Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 13367 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 13367 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 15/05/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 5979/2018 R.G. proposto da: RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME ( -) rappresentato e difeso dagli avvocati COGNOME (CODICE_FISCALE), COGNOME NOME (CODICE_FISCALE)
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato AVV_NOTAIOCOGNOME AVV_NOTAIO (CODICE_FISCALECODICE_FISCALE che lo rappresenta e difende
-controricorrente e ricorrente incidentale- avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di RAGIONE_SOCIALE n. 3111/2017 depositata il 03/07/2017.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 07/03/2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
A seguito della dichiarazione, con D.P.C.R. dell’11.02.1994, dello stato di emergenza, ai sensi dell’art. 5, co. 1, L. 225/92, nel settore dello smaltimento dei rifiuti solidi urbani nella Regione RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE sono subentrate nei contratti rep. n. 11503/00 e n. 52/01, aventi ad oggetto l’affidamento del servizio di smaltimento rifiuti solidi urbani a valle della raccolta differenziata nella Regione RAGIONE_SOCIALE mediante la realizzazione di impianti CDR e di impianti di termovalorizzazione del CDR, sottoscritti tra l’RAGIONE_SOCIALE e il Commissario Straordinario di Governo.
Con ricorso monitorio al Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, il RAGIONE_SOCIALE (ora RAGIONE_SOCIALE in liquidazione), ha chiesto ed ottenuto un decreto ingiuntivo nei confronti della RAGIONE_SOCIALE per il pagamento della somma di € 3.207.033,61, oltre interessi legali, per quota di conferimento, quale gestore del bacino provvisorio per lo stoccaggio dei rifiuti sito in loc. ‘INDIRIZZOco Saurino’ nel Comune di S. Maria La Fossa, bacino nel quale venivano conferiti e smaltiti i FOS ed i sovvalli provenienti dai CDR, giusta fatture allegati in atti.
RAGIONE_SOCIALE ha proposto opposizione dinanzi allo stesso Tribunale, contestando la fondatezza del credito ingiunto eccependo il parziale pagamento della fattura del RAGIONE_SOCIALE n. 3 del 12.03.2005, in ordine alla quale sosteneva di aver versato, a
mezzo bonifico bancario, un primo acconto pari a € 250.000,00; ha formulato, inoltre, domanda riconvenzionale, chiedendo accertarsi la posizione debitoria del RAGIONE_SOCIALE nei confronti di RAGIONE_SOCIALE in misura pari ad € 10.331.412,29, a titolo di tariffa di smaltimento rifiuti e quote di ristoro ambientale, oltre penali, da compensare con il credito vantato dal RAGIONE_SOCIALE.
Con sentenza n. 1368/2013, il Tribunale di Santa Maria Capua Vetere ha rigettato l’opposizione al decreto ingiuntivo.
La Corte d’Appello di RAGIONE_SOCIALE, con sentenza n. 3111/2017, in parziale accoglimento dell’appello proposto da RAGIONE_SOCIALE, in proprio e quale incorporante la RAGIONE_SOCIALE, ha accolto l’eccezione di compensazione e ha condannato il RAGIONE_SOCIALE in liquidazione al pagamento in favore dell’appellante dell’importo di € 211.927,77, oltre interessi legali dalla scadenza RAGIONE_SOCIALE singole componenti del credito fino al saldo.
