Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 21426 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 21426 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data pubblicazione: 25/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso 12303-2022 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME
– ricorrente –
contro
COGNOME NOME COGNOME rappresentata e difesa dagli avvocati NOME COGNOME NOME COGNOME;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 3445/2021 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 02/11/2021 R.G.N. 3136/2017;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 05/06/2025 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME .
Oggetto
Risarcimento del danno per mancata assunzione
R.G.N. 12303/2022
COGNOME
Rep.
Ud. 05/06/2025
CC
FATTI DI CAUSA
Con la sentenza in epigrafe indicata la Corte d’appello di Roma rigettava sia l’appello principale proposto dalla RAGIONE_SOCIALE che l’appello incidentale proposto da COGNOME NOME COGNOME contro la sentenza del Tribunale della medesima sede n. 2320/2017, che, in parziale accoglimento del ricorso della suddetta lavoratrice, aveva condannato l’RAGIONE_SOCIALE al pagamento, in favore della COGNOME, a titolo di risarcimento del danno, di una somma corrispondente a una retribuzione annua netta di € 2.000,00 mensili, oltre alla tredicesima, per il periodo decorrente dal 22 giugno 2015 fino alla data della decisione (di primo grado), somma cui dovevano aggiungersi la rivalutazione monetaria e gli interessi legali, da calcolarsi sui singoli importi annualmente rivalutati, dalle diverse scadenze al saldo.
Per quanto qui interessa, la Corte territoriale premetteva che COGNOME NOME COGNOME, giornalista professionista per il quotidiano l’Unità, con la qualifica da ultimo di capo servizio, lamentando la mancata corretta applicazione nei propri confronti dei criteri di scelta dei lavoratori che dovevano passare alle dipendenze della società cessionaria RAGIONE_SOCIALE in forza di accordo sindacale del 3.3.2015 ex art. 47 l. n. 428/1990, seguito da altro del 10.6.2015, aveva visto accogliere in chiave risarcitoria nei termini sopra specificati una delle domande proposte nei confronti di detta società.
Tanto, tra l’altro, premesso, la Corte giudicava infondato anzitutto il primo motivo dell’appello principale, con il quale l’RAGIONE_SOCIALE lamentava l’erronea valutazione delle deposizioni testimoniali effettuata dal Tribunale in merito all’asserita disa pplicazione del precipuo criterio di cui al verbale d’intesa del
10.6.2015 per la scelta dei giornalisti che sarebbero stati assunti ex art. 2112 c.c., ovvero il criterio del la ‘ funzionalità con il piano editoriale presentato dal direttore e della professionalità ‘.
La Corte riteneva fondato il secondo motivo dello stesso appello, ma tuttavia non idoneo a far pervenire ad alcuna riduzione del quantum dovuto alla COGNOME, concludendo che sul punto la statuizione doveva essere confermata, sia pure con parziale diversa motivazione in relazione all’ aliunde perceptum .
Passando ad esaminare l’appello incidentale della lavoratrice, considerava che il primo motivo dello stesso fosse inammissibile per difetto d’interesse ex art. 100 c.p.c., mentre giudicava infondato il secondo, con il quale la COGNOME lamentava l’erron eità della mancata pronuncia di una sentenza costitutiva del rapporto di lavoro ex art. 2932 c.c.
Avverso tale decisione l’RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso per cassazione, affidato a due motivi.
Ha resistito l’intimata con controricorso e successiva memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo la ricorrente denuncia ‘Violazione e/o falsa applicazione degli artt. 2697 cod. civ., 100 cod. proc. civ. e 32 del Contratto Collettivo di Lavoro Giornalistico, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ. Sulla carenz a dell’interesse ad agire in capo alla sig.ra COGNOME Sull’inesistenza della prova, a carico della sig.ra COGNOME, circa la condivisione della linea politica assunta dal giornale e
presupposto del suo interesse all’assunzione Sull’omessa valutazione dell’esercizio, da parte della sig.ra COGNOME, della c.d. clausola di coscienza’.
Un secondo motivo è rubricato: ‘Sulla violazione e/o falsa applicazione degli artt. 1362 c.c., 6 del CCNLG, 2697 c.c., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c. – Sulla violazione dei canoni interpretativi relativi al contenuto dei criteri di ass unzione previsti dall’accordo del 10/06/2015 Sui poteri di assunzione e di scelta dell’organico redazionale da parte del Direttore -Sulla violazione dei principi sottesi alla ripartizione dell’onere probatorio in capo alle parti’.
