Litispendenza: quando la dichiarazione è un errore? L’analisi della Cassazione
L’istituto della litispendenza è un principio fondamentale del nostro ordinamento processuale, volto a evitare che due giudici diversi si pronuncino sulla medesima controversia, generando possibili conflitti di giudicato. Tuttavia, la sua applicazione richiede presupposti precisi, la cui mancanza può portare a un errore del giudice, come chiarito da una recente ordinanza della Corte di Cassazione. Il caso in esame offre uno spunto prezioso per comprendere la differenza tra litispendenza e riunione di cause, specialmente quando i procedimenti pendono davanti allo stesso ufficio giudiziario.
I Fatti di Causa
Un cittadino avviava un giudizio contro una grande società di servizi. Il Tribunale adito, tuttavia, dichiarava la litispendenza della causa, ritenendola identica a un altro procedimento già pendente. La particolarità della situazione risiedeva nel fatto che anche il secondo giudizio era stato incardinato presso lo stesso Tribunale. Inoltre, il secondo giudizio era stato avviato in un momento successivo al primo.
Ritenendo errata la decisione del Tribunale, il cittadino proponeva un ricorso per regolamento di competenza alla Corte di Cassazione, sostenendo che non sussistessero i presupposti per la dichiarazione di litispendenza.
La Distinzione tra Litispendenza e Riunione di Cause
Il nodo centrale della questione giuridica affrontata dalla Suprema Corte riguarda la corretta applicazione dell’articolo 39 del codice di procedura civile. Questo articolo disciplina la litispendenza, che si verifica quando la stessa causa viene proposta davanti a uffici giudiziari diversi. In tal caso, il giudice adito per secondo deve dichiarare con ordinanza la litispendenza e disporre la cancellazione della causa dal ruolo.
La Corte ha evidenziato che la situazione in esame era differente. Entrambe le cause, infatti, pendevano dinanzi al medesimo ufficio giudiziario (il Tribunale di Roma). In questo scenario, non si applicano le norme sulla litispendenza, bensì quelle sulla connessione e riunione delle cause. Quando più cause identiche o connesse pendono davanti allo stesso giudice o allo stesso ufficio giudiziario, la soluzione corretta non è la declaratoria di litispendenza, ma la loro riunione in un unico processo per ragioni di economia processuale e per evitare contrasti tra decisioni.
Le Motivazioni della Corte
La Corte di Cassazione, accogliendo il ricorso, ha stabilito che il Tribunale aveva errato nel dichiarare la litispendenza. La Suprema Corte ha precisato che la litispendenza in senso tecnico, con la conseguente inapplicabilità dell’art. 39 c.p.c., non ricorre quando la medesima causa è pendente presso lo stesso ufficio giudiziario.
In tale ipotesi, si sarebbero dovute applicare le norme sulla riunione dei procedimenti. Tuttavia, poiché nel frattempo le due cause si trovavano in gradi di giudizio diversi (una ancora in primo grado, l’altra già in fase di Cassazione), la riunione non era più possibile. Ciò non toglie, però, che la decisione iniziale del Tribunale fosse errata. Di conseguenza, l’ordinanza impugnata è stata cassata, poiché ha illegittimamente arrestato un processo che invece doveva proseguire.
Conclusioni e Implicazioni Pratiche
La decisione della Corte di Cassazione è di fondamentale importanza pratica. Essa ribadisce un principio procedurale cruciale: la litispendenza opera solo tra uffici giudiziari differenti. Se le cause identiche sono pendenti dinanzi allo stesso ufficio, il rimedio è la riunione. L’errore del giudice di primo grado nel confondere i due istituti ha portato a un’ingiusta paralisi del processo.
Grazie all’intervento della Suprema Corte, il giudizio originario potrà finalmente riprendere il suo corso davanti al giudice competente. Questa pronuncia serve da monito sulla necessità di una rigorosa applicazione delle norme processuali per garantire il corretto svolgimento del processo e il diritto alla tutela giurisdizionale delle parti.
Quando si applica l’istituto della litispendenza?
La litispendenza, secondo l’articolo 39 del codice di procedura civile, si applica esclusivamente quando la stessa causa viene intentata davanti a uffici giudiziari diversi. Non si applica se le cause identiche pendono davanti allo stesso ufficio.
Cosa avrebbe dovuto fare il giudice di primo grado in questo caso?
Poiché le due cause identiche pendevano davanti allo stesso ufficio giudiziario, il giudice avrebbe dovuto disporre la loro riunione in un unico procedimento, anziché dichiarare erroneamente la litispendenza della causa proposta per prima.
Qual è stata la decisione finale della Corte di Cassazione?
La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso, ha cassato (annullato) l’ordinanza del Tribunale che aveva dichiarato la litispendenza e ha disposto che il giudizio originario debba proseguire davanti al giudice inizialmente adito.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 12992 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L Num. 12992 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 13/05/2024
ORDINANZA
sul ricorso per regolamento di competenza R.NUMERO_DOCUMENTON. NUMERO_DOCUMENTO proposto da:
NOME, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, INDIRIZZO, presso lo studio dell’AVV_NOTAIO NOME COGNOME, che lo rappresenta e difende;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, INDIRIZZO, presso l’RAGIONE_SOCIALE, rappresentata e difesa dall’ AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO COGNOME;
– resistente –
nonchè contro
RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE.S. -ISTITUTO NAZIONALE PREVIDENZA SOCIALE;
– intimati –
avverso l’ordinanza n. cronologico 2611/2023 del TRIBUNALE di ROMA, depositata il 20/04/2023 R.G.N.
Oggetto
R.G.N. NUMERO_DOCUMENTO
COGNOME.
Rep.
Ud. 29/02/2024
CC
70709/2018;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 29/02/2024 dal Consigliere AVV_NOTAIO. NOME COGNOME; il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale AVV_NOTAIO. NOME COGNOME ha depositato conclusioni scritte.
RITENUTO CHE:
Il ricorrente, invocando gli articoli 39, 40, 295 e 324 del codice di rito, propone istanza di regolamento necessario di competenza avverso l’ordinanza del tribunale di Roma del 18.4.23 che aveva dichiarato la litispendenza in ragione di altro giudizio già proposto (pur in epoca successiva al predetto) innanzi al tribunale di Roma e poi confluito in appello e cassazione. Si è costituita nel giudizio RAGIONE_SOCIALE. Le parti hanno presentato memorie. La Procura generale ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso per difetto di autosufficienza.
Il Collegio, all’esito della camera di consiglio, si è riservato il termine di giorni sessanta per il deposito del provvedimento.
CONSIDERATO CHE:
La corte pronunciando nell’ambito del motivo (che lamenta che la litispendenza è stata pronunciata dal giudice preventivamente adito e non da quello successivamente adito)- rileva che non si tratta di litispendenza in senso tecnico (con conseguente inapplicabilità dell’art. 39 c.p.c. e del principio di Sez. U, Sentenza n. 27846 del 12/12/2013, Rv. 628456 – 01), essendo la causa -già pendente presso lo stesso ufficio, con applicabilità delle norme sulla riunione e non di quelle sulla litispendenza- è oggi pendente in gradi diversi.
In accoglimento del motivo, l ‘ordinanza impugnata deve dunque essere cassata, dovendo il processo proseguire
innanzi al giudice adito che ha erroneamente dichiarato la litispendenza.
p.q.m. accoglie il ricorso, cassa l’ordinanza impugnata e dispone la prosecuzione del giudizio innanzi al tribunale di Roma. Così deciso oggi in Roma, nella camera di consiglio del 29