Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 5683 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L Num. 5683 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 04/03/2024
ORDINANZA
sul ricorso n. 34824/2018 proposto da:
NOME COGNOME, rappresentata e difesa dall’AVV_NOTAIO ed elettivamente domiciliata in Roma, INDIRIZZO presso l’AVV_NOTAIO;
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso per legge dall’RAGIONE_SOCIALE e domiciliat o presso di essa in RomaINDIRIZZO INDIRIZZO;
-resistente-
avverso la SENTENZA RAGIONE_SOCIALE Corte d’appello di 22 maggio 2018.
Ancona, n. 81/2018, pubblicata il
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 9/02/2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
NOME COGNOME, premesso di essere dipendente del RAGIONE_SOCIALE inquadrata nella categoria C3, ha adito il Tribunale di Ancona per ottenere la condanna di tale RAGIONE_SOCIALE a corrispondere le differenze retributive a lei spettanti per lo svolgimento di fatto di mansioni superiori di dirigente per il periodo dal 7 gennaio 2013 al 27 settembre 2014.
Il Tribunale di Ancona, nel contraddittorio delle parti, con sentenza n. 522/2016, ha accolto la domanda.
Il RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE ha proposto appello che la Corte d’appello di Ancona, nel contraddittorio delle parti, con sentenza n. 81/2018, ha accolto.
NOME COGNOME ha proposto ricorso per cassazione sulla base di undici motivi.
Il RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE ha depositato atto di costituzione.
La ricorrente ha depositato memoria.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo la ricorrente lamenta la violazione del l’art. 52 d.lgs. n. 165 del 2001, interpretato in senso costituzionalmente conforme agli artt. 3, 36 e 97 Cost., con riferimento ai paragrafi da 3.1 a 3.4 RAGIONE_SOCIALE sentenza impugnata, nella parte in cui la corte territoriale avrebbe assunto, quale presupposto costitutivo del suo diritto alla corresponsione delle differenze retributive per le mansioni superiori svolte, il formale conferimento di apposito incarico in suo favore.
Essa sostiene che la circostanza del mancato formale conferimento dell’incarico di ‘Reggenza dell’Ufficio di dirigente amministrativo’ sarebbe stata irrilevante.
La doglianza è inammissibile, in quanto la Corte d’appello di Ancona ha fondato la sua decisione principalmente sulla circostanza che, nel periodo dal 7 gennaio 2013 al 28 settembre 2014, le funzioni di dirigente amministrativo erano state effettivamente esercitate dal Presidente RAGIONE_SOCIALE Corte facente funzioni e, quindi, dal luglio 2014, dal Presidente titolare.
La non formalizzazione del menzionato incarico è stata considerata, quindi, una conseguenza automatica del fatto che il posto dirigenziale era stato, nel lasso di tempo oggetto di causa, occupato da altri ben individuati soggetti diversi dalla ricorrente.
2) Con il secondo motivo la ricorrente contesta l’erronea interpretazione ed applicazione dell’art. 3 del d.lgs. n. 240 del 2006 e dell’art. 52 del d.lgs. n. 165 del 2001, letto in senso costituzionalmente conforme agli artt. 3, 36 e 97 Cost., con riferimento ai paragrafi da 3.5 a 3.7, 3.9 e 3.10 RAGIONE_SOCIALE sentenza impugnata, nella parte in cui la corte territoriale avrebbe ritenuto che la normativa in esame precludesse l’insorgenza del diritto del dipendente alla corresponsione in suo favore delle differenze retributive per le superiori mansioni proprie RAGIONE_SOCIALE qualifica dirigenziale svolte.
La doglianza è ancora inammissibile.
La Corte d’appello di Ancona si è limitata a verificare, oltre alla formale titolarità, nel periodo dal 7 gennaio 2013 al 28 settembre 2014, delle funzioni di dirigente amministrativo in capo prima al Presidente RAGIONE_SOCIALE Corte facente funzioni e, poi, dal luglio 2014, al Presidente titolare, che questi ultimi le avessero altresì svolte in fatto.
Ha accertato , invero, che, nell’attestazione del 19 dicembre 2014, il Presidente RAGIONE_SOCIALE Sezione aveva precisato che la direzione del personale amministrativo era avvenuta sotto la sua supervisione e che, nelle deleghe rilasciate il 13 febbraio e il 1° marzo 2013 in favore del ‘direttore amministrativo d.ssa COGNOME‘ , il Presidente RAGIONE_SOCIALE Corte aveva precisato di assumere la piena responsabilità degli ordinativi firmati dai delegati ‘come fossero firmati da me medesimo’.
