Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 20502 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 20502 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 21/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 15327/2021 R.G. proposto da: PROVINCIA DI MANTOVA, in persona del Presidente pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati COGNOME NOME e COGNOME NOME, domiciliata ex lege all’indirizzo Pec in atti.
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ricorrente – contro
MINISTERO DELL’INTERNO, in persona del Ministro pro tempore, domiciliato ex lege in Roma, INDIRIZZO presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO che lo rappresenta e difende ope legis.
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contro
ricorrente –
avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di BRESCIA n. 1255/2020 depositata il 30/11/2020. Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 17/04/2025
dal Consigliere dr.ssa NOME COGNOME
Rilevato che
Il Ministero dell’Interno aveva stipulato con la Provincia di Mantova un contratto di locazione di un immobile da adibire a caserma dei Vigili del Fuoco.
Scaduto il contratto al 14 maggio 2008, a seguito di formale disdetta da parte della Provincia, questa si era adoperata per il rinnovo con adeguamento del canone, che era stato ‘congruito’, in aumento, a seguito di parere dell’Agenzia del Demanio.
Le parti allora si impegnavano a stipulare un nuovo contratto di locazione, ma intanto l’Agenzia del Demanio pronunciava nuovo parere nell’anno 2010 (l’emissione di un secondo parere si spiega, secondo le difese svolte dalla Provincia nei precedenti gradi di merito, per il fatto che tra il 2004 ed il 2010 la locatrice aveva effettuato lavori ed interventi migliorativi nell’immobile), con cui ulteriormente rideterminava in aumento il canone di locazione, il cui importo veniva indicato dalla Provincia, in qualità di locatrice, nel suo impegno a locare.
Senonché, il Ministero, rilevata l’incapienza di bilancio, non autorizzava la stipula del contratto di locazione, ma rimaneva comunque nell’immobile e corrispondeva una indennità di occupazione, conteggiando il dovuto, per il periodo dal 15 maggio 2008 al 30 giugno 2010, sulla base del vecchio canone di locazione, ed invece per il successivo periodo dal 1° luglio al 31 dicembre 2010 sulla base del nuovo canone.
La Provincia di Mantova conveniva allora in giudizio il Ministero dell’Interno avanti al Tribunale di Brescia, sostenendo che, a far data dalla scadenza del contratto e dunque dal 15 maggio 2008, esso dovesse effettuare i pagamenti secondo
l’importo del canone come ‘congruito’ nel summenzionato parere reso dall’Agenzia del Demanio nell’anno 2010.
Si costituiva, resistendo, il Ministero.
Con sentenza n. 1763 del 2017 il Tribunale di Brescia accoglieva la domanda proposta dalla Provincia di Mantova e condannava il Ministero a pagare la differenza tra quanto già versato e quanto ancora dovuto, non a titolo di pagamento del canone di locazione, bensì a titolo di risarcimento del danno da occupazione dell’immobile, fissandone l’importo in relazione a quanto stabilito dall’Agenzia del Demanio nel primo parere, reso nell’anno 2004.
Avverso tale sentenza interponeva appello la Provincia, in particolare dolendosi del fatto che il giudice di prime cure non aveva tenuto conto dell’importo aggiornato, riconosciuto dall’Agenzia del Demanio nel parere del 2010.
Si costituiva, resistendo al gravame, il Ministero dell’Interno, anche proponendo appello incidentale, con cui contestava la fondatezza dell’avversaria domanda risarcitoria, in difetto di prova del maggior danno ex art. 1591 cod. civ.
Con sentenza n. 1190/2020 del 30 novembre 2020 la Corte d’Appello di Brescia riformava la sentenza di prime cure -sul rilievo per cui la locatrice Provincia non aveva fornito idonea prova del maggior danno, che non poteva essere considerato in re ipsa né automaticamente desunto dalla differenza tra l’ammontare del canone originario e l’importo successivamente determinato del canone cd. congruito -e perveniva a rigettare la domanda risarcitoria proposta della Provincia di Mantova contro il Ministero dell’Interno.
Avverso tale sentenza la Provincia di Mantova propone ora ricorso per cassazione, affidato a cinque motivi.
Resiste il Ministero con controricorso.
La trattazione del ricorso è stata fissata in adunanza
camerale ai sensi dell’art. 380 -bis .1, cod. proc. civ.
Il Pubblico Ministero non ha depositato conclusioni. La ricorrente Provincia di Mantova ha depositato memoria.
Considerato che
Con il primo motivo la ricorrente denuncia ‘Nullità della sentenza e del procedimento ex art. 360 comma 1 n. 4 per violazione dell’art. 101 c.p.c. comma 2 ed art. 112 c.p.c. ultima parte, per avere la Corte d’Appello posto a fondamento della sentenza un’eccezione (la mancanza di messa in mora del conduttore), che non è stata sollevata dalle parti e che non ha formato oggetto di contraddittorio’.
Censura l’impugnata sentenza là dove (v. p. 8) ha affermato: ‘ Quanto all’accertamento della mora del conduttore, il primo giudice così argomentava: ‘Nella fattispecie in esame non vi è prova che la locatrice avesse messo in mora il conduttore prima del presente giudizio, tali non potendosi considerare i solleciti a concludere un nuovo contratto di locazione’ con la conseguenza che la domanda risarcitoria poteva ritenersi fondata solo a far tempo dalla instaurazione del giudizio’ . Rileva che invece la sentenza del primo giudice non contiene il passaggio virgolettato citato dalla Corte d’Appello di Brescia e che, al contrario, la sentenza del Tribunale di Brescia n. 1763/2017 afferma che il locatore ha validamente messo in mora il conduttore mediante invio della disdetta contrattuale nei termini di legge.
