Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 27182 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L Num. 27182 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data pubblicazione: 21/10/2024
1. La Corte di Appello di RAGIONE_SOCIALE ha rigettato l’appello proposto da NOME COGNOME (dirigente medico di I livello nominato responsabile del RAGIONE_SOCIALE con delibera n. 184 del 22.2.2001), avverso la sentenza del Tribunale di RAGIONE_SOCIALE, che aveva respinto le sue domande, volte ad ottenere il compenso aggiuntivo per le mansioni superiori svolte nel periodo dal 22.2.2001 al novembre 2008, ed in subordine il risarcimento del danno a titolo di responsabilità contrattuale o extracontrattuale o a titolo di ingiustificato arricchimento.
Il COGNOME aveva dedotto che solo dopo la definizione della tipologia degli incarichi ex art. 37 del CCNL del 8.6.2000, avvenuta con delibera del 31.8.2007 e l’approvazione del regolamento per l’affidamento e la revoca degli incarichi dirigenziali, la RAGIONE_SOCIALE aveva previsto il carattere di struttura semplice per le attività di RAGIONE_SOCIALE ed RAGIONE_SOCIALE diagnostica ed operativa, mentre dopo la determinazione del trattamento economico del Direttore di Struttura Semplice, con delibera del 28.3.2008 gli aveva formalmente affidato l’incarico di dirigente della Struttura e con delibera n. 1631 del 6.10.2008 (a seguito della quale era stato sottoscritto il contratto e gli stato corrisposto il relativo compenso) gli aveva riconosciuto il trattamento economico a lui spettante quale dirigente della struttura.
La Corte territoriale ha ritenuto inammissibile l’appello quanto meno riguardo alla questione dell’applicabilità delle disposizioni di cui al CCNL del 5.6.1996; ha in particolare evidenziato che il richiamo all’art. 27 del CCNL 8.6.2000 contenuto nel ricorso introduttivo non era limitato all’applicazione del parametro retributivo, ma era volto al riconoscimento dell’incarico quale dirigente di struttura complessa o di struttura semplice, mentre nell’atto di appello aveva sostenuto che la domanda era finalizzata al riconoscimento di un incremento della retribuzione per effetto dell’applicazione dell’art. 56 del CCNL 5.12.1996, comma 1, lettera b), norma mai indicata prima della proposizione dell’appello, in ragione dello svolgimento delle mansioni di responsabile del GOIP, che costituiva una struttura.
Secondo il giudice di appello, la questione sollevata soltanto in grado di appello integrava una modifica della causa petendi , considerato che l’appellante non aveva depositato il CCNL su cui aveva fondato l’unico motivo di gravame e che la difesa di parte appellata aveva dovuto esaminare una domanda fondata su presupposti giuridici del tutto differenti.
La Corte territoriale ha comunque ritenuto infondata la pretesa del ricorrente, non risultando dalla documentazione in atti che prima dell’anno 2007 la RAGIONE_SOCIALE avesse attribuito al GOIP natura di struttura semplice o di modulo ai sensi dell’art. 47 del D.P.R. n. 348/1990 ed ha escluso che i G.O.I.P. possano essere considerati quali strutture o moduli, ai cui responsabili l’art. 56 del CCNL del 1996 riconosce un trattamento retributivo superiore.
Ha altresì escluso che nella pianta organica del Presidio Ospedaliero della ASL di RAGIONE_SOCIALE fosse previsto un posto di ruolo di responsabile di G.O.I.P., ed ha ritenuto inondate le domande proposte in via subordinata.
Avverso tale sentenza NOME COGNOME ha proposto ricorso per cassazione affidato a quattro motivi, illustrati da memoria.
La RAGIONE_SOCIALE ha resistito con controricorso.
DIRITTO
1.Con il primo motivo il ricorso denuncia, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4 cod. proc. civ., nullità della sentenza per violazione dell’art. 132 per contrasto insanabile tra dispositivo e motivazione e tra più parti della motivazione, in relazione all’art. 360, comma primo, n. 4 cod. proc. civ.
