Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 8808 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 8808 Anno 2024
Presidente: PAOLITTO LIBERATO
Relatore: COGNOME RAGIONE_SOCIALE
Data pubblicazione: 03/04/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 17676/2023 R.G. proposto da: RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE) che lo rappresenta e difende; pec EMAIL;
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ricorrente –
CONTRO
CITTA’ DI CONEGLIANO, in persona del Sindaco pro tempore costituito nel giudizio definito con sentenza n. 24293/2020 con l’AVV_NOTAIO ;
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Non intimato – per l’istanza di della inesistenza della sottoscrizione del consigliere estensore nella decisione n. 24293/20 pubblicata il 3 novembre 2020;
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 19/01/2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
RILEVATO CHE:
La ricorrente ha proposto istanza per «la ricognizione della inesistenza della sottoscrizione del giudice estensore in calce alla decisione n. 24293/2020, in quanto a piè pagina di ciascuna pronuncia si dà atto dell’applicazione dell’art. 1, comma 1, lett. a), d.p.c.m. 8 marzo 2020, allorquando alla data del 3 e 4 novembre 2020 – data di pubblicazione delle decisioni – erano cessati gli effetti del citato d.p.c.m., a seguito della pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del 10 aprile 2020», dichiarando di allegare, in calce, la relazione dell’AVV_NOTAIO AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO in materia di revocazione ritenuta possibile solo per errore di fatto e di non saper individuare un rimedio giuridico da applicare al caso di specie.
L’istanza in esame non risulta notificata al controricorrente Comune di Conegliano.
Con memorie del 5 gennaio 2024, la società ha depositato istanza di riunione del presente giudizio a quelli recanti n. RG 17678 e 17677 del 2023, contestualmente proponendo «azione di inesistenza della sottoscrizione ex artt. 132 e 161 c.p.c. e conseguenti declaratorie -Actio nullitatis ».
In particolare, ribadendo l’erroneo rinvio, in calce alle sentenze in epigrafe indicate, ad una normativa non più in vigore alla data della pubblicazione, si assume l’inesistenza di un motivo dell’impedimento alla sottoscrizione da parte del Consigliere estensore. La ricorrente richiama i principi affermati dalle delle S.U con sentenza n.11021/2014, secondo cui: una volta intervenuta la pubblicazione della sentenza, il giudice adito si spoglia del potere di decidere sulla domanda già portata al suo esame……… e la sentenza emessa – anche se, eventualmente, gravemente viziata, come nell’ipotesi di mancata sottoscrizione rituale da parte del giudice -può essere esclusivamente rimossa o attraverso l’impugnazione al giudice sopra ordinato………… ovvero con la
proposizione di autonoma actio nullitatis …. La mancanza di questo requisito essenziale determina -come detto -la nullità assoluta della sentenza, senza la possibilità che il vizio sia sanabile, né attraverso il procedimento di correzione degli errori materiali………………… né, tantomeno, con la rinnovazione della pubblicazione da parte dello stesso organo…. Tale vizio di nullità, rilevabile anche d’ufficio, comporta la rimessione della causa al medesimo giudice che ha emesso la sentenza carente di sottoscrizione, il quale viene investito del potere dovere di riesaminare il merito della causa stessa e non può limitarsi ad una semplice rinnovazione della sentenza… La sottoscrizione della sentenza è richiesta per il perfezionamento dell’atto. La sottoscrizione è elemento essenziale perché la sentenza sia riconoscibile come tale e ne sia palese la provenienza dal giudice che l’ha deliberata………….. Nel nostro caso, la mancanza di sottoscrizione impedisce la riconducibilità dell’atto al giudice collegiale.»
Anche le memorie non risultano notificate al Comune di Conegliano, costituito nel giudizi concluso con la sentenza ‘ impugnat a con actio nullitatis proposta nelle memorie’.
CONSIDERATO CHE :
In via pregiudiziale, la peculiarità dell’istanza non consente la riunione alle altre proposte in giudizi diversi e ormai definiti.
Occorre, preliminarmente, procedere alla qualificazione del primo atto di ricognizione della inesistenza della sentenza; anche se qualificabile come atto sollecitatorio del potere officioso della Corte di procedere all’accertamento della nullità della sentenza ovvero alla sua revocazione, esso non si traduce in un rilievo officioso della Corte, ma conserva la natura di , il quale avrebbe dovuto essere proposto secondo le regole di cui agli artt. 365 e ss.
c.p.c. e dunque notificato al Comune, controparte costituita nel giudizio di legittimità.
Peraltro, deve escludersi che, nel corso di un atipico procedimento di – nel quale, peraltro, si assume di non saper individuare il rimedio giurisdizionale per detto accertamento – non attivato attraverso la necessaria notifica alla controparte, sia possibile esperire l’actio nullitatis diretta a far accertare la nullità radicale della sentenza per la mancanza della sottoscrizione del relatore, anch’esso non notificato al Comune.
Si tratta, nella specie, di mutatio libelli , tant’è che solo con le memorie si introduce una vera e proprio actio nullitatis e vengono presentate, per la prima volta, ed ulteriormente esplicitate le censure dell’originario ricorso di cassazione definito con la decisione ritenuta inesistente.
Orbene, la proposizione di motivi nuovi in corso di causa -nell’ipotesi in cui questa fosse stata ritualmente introdotta – non è consentita (cfr. Cass. S.U. n. 4504/89; Cass. n. 14449/10). Essa va altresì reputata inammissibile quando diretta ad ottenere la dichiarazione di nullità della sentenza impugnata. Anche in tale eventualità si introdurrebbe in un procedimento originato da un atto di ricognizione della inesistenza giuridica della sentenza, non notificato alla controparte, un thema decidendum nuovo e la necessità di nuovi accertamenti di fatto, del tutto incompatibili con il procedimento introdotto dalla ricorrente e non notificato. L’accertamento della nullità radicale della sentenza presuppone, difatti, l’esperimento di un ordinario giudizio di cognizione, disciplinato dalle regole di cui all’art. 163 cod. proc. civ. e seg., diverse ed incompatibili con un atipico che pure avrebbe dovuto essere notificato alla controparte, il cui motivo che lo sorregge preclude che, nel corso di esso, sia avanzata un’autonoma azione di accertamento della nullità della
sentenza con la proposizione e l’ampliamento delle originarie censure del ricorso per cassazione conclusosi con la sentenza ritenuta inesistente, atteso che ne verrebbe stravolto l’originario ambito della controversia, con l’introduzione di un thema decidendum nuovo ed incompatibile con l’originaria richiesta di <ricognizione della mancanza di sottoscrizione del consigliere estensore.
2. Ciò premesso sotto il profilo procedimentale, si osserva, quanto al vizio di sottoscrizione, che nella giurisprudenza di questa Corte (v. Cass. 8817/2017; Cass. n. 9440/2017; Cass. n. 19323/2019; S.U. n.11021/2014) è costante l'affermazione secondo la sentenza emessa dal giudice in composizione collegiale priva di una delle due sottoscrizioni non è inesistente bensì nulla in quanto la sottoscrizione non è omessa ma solo insufficiente.
Nel caso in esame, la sentenza non risulta affetta da nullità, atteso che la mancanza di sottoscrizione del relatore-estensore trova la sua giustificazione nel disposto dell'art. 132 cod.proc.civ., il quale dispone che se l'estensore non può sottoscrivere la sentenza per morte o altro impedimento è sufficiente la sottoscrizione del solo presidente, purché prima della sottoscrizione sia menzionato l'impedimento; esso postula, a pena di nullità del provvedimento, l'esistenza di un impedimento tale da rendere impossibile od eccessivamente difficoltoso l'incombente ed anche l'esplicita (ancorché generica) menzione della natura dell'impedimento stesso contestualmente all'apposizione della firma sostitutiva (v. Cass. n. 20960/2019).
Ebbene, l'erronea citazione nella sentenza di un d.p.c.m., non più in vigore dall'11 aprile 2020 era volta a giustificare l'assenza di sottoscrizione dell'estensore, individuando i presupposti per i quali il decreto consentiva la sottoscrizione del solo presidente, vale a dire la diffusione della pandemia da che persisteva,
tanto da indurre il governo all’emanazione di un successivo decreto che riprendeva il contenuto del primo.
In ogni caso, il d.l. 18/2020 -proprio al fine di contrastare l’emergenza epidemiologica da Covid -19 e contenere lo svolgimento delle attività giudiziarie, affidava per il periodo compreso tra il 16 aprile al 30 giugno 2020 ai capi degli uffici giudiziari il compito di adottare le misure organizzative relative anche alla trattazione degli affari giudiziari necessarie per consentire il rispetto delle prescrizioni adottate in materia con decreti del Presidente AVV_NOTAIO ministri.
Con decreto del 18 marzo 2020, il Primo presidente della Corte disponeva la possibilità di trasmissione delle sentenze da parte dell’estensore ad un indirizzo mail, dando atto, nel dispositivo, dell’impedimento a sottoscrivere, facendo riferimento all’art. 1, comma 1, d.p.c.m. 8 marzo 2020.
Provvedimento che veniva reiterato il 23 novembre 2020, senza soluzione di continuità, con il quale si invitava i consiglieri ed i presidenti, tenuto conto dell’impossibilità di sottoscrivere i provvedimenti, a richiamare nel dispositivo dei provvedimenti, il disposto dell’art. 132 c.p.c., comma 3.
Tale norma, conformemente alle prime valutazioni anche di molti commentatori ed in virtù di un’interpretazione estensiva, necessitata dall’eccezionalità della situazione e della probabilità della diffusione dell’impedimento dovuta alla dimensione nazionale dell’ufficio ed alla dislocazione dei suoi magistrati su tutto il territorio italiano, deve ritenersi applicabile a scalare in caso di impedimento anche del componente del collegio più anziano dopo il presidente, fino a raggiungere ed investire del potere di firma il più anziano dei componenti del collegio che non sia impedito.
L’annotazione del d.p.c.m. menzionato, in calce alle prefate decisioni, sebbene decreto privo di effetti all’epoca della pubblicazione delle stesse, rende intellegibile la natura
dell’impedimento ex art. 132, comma 3, c.p.c. – eccezionalità della situazione per la diffusione del covid e consigliere residente fuori Roma -, di guisa che l’impedimento stesso risulta obbiettivamente rilevabile, proprio per la menzione nel dispositivo, del d.p.c.m. emesso per la grave diffusione della pandemia e si sottrae ad ogni possibilità di valutazione ed apprezzamento.
E’ irrefragabile, in conclusione, che l’inappropriato richiamo del citato d.p.c.m. non determini affatto la fattispecie della che determina la nullità sanabile della decisione, atteso che la mancanza di sottoscrizione dell’estensore è stata motivata con il richiamo implicito -attraverso il riferimento al prefato d.p.c.m. all’emergenza Covid e dunque indirettamente alla stregua del disposto dell’art. 132 cod.proc.civ.; né determina la necessità di procedere ad una correzione dell’errore materiale d’ufficio ( v. S.U. del 13/02/2023, n. 4353).
Nel caso in esame, difatti, non sussistono neppure i presupposti per una correzione materiale della decisione d’ufficio, ai sensi dell’art. 287 cod.proc.civ., atteso che (Cassazione civile, sez. lav. 11 agosto 2020, n. 16877).
E infatti, secondo il consolidato orientamento della Cassazione, la procedura di correzione materiale è consentita esclusivamente ove si tratti di rimediare ad una disarmonia tra la formale espressione di una decisione e il suo reale contenuto mentre, invece, è preclusa ove la correzione si risolva nella sostituzione o nella modificazione
essenziale della decisione (Sez. 5, n. 11064 del 07/11/2017; Sez. U. n. 8 del 18/05/1994; Sez. 3, n 3936 del 05/12/2013) o quando l’erronea rappresentazione di una circostanza non sia idonea ad incidere in alcun modo sullo sviluppo argomentativo della decisione rispetto alle statuizioni assunto posto che, da un lato, la procedura di correzione di errore materiale non è esperibile laddove l’accoglimento dell’istanza comporti una modifica della decisione non consentita con tale rimedio; dall’altro, l’errore stesso non si configura quando non incida sulla coerenza della motivazione rispetto al dispositivo attingendo elementi ictu oculi superati dal testo del provvedimento impugnato, non ravvisandosi, in tali casi, lo stesso interesse all’emendatio.
P.Q.M.
La Corte, rigetta l’istanza.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della sezione