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Mansioni superiori: come si contano i dipendenti?

La Corte di Cassazione ha confermato la decisione della Corte d’Appello che riconosceva il diritto di un dipendente bancario all’inquadramento superiore per mansioni di coordinamento. La sentenza chiarisce che nel calcolo del numero di dipendenti coordinati, necessario per la promozione, devono essere inclusi anche i lavoratori temporaneamente assenti o ‘prestati’ da altre unità operative. La Corte ha inoltre ribadito gli ampi poteri istruttori del giudice d’appello nel rito del lavoro, che può ammettere nuove prove se indispensabili per la decisione.

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Pubblicato il 23 novembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Mansioni superiori: contano anche i dipendenti “prestati” o assenti?

L’attribuzione di mansioni superiori e il conseguente diritto a un inquadramento più elevato è una questione centrale nel diritto del lavoro. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha fornito chiarimenti cruciali su come calcolare il numero di dipendenti coordinati, un requisito spesso previsto dai contratti collettivi per il passaggio di livello. La Corte ha stabilito che anche il personale assente o temporaneamente assegnato da altre unità rientra nel computo, valorizzando la sostanza del ruolo di coordinamento.

I Fatti del Caso: La Richiesta di Inquadramento Superiore

Un dipendente di un istituto di credito si era rivolto al giudice per ottenere il riconoscimento dell’inquadramento nel livello QD4 (Quadro Direttivo di IV° livello) a partire dal 2008. Secondo il contratto collettivo applicabile, tale promozione era legata, tra le altre cose, al coordinamento di un numero di dipendenti compreso tra 10 e 13 unità.

In primo grado, la sua domanda era stata respinta, poiché il Tribunale non aveva ammesso le prove richieste. La Corte d’Appello, invece, ha riformato la decisione. Ritenendo indispensabili le prove, ha acquisito d’ufficio i fogli presenza e ha disposto una testimonianza, accertando che il lavoratore aveva effettivamente coordinato un numero di addetti sufficiente per il periodo richiesto. La banca, soccombente, ha quindi presentato ricorso in Cassazione.

I Poteri Istruttori del Giudice del Lavoro in Appello

Uno dei motivi di ricorso della banca riguardava l’ammissibilità di nuove prove in appello. La Cassazione ha respinto questa doglianza, ribadendo un principio fondamentale del rito del lavoro. Ai sensi dell’art. 437 c.p.c., il giudice d’appello ha ampi poteri istruttori e può ammettere, anche d’ufficio, documenti e testimonianze non prodotti in primo grado, qualora li ritenga indispensabili per decidere la causa. Questo potere serve a contemperare il principio dispositivo con quello della ricerca della verità materiale, specialmente quando, come nel caso di specie, il giudice di primo grado aveva negato l’istruttoria giudicando insufficienti le allegazioni.

Mansioni superiori: Come si calcolano i dipendenti coordinati?

Il cuore della controversia risiedeva nell’interpretazione del contratto collettivo. La banca sosteneva che nel calcolo degli addetti coordinati dovessero essere considerati solo i dipendenti “stabilmente in organico” presso la filiale. La Cassazione ha rigettato questa interpretazione restrittiva.

Secondo i giudici, il termine “addetti” all’Agenzia, utilizzato dalla normativa contrattuale, non pone distinzioni. Esso deve essere inteso in senso ampio, includendo tutto il personale operativo che il direttore si trova a gestire, coordinare e controllare in un dato periodo. Pertanto, nel computo rientrano:

* I dipendenti facenti parte dell’organico della filiale, anche se temporaneamente assenti per malattia, maternità, ferie, etc.
* I dipendenti “prestati”, ovvero formalmente in carico ad altre unità ma di fatto operativi presso l’agenzia e soggetti al coordinamento del responsabile.

La Corte ha sottolineato che ciò che rileva è la funzione direttiva effettivamente svolta, non il legame formale o il “centro di costo” a cui il dipendente è assegnato.

Le Motivazioni della Cassazione

La Corte ha respinto tutti i sette motivi di ricorso presentati dall’istituto di credito. Oltre ai punti già analizzati sui poteri istruttori e sull’interpretazione del CCNL, i giudici hanno rigettato le censure relative all’onere della prova, all’omesso esame di fatti decisivi e all’assorbimento del cosiddetto “superminimo”. Su quest’ultimo punto, la Corte ha ricordato che l’assorbimento dell’eccedenza retributiva nei miglioramenti dovuti per la qualifica superiore è la regola, a meno che non esista un “diverso accordo delle parti” che spetta al lavoratore dimostrare.

Infine, è stato dichiarato inammissibile anche il motivo relativo alla presunta ultrapetizione, con cui la banca lamentava che la condanna fosse stata estesa per un periodo superiore a quello originariamente richiesto. La Cassazione ha precisato che l’interpretazione del petitum (la domanda originaria) spetta al giudice di merito e, in questo caso, la Corte d’Appello aveva correttamente interpretato la volontà del lavoratore.

Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Sentenza

Questa ordinanza offre due importanti lezioni pratiche. La prima, di natura processuale, conferma la flessibilità del rito del lavoro in appello, dove la ricerca della verità può prevalere su rigide preclusioni istruttorie. La seconda, di natura sostanziale, fornisce un’interpretazione estensiva dei requisiti numerici per il riconoscimento delle mansioni superiori. Per datori di lavoro e dipendenti, ciò significa che la valutazione del ruolo di coordinamento deve basarsi sulla realtà operativa quotidiana e non su mere formalità di organigramma, includendo nel calcolo tutto il personale di fatto gestito dal responsabile.

Nel rito del lavoro, è possibile presentare nuove prove in appello se non sono state ammesse in primo grado?
Sì, la Corte ha ribadito che il giudice d’appello, ai sensi dell’art. 437 c.p.c., può ammettere documenti e testimonianze non prodotti in primo grado, anche d’ufficio, se li ritiene indispensabili per la decisione, al fine di accertare la verità dei fatti.

Per ottenere l’inquadramento superiore per coordinamento, i dipendenti ‘addetti’ devono essere tutti stabilmente in organico nella stessa filiale?
No, la Cassazione ha chiarito che il termine ‘addetti’ deve essere interpretato in senso ampio. Include non solo il personale stabile ma anche i dipendenti temporaneamente assenti (per malattia, ferie, etc.) e quelli ‘prestati’ da altre unità, poiché ciò che conta è l’effettivo esercizio della funzione di coordinamento e controllo su di essi.

In caso di riconoscimento di mansioni superiori, l’aumento di stipendio assorbe sempre il ‘superminimo’ individuale?
Di regola, sì. Il cosiddetto superminimo viene assorbito dai miglioramenti retributivi derivanti dalla promozione, a meno che le parti non abbiano pattuito diversamente. L’onere di provare l’esistenza di tale accordo contrario all’assorbimento grava sul lavoratore.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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