Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 4802 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 4802 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 24/02/2025
Oggetto: Usucapione – Legittimazione passiva Omessa integrazione contraddittorio
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 09126/2021 R.G. proposto da
NOME COGNOME NOMECOGNOME NOME COGNOME NOMECOGNOME COGNOME NOME COGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME e NOMECOGNOME tutti nella qualità di eredi di NOME COGNOME rappresentati e difesi dall’avv. NOME COGNOME e, congiuntamente e disgiuntamente, dall’avv. NOME COGNOME nel cui studio in Roma, INDIRIZZO sono elettivamente domiciliati.
-ricorrenti –
contro
COGNOME e COGNOME rappresentati e difesi dall’avv. NOME COGNOME e dall’avv. NOME COGNOME con domicilio eletto presso il loro indirizzo di posta elettronica certificata.
-controricorrenti –
avverso la sentenza n. 135/2021 della Corte d’Appello di Lecce, depositata il 2/2/2021 e notificata il 10/2/2021; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
20/02/2025 dalla dott.ssa NOME COGNOME
Rilevato che:
COGNOME NOME convenne in giudizio COGNOME NOME, COGNOME NOME e COGNOME NOME innanzi al giudice di pace di Otranto, chiedendo che, sulla base dell’atto del 11/07/1968, venisse accertata la comproprietà dell’immobile, sito in Comune di Otranto, in catasto al foglio 36, particella 103, che venisse ordinato ai convenuti di astenersi dall’utilizzo esclusivo della predetta particella, che venisse loro vietato di parcheggiare le proprie autovetture o depositare qualunque altra cosa e che i predetti venissero condannati al risarcimento dei danni da mancato uso della porzione immobiliare contesa.
Costituitisi in giudizio, COGNOME NOME COGNOME NOME e COGNOME NOME chiesero il rigetto della domanda e, in via riconvenzionale, l’accertamento del proprio diritto esclusivo di proprietà per intervenuta usucapione sulla medesima particella.
La causa, riassunta dinanzi al Tribunale di Lecce in seguito alla sentenza dichiarativa di incompetenza emessa dal giudice di pace e proseguita, successivamente al decesso dell’attore, con la costituzione degli eredi, esitò nella sentenza n. 4221/2015, depositata il 07/09/2015, con la quale il Tribunale di Lecce rigettò la domanda attorea e, in accoglimento di quella riconvenzionale, dichiarò l’intervenuta usucapione in favore di NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME della particella contesa.
Il giudizio di gravame, instaurato da COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOMECOGNOME COGNOME NOME, COGNOME NOME COGNOME NOMECOGNOME NOME COGNOME NOME e COGNOME Silvio, si concluse, nella resistenza degli appellati che proposero anche appello incidentale, con la sentenza n. 135/2021, depositata il 02/02/2021, con la quale la Corte d’Appello di Lecce rigettò il gravame e ritenne assorbito l’appello incidentale.
Contro la predetta sentenza, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOMECOGNOME NOME e COGNOME NOME, tutti nella qualità di eredi di NOME COGNOME, propongono ricorso per cassazione, affidato a tre motivi, illustrati anche con memoria. Resistono con controricorso COGNOME NOME, COGNOME NOME e COGNOME NOME.
Fissata l’adunanza in camera di consiglio le parti hanno depositato memorie illustrative.
Considerato che :
1.1 Con il primo motivo di ricorso, si lamenta la violazione degli artt. 102 e 354, primo comma, cod. proc. civ., e la falsa applicazione dell’art. 157, terzo comma, cod. proc. civ., con conseguente nullità delle sentenze di primo e secondo grado e dell’intero giudizio, in relazione all’art. 360, n. 4, cod. proc. civ., perché la Corte d’Appello, nonostante la domanda riconvenzionale di usucapione della proprietà esclusiva della particella contesa, proposta dai controricorrenti, richiedesse l’integrazione del contraddittorio nei confronti dei comproprietari non evocati in giudizio e nonostante questa fosse stata disposta dal giudice di primo grado all’udienza del 19/3/2008 senza che gli attori in
riconvenzione vi provvedessero, avendo asserito di rinunciare all’integrazione del contraddittorio, aveva dichiarato l’inammissibilità della censura proposta in relazione a tale questione, affermando che gli appellanti non avevano dimostrato il diritto di comproprietà sulla particella contesa, che tale statuizione non consentiva l’esame del quarto motivo afferente all’accertamento dell’usucapione della proprietà esclusiva da parte degli appellati, che l’eccezione di intervenuta estinzione del processo, richiesta dall’art. 307 cod. proc. civ. vigente ratione temporis , non era stata proposta dagli originari attori e che questi, destinatari anch’essi dell’ordine di integrazione del contraddittorio, non vi avevano provveduto, al pari dei convenuti, così rendendosi compartecipi della dedotta nullità, con conseguente inammissibilità del motivo. Ad avviso dei ricorrenti, i giudici di merito non avevano considerato che, a fronte della mancata integrazione del contraddittorio nei confronti di litisconsorti necessari ex art. 102 cod. proc. civ., avrebbero dovuto dichiarare l’improseguibilità della domanda di accertamento della proprietà per usucapione ventennale.
