Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 18746 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L Num. 18746 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 09/07/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 17020/2019 R.G. proposto da:
AUTORITA’ DI SISTEMA PORTUALE DEL MARE ADRIATICO ORIENTALE PORTO DI RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore , domiciliata in ROMA, INDIRIZZO, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO che la rappresenta e difende ope legis ;
-ricorrente-
contro
NOME, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME AVV_NOTAIO che lo rappresenta e difende unitamente agli avvocati NOME COGNOME e NOME COGNOME;
-controricorrente-
nonchè contro
RAGIONE_SOCIALE;
-intimato- avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO RAGIONE_SOCIALE n. 9/2019 depositata il 14/02/2019. Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 07/06/2024
dal Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
La Corte d’appello di RAGIONE_SOCIALE, con la sentenza n. 9/2019 pubblicata il 14/02/2019, ha in parte accolto il gravame proposto da NOME COGNOME nella controversia con l’RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE (d’ora innanzi: l’RAGIONE_SOCIALE). In parziale riforma della sentenza appellata: a) ha accertato lo svolgimento di un rapporto di lavoro subordinato tra l’appellante e l’RAGIONE_SOCIALE, in distacco presso la società RAGIONE_SOCIALE dal 01/07/2012 al 30/11/2015, con mansioni di Quadro A del CRAGIONE_SOCIALE dei lavoratori dei porti; b) ha condannato l’RAGIONE_SOCIALE alla regolarizzazione della posizione contributiva ed al pagamento RAGIONE_SOCIALE differenze tra quanto avrebbe dovuto percepire per il suo inquadramento e quanto ha effettivamente percepito.
La controversia ha per oggetto l’accertamento dello svolgimento di mansioni superiori, ed in particolare dell’incarico di responsabile operativo e Port Facility Security Officer (PFSO) in distacco presso RAGIONE_SOCIALE, con inquadramento nella qualifica dirigenziale, a decorrere dal 01/07/2012 o, in subordine, al livello di Quadro A di cui al C.C.N.L. dei lavoratori dei porti, con le conseguenti differenze retributive e contributive.
Il Tribunale di RAGIONE_SOCIALE aveva rigettato tutte le domande proposte dalla parte ricorrente, oltre che l’eccezione di difetto di legittimazione passiva sollevata dall’RAGIONE_SOCIALE.
La Corte d’appello di RAGIONE_SOCIALE ha in primo luogo ritenuto l’applicabilità dell’art. 2103 cod. civ. al rapporto dedotto in giudizio, in forza della disposizione dettata dall’art. 10 comma 6 legge 28 gennaio 1994, n. 84 (riordino della legislazione in materia RAGIONE_SOCIALE) laddove si prevede che il rapporto di lavoro del personale RAGIONE_SOCIALE autorità RAGIONE_SOCIALE sia di diritto privato, e dunque disciplinato dalle disposizioni dettate dal codice civile, tra le quali l’articolo 2103 cod. civ..
Sulla base di questa premessa la Corte territoriale ha proceduto alla disamina RAGIONE_SOCIALE declaratorie contrattuali e ha concluso che sulla base RAGIONE_SOCIALE risultanze istruttorie (in particolare: RAGIONE_SOCIALE prove testimoniali) risultasse provato lo svolgimento di mansioni ascrivibili nell’ambito della categoria di Quadro A. In particolare, la Corte ha ritenuto provato lo svolgimento di tali mansioni «con continuità ed assunzione di piena responsabilità, nell’ambito di un più generale insieme di funzioni caratterizzate da un elevato livello qualitativo, non limitate a specifici ambiti, con ampia autonomia decisionale, ma pur sempre nell’ambito di indirizzi a carattere generale».
Con riferimento alla domanda di condanna al pagamento RAGIONE_SOCIALE differenze retributive, la Corte d’appello ha ritenuto la inapplicabilità RAGIONE_SOCIALE limitazioni previste dall’art. 9 commi 1 e 21 d.l. 31 maggio 2010, n. 78, rilevando che la domanda non aveva ad oggetto «meccanismi di adeguamento retributivo», né «progressioni di carriera».
