Sentenza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 33916 Anno 2024
Civile Sent. Sez. 2 Num. 33916 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 22/12/2024
SENTENZA
Sul ricorso 20323-2023 proposto da:
COGNOME rappresentata e difesa dall’avv. NOME COGNOME e domiciliata presso la cancelleria della Corte di Cassazione
– ricorrente –
contro
COGNOME rappresentato e difeso dall’avv. NOME COGNOME e domiciliato presso la cancelleria della Corte di Cassazione
contro
ricorrente –
avverso la sentenza n. 1116/2023 della CORTE DI APPELLO di BRESCIA, depositata il 28/06/2023;
udita la relazione della causa svolta in camera di consiglio dal Consigliere COGNOME
udito il P.G., nella persona del dott. NOME COGNOME
uditi l’avv. NOME COGNOME in sostituzione dell’avv. NOME COGNOME per parte ricorrente, e l’avv. NOME COGNOME in sostituzione dell’avv. NOME COGNOME per parte controricorrente
FATTI DI CAUSA
Con atto di citazione notificato il 25.1.2014 NOME evocava in giudizio COGNOME COGNOME innanzi il Tribunale di Bergamo, invocando l’accertamento dell’inesistenza del diritto del convenuto di transitare su un’area costituente il tratto iniz iale di una via privata e di usarla per accedere alla sua proprietà.
Si costituiva il Cortinovis, resistendo alla domanda e spiegando domanda riconvenzionale per l’accertamento dell’intervenuto acquisto per usucapione del diritto di transito sull’area controversa, o comunque per la costituzione di servitù coattiva, pedonale e carrabile, a fronte dell’interclusione del suo fondo.
Con sentenza n. 1671/2020 il Tribunale rigettava la domanda principale, accogliendo invece la domanda subordinata di usucapione del diritto di passaggio.
Con la sentenza impugnata, n. 1116/2023, la Corte di Appello di Brescia dichiarava la nullità della sentenza di prime cure per omessa evocazione in giudizio di COGNOME, comproprietario del fondo servente e ritenuto contraddittore necessario, e disponeva la remissione degli atti al giudice di prime cure.
Propone ricorso per la cassazione di tale pronuncia NOME COGNOME erede di COGNOME NOME, affidandosi ad un solo motivo.
Resiste con controricorso COGNOME NOME.
Il ricorso è stato chiamato una prima volta all’adunanza camerale del 4.6.2024, in prossimità della quale ambo le parti hanno depositato memoria e, all’esito della camera di consiglio, rinviato a nuovo ruolo, con ordinanza interlocutoria n. 18350/2024, perché fosse trattato in udienza pubblica, posto che sulla questione proposta dall’unico motivo di ricorso si segnala un contrasto giurisprudenziale interno alla seconda sezione civile.
In prossimità dell’udienza pubblica, il P.G. ha depositato requisitoria scritta, concludendo per il rigetto del ricorso, e la parte ricorrente ha depositato memoria.
Sono comparsi in udienza il P.G., nella persona della dott. NOME COGNOME il quale ha concluso come da requisitoria scritta, l’avv. NOME COGNOME in sostituzione dell’avv. NOME COGNOME per parte ricorrente, la quale ha concluso per l’accoglime nto del ricorso, nonché l’avv. NOME COGNOME in sostituzione dell’avv. NOME COGNOME per parte controricorrente, che ha invece invocato il rigetto del ricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con l’unico motivo, la parte ricorrente lamenta la violazione o falsa applicazione degli artt. 102 e 354 c.p.c., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., perché la Corte di Appello avrebbe erroneamente ravvisato la sussistenza del litisconsorzio necessario nei confronti del comproprietario del fondo servente COGNOME senza considerare che la domanda riconvenzionale spiegata in prime cure dal Cortinovis, ed accolta, aveva ad oggetto il solo accertamento dell’intervenuta costituzione della servitù di passaggio, pedonale e carrabile, per usucapione, e non anche l’esecuzione di opere implicanti una modifica dello stato dei luoghi.
L’ordinanza interlocutoria n. 18350/2024, con la quale il ricorso è stato rimesso all’udienza pubblica, ha ritenuto che sulla questione proposta dalla censura in esame sussista un contrasto giurisprudenziale interno alla sezione.
Il suindicato provvedimento evidenzia, infatti, che, da un lato, si è affermato il principio secondo cui ‘L’actio confessoria o negatoria servitutis dà luogo a litisconsorzio necessario passivo solo se, appartenendo il fondo servente pro indiviso a più proprietari, l’azione sia diretta anche ad una modificazione della cosa comune che altrimenti non potrebbe essere disposta od attuata pro quota in assenza di uno dei contitolari del diritto dominicale, mentre, ove l’azione sia diretta soltanto a far dichiarare, nei confronti di chi ne contesti o ne impedisca l’esercizio, l’esistenza della servitù o a conseguire la cessazione delle molestie, non è configurabile un litisconsorzio necessario, né dal lato attivo, né da quello passivo’ (Cass. Sez. 6 – 2, Ordinanza n. 6622 del 06/04/2016, Rv. 639635; conf. Cass. Sez. 2, Sentenza n. 8261 del 07/06/2002, Rv. 554957 e Cass. Sez. 2, Ordinanza n. 17663 del 05/07/2018, Rv. 649384).
Dall’altro lato, si è ritenuto invece che ‘Rispetto ad una domanda di accertamento dell’acquisto per usucapione di una servitù di passaggio su un fondo in comunione sussiste litisconsorzio necessario nei confronti dei partecipanti alla comunione, essendo la servitù un diritto reale indivisibile, che comporta un accertamento (positivo o negativo) nei confronti di tutti i comproprietari del bene dedotto come servente’ (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 941 del 26/01/1995, Rv. 489992; conf. Cass. Sez. 2, Sentenza n. 11709 del 18/09/2001, Rv. 549287). Tale secondo orientamento è stato ripreso anche nella recente evoluzione giurisprudenziale della sezione, laddove si è ribadito che, in ogni caso, quando viene in rilievo una domanda finalizzata
all’accertamento o alla costituzione di una servitù di passaggio, tutti i proprietari del fondo servente hanno diritto di partecipare al giudizio (cfr. Cass. Sez. 2, Sentenza n. 10732 del 03/05/2017, non massimata, in motivazione, pag. 5; nonché Cass. Sez. 2, Sentenza n. 3836 dell’08/02/2019, non massimata, in motivazione, pag. 5).
Quest’ultima decisione, in particolare, è stata richiamata anche nella requisitoria scritta del P.G., nella quale si sottolinea la necessità di valutare la sussistenza, o meno, del litisconsorzio mediante uno scrutinio da operarsi ex ante , in relazione alle domande proposte dalle parti, e non invece ex post , in ragione dell’esito finale della lite. Sul punto, va data continuità al principio, evocato anche dal P.G., secondo cui ‘La necessità dell’integrazione del contraddittorio, che deve essere valutata non ex post in base all’esito della lite, ma ex ante in relazione alle domande proposte dalle parti, postula che la decisione richiesta abbia ad oggetto l’accertamento di una situazione giuridica che è unica per più soggetti, sicché sarebbe inutiliter data se non emessa nei confronti di tutti, come nel caso in cui la sentenza coinvolga la validità di un negozio formalmente proveniente da un terzo, senza che assuma rilievo decisivo la natura dichiarativa o costitutiva dell’azione proposta’ (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 7861 del 24/09/1994, Rv. 487896).
Oltre alle pronunce citate nell’ordinanza interlocutoria, si segnalano anche ulteriori precedenti di questa Corte.
In particolare, nell’ambito dell’orientamento che ritiene sussistere il litisconsorzio necessario nel solo caso in cui la tutela del diritto reale debba essere conseguita mediante una statuizione che implichi una modificazione della cosa comune che non potrebbe essere disposta od attuata pro quota , in assenza di uno dei contitolari del diritto dominicale sul cespite, si segnalano numerose pronunce, anche molto risalenti nel tempo (cfr. Cass. Sez. 2, Sentenza n. 202 del
11/01/1979, Rv. 396273, la quale a sua volta richiama Cass. Sez. 2, Sentenza n. 5030 del 17/11/1977, Rv. 388641 e Cass. Sez. 2, Sentenza n. 4135 del 10/11/1976, Rv. 382799; Cass. Sez. 2, Sentenza n. 3311 del 12/06/1979, Rv. 399710; Cass. Sez. 2, Sentenza n. 2449 del 24/04/1981, Rv. 413217; Cass. Sez. 2, Sentenza n. 3878 del 15/06/1981, Rv. 414523; Cass. Sez. 2, Sentenza n. 6602 del 04/12/1982, Rv. 424238; Cass. Sez. 2, Sentenza n. 1214 del 26/02/1986, Rv. 444692; Cass. Sez. 2, Sentenza n. 1632 del 02/03/1996, Rv. 496097; nonché, da ultimo, Cass. Sez. 2, Sentenza n. 22835 del 14/08/2024, Rv. 672178).
Nello stesso solco si collocano altre pronunce, che escludono la configurabilità del litisconsorzio necessario, qualora la actio confessoria ovvero la actio negatoria servitutis abbiano ad oggetto un fondo, dominante o servente, appartenente pro indiviso a più comproprietari, sulla base del rilievo che ‘… dette azioni si risolvono in un accertamento dell’obbligo negativo (cd, ‘pati’ della servitù dei comproprietari del fondo servente) e tale obbligo può essere utilmente accertato dal giudice nei confronti del singolo comproprietario (attore o convenuto) che abbia in concreto affermata o negata l’esistenza della servitù. Diversamente quando l’actio confessoria o negatoria sia accompagnata da una domanda dipendente, diretta ad incidere sui fondi in ordine ai quali sia stata accertata o negata la servitù e sui rapporti giuridici connessi ricorre una ipotesi di litisconsorzio necessario, poiché la pretesa relativa si presenta come inscindibile nei confronti di tutti i comproprietari; infatti il singolo comproprietario convenuto non può essere tenuto alla modificazione od alla eliminazione pro quota della cosa comune o di diritti ed obblighi connessi con la medesima’ (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 1287 del 06/05/1971, Rv. 351473; conf. Cass. Sez. 2, Sentenza n. 1514 del 22/05/1974, Rv. 369641). Secondo
questi ultimi precedenti, la ragione ultima dell’insussistenza del litisconsorzio riposerebbe sulla natura dell’azione, la quale, di per sé, sarebbe di mero accertamento; soltanto laddove ad essa sia connessa una domanda avente contenuto positivo, ovverosia di rimozione di ostacoli o modificazione dello stato dei luoghi, si imporrebbe la partecipazione di tutti i comunisti al processo. Il litisconsorzio, in altri termini, sarebbe necessario non già per effetto della proposizione di una actio confessoria o negatoria servitutis , bensì soltanto in dipendenza della connessa domanda a contenuto positivo.
La natura di accertamento che caratterizza l’ actio negatoria servitutis è stata anche richiamata per affermare la natura scindibile della lite, posto che la domanda di cui anzidetto sarebbe ‘… diretta soltanto a far dichiarare l’inesistenza del diritto nei confronti di chi lo afferma, e pertanto la relativa causa ha natura scindibile per cui, nel caso di pluralità di fondi, siano essi serventi o dominanti, non dà luogo, ne’ dal lato attivo, ne’ dal lato passivo, ad un’ipotesi di litisconsorzio necessario tra i proprietari interessati, dovendo sempre ravvisarsi una pluralità di rapporti di servitù’ (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 1495 del 11/02/1987, Rv. 450941, con ulteriori richiami, tra cui Cass. Sez. 2, Sentenza n. 1445 del 25/03/1978, Rv. 390824; Cass. Sez. 2, Sentenza n. 2300 del 18/06/1976, Rv. 381098; Cass. Sez. 2, Sentenza n. 3410 del 14/12/1973, Rv. 367380).
Ad avviso del Collegio, il contrasto giurisprudenziale paventato dall’ordinanza interlocutoria è soltanto apparente, e comunque suscettibile di essere composto.
Invero, occorre muovere dalla considerazione che tutti i precedenti richiamati, sia nell’ordinanza interlocutoria che nella presente sentenza, evidenziano che l’azione attribuita dall’art. 1079 c.c. al titolare della servitù, a tutela di quest’ultima, si a tteggia
diversamente, a seconda che essa abbia ad oggetto la mera affermazione dell’esistenza del diritto reale, ovvero anche la condanna alla rimozione degli ostacoli concretamente frapposti da altri al suo esercizio. Nel primo caso, infatti, essa mira all’accert amento positivo del diritto reale, ovvero a quello negativo dell’inesistenza dell’altrui facoltà di contrastarlo, mentre, nel secondo caso, la domanda tende a conseguire un effetto concreto sullo stato dei luoghi, che subisce una modificazione in conseguenza della condanna della parte soccombente a rimuovere gli ostacoli frapposti al libero esercizio della servitù. A ciò va aggiunto che le conseguenze della statuizione a tutela di quest’ultima sono diverse, a seconda che si controverta di un diritto reale già esistente, e trascritto, sul bene immobile sul quale incide, ovvero che si tenda ad ottenere il riconoscimento dell’esistenza di un diritto ancora non trascritto, rispettivamente perché non ancora accertato (come nel caso della domanda di usucapione di un diritto di servitù) ovvero non ancora esistente (come nel caso di richiesta di costituzione di una servitù coattiva).
In queste ultime ipotesi, la necessaria partecipazione al giudizio di tutti i comproprietari del cespite oggetto della servitù è strettamente connessa alle esigenze derivanti dalla sua trascrizione nei registri immobiliari, poiché un’eventuale sentenza che accertasse l’esistenza del diritto reale, resa nei soli confronti di alcuni dei comproprietari del fondo servente, non sarebbe opponibile ai soggetti che non avessero preso parte al giudizio né utilmente trascrivibile e finirebbe, pertanto, per rivelarsi inutiliter data . La contraria opinione di taluna dottrina, secondo cui la trascrivibilità della sentenza non sarebbe un effetto proprio della tutela di accertamento chiesta dall’attore con la sua domanda giudiziale, non considera né la natura unitaria del diritto di servitù, che di per sé implica la partecipazione al giudizio di tutti i
soggetti interessati, né le esigenze di certezza del diritto e di protezione dei terzi che sono a base del sistema della pubblicità immobiliare.
Le predette esigenze, per contro, non sussistono qualora l’azione a tutela del diritto di servitù sia tesa ad ottenere la sola affermazione dell’esistenza di un diritto già trascritto sul bene; in tale ipotesi, infatti, i terzi sono adeguatamente tutelati dalla pubblicità immobiliare e la partecipazione al giudizio di tutti i comproprietari del fondo servente non è necessaria, posta la natura di mero accertamento dell’azione.
Viceversa, ove la servitù sia già trascritta, ma si controverta della sua estensione, e dunque dell’esatta determinazione del suo contenuto, torna ad imporsi il contraddittorio necessario di tutti i comproprietari del bene, poiché l’emananda sentenza è comunque destinata ad essere oggetto di pubblicità immobiliare, per poter essere utilmente opposta ai terzi.
In definitiva, può affermarsi il seguente principio di diritto: ‘In tema di azioni a difesa della servitù, qualora la domanda tenda solo a conseguire l’accertamento dell’esistenza di un diritto reale già trascritto non si configura litisconsorzio necessario tra tutti i comproprietari del fondo servente. In ogni altro caso, ivi incluso quello in cui si controverta dell’estensione del diritto reale (intendendosi con quest’ultimo termine l’esatta determinazione del contenuto di quest’ultimo) la natura unitaria che caratterizza il diritto di servitù e le esigenze di certezza del diritto e tutela dei terzi poste a fondamento del sistema della pubblicità immobiliare impongono la partecipazione necessaria, al giudizio finalizzato ad ottenere l’accertamento di un di ritto di servitù non ancora trascritto o comunque suscettibile di essere trascritto, di tutti i comproprietari del fondo servente, poiché in caso contrario la sentenza resa solo nei confronti di alcuni di essi non sarebbe utilmente trascrivibile e dunque s i rivelerebbe inutiliter data’ .
Alla luce delle considerazioni che precedono, il motivo proposto dalla COGNOME è infondato, poiché nel caso di specie il dante causa di costei aveva proposto, in prime cure, inter alia , una domanda riconvenzionale di accertamento dell’intervenuta usucapione di un diritto di servitù di passaggio, pedonale e carrabile, a carico del fondo dell’originario attore Caldara. Di conseguenza il giudizio aveva ad oggetto l’accertamento di un dirit to reale ancora non trascritto e dunque avrebbe dovuto essere celebrato nel litisconsorzio necessario di tutti i comproprietari del fondo servente.
In definitiva, il ricorso va rigettato.
Le spese, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza.
Stante il tenore della pronuncia, va dato atto -ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater , del D.P.R. n. 115 del 2002 -della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento di un ulteriore importo a titolo contributo unificato, pari a quello previsto per la proposizione dell’impugnazione, se dovuto.
PQM
la Corte rigetta il ricorso e condanna la parte ricorrente al pagamento, in favore di quella controricorrente, delle spese del presente giudizio di legittimità, che liquida in € 4.700, di cui € 200 per esborsi, oltre rimborso delle spese generali nella misura del 15%, iva, cassa avvocati ed accessori tutti come per legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del D.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda