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Mansioni superiori autorità portuali: si applica il CC

Un dipendente di un’Autorità Portuale ha ottenuto il riconoscimento di mansioni superiori con adeguamento retributivo. La Cassazione ha confermato che per le mansioni superiori autorità portuali si applica la disciplina privatistica dell’art. 2103 c.c. e non le regole del pubblico impiego, respingendo il ricorso dell’ente. La sentenza chiarisce la natura speciale del rapporto di lavoro portuale, giustificata dalle esigenze operative e imprenditoriali del settore.

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Pubblicato il 3 dicembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Mansioni Superiori Autorità Portuali: La Cassazione Conferma l’Applicazione del Diritto Privato

Con l’ordinanza n. 18746/2024, la Corte di Cassazione ha affrontato una questione cruciale nel diritto del lavoro pubblico: quale disciplina si applica in caso di svolgimento di mansioni superiori autorità portuali? La risposta dei giudici è stata netta, confermando che il rapporto di lavoro del personale di questi enti è regolato dal diritto privato e, di conseguenza, dall’articolo 2103 del Codice Civile, che prevede il diritto all’inquadramento superiore e all’adeguamento retributivo.

I Fatti di Causa

Un dipendente di un’Autorità di Sistema Portuale, distaccato presso una società terminalistica, ha svolto per un lungo periodo mansioni superiori rispetto al suo inquadramento contrattuale. In particolare, ha ricoperto ruoli di alta responsabilità come responsabile operativo e Port Facility Security Officer (PFSO). Di fronte al mancato riconoscimento formale ed economico di tali compiti, il lavoratore ha adito le vie legali per chiedere l’accertamento del corretto inquadramento al livello Quadro A del CCNL dei lavoratori dei porti, con il conseguente pagamento delle differenze retributive e la regolarizzazione contributiva.

Il Tribunale di primo grado aveva rigettato le sue domande. La Corte d’Appello, invece, ha riformato la decisione, accertando lo svolgimento del rapporto di lavoro subordinato con mansioni superiori e condannando l’Autorità Portuale a regolarizzare la posizione del dipendente. L’Ente ha quindi proposto ricorso per cassazione, sostenendo l’errata applicazione dell’art. 2103 c.c. e l’applicabilità, invece, delle norme sul pubblico impiego.

La Disciplina per le Mansioni Superiori Autorità Portuali

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso dell’Autorità Portuale, fornendo una chiara interpretazione della normativa di settore. Il punto centrale della controversia era stabilire se al personale delle autorità portuali si applichi la disciplina generale del pubblico impiego (D.Lgs. 165/2001), che limita fortemente il diritto all’inquadramento automatico in caso di mansioni superiori, o la disciplina privatistica del Codice Civile.

I giudici hanno dato piena continuità a un orientamento già consolidato, ribadendo che la Legge n. 84 del 1994 (Riordino della legislazione in materia portuale) ha istituito un regime speciale per questi enti. Tale legge stabilisce espressamente che il rapporto di lavoro del personale è di diritto privato ed è disciplinato dalle disposizioni del Codice Civile.

La Specialità del Rapporto di Lavoro Portuale

La Cassazione ha richiamato una precedente sentenza della Corte Costituzionale (n. 133/2023), la quale aveva già dichiarato infondata la questione di legittimità costituzionale di tale regime speciale. Secondo la Consulta, la scelta del legislatore del 1994 di optare per un modello privatistico è giustificata dal perseguimento del buon andamento e dell’efficienza dell’amministrazione delle Autorità Portuali. Queste ultime, per la loro natura operativa e talvolta imprenditoriale, necessitano di una gestione del personale flessibile, che le rigide regole del pubblico impiego non avrebbero consentito.

Di conseguenza, l’esclusione dell’applicazione dell’art. 52 del D.Lgs. 165/2001 e la conseguente applicabilità dell’art. 2103 c.c. sono pienamente legittime e coerenti con la fisionomia di tali enti.

Le Motivazioni della Sentenza

La Corte ha smontato punto per punto le argomentazioni dell’Autorità ricorrente. In primo luogo, ha confermato che la disciplina dello jus variandi per il personale delle autorità portuali è quella generale dell’art. 2103 c.c. e non quella speciale dell’art. 52 D.Lgs. 165/2001. Questo perché la legge istitutiva dei porti ha creato una deroga esplicita.

In secondo luogo, ha rigettato la tesi secondo cui il riconoscimento delle differenze retributive violasse le norme sul contenimento della spesa pubblica (art. 9 D.L. 78/2010). I giudici hanno chiarito che il divieto di effetti economici per le ‘progressioni di carriera’ in determinati anni non si applica al caso di specie. Qui non si tratta di una progressione, ma del corretto inquadramento fin dall’inizio per le mansioni effettivamente e costantemente svolte. Consentire a un datore di lavoro di eludere l’obbligo retributivo previsto dall’art. 2103 c.c. equivarrebbe a violare una norma imperativa. Infine, la Corte ha dichiarato inammissibili gli altri motivi di ricorso, relativi alla valutazione delle prove testimoniali e a presunti vizi procedurali, in quanto miravano a una rivalutazione del merito dei fatti, non consentita in sede di legittimità.

Conclusioni

L’ordinanza n. 18746/2024 consolida un principio di diritto fondamentale: il rapporto di lavoro dei dipendenti delle Autorità di Sistema Portuale, per quanto enti pubblici, è regolato dal diritto privato. Ciò significa che, in caso di svolgimento di mansioni superiori non manageriali, il lavoratore ha pieno diritto al riconoscimento automatico del livello superiore e alle relative differenze retributive, in applicazione diretta dell’articolo 2103 del Codice Civile. Questa decisione riafferma la specificità del settore portuale e garantisce una tutela piena ed effettiva ai lavoratori che, con la loro professionalità, ricoprono ruoli di maggiore responsabilità.

A un dipendente di un’Autorità Portuale che svolge mansioni superiori si applica il diritto privato o quello del pubblico impiego?
Si applica il diritto privato. La Corte di Cassazione ha confermato che il rapporto di lavoro del personale delle autorità portuali è disciplinato dalle norme del Codice Civile, in particolare dall’art. 2103, e non dalle regole del pubblico impiego (D.Lgs. 165/2001).

Perché il rapporto di lavoro con le Autorità Portuali è disciplinato dal Codice Civile?
Perché la legge speciale che le ha istituite (Legge n. 84 del 1994) ha previsto un regime di diritto privato per il loro personale. Questa scelta, validata dalla Corte Costituzionale, è giustificata dalla necessità di garantire flessibilità, efficienza e buon andamento, in linea con la natura operativa e imprenditoriale di questi enti.

Il riconoscimento di mansioni superiori è considerato una ‘progressione di carriera’ soggetta ai blocchi della spesa pubblica?
No. La Corte ha chiarito che il caso in esame non riguarda una ‘progressione di carriera’, ma il riconoscimento di un errato inquadramento contrattuale rispetto alle mansioni effettivamente svolte. Pertanto, le limitazioni economiche previste per le progressioni di carriera (come quelle del D.L. 78/2010) non si applicano, e il lavoratore ha diritto alle differenze retributive.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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