Per quanto ancora rileva nel presente giudizio, il giudice di secondo grado, premesso che l’appellante aveva ridotto la propria pretesa creditoria in misura di € 5.661.745,16 oltre interessi di mora e penale, in quanto epurata della parte relativa ai ristori ambientali, ha statuito che:
doveva essere dichiarata la inammissibilità della produzione documentale avente ad oggetto le fatture poste a base del credito verso il RAGIONE_SOCIALE dedotto in via riconvenzionale per l’importo di € 5.661.745,16, in quanto avvenuta solo in grado di appello in violazione dell’art. 345 c.p.c.;
correttamente, il primo giudice aveva escluso che fosse stata raggiunta la prova del parziale pagamento della fattura n. NUMERO_DOCUMENTO del 12.03.2005, non potendo ricavarsi la prova documentale dell’asserito parziale pagamento sulla base del riepilogo contabile RAGIONE_SOCIALE fatture pagate dalla RAGIONE_SOCIALE, occorrendo
all’uopo una documentazione bancaria, non prodotta in atti, attestante il pagamento;
doveva ritenersi provato il credito vantato dalla RAGIONE_SOCIALE per il solo importo di € 3.418.961,38, come riconosciuto dall’attestazione commissariale prot. n. 003/ATT. D.L. n. 14/05 del 28 aprile 2005, fondata su un’attestazione ricognitiva del debito del RAGIONE_SOCIALE per il conferimento dei RSU nei confronti RAGIONE_SOCIALE società affidatarie degli impianti, e dalle fatture relative al credito vantato dalla sola RAGIONE_SOCIALE, unica opponente e legittimata passiva della pretesa creditoria del RAGIONE_SOCIALE;
-il RAGIONE_SOCIALE, avendo ad oggetto attività imprenditoriale di rilevanza economica, non era assimilabile alle aziende speciali di cui all’art. 114 d.lgs. n. 267/2000;
doveva essere riconosciuta una responsabilità solidale, ai sensi dell ‘ art. 2615, co. 2, cod. civ., tra il RAGIONE_SOCIALE e gli enti RAGIONE_SOCIALE consorziati per le obbligazioni assunte dagli organi del consorzio per conto dei singoli consorziati e nell’interesse di questi ultimi beneficiari del servizio, tenuto conto che al RAGIONE_SOCIALE non era applicabile la normativa prevista per le aziende speciali di cui all’art. 114 d.lgs. n. 267/2000, in quanto aveva ad oggetto attività imprenditoriale di rilevanza economica.
Avverso la predetta sentenza ha proposto ricorso per cassazione il RAGIONE_SOCIALE in liquidazione, affidandolo a due motivi.
RAGIONE_SOCIALE, in proprio e quale incorporante la RAGIONE_SOCIALE, ha resistito in giudizio con controricorso, proponendo, altresì, ricorso incidentale, affidandolo a tre motivi.
Entrambe le parti hanno depositato le memorie ex art. 380 bis.1. cod. proc. civ..
RAGIONE DELLA DECISIONE
Con il primo motivo è stata dedotta la nullità della sentenza in relazione all’art. 360 comma 1°, n. 3 e 5, c.p.c..
Il ricorrente principale contesta la natura di ente pubblico economico attribuito dalla Corte d’Appello al RAGIONE_SOCIALE. Deduce che dallo statuto, approvato dal Gestore RAGIONE_SOCIALE, n. 136 del 10 dicembre 2010 si evince la natura pubblica e non economica del RAGIONE_SOCIALE, essendo il suo patrimonio costituito interamente dai beni e mezzi finanziari provenienti dai soggetti consorziati e non dai proventi dell’attività imprenditoriale.
Con il secondo motivo è stata dedotta la nullità della sentenza in relazione all’art. 360 comma 1° n. 3 e 5 c.p.c.
Contesta il ricorrente che possa configurarsi una responsabilità solidale tra il RAGIONE_SOCIALE e gli enti RAGIONE_SOCIALE consorziati ex art. 2615 comma 2° cod. civ. per le obbligazioni assunte dagli organi del consorzio per conto dei singoli consorziati e nell’interesse di questi ultimi beneficiari del servizio. Deduce che, in virtù della natura pubblica e non economica del RAGIONE_SOCIALE ricorrente, nessuna responsabilità solidale tra lo stesso consorzio ed enti RAGIONE_SOCIALE poteva essere rilevata. Deduce, infine, il RAGIONE_SOCIALE che lo stesso trasportava i rifiuti presso gli impianti di smaltimento in nome e per conto dei Comuni.
Entrambi i motivi, da esaminare unitariamente in relazione alla stretta connessione RAGIONE_SOCIALE questioni trattate, presentano concomitanti profili di inammissibilità ed infondatezza, anche se la motivazione della sentenza impugnata deve essere parzialmente corretta, a norma dell’art. 384 , ult. Comma, cod. proc. civ..
Tali motivi sono, in primo luogo, inammissibili nella parte in cui deducono che il RAGIONE_SOCIALE avrebbe svolto il servizio di trasporto dei rifiuti presso gli impianti di smaltimento ‘in nome e per conto’ degli enti consorziati. Tale ricostruzione dei fatti confligge con quanto accertato dalla Corte d’Appello, la quale ha, invece, affermato che
tale servizio è stato svolto per conto e nell’interesse dei singoli consorziati e non quindi ‘in nome’.
Ne consegue che tale allegazione è inammissibile in quanto finalizzata a fornire una diversa ed alternativa ricostruzione dei fatti rispetto a quella effettuata dalla Corte d’Appello.
Ciò premesso, la stessa circostanza che il RAGIONE_SOCIALE abbia assunto obbligazioni per conto e nell’interesse dei consorziati lo rende titolare, dal punto di vista passivo, del rapporto controverso, e ciò non in virtù RAGIONE_SOCIALE norme sui consorzi, ma in forza RAGIONE_SOCIALE norme in materia di mandato senza rappresentanza, e, segnatamente, dell’art. 1705 cod. civ. Dunque, il RAGIONE_SOCIALE, contrattando con i terzi per conto dei consorziati, ha operato quale mandatario e deve, pertanto, farsi carico RAGIONE_SOCIALE obbligazioni assunte verso i terzi.
L’applicazione dell’art. 2615 , comma 2°, cod. civ. è assolutamente irrilevante nel caso di specie, dato che, in deroga al principio generale contenuto nell’art. 1705 cod. civ., la responsabilità solidale tra consorzio e singolo consorziato, prevista dal secondo comma dell’art. 2615 cod. civ. in ipotesi di obbligazioni contratte per conto del singolo consorziato, ha solo l’effetto di creare una duplice ‘legittimazione passiva’ del consorzio e del consorziato, anche senza spendita del nome di quest’ultimo, la cui obbligazione sorge, quindi, direttamente in capo a lui, per il solo fatto che sia stata assunta nel suo interesse (in questi esatti termini, cfr. Cass. n. 3664/2006), fermo restando che l’assunzione RAGIONE_SOCIALE obbligazioni in capo al consorzio deriva, a norma dell’art. 1705 cod. civ., per il solo fatto di aver contrattato con i terzi per conto dei consorziati.
Non è contestato in causa, anzi è stato specificamente dedotto dal ricorrente, che il RAGIONE_SOCIALE in oggetto ha rilevanza esterna, essendo dotato di personalità giuridica di diritto pubblico ed essendo dotato di un autonomo patrimonio. Dunque, lo stesso assume autonomamente obbligazioni nel momento in cui contratta
con i terzi, a nulla rilevando nel presente giudizio la problematica se si tratti di un ente pubblico economico o non economico.
Con il primo motivo del ricorso incidentale è stata dedotta la violazione e falsa applicazione degli artt. 167, 1° comma, 115 e 116, 2° comma, cod. proc. civ.. Violazione del principio di non contestazione, in relazione all’art. 360, 1° comma, n. 3 c.p.c., ovvero, in subordine, in relazione all’art. 360 1° co. n. 4 cod. proc. civ..
Lamenta la ricorrente incidentale che la Corte d’Appello ha errato nel non ritenere interamente provata la domanda riconvenzionale formulata da RAGIONE_SOCIALE per il credito di € 5.661.745,16 maturato nei confronti del RAGIONE_SOCIALE a titolo di tariffa smaltimento rifiuti alla data del 15.12.2005, nonostante la mancata specifica contestazione del RAGIONE_SOCIALE sia con riferimento all’ an e al quantum della pretesa creditoria, sia con riferimento al registro fatture della RAGIONE_SOCIALE, che riportava le fatture sulle quali era fondato il credito.
La ricorrente lamenta, inoltre, che la Corte d’Appello ha errato nel non riconoscere gli interessi di mora e penale alla data del 15.3.2007 sulla somma dovuta a titolo di tariffa smaltimento rifiuti, nonostante la mancata specifica contestazione del RAGIONE_SOCIALE sulla debenza e sulla misura degli interessi moratori come richiesti dalla RAGIONE_SOCIALE.
Deduce, infine, la ricorrente che il giudice di secondo grado ha errato laddove non ha accertato e dichiarato l’avvenuto pagamento da parte della RAGIONE_SOCIALE dell’importo di € 250.000,00 sulla fattura del RAGIONE_SOCIALE n. 3 del 12.03.2005, nonostante la mancata specifica contestazione dell’Ente sul punto.
5. Il motivo è inammissibile.
Va osservato che questa Corte ha più volte affermato che, ove con il ricorso per cassazione si ascriva al giudice di merito di non avere tenuto conto di una circostanza di fatto che si assume essere stata
“pacifica” tra le parti, il principio di autosufficienza del ricorso impone al ricorrente di indicare in quale atto sia stata allegata la suddetta circostanza, ed in quale sede e modo essa sia stata provata o ritenuta pacifica (Cass. 10761/2022; vedi a contrariis Cass. n. 20637/2016).
In sostanza, la deduzione dell’operatività del principio di non contestazione non può prescindere dalla trascrizione degli atti sulla cui base si alleghi come integrata la non contestazione che il giudice di merito non ha inteso riconoscere.
Nel caso di specie, la deduzione della RAGIONE_SOCIALE, secondo cui il RAGIONE_SOCIALE non avrebbe contestato il proprio controcredito fatto valere in via riconvenzionale, è meramente assertiva. La RAGIONE_SOCIALE si è limitata a riportare, a pag. 27 del ricorso incidentale, un breve estratto della comparsa di costituzione depositata dal RAGIONE_SOCIALE nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, assolutamente inidoneo a documentare che non vi fosse stata contestata da parte del RAGIONE_SOCIALE del credito vantato dalla RAGIONE_SOCIALE. Lo stesso estratto della comparsa di costituzione in oggetto esordisce con l’espressione ‘….Altra considerazione di rilevanza assorbente….’, da cui si evince che il RAGIONE_SOCIALE, nella propria comparsa, aveva svolto altre considerazioni che, tuttavia, la RAGIONE_SOCIALE non ha avuto cura di riportare nel ricorso incidentale.
In ordine alla circostanza dedotta dalla RAGIONE_SOCIALE secondo cui alcuna contestazione il RAGIONE_SOCIALE avrebbe mosso alle scritture contabili, è orientamento consolidato di questa Corte quello secondo cui l’onere di contestazione specifica che grava su una parte processuale riguarda solo le allegazioni svolte dalla controparte, relative a circostanze di fatto rilevanti per la decisione, e non i documenti prodotti in giudizio o la loro valenza probatoria, la cui valutazione è riservata al giudice (vedi Cass. n. 3126/2019; vedi anche Cass. n. 3306/2020; Cass. n. 12748/2016; 22055/2017). Nel caso di specie, la Corte d’Appello ha coerentemente ritenuto che il
pagamento da parte di NOME della somma di € 250.000 non potesse ritenersi documentato sulla base RAGIONE_SOCIALE risultanze RAGIONE_SOCIALE sue scritture contabili, ma che fosse all’uopo necessaria una contabile bancaria. Trattasi di una valutazione di fatto non sindacabile in sede di legittimità, se non per vizio di motivazione nei ristretti limiti dell’art. 360 comma 1° n. 5 cod. proc. civ. (come interpretato dalle S.U. con la sentenza n. 8053/2014), vizio neppure dedotto in questa sede.