Per la cassazione della sentenza ricorre l’RAGIONE_SOCIALE, con ricorso affidato a tre motivi. NOME COGNOME resiste con controricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo l’RAGIONE_SOCIALE deduce la violazione e falsa applicazione degli artt.6 legge 84/1994, 2103 cod. civ., 97 Cost., 9 comma 1 e 21 d.l. 78/2010, in relazione all’art. 360 comma primo n. 3 cod. proc. civ., perchè la Corte territoriale avrebbe errato nel
ritenere applicabile la disciplina dell’art.2103 cod. civ. al personale dipendente dell’RAGIONE_SOCIALE, ente pubblico soggetto alla disciplina pubblicistica dettata dall’art. 52 d.lgs. 30 marzo 2001, n. 165. Con lo stesso motivo, ed avuto riguardo alle differenze retributive riconosciute al RAGIONE_SOCIALE, l’RAGIONE_SOCIALE deduce la mancata applicazione RAGIONE_SOCIALE limitazioni stabilite dall’art.9 d.l. 78/2010, in quanto l’inquadramento superiore da Quadro B a Quadro A sarebbe qualificabile quale progressione di carriera.
Con il secondo motivo la parte ricorrente deduce l’omesso esame di un fatto decisivo per la controversia, in relazione all’art.360 comma primo n. 5 cod. proc. civ., con riferimento alla errata valutazione RAGIONE_SOCIALE fonti di prova testimoniale da parte della Corte territoriale, ed in particolare alle dichiarazioni rese dal teste COGNOME.
Con il terzo motivo l’RAGIONE_SOCIALE deduce l’omesso esame di un fatto decisivo per la controversia, in relazione all’art. 360 comma primo n. 5 cod. proc. civ., con riferimento alla omessa valutazione dell’Accordo quadro del 20/12/1996 ed al rigetto della eccezione di difetto di legittimazione passiva, riproposta con l’appello incidentale.
Il primo motivo è infondato.
Con riferimento alla questione della disciplina applicabile al personale dipendente RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, ed in particolare alla disciplina applicabile nel caso di svolgimento -di fatto- di mansioni superiori e diverse rispetto a quelle di inquadramento, si intende dare continuità all’orientamento che a tale rapporto ritiene applicabile la disciplina generale dettata dall’art.2103 cod. civ. in luogo di quella speciale prevista dall’art. 52 d.lgs. 165/2001.
Con ordinanza interlocutoria 09/08/2022, n. 24575, questa Sezione sollevava la questione di legittimità costituzionale della legge 28 gennaio 1994 n. 84, articoli 6, comma due (nel testo vigente prima della sostituzione operata dal d.lgs. 4 agosto 2016
n. 169, articolo 7, comma 1) e 10, comma sei (nel testo vigente prima RAGIONE_SOCIALE modifiche operate dal d.lgs. 4 agosto 2016 n. 169, articolo 12, comma 1, lettera g) ritenendo in contrasto con l’art.97 Cost. la espressa esclusione della applicabilità dello statuto del pubblico impiego contrattualizzato de quibus , la qualificazione del rapporto di lavoro come di diritto privato ed il rinvio alla disciplina generale del rapporto di lavoro subordinato nell’impresa, con applicazione della regola di acquisizione automatica della qualifica superiore, di cui all’articolo 2103 cod. civ.
