Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 6137 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 6137 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 07/03/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 2237/2022 proposto da: DIEGO
COGNOME rappresentata e difesa dall’avv. COGNOME (EMAIL;
– ricorrente –
contro
AZIENDA RAGIONE_SOCIALE AGRIGENTO, in persona del legale rappresentante, rappresentata e difesa dall’avv. NOME COGNOME EMAIL;
– controricorrente e ricorrente incidentale –
e
NOME COGNOME rappresentata e difesa dagli avv.ti NOME COGNOME (EMAIL e NOME COGNOME EMAIL;
– controricorrente –
nonché
RAGIONE_SOCIALE E RAGIONE_SOCIALE.ARAGIONE_SOCIALE;
– intimati –
avverso la sentenza n. 1842/2021 della CORTE D’APPELLO DI PALERMO, depositata in data 16/11/2021;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 20/1/2025 dal Consigliere dott. NOME COGNOME
ritenuto che,
con sentenza resa in data 16/11/2021, la Corte d’appello di Palermo, in accoglimento degli appelli principale e incidentale rispettivamente proposti da NOME COGNOME e dalla Generali Assicurazioni s.p.a. e in parziale riforma della decisione di primo grado, ha condannato l’Azienda Sanitaria Provinciale di Agrigento e NOME COGNOME in solido tra loro, al pagamento, in favore della COGNOME della somma di euro 40.827,76, oltre accessori, a titolo di risarcimento dei danni subiti dalla COGNOME in conseguenza dell’inesatto adempimento delle prestazioni mediche eseguite dalla Giudice in favore della Di COGNOME presso le strutture dell’Azienda Sanitaria Provinciale di Agrigento;
con la stessa decisione, la corte territoriale ha rigettato la domanda proposta da NOME COGNOME per la condanna della Generali Assicurazioni s.p.aRAGIONE_SOCIALE a tenere indenne la Giudice di quanto dovuto in favore della Di Mauro a titolo risarcitorio, con la conseguente condanna dell’Azienda Sanitaria Provinciale di Agrigento a restituire alla Generali Assicurazioni s.p.aRAGIONE_SOCIALE quanto da quest’ultima corrisposto in adempimento della non dovuta prestazione indennitaria;
a fondamento della decisione assunta, per quel che ancora rileva in questa sede, la corte territoriale – dopo aver riformulato i criteri di
liquidazione del danno da riconoscere in favore della COGNOME rispetto a quelli erroneamente seguiti dal giudice di primo grado – ha rilevato come la garanzia prestata da RAGIONE_SOCIALE in favore di NOME COGNOME era stata stipulata ‘a secondo rischio’, ossia condizionata al superamento del massimale di polizza assicurato dall’Azienda Sanitaria Provinciale di Agrigento con la società RAGIONE_SOCIALE per la responsabilità civile dei dipendenti;
ciò posto, non essendo risultato il superamento del massimale garantito dalla polizza assicurativa stipulata dalla Faro Compagnia di RAGIONE_SOCIALE con l’Azienda Sanitaria Provinciale di Agrigento, la domanda di manleva avanzata dalla Giudice nei confronti della RAGIONE_SOCIALE, originariamente accolta dal giudice di primo grado, doveva essere disattesa, con la conseguente condanna dell’Azienda Sanitaria Provinciale di Agrigento a restituire alla RAGIONE_SOCIALE s.p.a. quanto dalla stessa indebitamente prestato;
avverso la sentenza d’appello, NOME COGNOME propone ricorso per cassazione sulla base di due motivi d’impugnazione;
l’Azienda Sanitaria Provinciale di Agrigento ha depositato controricorso, proponendo, a sua volta, ricorso incidentale articolato su due motivi d’impugnazione;
NOME COGNOME resiste con controricorso;
la RAGIONE_SOCIALE e la RAGIONE_SOCIALE non hanno svolto difese in questa sede;
l’Azienda Sanitaria Provinciale di Agrigento ha depositato memoria; considerato che, con il primo motivo del ricorso principale, NOME COGNOME censura la sentenza impugnata per violazione o falsa applicazione dell’art. 161
c.p.c. (in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4, c.p.c.), per avere la corte territoriale erroneamente omesso di riprodurre in dispositivo quanto viceversa stabilito in motivazione circa l’obbligo della Faro Compagnia di Assicurazioni e Riassicurazione s.p.a. di tenere indenne anche la Giudice da ogni somma dovuta in esecuzione della condanna pronunciata in favore della Di Mauro;
il motivo è infondato;
osserva il Collegio come, diversamente da quanto asserito dalla ricorrente principale, il giudice d’appello non abbia affatto affermato, in motivazione, che la COGNOME dovesse tenere indenne (anche) la Giudice da ogni somma dovuta in esecuzione della condanna pronunciata in favore della COGNOME, essendosi il giudice d’appello limitato a rilevare, unicamente in relazione alla posizione di Generali , l’impegno di quest’ultima a rivalere la Giudice solo ‘a seconda richiesta’ (ossia, a condizione del superamento del massimale garantito dalla Faro), rilevando altresì la mancata dimostrazione dell’avvenuto superamento del massimale garantito dalla polizza che la Faro aveva concluso con l’A.SRAGIONE_SOCIALE. di Agrigento;
proprio in forza di tali premesse, il giudice a quo ha condannato l’RAGIONE_SOCIALE di Agrigento a restituire alla Generali quanto dalla stessa indebitamente percepito, non essendosi verificata la condizione alla quale era stata subordinata l’operatività della garanzia prestata da tale compagnia;
deve dunque ritenersi esclusa alcuna violazione dell’art. 161 c.p.c., in relazione al preteso contrasto tra la motivazione e il dispositivo del provvedimento impugnato per l’asserita mancata riproduzione, in quest’ultimo , di quanto viceversa affermato nella prima, giacché, dalla lettura della motivazione della sentenza d’appello, non appare
desumibile alcuna affermazione avente ad oggetto l’obbligo della Faro di tenere indenne, oltre l’A.S.P., anche la Giudice;
con il secondo motivo, NOME COGNOME censura la sentenza impugnata per violazione o falsa applicazione del c.c.n.l. comparto sanità (in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c.), per avere la corte territoriale erroneamente omesso di riprodurre in dispositivo l’obbligo della Faro Compagnia di Assicurazioni e Riassicurazione s.p.a. di tenere indenne la Giudice da ogni somma dovuta in esecuzione della sentenza di condanna anche in applicazione del contratto collettivo nazionale di lavoro relativo al comparto sanità, in forza del quale le aziende sanitarie sono tenute ad assumere iniziative per garantire la copertura assicurativa della responsabilità civile dei propri dipendenti (anche dirigenti) per le eventuali conseguenze derivanti dalle azioni giudiziarie di terzi relativamente alla loro attività;
il motivo è inammissibile;
osserva preliminarmente il Collegio come dalla lettura degli atti relativi all’odierno giudizio di legittimità non risulti che la Giudice abbia mai proposto, nel corso d ell’intero giudizio in esame, alcuna domanda avente ad oggetto il riconoscimento dell’obbligo della Faro di tenerla indenne di quanto dalla stessa eventualmente dovuto in favore della COGNOME, avendo, anzi, la Giudice concluso in appello per il rigetto dell’impugnazione proposta dalla COGNOME, senza minimamente contestare la sentenza di primo grado che tale obbligo della Faro (di manleva della Giudice) non aveva in alcun modo affermato; né, dei contenuti di tale domanda, appare riscontrabile alcuna menzione nella sentenza impugnata in questa sede;
al riguardo, è appena il caso di evidenziare come, secondo il consolidato insegnamento della giurisprudenza di questa Corte, qualora con il ricorso per cassazione siano prospettate questioni di cui
non vi sia cenno nella sentenza impugnata, è onere della parte ricorrente, al fine di evitarne una statuizione di inammissibilità per novità della censura, non solo di allegare l’avvenuta loro deduzione innanzi al giudice di merito, ma anche, in ossequio al principio di puntuale e completa allegazione del ricorso stesso, di indicare in quale specifico atto del giudizio precedente lo abbia fatto, onde dar modo alla Suprema Corte di controllare ex actis la veridicità di tale asserzione prima di esaminare il merito della suddetta questione (cfr., ex plurimis , Sez. 2, Sentenza n. 20694 del 09/08/2018, Rv. 650009 -01; Sez. 6 1, Ordinanza n. 15430 del 13/06/2018, Rv. 649332 – 01);
non avendo la ricorrente principale in alcun modo provveduto alle ridette allegazioni (non risultando allegate e prodotte, in particolare, né la domanda originariamente proposta in sede di costituzione nel giudizio di primo grado, eventualmente contenente la domanda di manleva nei confronti della Faro, né la comparsa di costituzione in appello contenente eventualmente la domanda di manleva nei confronti della Faro), il ricorso deve ritenersi per ciò stesso inammissibile;
con il primo motivo del ricorso incidentale, l’Azienda Sanitaria Provinciale di Agrigento si duole della nullità della sentenza d’appello per violazione dell’art. 301 c.p.c. (in relazione all’art. 360 co.1 n. 4 c.p.c.), per avere la corte territoriale emesso la propria sentenza (in data 20/10/2021) dopo che il difensore dell’azienda sanitaria era stato cancellato dall’albo degli avvocati di Agrigento con delibera del 15/10/2021 (depositata il successivo 19/10/2021) del Consiglio dell’Ordine degli avvocati di Agrigento, in violazione del principio che prevede l’interruzione del processo dal giorno della cancellazione del difensore dall’Albo degli avvocati;
