Sentenza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 7478 Anno 2025
Civile Sent. Sez. 3 Num. 7478 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 20/03/2025
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 10740/2023 R.G.
proposto da
NOME COGNOME rappresentata e difesa dall ‘ avv. NOME COGNOME con domicilio digitale EMAIL
– ricorrente –
contro
NOME COGNOME rappresentato e difeso dall ‘ avv. NOME COGNOME con domicilio digitale EMAIL
– controricorrente –
avverso la sentenza della Corte d ‘ appello di Catania n. 2068 dell ‘ 8/11/2022; udita la relazione della causa svolta all ‘ udienza del 29/1/2025 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dr.ssa NOME COGNOME che ha concluso per il rigetto del ricorso; uditi i difensori delle parti e lette le memorie.
FATTI DI CAUSA
Nell ‘ esecuzione immobiliare n. 50/2000 R.G. Es. del Tribunale di Siracusa, l ‘ esecutata NOME COGNOME proponeva opposizione ex art. 615 c.p.c. per contestare il diritto di procedere in executivis del creditore intervenuto NOME COGNOME affermava l ‘ opponente che il predetto creditore aveva svolto tre interventi nel processo esecutivo in forza di titoli formati contro la RAGIONE_SOCIALE e che, tuttavia, non aveva escusso il patrimonio sociale prima di agire contro l ‘ accomandataria.
Con la sentenza n. 1923/2019, il Tribunale di Siracusa accoglieva l ‘ opposizione, rilevando che l ‘ opposto non aveva preventivamente escusso il patrimonio della società.
Adita da NOME COGNOME la Corte d ‘ appello di Catania, con la sentenza n. 2068 dell ‘ 8/11/2022, dichiarava la nullità della decisione di primo grado e, ai sensi dell ‘ art. 354 c.p.c., rimetteva le parti dinanzi al primo giudice, con condanna dell ‘ opponente al pagamento delle spese di lite.
Per quanto qui ancora rileva, la Corte territoriale -rigettata l ‘ eccezione preliminare di inammissibilità dell ‘ appello (in quanto asseritamente proposto senza il conferimento di mandato al difensore da parte di COGNOME NOME) -in accoglimento del primo motivo («con il quale parte appellante lamenta la nullità dell ‘ impugnata sentenza per non essere stato integrato il contradditorio nei confronti degli ulteriori creditori intervenuti nel suindicato procedimento esecutivo») dichiarava la nullità della pronuncia del Tribunale; ad avviso del giudice d ‘ appello, «l ‘ espressione ‘ opposizioni esecutive ‘ ricomprende tanto le opposizioni all ‘ esecuzione quanto le opposizioni agli atti esecutivi, in entrambe le quali ricorre l ‘ interesse a partecipare al giudizio dei creditori intervenuti, incidendo l ‘ esito di tale giudizio sull ‘ entità della futura assegnazione. … nel caso di specie, il contraddittorio non è stato integrato né nei confronti del creditore procedente, Banca di Credito Cooperativo di RAGIONE_SOCIALE a responsabilità limitata, né nei confronti degli altri creditori intervenuti indicati nel provvedimento del Giudice dell ‘ esecuzione depositato in data 8.9.2017, provvedimento con il quale era stata
rigettata la richiesta di sospensione dell ‘ esecuzione (RAGIONE_SOCIALE in liquidazione, RAGIONE_SOCIALE e COGNOME).».
Avverso la predetta sentenza NOME COGNOME proponeva ricorso per cassazione, affidato a cinque motivi.
Resisteva con controricorso NOME COGNOME.
Il Pubblico Ministero depositava memoria scritta e anche all ‘ udienza concludeva per il rigetto del ricorso.
Le parti depositavano memorie ex art. 378 c.p.c.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Preliminarmente, si prende atto della rinunzia -formulata con la memoria depositata dalla ricorrente il 19/1/2025 -al primo e al quinto motivo dell ‘ impugnazione: sui medesimi non vi è, pertanto, luogo a provvedere.
Col secondo motivo la ricorrente deduce «violazione e falsa applicazione di norme di diritto ex art. 360 c.p.c. in relazione all ‘ art. 102 c.p.c. ‘ litisconsorzio necessario ‘ … Si impugna con il presente motivo il capo della sentenza nel quale la Corte di Appello – premesso che la parte appellante aveva lamentato la nullità della impugnata sentenza per non essere stato integrato il contraddittorio nei confronti dei creditori intervenuti nel suindicato procedimento ha ritenuto fondato il motivo, accogliendolo … e disponendo la rimessione al primo giudice».
La censura è fondata, dovendosi, infine, escludere la configurabilità, come regola generale, di un litisconsorzio necessario di tutti i creditori nell ‘ opposizione all ‘ esecuzione promossa dall ‘ esecutato ai sensi dell ‘ art. 615, comma 2, c.p.c.
4. La giurisprudenza di questa Corte è stata finora univoca nella affermazione di un indistinto e indifferenziato litisconsorzio necessario fra tutti i creditori – concorrenti, pignoranti e intervenuti, che avevano formalizzato l ‘ esercizio dell ‘ azione esecutiva alla data di instaurazione della controversia – nelle opposizioni esecutive (secondo il puntuale rilievo del Pubblico Ministero: Cass. n. 25305 del 2008; Cass. n. 18110 del 2011; Cass. 17441 del
2019; Cass. 11268 del 2020; Cass. 26562 del 2023) e negli altri incidenti cognitivi del processo esecutivo.
5. Il ricorso in esame (connotato dalla peculiarità della scelta processuale della debitrice esecutata -messa in luce dal Pubblico Ministero -di instaurare separate opposizioni ad esecuzione in relazione ad ognuna delle posizioni creditorie vantate da ciascun creditore nel pure unitario processo esecutivo contro di lei intentato) impegna la Corte, tuttavia, in una meditata verifica funditus della validità di tale tralatizia conclusione, finora raggiunta e mantenuta ferma in relazione principalmente alle opposizioni ed ai giudizi diversi dall ‘ opposizione prevista dall ‘ art. 615 c.p.c., con riferimento specifico a quest ‘ ultima.
6. Infatti, in relazione alla requisitoria della Procura Generale -che, nel richiamare l ‘ univoco orientamento giurisprudenziale relativo all ‘ opposizione agli atti esecutivi, giudizio nel quale sono certamente litisconsorti tutte le parti del processo e i soggetti interessati dall ‘ atto esecutivo opposto, ha rilevato che «la Suprema Corte ha, invero, affermato i principi appena richiamati senza operare distinzioni ma pronunciandosi in relazione a controversie promosse tanto ai sensi dell ‘ art. 617 che dell ‘ art. 615 c.p.c. (cfr. in particolare Cass. n. 18110 del 2011 che decide proprio una controversia promossa ai sensi dell ‘ art. 615 c.p.c.)» -si osserva che nella giurisprudenza di legittimità mancano specifici precedenti che abbiano affrontato ex professo la questione posta dalla ricorrente (difatti, la pronuncia menzionata dal Pubblico Ministero ha dichiarato l ‘ inammissibilità del ricorso in ragione dell ‘ inammissibilità dei quesiti ex art. 366bis c.p.c., ratione temporis applicabile).
7. È opportuno premettere, quindi, che non sono revocati in dubbio gli approdi della giurisprudenza di legittimità in tema di litisconsorzio necessario indefettibile: di tutti i debitori coesecutati; nei pignoramenti presso terzi, di debitore e creditore e terzo pignorato; nelle espropriazioni contro il terzo proprietario, di questo, debitore diretto e creditore; di tutti i debitori, tutti i creditori e, se del caso, del terzo pignorato o del terzo assoggettato ad
espropriazione, nelle opposizioni ex artt. 617 e 619 c.p.c., nei reclami ex art. 630 c.p.c. e nelle divisioni cc.dd. endoesecutive.