1.2 Il primo motivo è fondato.
Occorre preliminarmente osservare come, nell’ipotesi in cui si rivendichi a qualunque titolo la proprietà di un bene, l’azione deve necessariamente essere proposta nei confronti di chi possiede il bene o ne è proprietario all’atto della domanda, e non anche dei precedenti danti causa, che non hanno veste di litisconsorti necessari (Cass., Sez. 6-2, 4/10/2018, n. 24260), principio questo che vale naturalmente anche per la domanda diretta all’accertamento dell’usucapione di un bene, la quale richiede la presenza in causa di tutti i comproprietari in danno dei quali l’usucapione si sarebbe verificata, in quanto comporta l’accertamento di una situazione giuridica (usucapione e proprietà
esclusiva) confliggente con quella preesistente (comproprietà degli altri) della quale il giudice può solo conoscere in contradditorio di ogni interessato (Cass., Sez. 2, 14/6/2018, n. 15619; Cass., Sez. 2, 08/06/1994 , n. 5559; Cass., Sez. 2, 04/12/1982, n. 6606; Cass., Sez. 2, 20/10/1981 n. 5478; Cass., Sez. 2, 24/06/1974, n. 1910; Cass., Sez. 2, 26/03/1976, n. 1085).
Orbene, risulta dalla sentenza impugnata che gli appellanti avevano censurato la sentenza di primo grado in quanto il giudice di primo grado aveva omesso di dichiarare l’estinzione dell’azione riconvenzionale di usucapione per mancata integrazione del contraddittorio nel termine perentorio da esso fissato e pronunciato su tale domanda a contraddittorio non integro e, dunque, in violazione dell’art. 102 cod. proc. civ..
Risulta altresì che la Corte d’Appello ha respinto le suddette doglianze sulla base di due ordini di considerazioni, affermando, per un verso, che la parte appellante non aveva eccepito l’intervenuta estinzione del processo nella prima difesa utile, ossia all’udienza del 7/7/2011, come specificamente richiesto dall’art. 307 cod. proc. civ., nella versione ratione temporis applicabile, e, per altro verso, che la parte appellante, pur destinataria anch’essa dell’ordine di integrazione del contraddittorio, non vi aveva parimenti provveduto, rendendosi compartecipe della lamentata nullità, con conseguente inammissibilità del motivo ai sensi dell’art. 157, terzo comma, cod. proc. civ..
Tali considerazioni sono però entrambe erronee.
Come chiarito da Cass., Sez. 2, 15/10/2023, n. 28043, il principio secondo il quale l’estinzione del processo ex art. 307 cod. proc. civ., nel testo anteriore alla sua modifica avvenuta con l. n. 69 del 2009 (applicabile anche nella fattispecie, in ragione della data di introduzione del giudizio), per poter essere dichiarata dal giudice deve essere tempestivamente eccepita nel medesimo grado in cui
si sono verificati i fatti che ad essa possano dare luogo e non può essere dedotta e rilevata in sede d’impugnazione, neppure davanti alla Corte di cassazione (cfr. ex multis , Cass., Sez. 3, 11/5/2021, n. 12432; Cass., Sez. 3, 30/11/2018, n. 30994), non riguarda il diverso caso, come quello di specie, in cui l’estinzione discenda dall’inottemperanza all’ordine di integrazione del contraddittorio per le cause in cui vige il litisconsorzio necessario, e ciò in quanto a tale incombente è onerato chiunque abbia interesse a impedire l’estinzione del giudizio, e quindi tutti i soggetti coinvolti nel giudizio, essendo la previa integrazione del contraddittorio funzionale alla stessa validità della pronuncia, e non anche rispondente alla tutela di un interesse particolare (cfr. Cass., Sez. 3, 13/3/2012, n. 3967), con la conseguenza che non incombe al giudice il dovere di indicare il soggetto tenuto a provvedervi (cfr. Cass., Sez. 2, 15/10/2023, n. 28043; anche ex multis Cass., Sez. 2, 15/2/2005, n. 3019).
Il termine concesso dal giudice per l’integrazione del contraddittorio nei casi previsti dall’art. 102 cod. proc. civ. ha natura perentoria e non può essere né rinnovato, né prorogato ai sensi dell’art. 153 cod. proc. civ. (Cass., Sez. 3, 18/10/2001, n. 12740), sicché, in caso di mancata integrazione del contraddittorio nei confronti del litisconsorte necessario si determina la contemporanea ed automatica estinzione del processo, anche in difetto di eccezione di parte, senza alcuna possibilità di riassunzione, trattandosi di un provvedimento che implica una pronuncia di mero rito ricognitiva dell’impossibilità di proseguire la causa in mancanza di una parte necessaria (Cass., Sez. 2, 14/4/2015, n. 7460), che determina, quando in tal senso non abbiano provveduto i giudici del merito, la cassazione senza rinvio sia della sentenza di appello, impugnata in sede di legittimità, sia di quella di primo grado (Cass., Sez. 3, 28/1/1994, n. 878; Cass., Sez. 1, 10/1/1998, n. 157).
Peraltro, in siffatti casi non può valere la regola dettata dal terzo comma dell’art. 157 cod. proc. civ., secondo cui la nullità non può essere opposta dalla parte che vi ha dato causa, in quanto questa si riferisce ai soli casi nei quali la nullità non possa pronunciarsi che su istanza di parte, senza riguardare, perciò, le ipotesi in cui questa debba essere rilevata d’ufficio, con la conseguenza che essa non trova applicazione quando, come nel caso di mancata integrazione del contraddittorio in causa inscindibile, la nullità si ricolleghi ad un difetto di attività del giudice, al quale incombeva l’obbligo di adottare un provvedimento per assicurare il regolare contraddittorio nel processo (Cass., Sez. L, 28/7/1998, n. 7401; Cass., Sez. 6-2, 18/2/2014, n. 3855).
Le su esposte considerazioni valgono, peraltro, anche con riguardo alla domanda dei ricorrenti, dovendo trovare applicazione il principio secondo cui, in tema di domanda di rivendica di un bene proposta da uno o più soggetti che assumono di esserne i comproprietari, la necessità dell’integrazione del contraddittorio dipende dal comportamento del convenuto: qualora egli si limiti a negare il diritto di comproprietà degli attori, non si richiede la citazione in giudizio di altri soggetti, non essendo in discussione la comunione del bene; qualora, al contrario, eccepisca di esserne il proprietario esclusivo, la controversia ha come oggetto la comunione di esso, cioè l’esistenza del rapporto unico plurisoggettivo, e il contraddittorio deve svolgersi nei confronti dì tutti coloro dei quali si prospetta la contitolarità (litisconsorzio necessario), affinché la sentenza possa conseguire un risultato utile che, invece, non avrebbe in caso di mancata partecipazione al giudizio di alcuni, non essendo essa a loro opponibile (Cass., Sez. 2, 4/10/2018, n. 24234; Cass., Sez. 2, 11/4/2002, n. 5190; si veda in caso di condominio tra le tante, Cass., Sez. 2, 25/7/2005, n. 15547; Cass., Sez. 2, 22/12/1995, n. 13064).
Pertanto, non avendo nessuna delle parti provveduto ad integrare il contraddittorio nei confronti dei litisconsorti necessari, la censura deve trovare accoglimento.
Con il secondo motivo di ricorso, si lamenta, in via subordinata, l’erronea qualificazione della domanda e la violazione degli artt. 113 e 115 cod. proc. civ., nonché la falsa applicazione dell’art. 948 cod. civ., con conseguente violazione dell’art. 2697 cod. civ., in relazione all’art. 360, n. 3, cod. proc. civ., perché i giudici di merito avevano ritenuto non provato il diritto di comproprietà dei ricorrenti sulla particella 103, che peraltro consentiva di raggiungere la propria unità immobiliare sita nella particella 102, altrimenti interclusa. I ricorrenti hanno, in merito, obiettato che l’azione era stata proposta ai sensi dell’art. 949 cod. civ. e che aveva ad oggetto il mero accertamento della comproprietà finalizzato ad ottenere la cessazione dell’arbitrario abuso del compossesso da parte degli intimate, con richiesta al giudice di stabilire le modalità d’uso del bene, ma non la restituzione del bene, tant’è che aveva evidenziato come anche le controparti fossero comproprietarie dell’area contesa. In giudici avevano, in sostanza, travisato la domanda, la quale, per come formulata, consentiva di dare dimostrazione della proprietà unicamente mediante produzione del titolo.
Col terzo motivo di ricorso, si lamenta la violazione o falsa applicazione dell’art. 100 cod. proc. civ., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., per avere i giudici di merito rigettato il motivo riguardante la pronuncia di usucapione del bene in favore degli appellati, sostenendo che gli appellanti non avessero più interesse in ragione del rigetto della loro domanda per assenza di utilità giuridica.
Il secondo e il terzo motivo restano assorbiti dall’accoglimento del primo.
5. In conclusione, dichiarata la fondatezza del primo motivo e l’assorbimento dei restanti, il ricorso deve essere accolto e la sentenza cassata, con rinvio alla Corte d’Appello di Lecce, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d’Appello di Lecce, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità. Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 20/2/2025.