Analoghe considerazioni i giudici di secondo grado hanno svolto quanto al decreto di delega dell’11 luglio 2014 e all’esercizio del potere disciplinare nei
confronti del personale amministrativo dell’ufficio, che era rimasto attribuito integralmente al capo RAGIONE_SOCIALE Corte.
Con il terzo motivo la ricorrente contesta l’erronea interpretazione ed applicazione dell’art. 17 del d.lgs. n. 165 del 2001, letto in senso costituzionalmente conforme all’art. 97 Cost., nella parte in cui , con riferimento al paragrafo 3.8 RAGIONE_SOCIALE sentenza impugnata, la corte territoriale, distinguendo fra delega di funzioni e di firma, avrebbe ritenuto che solo l’intervenuto rilascio RAGIONE_SOCIALE delega di funzioni costituisse presupposto per l’insorgenza del diritto del dipendente alla corresponsione delle differenze retributive per le superiori mansioni svolte, tipiche RAGIONE_SOCIALE qualifica dirigenziale.
La doglianza è inammissibile, in quanto la Corte d’appello di Ancona, nel distinguere, nella specie, fra delega di funzioni e di firma ha voluto semplicemente evidenziare come i provvedimenti di delega alla ricorrente RAGIONE_SOCIALE sottoscrizione di alcuni atti non avessero comportato l’esercizio, da parte RAGIONE_SOCIALE stessa, di funzioni dirigenziali, essendo rimasti il controllo e la responsabilità dei detti atti al capo RAGIONE_SOCIALE Corte, quale titolare del ruolo dirigenziale.
In particolare, ha sottolineato come la delega in questione non avesse alcuna rilevanza esterna, poiché la delega di firma realizza un mero decentramento burocratico, restando l’atto firmato dal delegato imputabile al delegante (Cass., Sez. 5, n. 11013 del 19 aprile 2019).
Con il quarto motivo la ricorrente lamenta l’erronea interpretazione ed applicazione dell’art. 17 del d.lgs. n. 165 del 2001, letto in senso costituzionalmente conforme all’art. 97 Cost., e dell’art. 52 del d.lgs. n. 165 del 2001, inteso in senso rispettoso de ll’art. 36 Cost., con riferimento al paragrafo 4 RAGIONE_SOCIALE sentenza impugnata, nella parte in cui la corte territoriale avrebbe ritenuto che l’assegnazione degli obiettivi al dipendente fosse presupposto per l’insorgenza del suo diritto alla corresponsione del le differenze retributive per le superiori mansioni svolte.
La doglianza è ancora inammissibile, in quanto la Corte d’appello di Ancona ha menzionato la definizione degli obiettivi solo per rimarcare che la ricorrente non aveva esercitato, né di fatto né di diritto, mansioni dirigenziali.
Con il quinto motivo la ricorrente contesta, in ordine ai paragrafi da 4.1 a 4.3 RAGIONE_SOCIALE sentenza impugnata, l’erronea interpretazione e applicazione dell’art. 3 del d.lgs. n. 240 del 2006, nella parte in cui la corte territoriale avrebbe ritenuto che la devoluzione al magistrato titolare dell’ufficio delle competenze del Dirigente amministrativo, come stabilite dal detto art. 3, per l’ipotesi di vacanza del posto e sino alla copertura effettiva del medesimo, precludesse il diritto del dipendente alle differenze retributive per le mansioni superiori svolte.
La doglianza è inammissibile perché la Corte d’appello di Ancona ha accertato, alla luce RAGIONE_SOCIALE documentazione agli atti, che il capo RAGIONE_SOCIALE Corte era stato il titolare in fatto e in diritto delle funzioni dirigenziali nel periodo oggetto di lite.
Con il sesto motivo la ricorrente lamenta, con riferimento ai paragrafi 4.4. e 4.5 RAGIONE_SOCIALE sentenza impugnata, l’erronea interpretazione e applicazione degli artt. 17 e 52 del d.lgs. n. 165 del 2001 e dell’art. 2103 c.c. nella parte in cui la corte territoriale avrebbe ritenuto che la previsione di inapplicabilità dell’art. 2103 c.c., come introdotta dall’art. 17, comma 1 bis, del d.lgs. n. 165 del 2001 , precludesse l’insorgenza del diritto del dipendente alle differenze retributive per le superiori mansioni esercitate.
La doglianza è inammissibile, atteso che la Corte d’appello di Ancona ha comunque escluso che la ricorrente fosse stata delegata ad esercitare funzioni dirigenziali e considerato che il riferimento al menzionato art. 17, comma 1 bis, rappresenta un mero obiter dictum .
Con il settimo motivo la ricorrente lamenta la violazione e la falsa applicazione degli artt. 112 e 155 c.p.c. e 2697 c.c. e l’omesso esame di un fatto decisivo perché la corte territoriale non avrebbe tenuto conto delle circostanze rappresentate da essa ricorrente in primo grado e non contestate da controparte.
La doglianza è inammissibile.
Innanzitutto, si osserva che la PRAGIONE_SOCIALEA. resistente ha negato in radice che la ricorrente avesse esercitato in concreto mansioni superiori, con la conseguenza che non può trovare applicazione il principio di non contestazione.
Inoltre, si rileva che la Corte d’appello di Ancona ha accertato il mancato svolgimento, da parte RAGIONE_SOCIALE ricorrente, di mansioni superiori alla luce di tutta la documentazione agli atti e, quindi, dei fatti che tale documentazione attestava, fra cui quelli sulla base dei quali la dipendente ha avanzato le proprie pretese.
Con l’ottavo motivo la ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione degli artt. 421 e 437 c.p.c. e 2697 c.c. e il mancato esame di un fatto decisivo per il giudizio, in quanto la corte territoriale non avrebbe ammesso la prova avente ad oggetto le funzioni di responsabilità RAGIONE_SOCIALE gestione del personale amministrativo e delle risorse finanziarie e strumentali dell ‘ufficio.
La doglianza è inammissibile per le ragioni che hanno condotto all’inammissibilità del settimo motivo.
Con il nono motivo la ricorrente contesta l’erronea interpretazione ed applicazione degli artt. 2 e 3 del d.lgs. n. 240 del 2006, nella parte in cui, con riferimento al paragrafo 3.6 RAGIONE_SOCIALE sentenza impugnata, la corte territoriale ha ritenuto che l’attribuzione delle funzioni di responsabilità RAGIONE_SOCIALE gestione delle risorse finanziarie e strumentali dell’ufficio, mantenendo la responsabilità di indirizzo, precludesse il riconoscimento RAGIONE_SOCIALE svolgimento di mansioni superiori.
La doglianza è inammissibile, avendo la Corte d’appello di Ancona ri levato che la ricorrente non aveva dimostrato l’esercizio di funzioni dirigenziali e che queste fossero rimaste nella titolarità, di fatto e di diritto, del capo RAGIONE_SOCIALE Corte.
Con il decimo motivo la ricorrente deduce l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio per avere la corte territoriale mancato di prendere in considerazione i fatti da lei dimostrati in primo grado aventi ad oggetto le funzioni di responsabilità nella gestione delle risorse finanziarie e strumentali dell’ufficio.
La doglianza è inammissibile perché la ricorrente chiede, nella sostanza, di compiere una nuova interpretazione del contenuto del decreto di delega dell’11 luglio 2014 e degli altri documenti da lei indicati e, quindi, di effettuare una valutazione delle prove alternativa a quella del giudice del merito.
Con l’undicesimo motivo la ricorrente contesta l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio perché la corte territoriale avrebbe omesso di considerare i fatti da lei dimostrati in primo grado aventi ad oggetto le funzioni di responsabilità nella gestione del personale.
La doglianza è ancora inammissibile, chiedendo, nella sostanza, la ricorrente una nuova valutazione di merito dei documenti depositati nei gradi precedenti.
12) Il ricorso è dichiarato inammissibile.
Nessuna statuizione deve esservi sulle spese di lite, non essendosi la RAGIONE_SOCIALE difesa ritualmente con controricorso.
Sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte RAGIONE_SOCIALE ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso principale (d.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater), se dovuto.
P.Q.M.
La Corte,
dichiara inammissibile il ricorso;
dichiara che sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte RAGIONE_SOCIALE ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso principale, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio RAGIONE_SOCIALE IV Sezione Civile, il 9