Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 425 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 425 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 08/01/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 22174/2021 R.G. proposto da:
COGNOME elettivamente domiciliato in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE che lo rappresenta e difende;
– ricorrente –
contro
COMUNE DI ROMA CAPITALE, in persona del Sindaco pro tempore;
– intimato – avverso la SENTENZA del TRIBUNALE di ROMA n. 1133/2021 depositata il 21/01/2021;
udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 21/05/2024 dal Consigliere NOME COGNOME
RILEVATO CHE:
NOME COGNOME ha proposto appello avverso la sentenza del Giudice di Pace di Roma con la quale era stato rigettato il ricorso ex art. 7 d.lgs. 1° settembre 2011, n. 150 nei confronti del verbale n. 18160052360 emesso dal Comune di Roma, relativo alla violazione
dell’art. 126bis d.lgs. 30 aprile 1992, n. 285 (Codice della Strada, ‘ CdS ‘ ), per omessa comunicazione dei dati anagrafici dell’autore di una pregressa violazione accertata con precedente verbale.
1.1. A sostegno dell’opposizione, Manca affermava che il primo verbale sanzionava il ricorrente in quanto, alla data del 23.05.2016, avrebbe guidato il veicolo di sua proprietà utilizzando il cellulare senza modalità vivavoce, in violazione dell’art. 172, commi 2 e 3bis CdS. Proposto ricorso avverso il primo verbale innanzi al Giudice di Pace di Roma questi, a séguito dell’istruttoria, annullava il verbale con sentenza pubblicata il 26.02.2019, riconoscendo che il giorno dell’accertamento il ricorrente effettivamente era alla guida del veicolo utilizzando il cellulare secondo la modalità «viva voce», che si attiva automaticamente mediante tecnologia bluetooth , e che l’accertatore era incorso in un errore visivo.
1.2. In data 09.01.2017 il Comune di Roma notificava a NOME COGNOME un secondo verbale – dal quale trae l’origine la presente impugnazione ritenendo violato l’art. 126 -bis CdS in quanto il Manca non avrebbe comunicato, entro sessanta giorni dalla notifica del primo verbale relativo alla prima violazione, il nominativo di chi era alla guida della vettura.
1.3. Il Giudice di Pace di Roma rigettava l’opposizione al secondo verbale sul presupposto dell’autonomia della violazione dell’art. 126bis CdS rispetto alle vicende relative al verbale presupposto e, pertanto, anche rispetto alla relativa impugnazione.
La suddetta pronuncia veniva impugnata innanzi al Tribunale di Roma, che con sentenza n. 1133/2021, rigettava il gravame osservando che:
è infondata la doglianza dell’appellante relativa all’omessa indicazione, nel verbale impugnato, delle ragioni che hanno impedito
la contestazione immediata dell’infrazione relativa al verbale presupposto: dal tenore letterale del verbale emerge, infatti, che al momento dell’accertamento dell’infrazione NOME COGNOME non era presente negli uffici della Polizia Stradale; tale situazione rientra nella lettera d) di cui all’art. 201bis CdS, disposizione in virtù della quale non è necessaria la contestazione immediata dell’infrazione, ai sensi dell’art. 201, comma 1ter CdS;
non ha pregio la tesi dell’opponente in virtù della quale la pendenza del giudizio avverso il verbale presupposto esonererebbe l’interessato dall’invio della comunicazione, il cui obbligo opererebbe solo dopo il definitivo accertamento della sanzione, anche alla luce dell’orientamento espresso di recente dalla Corte di legittimità (Cass. n. 18027/2018; Cass. n. 15542/2015) la sanzione ex art. 126bis CdS deve essere applicata pure nei casi, come quello per cui è causa, di annullamento del verbale di contestazione dell’infrazione presupposta, attesa l’autonomia delle due violazioni, la seconda delle quali investe un obbligo di collaborazione nell’accertamento degli illeciti (Cass. n. 17348/2007; Corte Cost. n. 27/2005).
La pronuncia veniva impugnata da NOME COGNOME per la cassazione, con ricorso affidato a due motivi e illustrato da memoria.
Restava intimato il Comune di Roma.