Entrambi i motivi, esaminabili congiuntamente per connessione, sono inammissibili.
Come accennato in narrativa, la Corte territoriale ha disatteso anzitutto il primo motivo dell’appello principale dell’attuale ricorrente per cassazione, a mezzo del quale la società lamentava esclusivamente l’erronea valutazione da parte del Tribunale in merito all’asserita disapplicazione del precipuo criterio di cui al verbale d’intesa del 10.6.2015 per la scelta dei giornalisti che sarebbero stati assunti ex art. 2112 c.c., ossia quello della ‘funzionalità con il piano editoriale presentato dal diret tore e della professionalità’.
Ebbene, la Corte, prima, ha riportato testualmente quanto argomentato in proposito dal Tribunale, poi, ha spiegato la sua condivisione di quello che aveva considerato il primo giudice in base ‘all’istruttoria svolta in primo grado’ (v. in extenso facciate terza e quarta della sua sentenza), e ha concluso che: ‘Se, pertanto, all’epoca dei colloqui non vi era ancora un piano editoriale ben definito, fatto corroborato dallo
stesso preventivato avvicendamento dei due direttori immediatamente dopo la scelta del personale da assumere, allora deve logicamente ritenersi che la scelta non sia stata operata secondo la funzionalità al piano editoriale, di cui il rapporto fiduciario tra direttore e redazione costituisce elemento essenziale. Il ragionamento svolto dal Tribunale è, dunque, corretto e pertanto va condiviso’.
Ciò rilevato, la ricorrente nel primo motivo censura quest’ultima conclusione tratta dalla Corte territoriale ‘poiché tale valutazione non è supportata da rigorosa prova’. Secondo la ricorrente, infatti, ‘il piano editoriale era certamente esistente all ‘atto dei colloqui con i giornalisti finalizzati a rendere operativi i criteri definiti con accordo sindacale, e fu loro illustrato la prima volta nel giugno 2015 dall’allora Direttore COGNOME che in quel momento era perfettamente legittimato a farlo’ ( così a pag. 8 del ricorso).
Analogamente, nello sviluppo del secondo motivo la ricorrente, richiamata parte del testo dell’accordo del 10.6.2015, deduce che: ‘Erroneamente, in violazione dei canoni interpretativi voluti dall’art. 1362 c.c., la Corte territoriale ha desunto dal testo di simile previsione che il Piano Editoriale dovesse essere quello richiamato dall’art. 6 del CCNLG e che il Direttore COGNOME, nel corso dei colloqui individuali, non avesse provveduto all’esplicitazione del medesimo’, e che: ‘Pertanto, quanto riferito dal Direttore incaricato, certamente, non può essere considerato, almeno in parte, il Piano Editoriale a cui ha fatto espresso riferimento il verbale d’intesa poc’anzi richiamato’ (così a pag. 15 del ricorso).
Assume ancora la ricorrente, dopo aver richiamato parte del testo dell’art. 6 del CCNLG, che ‘La disposizione in essere è stata interpretata in termini del tutto erronei dalla Corte d’Appello adita che, non solo ha omesso di valorizzare il potere assoluto del Direttore (in quel momento COGNOME) a decidere le assunzioni dei giornalisti tecnici professionali, ma ha ritenuto che il piano editoriale, per essere tale, debba essere inteso come quello presentato al Comitato di Redazione al momento dell’insediamento del Direttore stesso’.
Osserva allora il Collegio che prima e principale ragione d’inammissibilità delle due censure è che in entrambe la ricorrente, da un lato, critica l’apprezzamento probatorio operato dalla Corte territoriale sul punto che all’epoca dei colloqui eseguiti dall’allora Direttore COGNOMEnon vi era ancora un piano editoriale ben definito’ e, dall’altro, contrappone ad esso un del tutto differente accertamento fattuale (cfr. in particolare pagg. 8-14 per il primo motivo e pagg. 15-17 per il secondo motivo); il che non può trovare ingresso in questa sede di legittimità.
Nota, inoltre, il Collegio che la ricorrente attribuisce alla Corte di merito affermazioni dalla stessa mai fatte, quale quella che la Corte avrebbe desunto dal testo dell’accordo del 10.6.2015 ‘che il Piano Editoriale dovesse essere quello richiamato dall’art. 6 del CCNLG’, laddove la Corte d’appello non ha fatto il benché minimo cenno a quest’ultima disposizione collettiva in nessun punto della propria motivazione, compresi i punti in cui ha richiamato il testo della sentenza di primo grado e in cui h a esaminato (e respinto) i motivi dell’appello incidentale della lavoratrice.
