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Luce irregolare: quando un’apertura non è veduta

La Corte di Cassazione interviene in una disputa tra vicini, chiarendo i criteri per distinguere una “veduta” da una “luce irregolare”. L’ordinanza stabilisce che un’apertura non può essere considerata veduta se l’affaccio sul fondo del vicino non è esercitabile in condizioni di sufficiente comodità e sicurezza. Di conseguenza, una luce irregolare non può essere acquisita per usucapione e il vicino ha sempre il diritto di chiederne la regolarizzazione.

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Pubblicato il 25 agosto 2025 in Diritto Civile, Diritto Immobiliare, Giurisprudenza Civile

Luce Irregolare vs Veduta: la Cassazione fissa i paletti sulla comodità e sicurezza dell’affaccio

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce un punto fondamentale nelle controversie tra vicini: la distinzione tra una semplice apertura per luce e aria e una vera e propria veduta. Il caso analizzato mette in luce come la possibilità di affacciarsi sul fondo del vicino, per essere qualificata come “veduta”, debba rispettare criteri di comodità e sicurezza. In assenza di questi, si parla di luce irregolare, con conseguenze legali molto diverse, soprattutto in tema di distanze e usucapione.

I Fatti della Causa: La disputa tra vicini

La vicenda nasce dalla citazione in giudizio di alcuni proprietari da parte di una vicina. Quest’ultima lamentava la realizzazione di vedute dirette e oblique sul suo fondo, prima inesistenti, chiedendone l’eliminazione e il risarcimento del danno. I convenuti si difendevano sostenendo di aver acquisito per usucapione il diritto di servitù di veduta. La causa si estendeva anche ai proprietari del piano superiore, responsabili di altre aperture.
Il Tribunale di primo grado accoglieva la domanda della vicina, ordinando la chiusura di alcune aperture e la realizzazione di un parapetto a distanza legale. La Corte d’Appello, invece, ribaltava parzialmente la decisione, qualificando alcune aperture come “luci” (e non vedute) e ordinando semplicemente l’innalzamento del parapetto di un balcone per impedire l’affaccio.

La decisione della Corte d’Appello e i motivi del ricorso

La Corte d’Appello aveva ritenuto che le aperture sul pozzo luce fossero semplici luci, destinate a dare aria e non a consentire l’affaccio. Per quanto riguarda un balcone del piano sottotetto, invece, pur riconoscendo la presenza di ostacoli come una ringhiera e un serbatoio, aveva concluso che la possibilità di affacciarsi (inspicere e prospiciere) non fosse esclusa, ordinando l’innalzamento del parapetto.
Entrambe le parti hanno proposto ricorso per cassazione. I proprietari dell’immobile sostenevano che l’affaccio dal balcone non fosse né comodo né sicuro, e quindi non potesse essere classificato come veduta. La vicina, con ricorso incidentale, lamentava che la Corte d’Appello, una volta qualificate le altre aperture come luci, non ne avesse ordinato la regolarizzazione, trattandosi di una luce irregolare.

La Luce Irregolare secondo la Cassazione: il principio di diritto

La Suprema Corte ha accolto sia il ricorso principale che quello incidentale, stabilendo principi chiari sulla materia.

La Sicurezza e la Comodità dell’Affaccio

Il punto centrale della decisione riguarda i requisiti della veduta. La Cassazione ribadisce il suo consolidato orientamento: per configurare una veduta ai sensi dell’art. 900 c.c., soggetta alle rigide regole sulle distanze, è indispensabile che le facoltà di inspectio e prospectio siano esercitabili in condizioni di sufficiente comodità e sicurezza. Se per affacciarsi è necessario compiere manovre disagevoli o pericolose, come scavalcare una ringhiera o altri ostacoli, non si è in presenza di una veduta. In tal caso, l’apertura va qualificata come luce irregolare, soggetta alla disciplina dell’art. 901 c.c.

L’Impossibilità di Usucapire una Luce Irregolare

La Corte ha inoltre accolto le lamentele della ricorrente incidentale. Ha chiarito che un’apertura non conforme ai requisiti dell’art. 901 c.c. rientra nella categoria delle “luci di tolleranza”. Il possesso di tale apertura, essendo sprovvisto di titolo e fondato sulla mera tolleranza del vicino, non può mai condurre all’usucapione di una servitù di luce difforme da quella prevista dalla legge. Di conseguenza, il proprietario del fondo vicino può sempre pretenderne la regolarizzazione.

Le Motivazioni della Cassazione

La Corte ha cassato la sentenza d’appello perché errata su due fronti. In primo luogo, ha sbagliato nel qualificare l’apertura sul balcone come veduta, nonostante avesse accertato la presenza di ostacoli (ringhiera alta 1,50 m e serbatoio alto 1,60 m) che rendevano l’affaccio disagevole e non sicuro. Secondo la Cassazione, la possibilità di superare tali ostacoli “con manovra che neanche può ritenersi disagevole” è una valutazione che contrasta con il principio consolidato che richiede comodità e sicurezza per l’esercizio della veduta. Un affaccio che richiede di sporgersi oltre una protezione insufficiente o di scavalcare oggetti non è né comodo né sicuro.
In secondo luogo, la Corte d’Appello, dopo aver correttamente escluso la natura di veduta per le aperture sul pozzo luce, ha omesso di valutarne la conformità ai requisiti dell’art. 901 c.c. Avendo la vicina richiesto la regolarizzazione di tutte le opere, il giudice avrebbe dovuto verificare se tali luci fossero regolari e, in caso contrario, ordinare gli interventi necessari per renderle tali (es. inferriate, grate, altezze minime).

Conclusioni e Implicazioni Pratiche

Questa ordinanza è di grande importanza pratica perché rafforza la tutela del proprietario che subisce aperture sul fondo vicino. Le conclusioni che possiamo trarre sono due:
1. Non ogni apertura è una veduta: per essere tale, l’affaccio deve essere agevole e sicuro. La presenza di barriere, parapetti bassi o altri impedimenti che richiedono manovre particolari per guardare di sotto, declassa l’apertura a luce irregolare.
2. Il diritto alla regolarizzazione è imprescrittibile: il proprietario confinante ha sempre il diritto di chiedere che una luce irregolare sia resa conforme alle prescrizioni di legge. Questo diritto non si estingue e non può essere vanificato da un’eventuale usucapione, poiché la legge non ammette l’acquisto per possesso continuato di una servitù di luce non conforme al modello legale.

Quando un’apertura su un balcone si considera “veduta” e non semplice “luce”?
Un’apertura si considera “veduta” quando permette di affacciarsi e guardare sul fondo del vicino (inspectio et prospectio) in condizioni di sufficiente comodità e sicurezza. Se l’affaccio richiede di superare ostacoli o manovre disagevoli e insicure, come scavalcare una ringhiera o un serbatoio, l’apertura non è una veduta ma va qualificata come luce.

È possibile acquisire per usucapione il diritto di mantenere una luce irregolare?
No. Secondo la Corte di Cassazione, il possesso di un’apertura non conforme ai requisiti dell’art. 901 c.c. (luce irregolare) si fonda sulla mera tolleranza del vicino e non può condurre all’acquisto per usucapione di una servitù di luce difforme dal tipo ammesso dalla legge.

Cosa può fare il proprietario di un fondo vicino se sul muro confinante viene aperta una luce irregolare?
Il proprietario del fondo vicino può sempre pretendere la regolarizzazione della luce irregolare, chiedendo che vengano realizzate le opere necessarie a renderla conforme ai requisiti previsti dall’art. 901 c.c. (es. installazione di inferriate, rispetto delle altezze minime dal suolo).

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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