò che conta è la sostanza dei compiti effettivamente svolti dal lavoratore. Se un dipendente si trova a coprire di fatto un ruolo dirigenziale, ha diritto alla corrispondente retribuzione, anche se formalmente quella posizione è assegnata a un’altra persona.

I Fatti del Caso: Oltre la Forma, la Sostanza

La vicenda riguarda un dipendente di un importante ente pubblico che, per un periodo di circa tre anni (dal 1998 al 2001), ha di fatto diretto l’ufficio ‘Contabilità e Finanza’ di un’agenzia territoriale. Sebbene una riorganizzazione interna avesse previsto la nomina di un altro dirigente per quella funzione, quest’ultimo era stato destinato ad altri incarichi. Di conseguenza, il lavoratore si era trovato a gestire in piena autonomia tutte le responsabilità del ruolo, presiedendo l’ufficio e rispondendo direttamente al direttore della sede, senza la presenza di figure intermedie.

L’ente datore di lavoro si è opposto alla richiesta di pagamento delle differenze retributive, sostenendo che la posizione non fosse più dirigenziale a seguito della riorganizzazione e che, in ogni caso, un dirigente titolare fosse stato formalmente nominato. La Corte d’Appello, in funzione di giudice del rinvio, aveva però dato ragione al lavoratore, accertando che le mansioni svolte erano indiscutibilmente di natura dirigenziale e prevalenti sia per qualità che per quantità e tempo.

La Decisione della Corte: Prevale la Realtà dei Compiti Svolti

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso dell’ente pubblico, confermando la decisione della Corte d’Appello. Gli Ermellini hanno dichiarato inammissibili i motivi di ricorso, in quanto miravano a un riesame dei fatti già accuratamente accertati nel giudizio di merito. La Cassazione non può sostituire la propria valutazione a quella del giudice che ha esaminato le prove, come le testimonianze, dalle quali era emerso chiaramente il ruolo di fatto svolto dal dipendente.

Il punto centrale della decisione è che il giudice del rinvio aveva correttamente seguito le indicazioni della stessa Cassazione, verificando la prevalenza effettiva delle funzioni dirigenziali esercitate dal lavoratore. L’indagine si è concentrata sulla sostanza, accertando che il lavoratore aveva svolto tutte le funzioni tipiche del ‘Responsabile Contabilità e Finanza’, una figura prevista come dirigenziale dall’organigramma dell’ente.

Le motivazioni: perché contano le mansioni superiori di fatto?

La Corte ha chiarito che l’assenza di un atto formale di preposizione o la formale assegnazione del ruolo a un altro soggetto non sono ostacoli insormontabili al riconoscimento delle mansioni superiori. Se le prove dimostrano che il lavoratore ha esercitato, in modo prevalente e continuativo, compiti di livello superiore, sorge il suo diritto alla retribuzione corrispondente, secondo il principio costituzionale di proporzionalità della retribuzione alla quantità e qualità del lavoro prestato (art. 36 Cost.).

Nel caso specifico, la Corte ha valorizzato le seguenti circostanze:
1. Svuotamento della nomina formale: Il dirigente formalmente nominato non ha mai effettivamente assunto le funzioni, essendo stato dirottato su altri compiti per scelta organizzativa del datore di lavoro.
2. Assunzione piena di responsabilità: Il lavoratore ha assunto pienamente la responsabilità del settore, operando al di fuori del controllo del dirigente titolare e rispondendo direttamente ai vertici della sede.
3. Natura delle mansioni: I compiti svolti (monitoraggio dei flussi contabili e finanziari, rendicontazione, controllo di gestione) erano oggettivamente di carattere dirigenziale ed esorbitavano dall’ambito delle qualifiche inferiori.

La Cassazione ha quindi ritenuto che il datore di lavoro non potesse appellarsi a una situazione formale da lui stesso creata e poi disattesa nella pratica per negare al lavoratore i suoi diritti economici.

Conclusioni: Implicazioni Pratiche per Lavoratori ed Enti Pubblici

Questa ordinanza consolida un orientamento giurisprudenziale di grande importanza. Per i lavoratori, essa rappresenta una tutela contro l’impiego di fatto in ruoli di maggiore responsabilità senza il corrispondente riconoscimento economico. Dimostrando con prove concrete (testimonianze, documenti, email) la natura e la prevalenza delle mansioni superiori svolte, è possibile ottenere la giusta retribuzione.

Per gli enti pubblici e i datori di lavoro, la sentenza è un monito a far coincidere l’organizzazione formale con quella sostanziale. Nominare un dirigente ‘di facciata’ mentre un altro dipendente svolge effettivamente le sue funzioni non solo è una prassi organizzativa inefficiente, ma espone l’ente a contenziosi costosi. La trasparenza e la coerenza tra incarichi formali e compiti reali sono essenziali per una gestione corretta del personale e per prevenire rivendicazioni legittime.

È possibile ottenere il riconoscimento di mansioni superiori anche se un altro dirigente è formalmente assegnato a quella posizione?
Sì, è possibile. La Corte ha stabilito che se il dirigente formalmente nominato non esercita di fatto le sue funzioni perché destinato ad altri incarichi, e un altro lavoratore ne assume pienamente e prevalentemente le responsabilità, quest’ultimo ha diritto al riconoscimento economico per le mansioni superiori svolte.

Cosa deve dimostrare un lavoratore per ottenere il pagamento delle differenze retributive per mansioni superiori?
Il lavoratore deve dimostrare che le mansioni di livello superiore sono state svolte in modo prevalente sotto il profilo qualitativo (complessità e responsabilità), quantitativo (impegno richiesto) e temporale (continuità nel tempo). È necessario provare che i compiti svolti appartengono a una posizione gerarchicamente superiore secondo l’organigramma dell’ente.

Una riorganizzazione che declassa un ufficio esclude automaticamente il carattere dirigenziale delle mansioni?
No, non necessariamente. Sebbene l’ufficio fosse stato formalmente declassato a ‘semplice unità operativa’, il giudice ha verificato che i compiti e la natura dirigenziale del posto non erano stati modificati. La valutazione si basa sulla natura intrinseca delle funzioni effettivamente svolte, non sulla mera denominazione formale dell’unità organizzativa.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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