Pertanto, in parte qua le censure della ricorrente neanche sono pertinenti.
Si rileva, poi, che la ricorrente si sofferma anche su questioni ormai superate quando assume che la ‘ controparte, su cui incombeva interamente il relativo rigoroso onere probatorio, non ha fornito alcuna prova della ricorrenza dei requisiti contrattualmente previsti dall’accordo sindacale per la costituzione di un rapporto di lavoro con l’RAGIONE_SOCIALE ‘ (sottolineatura nell’originale a pag. 8 del ricorso).
11.1. Invero, come già precisato in narrativa, la Corte distrettuale aveva respinto tra l’altro il secondo motivo dell’appello incidentale della lavoratrice a mezzo del quale ella sosteneva ‘l’erroneità della mancata pronuncia di una sentenza costitutiva del rapporto di lavoro ex art. 2932 c.c., assumendo che ne fossero stati già stabiliti tutti gli elementi essenziali, dunque sufficienti all’emissione della statuizione in luogo della stipulazione del contratto’ (v. facciate 8 -9 dell’impugnata sentenza).
11.2. Vanamente, ancora, la ricorrente ricorda che (così tra la pag. 7 e la pag. 8 del ricorso).
Invero, nel dichiarare inammissibile per difetto d’interesse ex art. 100 c.p.c. il primo motivo dell’appello incidentale della lavoratrice (con il quale ella lamentava l’erroneità della mancata declaratoria di nullità della sua esclusione dalla riassunzione da parte dell’RAGIONE_SOCIALE.lRAGIONE_SOCIALE appunto per ‘discriminazione politica’), la
Corte aveva premesso ‘che la COGNOME ha lamentato l’illegittimità della sua esclusione sotto molteplici profili ( causae petendi ) rispetto alla domanda di costituzione del rapporto di lavoro ex art. 2932 c.c. nonché di condanna dell’RAGIONE_SOCIALE.r.lRAGIONE_SOCIALE a pagamento delle retribuzioni maturate fino alla data di deposito del ricorso in primo grado in misura non inferiore ad € 2.300 nette mensili ( petitum )’.
Tuttavia, la Corte ha evidenziato che: (v. in extenso t ra la settima e l’ottava facciata).
In definitiva, anche la questione di ‘discriminazione politica’ cui allude la ricorrente era stata superata sin dal primo grado, con pronuncia confermata dalla Corte di merito.
Nell’ambito del primo motivo che, com’è ormai evidente, tocca varie ed eterogenee questioni (di diritto sostanziale e di diritto processuale) -la ricorrente asserisce, altresì, che: ‘Erroneamente la Corte territoriale non ha preliminarmente considerato che il ricorso avversario (introduttivo del giudizio di primo grado) è, comunque, formulato in maniera tale da escludere l’interesse della giornalista all’assunzione, in ragione della manifestata contrarietà della stessa all’indirizzo politico della te stata, così come espresso nel corso del colloquio individuale tenuto con il
Direttore COGNOME (così alla pag. 9 del ricorso, ma l’assunto è diffusamente sostenuto nello svolgimento del primo motivo sull’ulteriore rilievo che la COGNOME avrebbe esercitato la cd. clausola di coscienza cui si accenna anche nella rubrica del motivo).
A tacer d’altro, osserva il Collegio che la ricorrente così pone una questione del tutto nuova in fatto e in diritto, mai trattata, a quanto consta, sicuramente nel secondo grado di giudizio, ma anche in primo grado.
Invero, la Corte distrettuale si è pronunciata su tutti i motivi delle contrapposte impugnazioni delle parti, e, come si è visto, anche l’appello principale dell’RAGIONE_SOCIALE non riguardava assolutamente il preteso difetto d’interesse ad agire della lavora trice a motivo dell’esercizio da parte sua della cd. clausola di coscienza.
La ricorrente, in quanto soccombente dev’essere condannata al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese di questo giudizio di legittimità, liquidate come in dispositivo, ed è tenuta al versamento di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, ove dovuto.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in € 200,00 per esborsi e in € 4.500,00 per compensi professionali, oltre rimborso forfetario delle spese generali nella misura del 15%, IVA e C.P.A. come per legge.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.
Così dec iso in Roma nell’adunanza camerale del 5.6.2025.