Con il secondo motivo del ricorso incidentale, è stata dedotta, in subordine, l’omessa pronuncia su parte della domanda riconvenzionale della RAGIONE_SOCIALE violazione dell’art. 112 c.p.c. e del principio di corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato, in relazione all’art. 360 1° comma n. 4 c.p.c.
Lamenta la ricorrente incidentale che la Corte d’Appello è incorsa in errore laddove, sull’errato presupposto che titolare della relativa posizione creditoria fosse la RAGIONE_SOCIALE e non la RAGIONE_SOCIALE, ha omesso di pronunciare sulla parte della domanda riconvenzionale riferita al credito vantato dalla RAGIONE_SOCIALE per la tariffa smaltimento rifiuti maturata dall’1.1.2005 al 15.12.2005, pari ad € 2.643.740,95.
In particolare, ad avviso della ricorrente, la decisione della Corte d ‘ Appello è errata alla luce RAGIONE_SOCIALE seguenti considerazioni:
con la domanda riconvenzionale la RAGIONE_SOCIALE aveva chiesto il riconoscimento anche del credito per la tariffa smaltimento rifiuti maturata dall ‘ 1.1.2005 al 15.12.2005;
mentre il credito maturato dalla RAGIONE_SOCIALE per il medesimo titolo fino al 31.12.2004 era provato dall’attestazione commissariale del 28 aprile 2005, il credito maturato dall ‘ 1.1.2005 al 15.12.2005 era fondato sulla copia autentica del registro fatture della RAGIONE_SOCIALE;
mentre la Corte ha esaminato, ai fini del parziale accoglimento della domanda riconvenzionale, l’attestazione commissariale n. 003
del 28 aprile 2005, ha invece omesso di esaminare la copia certificata del registro fatture della RAGIONE_SOCIALE.
Con il terzo motivo è stata dedotta la violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c. – Vizio di motivazione, omesso esame circa un punto decisivo della controversia oggetto di discussione tra le parti, in relazione all’art. 360 1° comma n. 5 c.p.c.
Lamenta la ricorrente incidentale che la Corte di Appello ha omesso di esaminare la copia certificata per AVV_NOTAIO COGNOME di Acerra in data 12.9.2006 rep. 32375 dello stralcio del registro fatture della RAGIONE_SOCIALE, depositate in primo grado unitamente all’atto di opposizione al decreto ingiuntivo, da cui poteva desumersi l’ulteriore credito vantato a titolo di tariffa smaltimento rifiuti maturato tra l’1.1.2005 e il 15.12.2005.
Entrambi i motivi, da esaminare unitariamente, sono inammissibili.
Va, in primo luogo, osservato che la Corte d’Appello non è affatto incorsa in un’omessa pronuncia, essendosi pronunciata in modo affermativo sulla domanda riconvenzionale proposta da RAGIONE_SOCIALE, ritenendo fondato il controcredito sull’attestazione ricognitiva del debito da parte del RAGIONE_SOCIALE (attestazione commissariale del 28.4.2005). Per il resto, tutte le altre deduzioni della ricorrente incidentale si fondano su una diversa ricostruzione della vicenda processuale che non è consentita in sede di legittimità, e intendono, peraltro, anche valorizzare, inammissibilmente, ai fini probatori, documenti contabili di cui la Corte d’Appello non ha ammesso la produzione in giudizio in quanto avvenuta nella fase di secondo grado, in violazione dell’art. 345 cod. proc. civ..
In ragione della reciproca soccombenza tra le parti, sussistono giusti motivi per compensare le spese di lite.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso principale.
Dichiara inammissibile il ricorso incidentale.
Compensa tra le parti le spese di lite.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del DPR 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte sia del ricorrente principale che della ricorrente incidentale dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, se dovuto, a norma del comma 1° bis dello stesso articolo 13.
Roma, così deciso il 7.3.2024