Tanto premesso, non può negarsi l ‘ opportunità di un trattamento uniforme delle diverse opposizioni esecutive: si tratta di una soluzione apprezzabile, non solo in quanto volta a una semplificazione e tendente a lineare uniformità di trattamento, ma pure per l ‘ interesse (anche qui, come correttamente rileva il Pubblico Ministero) di ogni creditore all ‘ accertamento della sussistenza del diritto di ciascuno degli altri, siccome in grado di incidere sulla sua posizione, in vista della proseguibilità stessa del processo esecutivo e, in ogni caso, dei riflessi sul concorso alla distribuzione finale del ricavato che ha la partecipazione o l ‘ esclusione di ognuno.
Tuttavia, il Collegio non ritiene convincenti tali argomenti al fine di sostenere la conclusione della necessità di sottoporre alla stessa regola del litisconsorzio necessario -esteso a tutti i creditori sia nel rimedio ex art. 617 c.p.c., sia in quello ex art. 619 c.p.c., sia nel reclamo ex art. 630 c.p.c., sia nella divisione c.d. endoesecutiva -anche l ‘ opposizione ex art. 615 c.p.c., date le caratteristiche specifiche di quest ‘ ultima.
Come noto, l ‘ opposizione ex art. 615 c.p.c. è volta a contestare, nell ‘ an o nel quantum , «il diritto della parte istante a procedere ad esecuzione forzata».
È invero pacifico che possa formare oggetto di contestazione anche «quello azionato da un interventore, anziché dal procedente, non scorgendosi alcuna ratio di diversificare, comprimendole e rendendole anzi in concreto malagevoli mercé imposizione di termini perentori o di preclusioni ricavate dal sistema, le facoltà di contestazione del debitore, nonostante l ‘ omogeneità (con l ‘ azionamento in via principale) dell ‘ esito finale della pur differente modalità di aggressione propria dell ‘ intervento, esito pur sempre consistente in una opportunità satisfattiva uguale a quella del creditore procedente» (così Cass. Sez. 3, 09/04/2015, n. 7108, Rv. 634824-01); sul punto, la sentenza di Cass. Sez. U., 07/01/2014, n. 61, ha autorevolmente sancito che «il creditore intervenuto munito di titolo esecutivo si trova in
una situazione paritetica a quella del creditore procedente, potendo sia l ‘ uno, sia l ‘ altro dare impulso al processo esecutivo con il compiere o richiedere al giudice il compimento di atti esecutivi. Sia il creditore pignorante, sia quello interveniente (munito di titolo) sono, in buona sostanza, titolari dell ‘ azione di espropriazione che deriva dal titolo di cui ciascuno di essi è munito e che ciascuno di essi esercita nel processo esecutivo».
Infine, per espressa disposizione normativa, il rimedio de quo può essere impiegato dall ‘ esecutato per negare il diritto di espropriare i beni colpiti dal pignoramento e, cioè, per dedurre la loro impignorabilità, totale o parziale, così contestando il diritto di procedere esecutivamente limitatamente al solo e concreto oggetto del procedimento attivato.
Per risolvere la questione posta dal motivo in esame, innanzitutto si rileva -con Cass. Sez. U., 13/11/2013, n. 25454 -che «La disciplina della materia muove dall ‘ art. 102 c.p.c. (che al primo comma reca: ‘ Se la decisione non può pronunciarsi che in confronto di più parti, queste debbono agire o essere convenute nello stesso processo ‘ ), una norma in bianco che non specifica quando si sia in presenza di un rapporto unico con pluralità di parti, ma avverte che queste ultime devono essere chiamate tutte in giudizio quando tale rapporto sia ravvisabile. E la sussistenza di tale rapporto è questione di diritto sostanziale, che viene risolta, di volta in volta, cercando di individuare quand ‘ è che una sentenza sia inutiliter data , perché resa in assenza di alcune delle parti ‘ in confronto ‘ delle quali avrebbe dovuto essere pronunciata. La verifica del rispetto della norma risiede quindi, secondo l ‘ intuizione chiovendiana prevalsa nella scienza processualcivilistica, nell ‘ utilità che può derivare da una pronuncia qualora il giudizio si svolga in assenza di altri soggetti potenzialmente coinvolti nel rapporto.».
Specularmente, oltre che in relazione all ‘ utilità derivante all ‘ attore dalla partecipazione di tutti i soggetti potenzialmente coinvolti nel rapporto sostanziale, il litisconsorzio necessario si configura anche quando la pronuncia richiesta è idonea a pregiudicare le posizioni di terzi, che -per
tale ragione -devono essere chiamati a partecipare al processo, a garanzia del diritto di difesa e del contraddittorio.
In mancanza di univoche coordinate normative, è ovvio che «si possano registrare, senza peccare di incoerenza, dinieghi o affermazioni della necessità del litisconsorzio, in relazione a come si atteggiano le domande» (così, Cass. Sez. U., 13/11/2013, n. 25454).
Muovendo da tali premesse -e, cioè, dalla più o meno ampia estensione dell ‘ interesse all ‘ esito ‘ sostanziale ‘ della lite per inferire da questo l ‘ eventuale necessità di un ampliamento del contraddittorio -si può affermare, come prima conclusione, che -a seconda della diversa causa petendi dell ‘ opposizione ex art. 615, comma 2, c.p.c. -possono determinarsi diverse situazioni: la sentenza di accoglimento dell ‘ opposizione potrebbe avere effetti «sulla stessa proseguibilità del procedimento esecutivo», oppure «sul rapporto di credito azionato, spendibile in ogni altra successiva eventuale controversia e per ogni altro eventuale processo esecutivo» (arg. da Cass. Sez. 3, 31/05/2023, n. 15439).
In breve, l ‘ accertamento in sede di opposizione all ‘ esecuzione potrebbe essere idoneo a definire l ‘ intero processo esecutivo, oppure potrebbe avere attitudine, più limitata, a definire la posizione di un singolo creditore (il procedente o uno degli intervenuti che hanno esercitato l ‘ azione di espropriazione forzata insinuandosi in una procedura già pendente).
Con riferimento a quest ‘ ultima situazione si osserva che, risolvendo un contrasto tra diversi orientamenti di legittimità, la già citata decisione di Cass. Sez. U., 07/01/2014, n. 61, ha sancito che nel processo esecutivo plurisoggettivo -il quale si realizza non solo nel caso di plurimi pignoramenti (art. 493, comma 2, c.p.c.) e per effetto della loro ‘ riunione ‘ (secondo un tecnicismo gergale in uso, benché tecnicamente inappropriato; v. Cass. Sez. 3, 20/12/2021, n. 40847) in un ‘ unica procedura ex artt. 524, 550 o 561 c.p.c., ma anche per effetto degli interventi di altri creditori -«sia il creditore pignorante, sia quello interveniente (munito di titolo) sono, in buona sostanza, titolari dell ‘ azione di espropriazione che deriva dal titolo
di cui ciascuno di essi è munito e che ciascuno di essi esercita nel processo esecutivo».
La predetta statuizione costituisce antecedente logico per affermare che l ‘ accertamento negativo ex art. 615 c.p.c. può riguardare anche soltanto il diritto di agire in executivis azionato da ogni creditore titolato (procedente o intervenuto) o meno (benché, in tale ipotesi, ai soli fini di impedirne la partecipazione alla distribuzione) e può fondarsi su ragioni individuali, riferibili al singolo, come tali inidonee ad incidere sull ‘ azione esecutiva svolta dagli altri: difatti, proprio il menzionato arresto delle Sezioni Unite trae la conseguenza secondo cui «le vicende relative al titolo esecutivo del creditore procedente (sospensione, sopravvenuta inefficacia, caducazione, estinzione) non possono ostacolare la prosecuzione dell ‘ esecuzione sull ‘ impulso del creditore intervenuto il cui titolo abbia conservato la sua forza esecutiva» (nello stesso senso, più recentemente, si è espressa Cass., Sez. 3, Ordinanza n. 23654 del 02/08/2023, Rv. 668575-01: «Nel processo di esecuzione forzata le vicende (sospensione, sopravvenuta inefficacia, caducazione, estinzione) relative al titolo esecutivo azionato dal creditore procedente, posto a base di un pignoramento in origine valido ed efficace, non travolgono la posizione dei creditori intervenuti titolati e, cioè, non ostacolano la prosecuzione della procedura ad iniziativa dell ‘ interventore munito di idoneo ed efficace titolo, a prescindere dal compimento di un pignoramento successivo, a meno che l ‘ intervento non sia stato effettuato dopo la pronuncia della caducazione del titolo del procedente o dell ‘ arresto dell ‘ azione esecutiva»).
16. Alla luce del richiamato orientamento interpretativo, non è condivisibile, dunque, nella sua assolutezza e generalità, la tesi del Pubblico Ministero, secondo cui «l ‘ accertamento della sussistenza del diritto di ciascuno dei creditori a procedere esecutivamente nei confronti dell ‘ esecutato incide sulla posizione, non solo di chi subisce l ‘ espropriazione, ma anche degli altri creditori che, pertanto, debbono essere messi in condizione di interloquire e di conoscere gli sviluppi e l ‘ esito del giudizio». Al contrario,
non può ravvisarsi un interesse autonomo dei creditori non attinti dall ‘ opposizione a contraddire le ragioni dell ‘ opponente in tutti i casi in cui l ‘ eventuale accoglimento dell ‘ opposizione, in relazione alle specifiche ragioni azionate dall ‘ opponente e dalla controparte, non sarebbe comunque idoneo a pregiudicare il loro diritto di agire -o di proseguire -in executivis .
In altre parole, ogni azione esecutiva può e deve essere legittimamente considerata nella sua individualità in maniera autonoma dalle azioni esecutive degli altri creditori partecipanti alla medesima procedura; se il rimedio ex art. 615 c.p.c. è impiegato per contestare una singola azione, il suo esito sostanziale non incide immediatamente sulle altrui posizioni creditorie azionate nel processo di esecuzione (salvo quanto si dirà nel prosieguo), la decisione resa tra l ‘ opponente e il creditore opposto spiegherebbe concretamente e sostanzialmente i suoi effetti solo inter partes e, sotto il profilo qui in esame, l ‘ interesse dei creditori estranei alle doglianze dell ‘ esecutato opponente ad essere coinvolti nel giudizio di opposizione sarebbe di mero fatto, siccome rivolto ad una maggiore partecipazione alla distribuzione finale, sotto il profilo di una diversa e a sé più favorevole articolazione della massa attiva da soddisfare.
In tal modo, lungi dal potersi configurare un litisconsorzio necessario, esso potrebbe concretizzarsi, al più, in un intervento adesivo dipendente, ad adiuvandum o in una chiamata in causa ai soli, purché espressi come tali, irrilevanti fini di denuntiatio litis (e, cioè, senza alcuna domanda ad essi rivolta); del resto, eventuali ragioni di contrapposizione tra creditori concorrenti trovano le loro sedes materiae nelle controversie distributive (nelle quali possono concretamente dispiegarsi), non già nell ‘ opposizione avanzata dall ‘ esecutato, nemmeno in via di riconvenzionale trasversale.
18. Viceversa, vi sono opposizioni all ‘ esecuzione, previste dall ‘ art. 615, comma 2, c.p.c., le cui causae petendi sono idonee ad incidere sull ‘ intera procedura di esecuzione forzata e che, dunque, riguardano «tutte le azioni esecutive, parallele e concorrenti, che sono esercitate nel processo esecutivo» (l ‘ espressione è tratta da Cass. Sez. U., 07/01/2014, n. 61).
Quando le concrete e specifiche doglianze dell ‘ opponente possono astrattamente ripercuotersi sull ‘ azione esecutiva nel suo complesso, l ‘ opposizione concerne un rapporto processuale con pluralità di parti e il suo esito incide sul ‘ sostanziale ‘ diritto agire in executivis di ciascun creditore, sicché l ‘ utilità della pronuncia presuppone che la stessa sia resa nei confronti di tutti i soggetti potenzialmente coinvolti nel predetto rapporto e si deve configurare il litisconsorzio necessario di tutti i creditori, ai quali vanno assicurati il diritto di difesa e il contraddittorio.
In tali casi, qualora l ‘ opposizione ex art. 615 c.p.c. sia proposta «dopo la vendita» (nelle sole residuali ipotesi consentite dal vigente art. 615, comma 2, ult. periodo, c.p.c., aggiunto dal d.l. n. 59 del 2016; v., in proposito, Cass. Sez. 3, 31/05/2023, n. 15439, Rv. 668073-01), sono litisconsorti necessari perfino i creditori non muniti di titolo esecutivo, atteso che, in forza dell ‘ art. 629, comma 2, c.p.c., in seguito a tale evento (da intendersi quale «aggiudicazione» o «assegnazione», come già ritenuto da Cass. Sez. 3, 28/07/1975, n. 2922, Rv. 376980-01, e a maggior ragione sulla scorta dell ‘ art. 187bis disp. att. c.p.c.) anche gli interventori non titolati sono portatori di un interesse tutelato alla prosecuzione della procedura con la distribuzione del ricavato.
Una frequente ipotesi in cui si determina una potenziale incidenza dell ‘ opposizione sull ‘ intera procedura – e, dunque, su «tutte le azioni esecutive, parallele e concorrenti, che sono esercitate nel processo esecutivo» – è desumibile dal testo dell ‘ art. 615, comma 2, c.p.c. e riguarda la contestazione relativa alla pignorabilità dei beni.
È evidente, infatti, che l ‘ accoglimento della predetta doglianza dell ‘ esecutato porterebbe ad escludere, in tutto o in parte, l ‘ oggetto dell ‘ espropriazione forzata e, così, a pregiudicare, nel rapporto plurisoggettivo realizzatosi nella procedura, il diritto di agire in executivis di ciascun creditore in quella specifica procedura avente ad oggetto il particolare bene oggetto
dell ‘ opposizione: sicché ognuno di loro è evidentemente e direttamente interessato all ‘ esito del giudizio e, come tale, litisconsorte necessario nell ‘ opposizione ex art. 615 c.p.c.
21. Un ‘ ulteriore ipotesi in cui è configurabile un litisconsorzio necessario dei creditori nell ‘ opposizione ex art. 615 c.p.c. è descritta proprio dalla più volte menzionata sentenza di Cass. Sez. U., 07/01/2014, n. 61: «l ‘ originaria mancanza di titolo esecutivo o l ‘ invalidità originaria del pignoramento minano la legittimità stessa dell ‘ esecuzione e la rendono viziata sin dall ‘ origine»; in particolare, per quanto anche qui rileva, «può essere accolta la distinzione tra difetto originario e difetto sopravvenuto del titolo del creditore procedente, laddove solo il primo impedisce che l ‘ azione esecutiva prosegua anche da parte degli interventori titolati, mentre il secondo consente l ‘ estensione in loro favore di tutti gli atti compiuti finché il titolo del creditore procedente ha conservato validità».
In termini similari si è più di recente espressa Cass. Sez. 3, 27/07/2022, n. 23477: «In tema di espropriazione forzata, nel caso in cui, alla data del pignoramento, il credito azionato sia inesistente, l ‘ originaria mancanza del diritto di procedere all ‘ esecuzione determina l ‘ invalidità di tutti gli atti esecutivi».
Consolidata giurisprudenza, dunque, distingue l ‘ originario difetto del titolo esecutivo posto a fondamento dell ‘ azione esecutiva del creditore procedente, che travolge la procedura anche in caso di intervento di creditori titolati, dalla sopravvenuta carenza del titolo esecutivo inizialmente esistente (in relazione a vicende quali sospensione, sopraggiunta inefficacia, caducazione, estinzione), che non ostacola la prosecuzione dell ‘ esecuzione forzata su impulso del creditore munito di titolo e intervenuto prima dell ‘ arresto dell ‘ azione del procedente.
Conseguentemente, se col rimedio ex art. 615, comma 2, c.p.c. l ‘ esecutato fa valere l ‘ inesistenza ab origine di un valido titolo esecutivo in capo al creditore procedente, l ‘ interesse a contrastare tale doglianza spetta pure agli intervenuti, dato che l ‘ accoglimento dell ‘ opposizione pregiudicherebbe
anche la pretesa esecutiva dagli stessi esercitata nella medesima procedura: rispetto ad un ‘ opposizione all ‘ esecuzione sorretta da tale causa petendi , perciò, sorge l ‘ esigenza di tutelare il contraddittorio e il diritto di difesa e, quindi, di estendere la lite ai creditori intervenuti, i quali vanno considerati litisconsorti necessari del giudizio di opposizione, dovendo subire l ‘ eventuale statuizione sfavorevole e le correlate conseguenze.
Ritiene, in conclusione, il Collegio che solo nei casi da ultimo riportati (ed in eventuali altri in cui, in concreto ed in ragione delle contrapposte richieste ed eccezioni delle parti del rapporto oggetto di diretta contestazione dell ‘ opponente, si configuri il rischio di un esito sfavorevole per il diritto ad agire esecutivamente anche in capo agli altri creditori), dunque, può essere condivisa la tesi del Pubblico Ministero, secondo cui «l ‘ accertamento della sussistenza del diritto di ciascuno dei creditori a procedere esecutivamente nei confronti dell ‘ esecutato incide sulla posizione, non solo di chi subisce l ‘ espropriazione, ma anche degli altri creditori che, pertanto, debbono essere messi in condizione di interloquire e di conoscere gli sviluppi e l ‘ esito del giudizio».
23. Da ultimo, non ignora la Corte il principio, autorevolmente affermato, per il quale «l ‘ interpretazione di una norma processuale consolidata può essere abbandonata solo in presenza di forti ed apprezzabili ragioni giustificative, indotte dal mutare di fenomeni sociali o del contesto normativo, oppure quando l ‘ interpretazione consolidata risulti manifestamente arbitraria e pretestuosa o dia luogo a risultati disfunzionali, irrazionali o ‘ ingiusti ‘ , atteso che l ‘ affidabilità, prevedibilità e uniformità dell ‘ interpretazione delle norme processuali costituisce imprescindibile presupposto di uguaglianza tra i cittadini e di ‘ giustizia ‘ del processo; ne consegue che, ove siano compatibili con la lettera della legge due diverse interpretazioni, è doveroso preferire quella sulla cui base si sia formata una sufficiente stabilità di applicazione nella giurisprudenza della Corte di cassazione» (Cass. Sez. U., 12/10/2022, n. 29862, Rv. 665940 – 01; nello stesso senso, v. la
più recente Cass. Sez. 3, Ordinanza n. 16006 del 07/06/2024, Rv. 671267 – 02).
24. E, tuttavia, stima il Collegio che il qui introdotto temperamento dell ‘ univoco e uniforme orientamento giurisprudenziale sulla sussistenza di un litisconsorzio necessario indifferenziatamente in ogni opposizione ad esecuzione ai sensi dell ‘ art. 615, comma 2, c.p.c. trovi il suo fondamento nell ‘ ingiustizia di una conclusione espressa in termini così generali, dovendo tenersi conto della mutata sensibilità del sistema alla razionalizzazione dell ‘ approccio all ‘ utilizzo dell ‘ impiego delle risorse, anche solo delle parti, della giustizia: con la necessità, così, di evitarne dispendi non giustificati dalle esigenze di garanzia del diritto di difesa dei diversi soggetti coinvolti.