CONSIDERATO CHE:
Con il primo motivo si deduce violazione o falsa applicazione degli artt. 201, commi 1, 1bis , 1ter d.lgs. n. 285/1992 e 383, commi 1, 2, 3 e 4 D.P.R. n. 495/1992, in relazione agli artt. 1362, 1363 e 1366 cod. civ., con riferimento all’art. 360, comma 1, n. 3) cod. proc. civ. Il ricorrente evidenzia l’errore in cui è caduto il Tribunale: aver sussunto l’accertamento de quo in quello di cui alla lettera d) del comma 1bis dell’art 201 CdS; più precisamente,
contrariamente a quanto apoditticamente affermato dal Tribunale, l’assenza del trasgressore non era riportata nel secondo verbale oggetto della presente impugnazione ove, infatti, sono trascritti unicamente i dati necessari ai sensi del combinato disposto dell’art. 201, comma 1, CdS e art. 383, comma 1, D.P.R. n. 495/1992, ossia data, luogo e località dell’accertamento . Erroneamente, dunque, da questa sin troppo sintetica verbalizzazione il giudice del gravame ha dedotto l’assenza del resistente, peraltro n eanche oggetto di discussione tra le parti. Da tale errato presupposto deriva che era onere dell’amministrazione capitolina – ai sensi degli artt. 201, commi 1 e 1ter CdS, 383, commi 1, 2, 3 e 4 D.P.R. n. 495/1992 -indicare i motivi per i quali non si è proceduto alla contestazione immediata.
2. Con il secondo motivo si deduce violazione o falsa applicazione dell’art. 126 -bis , commi 2, d.lgs. n. 285/1992, dell’art. 3 n. 689/1981, con riferimento all’art. 360, comma 1, n. 3) cod. proc. civ. Nel ricorso proposto avverso il primo verbale l’odierno ricorrente affermava che « all’ora e nel giorno indicato a verbale il ricorrente era alla guida della propria autovettura … »; tale situazione di fatto lo abilitava a non dover comunicare alcunché al Comune di Roma per concorrenti due ragioni: (i) il Comune era già in possesso dell’informazione in ragione del ricorso proposto dal ricorrente ove appunto si affermava che era proprio il Manca alla guida del veicolo; (ii) tale situazione è quella a cui fanno riferimento sia la Corte costituzionale con sentenza n. 27/2005, sia la Corte di Cassazione con sentenza n. 20974 del 2014, ove si afferma che l’obbligo di comunicazione previsto dall’art. 126 CdS resta sospeso sino alla pronuncia sul verbale presupposto, poiché nella specie detto verbale era stato anche annu llato. L’obbligo di comunicazione deve ritenersi
caducato ex tunc, come tale inesigibile dalla P.A., sì da rendere illegittimo il secondo verbale. Inoltre, aggiunge il ricorrente che: a) la condotta del verbalizzato non sarebbe rimproverabile in merito al mancato invio di apposita comunicazione, poiché essa è stata posta in essere nel periodo nel quale si andava a conformare a quanto stabilito dalle magistrature superiori (v. Corte Cost. n. 27/2005 e Cass. n. 20974 del 2014, cit.) e dall’amministrazione del Ministero dell’Interno mediante circolare. È, infatti, totalmente privo di colpa chi abbia posto in essere una condotta risultata solo successivamente rimproverabile, o almeno di dubbia rimproverabilità al momento della commissione del fatto; b) è irragionevole ed irrazionale una sanzione che contravvenga una condotta omissiva, qualora il presupposto logico-giuridico di essa viene caducato (come invece affermato da questa Corte, v. Cass. n. 18027/2018; Cass. n. 15542/2015). Se, infatti, il verbale presupposto viene caducato, ragionevolezza, razionalità e civiltà giuridica imporrebbero che qualsiasi sanzione conseguente ad esso non possa essere applicata, non avendo più una base di legittimità che gli derivava dalla permanenza del verbale presupposto, ormai annullato.
Il secondo motivo -che va esaminato preliminarmente – è fondato per le ragioni che seguono.
3.1. Il Tribunale capitolino ha considerato irrilevante la circostanza che prima della notifica del verbale relativo alla violazione dell’art. 126 -bis , comma 2, CdS fosse stato introdotto il giudizio di opposizione avverso il verbale presupposto e che, comunque, fosse indifferente che lo stesso si fosse concluso con l’accoglimento del ricorso e con l’annullamento dell’atto .