Addebita alla sentenza impugnata di avere ritenuto sia l’inammissibilità dell’appello che la sua infondatezza in relazione alle pretese fondate sul CCNL del 1996.
Con il secondo mezzo il ricorso denuncia, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3 cod. proc. civ., erronea interpretazione e qualificazione della domanda e conseguente falsa applicazione dell’art. 437, comma secondo, cod. proc. civ., nonché dell’art. 112 cod. proc. civ., in relazione all’art. 360, comma primo, n. 3 cod. proc. civ., per avere la sentenza impugnata erroneamente ravvisato un mutamento della causa petendi .
Evidenzia che la sentenza impugnata dà atto della domanda proposta con il ricorso di primo grado (mancata corresponsione del compenso aggiuntivo per l’espletamento di mansioni superiori quale responsabile G.O.I.P. dal 2001 al 2008), e che tale domanda era stata reiterata nell’atto di appello.
Sostiene che non può ravvisarsi il mutamento della domanda in ragione dell’indicazione, nell’atto di appello, di un contratto collettivo del pubblico impiego (conoscibile dal giudice anche a prescindere dalla collaborazione delle parti, come riconosciuto dalla Corte territoriale) non menzionato nel ricorso di primo grado.
Argomenta che le norme della contrattazione collettiva del pubblico impiego costituiscono precisazione e applicazione dei principi generali di rango costituzionale, contenuti negli artt. 3 e 36 Cost.
Con il terzo motivo il ricorso denuncia omesso esame di un fatto decisivo della controversia, ai sensi dell’art. 360, comma primo, n. 5, cod. proc. civ.
Addebita alla Corte territoriale di non avere esaminato lo specifico contenuto della delibera D.G. n. 184 del 22.2.2001, che aveva attribuito la responsabilità del GOIP al COGNOME all’esito di una selezione comparativa.
Con la quarta censura il ricorso denuncia violazione del combinato disposto degli artt. 3 e 36 Cost. e dell’art. 2103 cod. civ., nonché dell’art. 52 d.lgs. n. 165/2001, in relazione all’art. 360, comma primo, n. 3 cod. proc. civ.
Addebita alla Corte territoriale di non avere considerato la circostanza decisiva costituita dall’esubero della responsabilità del G.O.RAGIONE_SOCIALE.P. rispetto a quelle proprie della qualifica di un dirigente medico, al quale, nella carenza dell’atto aziendale, aveva continuato ad applicarsi il livello retributivo più basso tra quelli previsti per la dirigenza medica.
In via subordinata deduce la sussistenza delle denunciate violazioni nel periodo intercorrente dal 31.8.2007 (data di istituzione della struttura semplice di RAGIONE_SOCIALE chirurgica ed endoscopia digestiva) al 16.12.2008 (data della stipula del contratto individuale di lavoro, che aveva attribuito al COGNOME la responsabilità del G.O.I.P.).
I primi due motivi, da trattarsi congiuntamente per ragioni di connessione logica, sono infondati.
Non sussiste la dedotta contraddittorietà tra dispositivo e motivazione, né tra più parti della motivazione, atteso che la sentenza impugnata ha dichiarato inammissibile solo la questione giuridica relativa all’applicabilità delle disposizioni di cui al CCNL del 5.6.1996, e non dell’intero ed unico motivo di gravame.
In particolare, la Corte territoriale ha deciso nel merito respingendo l’appello in quanto ha escluso la violazione degli artt. 27 e 28 del CCNL del 8.6.2000, evidenziando che i G.O.I.P. non possono essere considerati
strutture o moduli, ha escluso che le mansioni superiori siano riferibili ad un posto di ruolo esistente nella pianta organica e vacante, ed ha ritenuto infondate le domande risarcitorie proposte ai sensi degli artt. 2043 e 2041 cod. civ.
Il nucleo della sentenza impugnata è dunque costituito dalla decisione di rigetto dell’appello nel merito sulla base di tali statuizioni, mentre la statuizione di inammissibilità riguarda solo la questione relativa all’applicazione delle disposizioni del CCNL del 1996, ritenuta nuova, e costituisce un mero obiter dictum che non ha influito sul dispositivo della decisione, la cui ratio decidendi è costituita dalla ritenuta infondatezza della censura nelle restanti parti, riferite alla violazione di altre norme.
Considerato che la statuizione sull’inammissibilità si riferisce solo alla novità di una delle questioni giuridiche esaminate nell’ambito dell’unico motivo di appello, la fattispecie non è sovrapponibile a quella esaminata dalle Sezioni Unite di questa Corte nella sentenza n. 24469/2013 secondo cui, qualora il giudice, dopo avere dichiarato l’inammissibilità di una domanda, di un capo di essa o di un singolo motivo di gravame, si spoglia della ‘potestas iudicandi’ sul merit o, abbia comunque proceduto all’esame di quest’ultimo, è inammissibile il motivo di impugnazione della sentenza che ne contesti solo la motivazione, da considerarsi svolta ‘ ad abundantiam ‘ su tale ultimo aspetto (Cass. S.U. n. 24469/2013), né a quelle esaminate alle ordinanze nn. 23086/2024, 23074/2024, 23063/2024 e 23059/2024, in cui la Corte territoriale pur avendo dichiarato l’inammissibilità dell’appello nella motivazione si era espressa sull’infondatezza del gravame nel merito.
Peraltro nel caso di specie, poiché l’art. 27 del CCNL del 8.6.2000 richiama l’art. 56 del CCNL del 1996, la Corte territoriale era tenuta ad esaminare anche tale disposizione con una decisione che, alla luce di quanto fin qui evidenziato, resiste alle critiche del ricorrente.
Anche il secondo motivo, con cui il ricorrente denuncia la violazione degli artt. 437 e 112 cod. proc. civ. è infondato, in quanto la pronuncia di inammissibilità non si riferisce all’intero gravame, ma alla sola questione riguardante l’applicabilità delle disposizioni contenute nel CCNL del 1996
6. Il terzo motivo è infondato.
Non sussiste l’omesso esame di un fatto decisivo, in quanto la Corte territoriale ha esaminato le responsabilità del COGNOME e le ha rapportate ad una struttura non dirigenziale.
7. Anche il quarto motivo è infondato.
Questa Corte ha da tempo chiarito che l’esegesi del quadro normativo e contrattuale non consente di estendere ai dirigenti in generale, ed alla dirigenza medica in particolare, norme e principi che regolano il rapporto di lavoro non dirigenziale (v. Cass. n. 19718/2023 e Cass. n. 3483/2019, nonché la giurisprudenza richiamata dalle suddette pronunce).
Si è in particolare evidenziato che l’inapplicabilità ai dirigenti dell’art. 2103 cod. civ., sancita dall’art.19 del d.lgs. n. 29/1993, come modificato dall’art. 13 del d.lgs. n. 80/1998, discende dalla peculiarità proprie della qualifica dirigenziale che, nel nuovo assetto, non esprime più una posizione lavorativa inserita nell’ambito di una carriera e caratterizzata dallo svolgimento di determinate mansioni, bensì esclusivamente l’idoneità professionale del soggetto a ricoprire un incarico dirigenziale, necessariamente a termine, conferito con atto datoriale gestionale, distinto dal contratto di lavoro a tempo indeterminato.
L’inapplicabilità ai dirigenti dell’art. 2103 cod. civ., sancita dall’art. 19 del d.lgs. n. 165/2001, era già stata affermata dall’art. 19 del d. lgs. n. 29/1993, come modificato dall’art. 13 del d. lgs. n. 80/1998, e discende dalle peculiarità proprie della qualifica dirigenziale che, nel nuovo assetto, non esprime più una posizione lavorativa inserita nell’ambito di una carriera caratterizzata dallo svolgimento di determinate mansioni, ma esclusivamente l’idoneità professionale del soggetto a ricoprire un
incarico dirigenziale, necessariamente a termine, conferito con atto datoriale gestionale, distinto dal contratto di lavoro a tempo determinato.
Per le medesime ragioni non è applicabile al rapporto di lavoro dirigenziale l’art. 52 del d. lgs. n. 165/2001, riferibile al solo personale che non rivesta la qualifica di dirigente, al quale è invece riservata la disciplina dettata dalle disposizioni del capo II.
Per la dirigenza sanitaria il principio è ribadito dall’art. 15 del d.lgs. n. 502/1992 (come sostituito dall’art. 13, comma 1, del d. lgs. 19 giugno 1999, n. 229), secondo cui la dirigenza sanitaria è collocata in un unico ruolo, distinto per profili professionali, ed in un unico livello, nonché dall’art. 15 ter (aggiunto dal medesimo art. 13, comma 1, del d. lgs. n. 229/1999) comma 5, secondo cui il dirigente preposto ad una struttura complessa è sostituito, in caso di sua assenza o impedimento, da altro dirigente della struttura o del dipartimento individuato dal responsabile della stessa struttura ed alle predette mansioni superiori non si applica l’art. 2103, primo comma, cod. civ.
Trova dunque applicazione l’art.24 del d.lgs. n.165/2001, che in tutte le versioni succedutesi nel tempo, ha delegato alla contrattazione collettiva la determinazione del trattamento retributivo del personale con qualifica dirigenziale, da correlarsi quanto al trattamento accessorio alle funzioni attribuite, ed al comma 3 ha fissato il principio di onnicomprensività, stabilendo che il trattamento medesimo ‘ remunera tutte le funzioni ed i compiti attribuiti ai dirigenti in base a quanto previsto dal presente decreto nonché qualsiasi incarico ad essi conferito in ragione del loro ufficio o comunque conferito dall’amministrazione presso cui prestano servizio o su designazione della stessa ‘.
Va infine ricordato che, in materia di retribuzione di dirigente medico, il provvedimento di graduazione delle funzioni ha natura di atto di macro organizzazione riconducibile all’art. 2, comma 1, del d.lgs. 30 marzo 2001, n. 165, ed integra un elemento costitutivo della parte variabile della retribuzione di posizione (Cass., n. 19040 del 2015).
E’ dunque conforme a tali principi la sentenza impugnata, che ha escluso l’equiparabilità del GRAGIONE_SOCIALE.RAGIONE_SOCIALE. ad una struttura semplice o complessa, ha accertato che il posto di responsabile del G.O.I.P. non era nemmeno previsto in pianta organica, e non ha pertanto riconosciuto il diritto del COGNOME ad un compenso aggiuntivo.
La doglianza subordinata proposta nell’ambito del quarto motivo, riferita all’integrazione retributiva riguardo alla struttura semplice di RAGIONE_SOCIALE chirurgica ed endoscopia digestiva è inammissibile, in quanto, come risulta dalla sentenza impugnata, l’oggetto del giudizio di appello è costituito in via principale dall’integrazione retributiva dovuta per l’espletamento dell’incarico di responsabile del G.O.I.P., ed in via subordinata dalla richiesta risarcitoria per la violazione dell’art. 2043 cod. civ. per colpevole inerzia della RAGIONE_SOCIALE nella creazione della struttura semplice e dalla domanda ex art. 2041 cod. civ., e tale doglianza non si confronta con il decisum .
Il ricorso va pertanto rigettato.
Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.
Ai sensi dell’art. 13, co. 1 quater , d.P.R. n. 115 del 2002, sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13, se dovuto.
PQM
La Corte rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente a rifondere le spese del giudizio di legittimità, liquidate in € 200,00 per esborsi ed in € 4.500,00 per competenze professionali, oltre al rimborso spese generali nella misura del 15% e accessori di legge;
dà atto della sussistenza dell’obbligo per parte ricorrente, ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater , del d.P.R. n.115 del 2002, di versare
l’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per l’impugnazione integralmente rigettata, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Lavoro