1.1. Il motivo è inammissibile.
Attinge una parte della motivazione della sentenza impugnata – quella riprodotta fra virgolette, riproduttiva in thesi di un brano della motivazione della sentenza di primo grado -che la corte bresciana ha enunciato scrutinando il terzo motivo dell’appello incidentale del Ministero, e, nell’assumere che quanto riprodotto non sussistesse nella sentenza di primo grado, perviene a dedurre l’inesistenza del fatto processuale affermato dalla
sentenza impugnata.
Tale vizio, tuttavia, si sarebbe dovuto censurare ai sensi dell’art. 395, n. 4 cod. proc. civ., cioè con il mezzo della revocazione ordinaria.
Da ciò deriva, dunque, l’inammissibilità del presente motivo di impugnazione.
Con il secondo motivo la ricorrente denuncia ‘Nullità della sentenza ex art. 360 comma 1 n. 3) c.p.c. per violazione e falsa applicazione dell’art. 1591 c.c. e dell’art. 3 L. n. 1014/1960, in quanto la Corte d’Appello non ha riconosciuto il maggior danno dimostrato dalla proposta, seria e concreta, di nuova locazione proveniente dallo stesso conduttore in mora nella restituzione della cosa’.
2.1. Il motivo è inammissibile.
Va considerato che la corte bresciana ha espressamente affermato che il Ministero era rimasto nella detenzione con il consenso della Provincia (pag. 7, ultime tre righe e pag. 8, prime due righe) ed escluso, per l’effetto, un inadempimento dell’obbligazione di restituzione. Sulla base di detta affermazione la corte territoriale avrebbe dovuto ritenere assorbita la questione del maggior danno, mentre l’ha, del tutto illogicamente, esaminata.
Ora, consolidatasi la motivazione impugnata con il primo motivo, l’interesse allo scrutinio della motivazione sul maggior danno risulta, però, insussistente.
A tutto voler concedere, la motivazione dovrebbe essere corretta, sul già esposto rilievo per cui, affermando non provata la mancata restituzione del bene (pagg. 7-8 della sentenza), la corte di merito avrebbe dovuto ritenere assorbita la questione del maggior danno.
Con il terzo motivo la ricorrente denuncia ‘Nullità della sentenza e del procedimento ex art. 360 comma 1 n. 4) c.p.c.
per violazione degli artt. 113, 115 e 116 c.p.c., in quanto la Corte d’appello non ha valutato le prove fornite che erano di per sé idonee a provare in via diretta il maggior danno per l’occupazione senza titolo dell’immobile’.
Lamenta che la corte d’appello è incorsa in vizio di nullità della sentenza e del procedimento per non aver valutato le prove addotte dalla Provincia di Mantova.
Con il quarto motivo la ricorrente denuncia ‘Nullità della sentenza ex art. 360 comma 1 n. 3 c.p.c. per violazione e falsa applicazione degli artt. 2727 e 2729 comma 1 cod. civ. in quanto la Corte d’appello, pur affermando in astratto il principio per il quale l’esistenza del maggior danno può essere provata per presunzioni, ha omesso di considerare gli elementi presuntivi forniti dalla Provincia di Mantova concernenti la proposta dello stesso conduttore’.
Lamenta che gli stessi elementi di prova di cui si è dato conto nel motivo precedente non sono stati neppure considerati come elementi idonei a dedurre in via presuntiva la sussistenza del maggior danno e che la corte territoriale non si è pronunciata conformemente al consolidato orientamento di legittimità secondo cui anche per il risarcimento di cui all’art. 1591 c.c., seconda parte, è ammessa la prova per presunzioni.
Con il quinto motivo la ricorrente denuncia ‘Nullità della sentenza per omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5, in quanto la Corte d’appello, affermando che la Provincia non avrebbe dimostrato l’esistenza di serie proposte di locazione a canone maggiorato, ha omesso di considerare il fatto decisivo consistente nella proposta, seria e concreta, proveniente dallo stesso conduttore in mora nella restituzione della cosa’.
Lamenta che l’impugnata sentenza è viziata per il fatto di non avere esaminato il fatto storico, provato e incontrastato,
costituito dalla proposta di rinnovare il contratto da parte del Ministero dell’Interno.
Il terzo, il quarto ed il quinto motivo restano assorbiti dalla sorte del secondo.
Pongono infatti questioni che, consolidatasi la motivazione -giusta o sbagliata che fosse -sull’inesistenza di un inadempimento all’obbligazione restitutoria, risultano irrilevanti, in quanto dipendenti da quella oggetto del secondo motivo.
In conclusione, il primo ed il secondo motivo vanno dichiarati inammissibili, mentre il terzo, il quarto ed il quinto sono assorbiti.
Le spese del giudizio di legittimità, liquidate nella misura indicata in dispositivo, seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibili il primo ed il secondo motivo di ricorso, assorbiti gli altri.
Condanna la ricorrente al pagamento, in favore del controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in euro 4.000,00 per compensi, oltre spese prenotate a debito.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 -quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, al competente ufficio di merito, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio della Terza