25. Un simile mutamento, d ‘ altro canto, oltre ad alleggerire gli oneri dell ‘ opponente e delle controparti, lascia ovviamente del tutto impregiudicata la valutazione di opportunità del primo di quelli o del giudicante (che, nella fase sommaria dell ‘ opposizione, è lo stesso giudice dell ‘ esecuzione e, quindi, è in grado di valutare le conseguenze di quella domanda sullo sviluppo del processo esecutivo) di coinvolgere comunque, anche solo a titolo di mera denuntiatio , tutti i creditori interessati, ancorché soltanto di fatto, allo sviluppo della procedura esecutiva ed ai riflessi, indiretti o mediati, su di essa dell ‘ andamento dell ‘ opposizione ai sensi dell ‘ art. 615 c.p.c.
26. In conclusione, si formula il seguente principio di diritto: «Se l ‘ opposizione all ‘ esecuzione ex art. 615, comma 2, c.p.c. è volta a contestare esclusivamente la singola azione esecutiva esercitata nella procedura dal creditore pignorante o da quello interveniente, non si configura nel giudizio di opposizione alcun litisconsorzio necessario dei creditori estranei alle doglianze dell ‘ opponente, i quali, sussistendone i relativi presupposti, potrebbero soltanto spiegare un intervento adesivo dipendente ( ad adiuvandum ) o essere chiamati in causa ai soli fini di denuntiatio litis ; viceversa, se col rimedio ex art. 615 c.p.c. sono svolte contestazioni che possono astrattamente ripercuotersi sull ‘ azione esecutiva nel suo complesso (come
nel caso in cui sia dedotta l ‘ impignorabilità dei beni staggiti oppure l ‘ inesistenza originaria del titolo esecutivo del creditore procedente), si configura nel giudizio di opposizione il litisconsorzio necessario di tutti i creditori muniti di titolo e, qualora il rimedio sia azionato dopo l ‘ aggiudicazione o l ‘ assegnazione, anche degli interventori non titolati».
Nella fattispecie in esame, caratterizzata -come visto -dalla legittima opzione processuale di instaurare separate opposizioni quanto alle differenti posizioni creditorie azionate, l ‘ odierna ricorrente aveva contestato il diritto di agire in executivis di NOME COGNOME deducendo che il predetto creditore, intervenuto con titolo esecutivo formato contro la società di persone di cui NOME COGNOME era accomandataria, non aveva preventivamente escusso il patrimonio sociale, in violazione dell ‘ art. 2304 c.c.: si tratta, all ‘ evidenza, di causa petendi che attiene specificamente alla sola azione esecutiva svolta dall ‘ interveniente nella procedura esecutiva, rispetto alla quale non è ravvisabile alcun interesse -né indefettibile litisconsorzio -degli altri creditori, nei sensi sopra specificati.
Pertanto, in applicazione del suesteso principio e in accoglimento del secondo motivo, la sentenza impugnata va cassata, con rinvio alla Corte d ‘ appello di Catania, in diversa composizione, per esame dell ‘ appello di NOME COGNOME beninteso restandone impregiudicato l ‘ esito.
Si rimette al giudice del rinvio, in relazione all ‘ esito complessivo della lite, la regolazione delle spese del presente giudizio di legittimità.
Resta assorbito il terzo motivo, col quale erano state dedotte la violazione e la falsa applicazione dell ‘ art. 2304 c.c., siccome relativo al merito della controversia tra le parti, rimasto impregiudicato per la definizione in rito del gravame.
Del pari rimane assorbito il quarto motivo, col quale erano state dedotte la violazione e la falsa applicazione del d.m. Giustizia n. 55 del 2014, siccome relativo al capo sulle spese, che dovrà essere riformulato in considerazione dell ‘ esito finale e complessivo della lite.
P. Q. M.
La Corte, dato atto della rinuncia al primo e al quinto motivo di ricorso, accoglie il secondo motivo e, per l ‘ effetto, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d ‘ appello di Catania, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità;
dichiara assorbiti il terzo e il quarto motivo. Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Terza Sezione Civile,