3.1.1. Effettivamente, sulla prospettata questione non esisteva un orientamento univoco nella giurisprudenza di questa Corte, salvo alcune pronunce difformi (per es.: Cass. n. 20974 del 2014 citata in ricorso) , secondo l’indirizzo maggioritario il termine entro cui il proprietario del veicolo è tenuto, ai sensi dell’art. 126bis comma 2, CdS, a comunicare all’organo di polizia che procede i dati relativi al conducente, non decorre dalla definizione del procedimento di opposizione avverso il verbale di accertamento dell’infrazione presupposta, ma dalla richiesta rivolta al proprietario dall’autorità, trattandosi di un’ipotesi di illecito istantaneo previsto a garanzia dell’interesse pubblicistico relativo alla tempestiva identificazione del responsabile, del tutto autonomo rispetto all’effettiva commissione di un precedente illecito (Cass. Sez. 2, Ordinanza n. 18027 del 2018, Rv. 649590 -02; Cass, Cass. Sez. 2, Sentenza n.15542 del 23/07/2015, Rv.636027; conf. Cass. Sez. 2, Sentenza n.22881 del 10/11/2010, Rv.615544).
3.2. Questa Corte ha di recente avuto modo di prendere definitiva posizione sulla questione prospettata: valorizzate sia l’interpretazione del dato letterale dell’art. 126 -bis, comma 2 CdS, sia la ratio della violazione da detta norma prevista (che si pone, peraltro, in linea anche con la circolare -in materia – del Ministero dell’Interno n. 3971 del 29 aprile 2011, opportunamente richiamata dal ricorrente) -ha aderito all’ approccio ermeneutico già indicato anche dalla Corte Costituzionale (sentenza n. 27/2005 richiamata in ricorso, ove si legge: «in nessun caso … il proprietario è tenuto a rivelare i dati personali e della patente del conducente prima della definizione dei procedimenti giurisdizionali o amministrativi per l’annullamento del verbale di contestazione dell’infrazione »), e al quale questo Collegio intende aderire, in virtù del quale: «in materia
di illeciti stradali, la violazione prevista dall’art. 126bis , comma 2, CdS – consistente nella mancata comunicazione, nei sessanta giorni dalla data di notifica del verbale di contestazione, dei dati personali e della patente di guida del conducente al momento della commessa violazione presupposta – si configura soltanto quando siano definiti i procedimenti giurisdizionali o amministrativi proposti avverso il verbale relativo alla precedente infrazione di riferimento, non insorgendo prima di allora alcun obbligo nei termini siffatti. Ne consegue che, in caso di esito sfavorevole per il ricorrente dei predetti procedimenti, l’amministrazione è tenuta ad emettere un nuovo invito per l’obbligato, dalla cui notifica decorrono i sessanta giorni per adempiere alle incombenze di cui alla citata disposizione; mentre, in caso di esito favorevole (con annullamento del verbale di accertamento), viene meno il presupposto per la configurazione della violazione» (Cass. Sez. 2, Ordinanza n. 24012 del 03/08/2022, Rv. 665550 -01; confermata da: Cass. Sez. 2, Sentenza n. 3022 del 2024, entrambe segnalate in memoria dal ricorrente).
Avendo il Collegio accolto il secondo motivo del ricorso, il primo va dichiarato assorbito.
La sentenza merita, dunque, di essere cassata.
Non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, ai sensi dell’art. 384 cod. proc. civ., la causa può essere decisa nel merito, con l’annullamento del verbale impugnato.
Stante il tenore della pronuncia e l’orientamento giurisprudenziale non sempre univoco, le spese del l’intero giudizio sono integralmente compensate fra le parti.
P.Q.M.
La Corte Suprema di Cassazione, in accoglimento del secondo motivo del ricorso, assorbito il primo, cassa la sentenza impugnata
e, decidendo nel merito, annulla il verbale n. 18160052360 del 12.12.2016 emesso dal Comune di Roma;
compensa integralmente fra le parti le spese del l’intero giudizio. Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda