Ordinanza interlocutoria di Cassazione Civile Sez. L Num. 10804 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 10804 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data pubblicazione: 24/04/2025
116/2017 costituisca una misura proporzionata, effettiva, sufficientemente energica, idonea a sanzionare l’abuso e a cancellare le conseguenze della violazione del diritto dell’Unione; ha pertanto considerato la mancata adesione della Campanati alla procedura di conferma prevista dall’art. 29 del d.lgs. n. 116/2017 sufficiente a interrompere sotto il profilo causale la relazione fra lamentato abuso e l’ ingiustizia del danno;
avverso tale sentenza NOME COGNOME ha proposto ricorso per cassazione sulla base di otto motivi, illustrati da memoria;
il Ministero della giustizia, oltre a resistere con controricorso, ha proposto ricorso incidentale sulla base di un unico motivo.
RITENUTO CHE
1.con il primo motivo il ricorso principale denuncia, ai sensi in de ll’art. 360, comma primo, n. 4 cod. proc. civ., nullità della sentenza per carenza assoluta di motivazione se interpretata nel senso di negare che la ricorrente sia un ‘lavoratore’ che rientra nel campo di applicazione della clausola n. 4 dell’accordo quadro annesso alla Direttiva 1997/81/CE e delle cla usole nn. 4 e 5 dell’ dell’accordo quadro annesso alla Direttiva 1999/70/CE ;
richiama i principi espressi dalla giurisprudenza di legittimità, evidenziando che ai fini delle prestazioni ‘reali ed effettive’ rileva il numero dei provvedimenti redatti, la sostanziale natura remunerativa delle somme, il rispetto delle tabelle dell’Ufficio, l’osservanza degli ordini di servizio e dei provvedimenti organizzativi, nonché la soggezione ad obblighi disciplinari analoghi a quelli dei magistrati professionali, come accertato dal primo giudice;
con il secondo motivo, proposto ai sensi de ll’art. 360, comma primo, n. 3 cod. proc. civ. in via alternativa rispetto al primo motivo, il ricorso principale denuncia violazione e falsa applicazione della clausola n. 2 dell’accordo quadro annesso alla Direttiva 1997/81/CE e della clausola n. 2 dell’accordo quadro annesso alla Direttiva 1999/70/CE come interpretati dalla Corte di Giustizia (in particolare 1.03.2012 O’ Brian C -393/2010; 16.7.2020 C-658/2018), nella parte e nella misura in cui la sentenza impugnata non avesse ritenuto la COGNOME un ‘lavoratore’ che rientra nel campo di applicazione della clausola n. 4 dell’accordo quadro annesso alla Direttiva 1997/81/CE e delle clausole nn. 4 e 5 dell’accordo quadro annesso alla Direttiva 1999/70/CE ;
evidenzia che ai fini della qualificazione del lavoratore ai sensi di tali accordi quadro rileva lo svolgimento, da parte del giudice onorario, di prestazioni reali ed effettive, non puramente marginali, né accessorie, per le quali percepisce indennità di carattere remunerativo;
con il terzo motivo, il ricorso principale denuncia, ai sensi de ll’art. 360, comma primo, n. 5 cod. proc. civ., omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, per avere la Corte territoriale omesso l’esame dei compiti e delle funzioni svolte dalla ricorrente come descritti e documentati in causa e non contestati dal Ministero, e di non avere ritenuto che la RAGIONE_SOCIALE rientra nella nozione di ‘lavoratore’ e quindi nel campo di applicazione della clausola n. 4 dell’accordo quadro annesso alla Direttiva 1997/81/CE e delle clausole n. 4 e 5 dell’accordo quadro annesso alla Direttiva 1999/70/CE;
evidenzia che la COGNOME aveva svolto prestazioni reali ed effettive, per numero di cause e di provvedimenti assunti, sottostando alle direttive, alle istruzioni e al potere di controllo del capo dell’ufficio, percependo per tali attività compensi assoggettati al medesimo trattamento fiscale cui sono assoggettati i redditi da lavoro dipendente.
aggiunge che la COGNOME aveva trattato in modo autonomo ed in via esclusiva le stesse cause dei giudici togati, aveva tenuto udienza 4/5 giorni alla settimana, aveva giustificato le assenze ed era stata sostituita, aveva assicurato la sua presenza anche nel periodo di sospensione feriale delle attività giudiziarie,
era stata sottoposta al potere disciplinare del Capo dell’Ufficio, aveva partecipato ai corsi di formazione organizzati dalla Scuola Superiore della Magistratura ed aveva utilizzato gli stessi strumenti di lavoro dei magistrati ordinari;
4. con il quarto motivo, proposto ai sensi de ll’art. 360, comma primo, n. 3 cod. proc. civ., il ricorso principale denuncia violazione e falsa applicazione delle clausole nn. 3 e 4 dell’accordo quadro annesso alla Direttiva 1997/81/CE e delle clausole nn. 3 e 4 dell’accordo quadro annesso alla Direttiva 1999/70/CE, come interpretate dalla Corte di Giustizia (in particolare 1.0 3.2012 O’ Brian C -393/2010; 16.7.2020 C-658/2018), per avere la Corte territoriale erroneamente escluso che la dott.ssa COGNOME fosse lavoratrice equiparabile al magistrato togato e ritenuto la sussistenza di ragioni oggettive per non applicare il principio di non discriminazione; in subordine chiede la proposizione di questione pregiudiziale alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea qualora non risulti sufficientemente chiaro se la valutazione di comparabilità del magistrato ordinario rispetto al magistrato togato vada compiuta in astratto o in concreto; addebita alla Corte territoriale di avere sovrapposto la questione della comparabilità del GOT al magistrato onorario a quella della sussistenza o meno di ragioni oggettive;
5. con il quinto motivo, proposto ai sensi de ll’art. 360, comma primo, n. 3 cod. proc. civ., il ricorso principale denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 106 Cost., dell’art. 158 cod. proc. civ., dell’art. 178 cod. proc. pen., come interpretati dalla giurisprudenza di legittimità, degli artt. 62 d.l. n. 69/2016, dell’art. 256 del d.l. n. 34/2020, dell’art. 1, commi 961-981 della legge n. 205/2017, per avere la Corte territoriale erroneamente escluso la comparabilità dei magistrati onorari ai magistrati ordinari, o per avere comunque ritenuto la sussistenza di ragioni oggettive per non applicare le medesime condizioni di impiego, sul presupposto che al giudice onorario siano precluse determinate funzioni e competenze per materia ed in particolare le funzioni collegiali;
6. con il sesto motivo, proposto ai sensi de ll’art. 360, comma primo, n. 5 cod. proc. civ., il ricorso principale denuncia omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, consistito nei compiti e
nelle funzioni svolte dalla ricorrente come descritti, documentati ed incontestati in causa, per avere la Corte territoriale omesso di valutare la comparabilità della COGNOME ad un magistrato togato e per non avere escluso la sussistenza di ragioni oggettive tali da giustificare la disparità di trattamento tenendo conto delle modalità concrete di svolgimento dell ‘ attività della COGNOME, come dimostrate in giudizio;
addebita alla Corte territoriale di non avere considerato che la COGNOME aveva concretamente svolto funzioni indistinguibili da quelle di un magistrato togato, essendosi occupata degli stessi ruoli e delle stesse materie, in conformità alle previsioni della normativa di rango secondario, che aveva via via avvicinato i GOT ai magistrati ordinari, come accertato dal giudice di primo grado in via definitiva;
7. con il settimo motivo il ricorso principale denuncia, ai sensi de ll’art. 360, comma primo, n. 3 cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione dell’art. 29 del d.lgs. n. 116/2017, come modificato dall’art. 1 comma 629 lett . a legge n. 234/2021, dell’art. 24 Cost., della clausola n. 5 dell’accordo quadro annesso alla Direttiva 1999/70/CE, quale parametro interposto rispetto all’art. 117 Cost., per avere la Corte territoriale erroneamente escluso che competa alla ricorrente il risarcimento del danno per l’abusiva reiterazione di contratti a termine, sul presupposto che la mancata partecipazione alla procedura di conferma prevista dall’art. 29 del d.lgs. n. 116/2017 sia incompatibile con la pretesa risarcitoria ;
l amenta l’erroneità del richiamo alla legge n. 107/2015, che garantiva esattamente il bene della vita ambito (la stabilizzazione a tempo indeterminato), mentre l’art. 29 del d.lgs. n. 116/2017 consente solo la prosecuzione dell’attività di magistrato onorario nei ridotti limiti previsti dagli artt. 9 e 11, alle condizioni economiche e normative ben diverse da quelle dei magistrati togati;
e videnzia che l’art. 29 del d.lgs. n. 116/2017 già individua nella cessazione dal servizio la sanzione per la mancata presentazione della domanda di conferma ed esclude il risarcimento in conseguenza del rifiuto dell’indennità prevista dal comma 2 della medesima disposizione, e non della sola mancata partecipazione alla procedura di conferma;
aggiunge che la ricorrente non versa nella condizione di cui al comma 2, non essendo stata nemmeno adottata la normativa attuativa di tale disposizione;
con l’ottavo motivo, il ricorso principale denuncia nullità della sentenza violazione dell’art. 112 cod. proc. civ. per omessa pronuncia sulla domanda di condanna del Ministero della giustizia al riconoscimento di un indennizzo per le attività prestate e non remunerate, in applicazione dell’art. 2041 cod. c iv., regolarmente riproposta in appello;
con l’unico motivo, proposto ai sensi dell’art. 360, comma primo, n. 1, cod. proc. civ., il ricorso incidentale denuncia difetto di giurisdizione per avere la Corte territoriale erroneamente ritenuto la giurisdizione del giudice ordinario; evidenzia che il petitum sostanziale è costituito dall’accertamento della sussistenza di un rapporto di lavoro con il Ministero della giustizia, assimilabile a quello di magistrato ordinario;
la Corte territoriale ha rigettato la domanda risarcitoria, in quanto la COGNOME, pur avendone la possibilità, non ha partecipato alla procedura di conferma di cui all’art. 29 del d.lgs. n. 116 del 2017 (con possibile opzione per il regime di esclusività o di non esclusività), ritenuta misura proporzionata, effettiva, sufficientemente energica, idonea a sanzionare l’abuso e a cancellare le conseguenze della violazione del diritto dell’Unione;
osserva il Collegio che il settimo motivo del ricorso principale, nel sostenere l’erroneità delle statuizioni contenute nella sentenza impugnata relative al rigetto della domanda risarcitoria, prospetta la questione riguardante l’efficacia satisfattiva della procedura di conferma prevista dall’art. 29 del d.lgs. n. 117 del 2016, sulla quale questa Corte non si è ancora pronunciata;
l ‘art. 29 del d.lgs. n. 116 del 2017 stabilisce: ‘ 1. I magistrati onorari in servizio alla data di entrata in vigore del presente decreto possono essere confermati a domanda sino al compimento del settantesimo anno di età.
I magistrati onorari in servizio alla data di entrata in vigore del presente decreto che non accedano alla conferma, tanto nell’ipotesi di mancata presentazione della domanda, quanto in quella di mancato superamento della procedura valutativa di cui al comma 3, hanno diritto, salva la facoltà di rifiuto, ad un’indennità pari, rispettivamente, ad euro 2.500 al lordo delle ritenute fiscali,
per ciascun anno di servizio nel corso del quale il magistrato sia stato impegnato in udienza per almeno ottanta giornate, e ad euro 1.500 al lordo delle ritenute fiscali, per ciascun anno di servizio prestato nel corso del quale il magistrato sia stato impegnato in udienza per meno di ottanta giornate, e comunque nel limite complessivo procapite di euro 50.000 al lordo delle ritenute fiscali. Il servizio prestato per periodi superiori a sei mesi, ai fini del calcolo dell’indennità dovuta ai sensi del periodo precedente, è parificato ad un anno. La percezione dell’indennità comporta rinuncia ad ogni ulteriore pretesa di qualsivoglia natura conseguente al rapporto onorario cessato.(…)
rileva il Collegio che sulla questione pende la richiesta di rinvio pregiudiziale sollevata la Corte d’Appello di L’Aquila , la quale con domanda iscritta al n. c- 253/2024 ha adito la Corte di Giustizia al fine di verificare:
‘ 1. Se gli art. 31(1) e 47 della Carta dei Diritti Fondamentali dell’nione Europea, l’art. 7 della Direttiva 2003/88/CE e la clausola 4 dell’accordo quadro sul lavoro a tempo determinato ostano ad una normativa nazionale che prevede che un giudice onorario, qualificabile come ‘lavoratore’ e ‘lavoratore a tempo determinato’, che venga confermato nell’incarico fino a 70 anni di età, perda il diritto alle ferie retribuite in relazione al periodo precedente la conferma.
Se la clausola 5, punto 1, dell’accordo quadro sul lavoro a tempo determinato osta ad una normativa interna che, come misura volta a sanzionare l’utilizzo abusivo di rapporti a tempo determinato, prevede la conferma del giudice onorario fino al raggiungimento di 70 anni di età, previo superamento di una procedura valutativa di carattere non concorsuale, e -in caso di mancato superamento della procedura valutativa -prevede una indennità pecuniaria, con rinuncia in entrambi i casi a qualsiasi diritto pregresso ‘.
Riguardo alla procedura di valutazione prevista dall’art. 29 d.lgs. n. 116 del 2017, la Corte di Appello di L’Aquila ha in particolare sollevato le seguenti questioni:
‘ 1. Se la procedura di valutazione, che può concludersi con conferma o non conferma, abbia carattere sufficientemente certo, non aleatorio o imprevedibile, ai fini della trasformazione del rapporto, tale da valere come sanzione per l’abusiva reiterazione de i rapporti a tempo determinato;
Nel caso in cui la procedura di valutazione sia ritenuta di carattere sufficientemente certo perché, nel caso di mancata conferma, è comunque prevista la corresponsione di un’indennità, se la complessiva misura possa considerarsi una sanzione di carattere sufficientemente energico e dissuasivo rispetto all’abuso dei rapporti a tempo determinato, tenuto conto che essa comporta rinuncia a qualsiasi diritto pregresso, anche diverso dal risarcimento per abusiva reiterazione dei rapporti a termine ‘;
i n relazione a tali questioni il Collegio ravvisa l’opportunità di attendere la pronuncia della Corte di Giustizia e di sollecitare il contraddittorio delle parti;
è opportuno che l’esame delle questioni avvenga all’esito di udienza pubblica, quale momento privilegiato del giudizio di cassazione nel quale devono essere assunte, in forma di sentenza e mediante più ampia e diretta interlocuzione tra le parti e tra queste e il P.M., le decisioni con peculiare rilievo di diritto;
PQM
La Corte dispone il rinvio a nuovo ruolo per la fissazione in pubblica udienza. Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Lavoro della Corte Suprema di Cassazione, il 3 aprile 2025.
La Presidente NOME COGNOME