6. La Corte costituzionale, con la sentenza 30 giugno 2023, n. 133, riteneva la infondatezza della questione di legittimità costituzionale, poichè «la scelta operata dal legislatore del 1994 di regolare questi rapporti di lavoro secondo modelli propri del diritto privato -e la conseguente applicabilità dell’art. 2103 cod. civ. nell’ambito RAGIONE_SOCIALE progressioni in carriera -appare giustificata dal perseguimento del buon andamento e dell’efficienza dell’amministrazione RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, così come istituite e configurate dalla legge n. 84 del 1994. Prevedere il concorso pubblico ai fini della promozione ad una qualifica superiore per lo svolgimento di funzioni e mansioni non dirigenziali, come sono quelle di cui al giudizio a quo, avrebbe avuto come conseguenza l’eccessivo irrigidimento nella gestione del personale e non avrebbe consentito risposte tempestive alle esigenze operative dei porti. Si tratta, infatti, di una scelta che -nel tenere conto dell’esperienza professionale in concreto acquisita a seguito dell’assegnazione a mansioni di livello superiore risulta coerente sia con la natura RAGIONE_SOCIALE attività operative, anche di carattere economico e imprenditoriale, in concreto affidate alle stesse RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE dalla legge n. 84 del 1994, sia con le connesse esigenze di flessibilità dei rapporti con il proprio personale, sia con l’assorbimento del personale RAGIONE_SOCIALE preesistenti organizzazioni RAGIONE_SOCIALE, a seguito del subentro nella titolarità dei beni e dei rapporti già instaurati con queste ultime (art. 20, comma
6, della legge n. 84 del 1994). Sotto quest’ultimo profilo, nel RAGIONE_SOCIALE della legge n. 84 del 1994, il mantenimento della disciplina privatistica di tali rapporti e la conseguente assenza di previsioni relative a procedure selettive di carattere concorsuale per le progressioni in carriera risultano giustificati, su un piano di ragionevolezza e di efficienza, dalla continuità dei rapporti di lavoro dei dipendenti ‘transitati’ nelle nuove RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, dalla tutela degli affidamenti maturati sulla precedente disciplina del rapporto, nonché dalle esigenze di assorbimento di questo personale. Del resto, l’assenza di meccanismi di tipo concorsuale nella fase di gestione del rapporto di lavoro, ai fini RAGIONE_SOCIALE progressioni in carriera verso posizioni non dirigenziali, costituisce il riflesso della struttura privatistica della fase del reclutamento del medesimo personale. Nel RAGIONE_SOCIALE della legge n. 84 del 1994, infatti, trattandosi di personale ‘transitato’ ex lege dalle precedenti organizzazioni RAGIONE_SOCIALE, neppure per le assunzioni era prevista la necessità di una fase procedimentale di selezione concorsuale. (…) Alla luce di tale quadro normativo e giurisprudenziale, appare non irragionevole l’applicazione dell’art. 2103 cod. civ. consentita dalla legge n. 84 del 1994 -al passaggio a qualifica superiore non dirigenziale. Si tratta di una scelta che, nello specifico contesto, risulta finalizzata a mantenere un trattamento adeguatamente differenziato per rapporti che, sia per la loro genesi, sia per esigenze di flessibilità connesse al concreto svolgimento RAGIONE_SOCIALE prestazioni lavorative, presentano tratti di accentuata specialità.».
7. A seguito della pronuncia della Corte costituzionale, questa Corte ha ritenuto che: a) «gli artt. 6, comma 2, e 10, comma 6, della legge n. 84 del 1994 stabiliscono chiaramente: che alle autorità RAGIONE_SOCIALE «non si applicano le disposizioni di cui alla legge 20 marzo 1975, n. 70 e successive modificazioni nonché le disposizioni di cui al decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29 e successive modificazioni ed integrazioni»; b) «il rapporto di lavoro del
personale RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE è di diritto privato ed è disciplinato dalle disposizioni del codice civile libro V – titolo I – capi II e III, titolo II – capo I, e dalle leggi sui rapporti di lavoro subordinato nell’impresa»; che tale rapporto di lavoro «è regolato da contratti collettivi nazionali di lavoro … stipulati dall’RAGIONE_SOCIALE per la parte datoriale e dalle organizzazioni sindacali nazionali maggiormente rappresentative del personale RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE per la parte sindacale». Il riferimento al «decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29 e successive modificazioni ed integrazioni» deve intendersi ora riferito all’art. 52 del d.lgs. n. 165 del 2001, sicché la legge n. 84 del 1994 esclude che si applichi, ai dipendenti RAGIONE_SOCIALE autorità RAGIONE_SOCIALE, (anche) l’art. 52 del d.lgs. n. 165 del 2001 (è appena il caso di aggiungere, per completezza, data l’irrilevanza, ratione temporis, di tale aspetto nel presente processo, che la situazione non è sostanzialmente mutata a seguito della modifica apportata all’art. 6 della legge n. 84 del 1994 dal d.lgs. n. 169 del 2016, il quale ha esteso alle autorità RAGIONE_SOCIALE l’applicazione del solo titolo I del d.lgs. n. 165 del 2001, del quale non fa parte l’art. 52). 3. Poiché l’art. 52 del d.lgs. n. 165 del 2001 è considerato diretta attuazione dell’art. 97, comma 4, Cost., che impone la regola del concorso per l’accesso al pubblico impiego, «salvo i casi stabiliti dalla legge», e poiché le eccezioni legali alla regola costituzionale sono ammesse solo se funzionali al buon andamento della pubblica amministrazione e giustificate da peculiari e straordinarie esigenze di interesse pubblico (Corte cost. nn. 227/2021; 166/2020; 217/2012), questa Corte ha ritenuto necessario sottoporre la relativa questione al giudice RAGIONE_SOCIALE leggi. Ha ancora evidenziato che la Corte costituzionale, con la sentenza n. 133 del 2023, ha dichiarato «non fondata la questione di legittimità costituzionale degli artt. 6, comma 2, e 10, comma 6, della legge 28 gennaio 1994, n. 84 (Riordino della legislazione in materia RAGIONE_SOCIALE), nel
testo anteriore alle modifiche apportate dal decreto legislativo 4 agosto 2016, n. 169, recante ‘Riorganizzazione, razionalizzazione e semplificazione della disciplina concernente le RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE di cui alla legge 28 gennaio 1994, n. 84, in attuazione dell’articolo 8, comma 1, lettera f), della legge 7 agosto 2015, n. 124′ sollevata, in riferimento all’art. 97, quarto comma, della Costituzione». Il giudice RAGIONE_SOCIALE leggi non ha messo in dubbio la diversità dei casi di instaurazione di un rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato o di passaggio dai ruoli impiegatizi alla qualifica dirigenziale (casi con riferimento ai quali la prevalenza RAGIONE_SOCIALE regole del pubblico impiego è stata affermata, rispettivamente, da Cass. n. 12627/2020 e da Cass. n. 21484/2020), ma ha ritenuto che, per la promozione ad una qualifica superiore nell’ambito di funzioni e mansioni non dirigenziali, «la scelta operata dal legislatore del 1994 di regolare questi rapporti di lavoro secondo modelli propri del diritto privato -e la conseguente applicabilità dell’art. 2103 cod. civ. nell’ambito RAGIONE_SOCIALE progressioni in carriera appare giustificata dal perseguimento del buon andamento e dell’efficienza dell’amministrazione RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, così come istituite e configurate dalla legge n. 84 del 1994» (Cass., Sez. Lav., 18/01/2024, n. 1920).
Sulla base di questi principio di diritto, ai quali si intende dare continuità, deve pertanto concludersi che il rapporto di lavoro del personale RAGIONE_SOCIALE autorità RAGIONE_SOCIALE, con riferimento al tema dello jus variandi , sia soggetto alla disciplina generale dettata dall’art. 2103 cod. civ., e non a quella speciale prevista dall’art. 52 d.lgs. 165/2001.
Il caso esaminato dalla Corte territoriale ha per oggetto il riconoscimento di mansioni sussumibili nella qualifica di Quadro livello A della contrattazione collettiva, diverse da quelle dirigenziali. La Corte territoriale ha pertanto fatto corretta
applicazione dell’art. 2103 cod. civ., ed il motivo di ricorso risulta infondato.
Quanto alla asserita violazione dell’art. 9, comma 1 e 21 d.l. 78/2010, nei termini del motivo di ricorso, la disposizione citata prevede che: « (…) Per il personale di cui all’articolo 3 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n.165 e successive modificazioni le progressioni di carriera comunque denominate eventualmente disposte negli anni 2011, 2012 e 2013 hanno effetto, per i predetti anni, ai fini esclusivamente giuridici. Per il personale contrattualizzato le progressioni di carriera comunque denominate ed i passaggi tra le aree eventualmente disposte negli anni 2011, 2012 e 2013 hanno effetto, per i predetti anni, ai fini esclusivamente giuridici».
Il sintagma «progressione di carriera», inteso secondo la lettera della legge, è univocamente interpretabile nel senso del passaggio da una mansione effettivamente svolta, alla quale corrisponde il correlativo inquadramento contrattuale, ad una mansione diversa e superiore, alla quale consegue un diverso inquadramento contrattuale.
La progressione di carriera implica necessariamente il passaggio dallo svolgimento di una mansione inferiore ad una mansione superiore, e pertanto non appare configurabile quando il lavoratore continui a svolgere di fatto la stessa mansione nel corso del tempo. In questo caso l’inquadramento superiore, con le conseguenze differenti retributive, non è affatto determinato dallo svolgimento di mansioni diverse, ma dell’erroneo inquadramento contrattuale RAGIONE_SOCIALE mansioni effettivamente svolte.
Diversamente opinando si consentirebbe al datore di lavoro l’elusione RAGIONE_SOCIALE disposizioni imperative dettate (in questo caso) dall’art. 2103 cod. civ. consentendo lo svolgimento dimensioni superiori senza alcuno corrispettivo. L’interpretazione prospettata appare inoltre del tutto coerente con le finalità perseguite dall’art.9
cit. (sul punto, Cass., Sez. Lav., 12/12/2023, n. 34724). Anche in questa parte il motivo è infondato.
14. Il secondo motivo è inammissibile, perché la pretesa omessa valutazione di un fatto decisivo si risolve nella critica della valutazione RAGIONE_SOCIALE prove testimoniali e documentali da parte della Corte territoriale; prove che virgola in quanto non qualificabili quali prove legali, sono soggette al prudente apprezzamento del giudice di merito, ex art. 116 cod. proc. civ., e censurabili in questa sede solo nel caso in cui la motivazione non soddisfi il c.d. minimo costituzionale. Secondo il consolidato orientamento di questa Corte è inammissibile il ricorso per cassazione che, sotto l’apparente deduzione del vizio di violazione o falsa applicazione di norme di legge, di mancanza assoluta di motivazione e di omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio o di omessa pronuncia miri, in realtà, ad una rivalutazione dei fatti storici operata dal giudice di merito, così da realizzare una surrettizia trasformazione del giudizio di legittimità in un nuovo, non consentito, terzo grado di merito (vedi, per tutte: Cass., Sez. U., 27/12/2019, n. 34476).
15. Anche il terzo motivo è inammissibile, in quanto privo di specificità. Il preteso fatto decisivo sarebbe costituito da un documento, ed in particolare dall’accordo quadro del 20.12.1996 stipulato tra l’autorità RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE e le principali sigle sindacali, in parte riprodotto nel corpo nel ricorso. Giova rilevare che la parte ricorrente non ha però specificato in quale sede o fase processuale tale documento sarebbe stato prodotto. A questo proposito deve osservarsi che il requisito della specificità del ricorso, nel caso in cui vengano in considerazione dei documenti, debba essere inteso nel senso che non è sufficiente riprodurre, in tutto o in parte, il contenuto del documento posto a fondamento della censura, ma è indispensabile specificare anche in quale sede processuale il documento sia stato prodotto, «poiché indicare un documento significa necessariamente, oltre che specificare gli
elementi che valgono ad individuarlo, riportandone il contenuto, dire dove nel processo esso è rintracciabile» (Cass., Sez. I, 10/12/2020, n. 28184).
Per tutti questi motivi il ricorso deve essere rigettato.
Per quanto concerne le spese del giudizio di legittimità deve rilevarsi che il principio di diritto relativo alla applicabilità dell’art. 2103 cod. civ. al caso in esame si è formato successivamente alla proposizione del ricorso per cassazione da parte della RAGIONE_SOCIALE. Ciò giustifica la integrale compensazione RAGIONE_SOCIALE spese di lite tra le parti.
A i sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, va dato atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello per il ricorso principale/ricorso incidentale, a norma del comma 1bis , dello stesso articolo 13, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e compensa tra le parti le spese del giudizio di legittimità.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello per il ricorso principale/ricorso incidentale, a norma del comma 1bis , dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, il 07/06/2024.