il motivo è infondato;
osserva il Collegio come al caso di specie trovi applicazione il precetto ripetutamente osservato nella giurisprudenza di legittimità, in forza del quale, il principio secondo cui la morte dell’unico difensore (a cui la cancellazione dall’albo degli avvocati deve ritenersi equiparata: v. Sez. U, Sentenza n. 3702 del 13/02/2017, Rv. 642537 – 02 e successive conformi), a mezzo del quale la parte è costituita in giudizio, determina l ‘ automatica interruzione del processo, anche se il giudice e le altre parti non ne abbiano avuto conoscenza, con conseguente nullità degli atti successivi, presuppone il concreto pregiudizio arrecato al diritto di difesa (cfr. Sez. 3, Ordinanza n. 29195 del 12/11/2024, Rv. 672854 – 01; Sez. 3, Sentenza n. 6838 del 08/04/2016, Rv. 639335 01);
nel caso di specie, l’evento che ha determinato la perdita della capacità di stare in giudizio del difensore dell’azienda sanitaria si è verificato un giorno prima dell’emissione della sentenza da parte della corte d’appello, senza che il fatto – verificatosi ormai a contraddittorio definitivamente chiuso – abbia provocato la benché minima lesione delle prerogative difensive della parte, e senza che, peraltro, l’odierna ricorrente incidentale abbia in ogni caso provveduto ad allegare il ricorso di alcun concreto pregiudizio al riguardo;
con il secondo motivo proposto con il proprio controricorso, l’Azienda Sanitaria Provinciale di Agrigento si duole della nullità della sentenza d’appello per violazione dell’art. 342 c.p.c. (in relazione all’art. 360 n. 4 c.p.c.), per avere la corte territoriale omesso ogni riferimento, nel proprio dispositivo, all’obbligo della Faro RAGIONE_SOCIALE di tenere indenne l’azienda sanitaria di quanto dovuto in favore della Di Mauro in conseguenza dell’emissione della sentenza d’appello;
il motivo è inammissibile;
osserva il Collegio come, secondo quanto riportato nella sentenza d’appello, il giudice di primo grado, tra le altre statuizioni, ha dichiarato l’obbligo della Faro Compagnia di Assicurazioni e Riassicurazione s.p.a. di tenere indenne l’RAGIONE_SOCIALESRAGIONE_SOCIALE di Agrigento da ogni somma versata in esecuzione della pronuncia (cfr. pag. 5 della sentenza d’appello) ;
sempre secondo quanto riportato nella sentenza d ‘appello, questa statuizione non risulta impugnata dalla RAGIONE_SOCIALE Compagnia di RAGIONE_SOCIALE e Riassicurazione s.p.a. (cfr. pag. 5 par. 10 della sentenza impugnata);
ciò posto, non avendo l’odierna ricorrente incidentale allegato alcuna documentazione processuale contrastante con quanto risultante dalla sentenza impugnata (né avendo, peraltro, l’azienda sanitaria contestato tali circostanze) deve ritenersi che la questione relativa all’obbligo della Faro di tenere indenne l’RAGIONE_SOCIALE Agrigento costituisca oggetto di un giudicato interno, con la conseguente esclusione di alcun interesse dell’odierna ricorrente incidentale a ottenere la ripetizione, in sede d’appello, di quanto già definitivamente stabilito dal giudice di primo grado;
sulla base di tali premesse, rilevata la complessiva infondatezza di tutte censure esaminate, dev’essere pronunciato il rigetto del ricorso principale e del ricorso incidentale;
la sostanziale reciprocità della soccombenza giustifica l’integrale compensazione delle spese relative al rapporto processuale tra NOME COGNOME e l’Azienda Sanitaria Provinciale di Agrigento;
nel resto, le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo;
si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente principale e della ricorrente incidentale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a
quello, ove dovuto, per il ricorso principale e per il ricorso incidentale, a norma del comma 1-quater, dell’art. 13 del d.p.r. n. 115/2002;
P.Q.M.
Rigetta il ricorso principale e il ricorso incidentale.
Dichiara integralmente compensate le spese di lite tra NOME COGNOME e l’Azienda Sanitaria Provinciale di Agrigento.
Condanna NOME COGNOME e l’Azienda Sanitaria Provinciale di Agrigento al rimborso, in favore NOME COGNOME, delle spese del presente giudizio, liquidate in complessivi euro 2.500,00, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in euro 200,00, e agli accessori come per legge.
Dichiara la sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente principale e della ricorrente incidentale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso principale e per il ricorso incidentale, a norma del comma 1-quater, dell’art. 13 del d.p.r. n. 115/2002.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Terza Sezione