Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 25413 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 25413 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME
Data pubblicazione: 16/09/2025
Oggetto: Responsabilità civile
–
Ente
locale.
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 8992/2023 R.G. proposto da
Ditta RAGIONE_SOCIALE di COGNOME NOME, in persona del l’omonimo titolare rappresentante legale, rappresentata e difesa dagli Avv.ti NOME COGNOME e NOME COGNOME giusta procura speciale in calce al ricorso, elettivamente domiciliata in Roma, INDIRIZZO presso lo studio dell’Avv. NOME COGNOME e com e da domicilio digitale;
-ricorrente –
contro
COMUNE DI GIULIANOVA , in persona del Sindaco pro tempore , rappresentati e difesi dall’Avv. NOME COGNOME giusta procura speciale in calce al controricorso, ex lege domiciliato come da domicilio digitale;
-controricorrente –
C.C. 26.05.2025
r.g.n. 8992/2023
Pres. G. COGNOME
Est. I. COGNOME
avverso la sentenza della Corte di appello di L’Aquila n. 1745/2022, pubblicata il 12 dicembre 2022.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 26 maggio 2025 dalla Consigliera dott.ssa NOME COGNOME
Fatti di causa
1. Con due distinti atti di citazione del gennaio e dell’ ottobre del 2012, la Ditta RAGIONE_SOCIALE di NOME COGNOME conveniva in giudizio dinanzi al Tribunale di Teramo, il Comune di Giulianova lamentando i danni (in termini di danno emergente e lucro cessante) sofferti a seguito dell’inadempimento dell’ Ente locale al contratto del 14 giugno 2011. In fatto, parte attrice deduceva: – il contratto tra le parti aveva ad oggetto l’installazione di impianti pubblicitari ecosostenibili su zone del lungomare per il periodo estivo; l’ente locale aveva comunicato l’inizio dell’ iter amministr ativo per il recesso a seguito dell’entrata in vigore del Codice del turismo; – era stato introdotto un giudizio dinanzi al TAR Abruzzo per l’impugnativa di una serie di atti assunti dall’ Amministrazione comunale definito con sentenza di cessazione della materia del contendere in quanto in autotutela era stato ‘ritirato’ il procedimento iniziato per l’esercizio del recesso; – dal comportamento della controparte era derivato un pregiudizio patrimoniale per i costi sostenuti per l’acquisto degli impianti, per le spese di gestione unitamente al mancato guadagno per tutta la durata del contratto.
Costituitosi in giudizio, il Comune di Giulianova forniva una diversa ricostruzione dei fatti ed in particolare, esponeva che per sopravvenute ragioni, collegate all’entrata in vigore del Codice del turismo, era stato annullato (così pertanto dovendosi interpretare l’esercizio del potere di autotutela) tutto l’ iter amministrativo relativo alla concessione del servizio sicchè alcuna posta di danno poteva essere rivendicata dalla ditta RAGIONE_SOCIALE e che, ad ogni buon conto, l’unica voce di danno risarcibile era quella relativa al danno emergente, mentre per quanto concerne il lucro cessante, le argomentazioni spese (sul licenziamento del titolare della Sonorica e sul
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Est. I. Ambrosi numero dei contratti che sarebbero stati conclusi qualora il contratto avesse avuto regolare esecuzione) erano sprovviste di prova.
Il Tribunale di Teramo, risolta pregiudizialmente la questione di giurisdizione, accoglieva la domanda con la sentenza n.221/2020 e condannava l’Ente locale al risarcimento del danno da inadempimento ed in particolare al pagamento, in favore di NOME, della somma complessiva di € 403.308,16 ( di cui, a titolo di danno emergente, l’importo di € 30.560,21 e la restante parte per lucro cessante).
Avverso la sentenza di prime cure, il Comune di Giulianova ha proposto appello dinanzi alla Corte d’appello di L’Aquila e la ditta RAGIONE_SOCIALE ha resistito al gravame.
La Corte d’appello con la sentenza qui impugnata ha parzialmente accolto il gravame e condannato il Comune appellante al pagamento della minor somma di Euro 90.452,16, riformando la sentenza di prime cure sul punto, respingendo la domanda di condanna per responsabilità aggravata del Comune e condannandolo a rifondere alla ditta appellata le spese di primo grado e alla metà di quelle di secondo grado, compensandole nel resto.
Avverso la sentenza qui impugnata, la Ditta RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso per cassazione sorretto da tre motivi. Ha resistito con controricorso il Comune di Giulianova.
La trattazione del ricorso è stata fissata in adunanza camerale ai sensi dell’art. 380 -bis .1. c.p.c.
La parte ricorrente e la parte controricorrente hanno depositato distinte e rispettive memorie.
Ragioni della decisione
Con il ricorso la ditta RAGIONE_SOCIALE, odierna ricorrente, denuncia:
1.1. con il primo motivo la ‘ Violazione dell’art. 132, comma 2 n.4, c.p.c., in riferimento all’art. 360, comma 1 n. 4, c.p.c.. – Nullità in parte qua della sentenza per mancanza assoluta dei motivi sotto l’aspetto materiale e grafico, della decurtazione sino a 50 -per un guadagno complessivo di € 45.000,00 del numero dei contratti che la Ditta RAGIONE_SOCIALE avrebbe potuto concludere
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nell’arco temporale di riferimento -‘ ; in particolare, parte ricorrente evidenzia che il CTU ha calcolato con una proporzione matematica che i contratti stipulati nel periodo estivo sarebbero stati circa 100 e che la Corte aquilana, preso atto di tale calcolo (a pag. 8/11 della sentenza, ultimo periodo), non ha spiegato in alcun modo perché il numero di 100 dovesse essere decurtato sino a 50, nonostante il Consulente tecnico di controparte non avesse sollevato alcuna obiezione. Sostiene l’erroneità dell’affermazione resa dalla Corte territoriale secondo cui i 28 contratti sono stati conclusi « fra il 30 giugno e l’8 agosto ( … ) (come da fatture ritualmente prodotte in atti)» in quanto il mese di agosto fu annotato per motivi di organizzazione amministrativa interna (regolarizzazione fiscale), ma l’attività era cessata effettivamente il giorno 4 luglio 2011 e di aver dimostrato di avere quella capacità di quadruplicare i clienti nel corso dell’intera stagione balneare, come rilevato dal CTU, che aveva anche evidenziato che il numero di contratti stipulati in così breve tempo costituiva un dato storico rilevante nel valutare il danno da lucro cessante ; difatti, in CTU si affermava che ‘se in poco più di un mese (34 giorni) erano stati stipulati 28 contratti, in quattro mesi (1.06.11-30.09.11) se ne potevano stipulare circa 100, vale a dire, il quadruplo, con prudente valutazione’.
1.2. Con il secondo motivo, denuncia la ‘ Violazione dell’art. 132, comma 2 n. 4, c.p.c., in riferimento all’art. 360, comma 1 n. 4, c.p.c. – Nullità in parte qua della sentenza per motivazione affetta da grave illogicità e contraddittorietà relativamente alla tesi che ‘il periodo da assumere a riferimento (per il quantum debeatur) non può che essere il biennio 20112012’ . -‘ ; in particolare, denuncia il punto della motivazione ove la Corte aquilana afferma che « l’orizzonte temporale entro cui effettuare il calcolo (del quantum debeatur ), poi, no n può essere quello dell’intera durata del contratto non foss’altro perché è certo che, a partire dal febbraio 2013, la ditta RAGIONE_SOCIALE si è cancellata dal registro delle imprese; va da sé che, non potendosi escludere che tale cancellazione sia stata conseguenza di altri fattori, non certamente riconducibili esclusivamente alle vicende del contratto che ci
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Est. I. COGNOME occupa, il periodo da assumere a riferimento non può che essere il biennio 2011-2012». Contesta che tali altri fattori non siano stati esplicitati in modo specifico e che il ragionamento della Corte abruzzese si riveli giuridicamente contraddittorio e illogico, osservando che la ditta RAGIONE_SOCIALE, seppure istituita unicamente per svolgere il rapporto contrattuale per cui è causa, si è cancellata dal registro delle imprese, una volta che tale esecuzione si era resa non più possibile per l’inadempimento del Comu ne, non avendo più alcun interesse al riguardo e che tale cancellazione non influisce affatto sul calcolo del quantum debeatur , che deve essere eseguito con riferimento all’intero arco temporale previsto nel contratto, vale a dire 8 anni, come del resto, ritenuto dal CTU (pag. 14 in ricorso).
1.3. Con il terzo motivo, la ricorrente lamenta la ‘ Violazione dell’art. 132, comma 2 n. 4, c.p.c., in riferimento all’art. 360, comma 1 n. 4, c.p.c. -Nullità in parte qua della sentenza per motivazione affetta da grave illogicità relativamente all’assunto che il periodo di riferimento per la quantificazione dei contratti deve essere circoscritto dal 1 luglio al 30 agosto di ogni anno ‘; nello specifico, denuncia che il Giudice d’appello , accogliendo la censura posta da controparte in merito alla CTU ed in particolare all”eccessività dell’arco temporale assunto a riferimento per la quantificazione dei contratti, dovendosi esso essere circoscritto al solo periodo estivo (dal 1 luglio al 30 agosto di ogni anno)’ , abbia espresso un’argomentazione affetta da grave illogicità; evidenzia in proposito che l ‘aver ritenuto circoscritto l’a rco temporale di riferimento per la quantificazione dei contratti al periodo dal 1 luglio al 30 agosto, con l’ esclusione quindi del mese di giugno (sebbene i 28 contratti fossero stati stipulati da giugno a luglio e soltanto uno in data 4.07.2011), denoti una ‘ frattura logico-espositiva della motivazione della gravata sentenza, che non consente di ricostruire l’esatto e compiuto ragionamento posto a base della decisione ‘ (pag. 15 del ricorso) .
Tutti e tre i motivi del ricorso che possono essere congiuntamente esaminati stante l’evidente vincolo di connessione che li avvince, sono manifestamente infondati.
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In particolare, con essi, parte ricorrente lamenta la medesima censura di nullità della sentenza per aver omesso di spiegare:
il perché ha determinato in 50, anziché in 100, il numero dei contratti che la ditta RAGIONE_SOCIALE avrebbe potuto concludere nell’arco temporale di riferimento,
per aver limitato il periodo da assumere a riferimento (per il quantum debeatur ) al solo biennio 2011-2012 ed infine,
per aver circoscritto il periodo di riferimento per la quantificazione dei contratti al periodo dal 1 luglio al 30 agosto di ogni anno.
3.1. Ai fini dell’esame del le censure proposte, giova sottolineare come è stato già da tempo affermato da questa Corte che è denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sé, purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali; tale anomalia si esaurisce nella «mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico», nella «motivazione apparente», nel «contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili» e nella «motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile», esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di «sufficienza» della motivazione’ (cfr. Cass. Sez.U, 7/04/2014 n. 8053; e più di recente, Cass. Sez. 1, 30/06/2020 n. 13248; Cass. Sez. 3, 17/05/2021, n. 13170; Cass. Sez. 3, 4/08/2023 n. 23893).
Nello stesso solco, è stato evidenziato che non è possibile dedurre una censura di nullità della sentenza basandola su un’erronea valutazione del materiale istruttorio compiuta dal giudice di merito, ma solo se si alleghi che quest’ultimo abbia posto a base della decisione prove non dedotte dalle parti, ovvero disposte d’ufficio al di fuori dei limiti legali, o abbia disatteso, valutandole secondo il suo prudente apprezzamento, delle prove legali, ovvero abbia considerato come facenti piena prova, recependoli senza apprezzamento critico, elementi di prova soggetti invece a valutazione (tra molte e di recente, Cass. Sez. 1, 1/03/2022 n. 6774).
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Violazioni che dalla mera lettura della sentenza impugnata non risultano sussistenti ed involgono censure che per come prospettate, non implicano tanto una omessa pronuncia, bensì una ricostruzione alternativa dei fatti di causa più gradita alla parte ricorrente rispetto a quella assunta dal Giudice d’appello .
3.2. La Corte d’appello aquilana in ordine al lucro cessante, lungi dall’aver omesso di pronunciare, ha premesso che «- la ditta RAGIONE_SOCIALE è stata istituita l’8 aprile 2011 ed ha iniziato la propria attività il 4 giugno 2011 con il seguente oggetto sociale: servizi pubblicitari, pubblicità fonica, volantinaggio;» e ha precisato che la cessazione della medesima società, risultante dall ‘avvenuta cancellazione dal registro delle imprese, era avvenuta in data 26 febbraio 2013 e che « l’unica attività svolta dalla predetta ditta aveva riguardato «il rapporto contrattuale per cui è causa» (pag. 7 della sentenza impugnata).
La Corte territoriale ha poi esaminato adeguatamente l’arco temporale compreso fra il 30 giugno e l’8 agosto 2011 nel quale risultavano conclusi 28 contratti «(come da fatture ritualmente prodotte in atti) con ditte della realtà giuliese (7 di queste sono risultate avere la loro sede fuori il suddetto Comune) per un volume di affari stimato complessivamente pari ad € 25.578,38; » (pagg. 7 e 8 della sentenza impugnata), ha poi adeguatamente spiegato le ragioni per le quali ha ritenuto di ridurre il quantum liquidato circoscrivendo l’arco temporale assunto a riferimento al solo periodo estivo (dal 1 luglio al 30 agosto di ogni anno), decurtando della metà la stima di quantificazione dei contratti prospettata dalla CTU (pagg. 7-8 della sentenza impugnata).
Nello specifico, ai fini della stima del lucro cessante, ha dato conto che le due consulenze svolte in primo grado erano pervenute a risultati diametralmente opposti e che il Tribunale aveva condiviso quella stilata dal secondo Consulente.
Ha poi adeguatemente spiegato di non condividere il criterio ponderale utilizzato per la determinazione del numero dei contratti e ha affermato l’impossibilità di ricorrere ai metodi classici (reddituale, patrimoniale o
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Est. I. COGNOME comunque misto), preferendo quello equitativo, ritenendo di determinare in 50 il numero dei contratti che la ditta RAGIONE_SOCIALE avrebbe potuto stipulare nell’arco temporale di riferimento, precisando che l’orizzonte temporale entro cui effettuare il calcolo, non potesse essere quello dell’intera durata del contratto, bensì il biennio 2011-2012, non fosse altro perché la ditta RAGIONE_SOCIALE a partire dal 2013 risultava essersi cancellata dal registro delle imprese e fissando la somma complessiva dovuta in Euro 90.452,16 (per lucro cessnte costi annualmente accertati), senza alcuna decurtazione in quanto la riduzione del numero dei contratti rispetto a quanto concluso dal CTU, teneva già conto della accertata crisi economica vissuta negli anni 2011-2015 dal territorio giuliese e teramano per come attestato dai numeri delle procedure concorsuali (fallimenti e concordati preventivi dichiarati dal Tribunale di Teramo).
3.3. Quanto all’ orizzonte temporale entro cui effettuare il calcolo, la Corte d’appello , come sopra veduto, non ha omesso di indicare ‘gli altri fattori’ che l’hanno indotta a restringere al biennio 2011-2012 il periodo di vigenza del rapporto, essendo emerso e non contestato che a partire dal febbraio 2013 la ditta RAGIONE_SOCIALE si era effettivamente cancellata dal registro delle imprese.
Sul punto, parte ricorrente, sebbene non contesti la circostanza relativa alla cessazione dell’attività della ditta nell’anno 2013, tuttavia tende inammissibilmente a contrapporre la propria ricostruzione di fatti (ovvero di aver diritto alla corresponsione di un risarcimento per lucro cessante per un periodo successivo alla cancellazione dal registro e per l’intera durata del contratto) limitandosi a sostenere che la compressione al solo periodo luglio agosto sarebbe illogica.
Neppure le argomentazioni reiterate nella memoria da parte ricorrente sono in grado di scalfire la adeguata giustificazione resa dal Giudice d’appello in ordine all’arco temporale di riferimento posto a base della quantificazione del lucro cessante.
In definitiva, il ricorso è rigettato.
Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.
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Est. I. COGNOME
La decisione di rigetto dell’impugnazione comporta che deve darsi atto, ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ditta ricorrente, al competente ufficio di merito, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
Per questi motivi
La Corte rigetta il ricorso.
Condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese processuali in favore della parte controricorrente che si liquidano in complessivi Euro 4.700,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali ed accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17, della legge n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ditta ricorrente, al competente ufficio di merito, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1bis dello stesso art.13, ove dovuto.
Così deciso nella Camera di consiglio della Terza Sezione Civile 26 maggio 2025.
Il PRESIDENTE NOME COGNOME