Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 23480 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 23480 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 02/09/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. R.G. 21833 anno 2022 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE , rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME;
ricorrente
contro
Comune di Pisciotta , rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME;
contro
ricorrente avverso la sentenza pubblicata in data 08/07/2021 della Corte di appello di Salerno.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 27 giugno 2024
dal consigliere relatore NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
–RAGIONE_SOCIALE ha fatto ricorso ad un procedimento arbitrale contro il Comune di Pisciotta avvalendosi della clausola arbitrale prevista dall’art. 6 del contratto di appalto pubblico intercorso fra le parti chiedendo in via principale la risoluzione del contratto di appalto per inadempimento; la condanna del Comune alla corresponsione del valore venale dell’opus, del mancato utile pari al 10% e delle spese generali pari al 15% dell’importo dei lavori appaltati, degli oneri di sicurezza e spese varie, nonché il pagamento delle spese per vincolo di personale di cantiere ed altro e il risarcimento del danno oltre interessi legali e moratori e rivalutazione, il tutto da determinarsi anche in via equitativa. In via subordinata, la odierna ricorrente ha chiesto la condanna del Comune ai sensi dell’art. 2041 c.c.
Si è costituito il Comune di Pisciotta chiedendo il rigetto delle domande e, in via riconvenzionale, la risoluzione del contratto per grave inadempimento dell’appaltatore , con conseguente risarcimento del danno da valutarsi in via equitativa.
Con lodo del 19/04/2007 il Collegio arbitrale ha accolto parzialmente la domanda della società RAGIONE_SOCIALE, condannando il Comune al pagamento della somma di € 8 .000,00 oltre interessi e rigettando ogni altra domanda.
La RAGIONE_SOCIALE ha proposto impugnativa del lodo dinanzi alla Corte d’Appello di Salerno che con sentenza depositata in data 29/05/2015 ha dichiarato l’inammissibilità dell’impugnazione , attesa la concorde richiesta delle parti di pronuncia secondo equità, non accedendo alla tesi della società impugnante secondo cui avrebbe dovuto mantenersi distinta la nozione di
decisione equitativa da quella di valutazione e liquidazione equitativa.
La RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso per cassazione rilevando come la Corte territoriale avesse erroneamente sovrapposto i concetti di decisione equitativa e valutazione e liquidazione equitativa del danno.
Con ordinanza n. 23684/2017 del 10/10/2017 resa nella contumacia del Comune questa Corte Suprema ha accolto il ricorso rinviando alla Corte di Appello e rilevando la erroneità del rinvio all’equità operato con la sentenza impugnata.
-Con atto di citazione in riassunzione la RAGIONE_SOCIALE ha riproposto le domande originariamente formulate, mentre il Comune di Pisciotta è rimasto contumace.
Con sentenza n. 1024/2021 pubblicata in data 08/07/2021 la Corte di appello di Salerno ha dichiarato inammissibile l’impugnazione rilevando la pacifica inidoneità dei motivi di impugnazione a risolvere la fase rescindente, limitandosi le stesse a deduzioni concernenti ‘lacune di indagine e di motivazione, eventualmente idonee a evidenziare l’inosservanza di legge solo all’esito dell’esame di merito’.
-Avverso la sentenza di appello ha proposto ricorso per cassazione RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE. Il ricorso si compone di un solo motivo. Resiste con controricorso il Comune di Pisciotta.
La società ricorrente ha depositato memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
-Col primo ed unico motivo è denunciata la violazione e falsa applicazione dell’art. 829, comma 2° c.p.c. Si lamenta, in sintesi, che la Corte di appello abbia erroneamente ritenuto inammissibile l’impugnazione avendo l’appellante ‘indicato in maniera specifica le norme di legge di cui intendeva
lamentare la violazione, ne ha esaminato il contenuto precettivo e lo ha raffrontato con le affermazioni in diritto contenute nel lodo impugnato al fine di dimostrare che queste ultime contrastavano col precetto normativo’.
─ Il motivo è infondato.
2.1. ─ Il motivo di impugnazione è finalizzato a contestare la pronuncia della Corte territoriale che ha ritenuto l’impugnazione del lodo arbitrale inammissibile in quanto avente ad oggetto censure di merito in contrasto con la disposizione allora vigente dell’art. 829, comma 2° c.p.c. che perimetra il giudizio di nullità del lodo ai soli vizi di violazione o falsa applicazione di norme.
Va qui evidenziato che il vizio di violazione o falsa applicazione di norma di diritto, ex art. 360, n. 3 c.p.c., ricorre (o non ricorre) a prescindere dalla motivazione posta dal giudice a fondamento della decisione (e, cioè, del processo di sussunzione), rilevando solo che, in relazione al fatto accertato, la norma non sia stata applicata quando doveva esserlo, ovvero che lo sia stata quando non si doveva applicarla, ovvero che sia stata male applicata, dovendo il ricorrente, in ogni caso, prospettare l’erronea interpretazione di una norma da parte del giudice che ha emesso la sentenza impugnata ed indicare, a pena d’inammissibilità ex art. 366, n. 4 c.p.c., i motivi per i quali chiede la cassazione (Cass. 15 dicembre 2014, n. 26307; Cass. 24 ottobre 2007 n. 22348). Orbene, osserva il Collegio che la Corte di appello ha fatto corretto uso delle regole di giudizio indicate nella motivazione con il richiamo alla giurisprudenza di questa Corte in materia di giudizio di nullità del lodo arbitrale (vedi Cass. n. 19324/2014; Cass n. 5633/1999; Cass. n. 640/2019). Ed invero, la prima censura riguardante il lodo contenuta
nell’atto di impugnazione proposto dinanzi alla Corte d’Appello sottopone va a critica la decisione arbitrale che aveva ritenuto esente da responsabilità la stazione appaltante nella misura in cui era stata considerata legittima ed esente da responsabilità la condotta del Direttore dei lavori che aveva consegnato sollecitamente i lavori affidati alla RAGIONE_SOCIALE impartendo legittimamente il primo ordine di servizio con indicazione dei lavori da iniziare.
Tale censura si appunta sulla mancata valutazione da parte dell’organo arbitrale della consegna parziale dei lavori in mancanza del progetto definitivo per le opere in cemento armato, con conseguente responsabilità del Comune in applicazione della Legge n. 109/1994 (artt. 16, comma 1, art 19 comma 5 bis) e s.m., dell’art. 47 del DPR 554/1999.
Orbene, al riguardo non può che condividersi l’iter logico -argomentativo della Corte territoriale che ha ritenuto la censura inammissibile, atteso che le critiche formulate al lodo afferiscono ad una diversa valutazione degli elementi di fatto emersi nel giudizio (l’affidamento parziale dei lavori in attesa del progetto definitivo delle opere in c.a.) da cui trarre conseguenze giuridiche in termini di responsabilità della stazione appaltante, previa applicazione delle norme indicate. Tale valutazione in sede di giudizio di impugnazione del lodo dinanzi alla Corte di Appello nell’ambito del la preventiva fase c.d. rescindente è da ritenersi corretta sulla scorta dei principi giurisprudenziali affermati da questa Corte (Cass. 19324/2014; Cass.28997/2018), secondo cui ‘ La denuncia di nullità del lodo arbitrale postula, in quanto ancorata agli elementi accertati dagli arbitri, l’esplicita allegazione dell’erroneità del canone di diritto applicato rispetto a detti elementi, e non è, pertanto, proponibile in collegamento con
la mera deduzione di lacune d’indagine e di motivazione, che potrebbero evidenziare l’inosservanza di legge solo all’esito del riscontro dell’omesso o inadeguato esame di circostanze di carattere decisivo’. Analoga sorte devono seguire le censure formulate in sede di impugnazione del lodo nella parte in cui il provvedimento arbitrale offre una giustificazione alla rescissione del contratto da parte del Comune e alla mancanza di una valida giustificazione alla sospensione dei lavori effettuata dalla società, atteso che tali contestazioni attengono ad una valutazione di natura eminentemente tecnica compiuta dal giudicante in ordine alla necessità di una variante in corso d’opera esclusa sulla scorta dei rilievi del CTU e agli specifici poteri esercitati dalla direzione dei lavori.
3 . -In conclusione, il ricorso è da ritenersi infondato.
─ Le spese di giudizio seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso; condanna parte ricorrente al pagamento, in favore della parte controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in euro 6.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi, liquidati in euro 200,00, ed agli accessori di legge; ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17, della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorr ente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello stabilito per il ricorso, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della 1ª Sezione