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Litisconsorzio necessario INPS: Quando è Obbligatorio?

Un lavoratore ha citato in giudizio due datori di lavoro per differenze retributive. I datori di lavoro hanno sostenuto che l’ente previdenziale (INPS) avrebbe dovuto essere parte della causa (litisconsorzio necessario INPS). La Corte di Cassazione ha chiarito che l’INPS è un litisconsorte necessario solo quando il lavoratore richiede esplicitamente la regolarizzazione dei contributi previdenziali, non quando la domanda si limita al pagamento delle differenze salariali. Di conseguenza, il ricorso dei datori di lavoro è stato respinto.

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Pubblicato il 15 novembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Litisconsorzio Necessario INPS: Quando è Davvero Obbligatorio? L’Analisi della Cassazione

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione offre un importante chiarimento su una questione procedurale cruciale nel diritto del lavoro: il litisconsorzio necessario INPS. In quali circostanze l’ente previdenziale deve essere obbligatoriamente parte di una causa tra lavoratore e datore di lavoro per differenze retributive? La risposta, come vedremo, dipende strettamente dall’oggetto della domanda presentata dal lavoratore.

I Fatti del Caso: Una Controversia per Differenze Retributive

Il caso trae origine dalla domanda di un lavoratore, impiegato come pizzaiolo, che ha convenuto in giudizio i titolari di due ditte individuali, tra loro fratelli, presso cui aveva prestato servizio. Il lavoratore lamentava di aver lavorato un numero di ore superiore a quelle contrattualizzate (9-10 ore al giorno invece delle 20 settimanali previste) e rivendicava il diritto a un inquadramento superiore, con le conseguenti differenze retributive e il trattamento di fine rapporto.

Il Tribunale di primo grado aveva parzialmente accolto la domanda, condannando i due datori di lavoro al pagamento di determinate somme. La Corte d’Appello, successivamente, aveva parzialmente riformato la sentenza, riducendo l’importo dovuto da una delle due ditte, ma confermando l’impianto generale della decisione.

La Decisione della Corte di Cassazione e il Litisconsorzio Necessario INPS

I datori di lavoro hanno proposto ricorso per Cassazione, sollevando diversi motivi, tra cui spiccava la presunta violazione di legge per la mancata integrazione del contraddittorio nei confronti dell’INPS. Sostenevano, infatti, che la natura della controversia rendesse indispensabile la presenza dell’ente previdenziale.

L’Eccezione sul Litisconsorzio Necessario INPS

Questo è stato il punto centrale del ricorso. I ricorrenti ritenevano che, poiché la causa verteva su un rapporto di lavoro e sulle relative retribuzioni, l’INPS dovesse essere considerato un litisconsorte necessario. La Corte di Cassazione ha rigettato fermamente questo motivo, definendolo inammissibile per “assoluta contraddittorietà”.

Gli Altri Motivi di Ricorso Rigettati

Oltre alla questione dell’INPS, i datori di lavoro avevano lamentato:
1. Errata gestione delle spese processuali: Contestavano la mancata compensazione delle spese, data la parziale riforma in appello.
2. Errata applicazione contrattuale: Sostenevano un errore nel calcolo delle somme basato su un inquadramento contrattuale errato.
3. Inattendibilità di un testimone: Mettevano in dubbio la credibilità di una testimonianza chiave.

Anche questi motivi sono stati respinti. La Corte ha ribadito la discrezionalità del giudice di merito nella gestione delle spese processuali, ha smentito l’errore di calcolo basandosi sulla relazione del consulente tecnico e ha dichiarato inammissibile la rivalutazione della credibilità dei testimoni in sede di legittimità.

Le Motivazioni della Corte

La motivazione principale della Corte sul litisconsorzio necessario INPS è stata netta e chiarificatrice. I giudici hanno spiegato che la presenza dell’INPS come parte processuale è necessaria solo e soltanto quando il lavoratore formula una domanda specifica di condanna del datore di lavoro alla cosiddetta “regolarizzazione contributiva”. Questo significa che il lavoratore deve chiedere esplicitamente che il giudice ordini al datore di versare all’INPS i contributi omessi o versati in misura inferiore.

Nel caso di specie, il lavoratore si era limitato a chiedere il pagamento delle differenze retributive direttamente a suo favore. Non aveva avanzato alcuna pretesa relativa al versamento dei contributi all’ente previdenziale. Pertanto, la controversia riguardava esclusivamente il rapporto obbligatorio tra lavoratore e datore di lavoro, senza incidere direttamente sulla posizione dell’INPS. La Corte ha sottolineato che la domanda di pagamento di una maggiore retribuzione non può essere confusa con quella di regolarizzazione previdenziale. Di conseguenza, non sussisteva alcuna necessità di integrare il contraddittorio.

Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Sentenza

L’ordinanza in esame consolida un principio fondamentale per le controversie di lavoro. Stabilisce una chiara linea di demarcazione: se la richiesta del lavoratore è puramente patrimoniale e mira a ottenere il pagamento di somme dovute (differenze retributive, TFR, ecc.), la causa può procedere senza il coinvolgimento dell’INPS. Se, invece, il lavoratore chiede anche (o solo) che il datore regolarizzi la sua posizione contributiva versando quanto dovuto all’ente, allora il litisconsorzio necessario INPS diventa un requisito imprescindibile per la validità del processo. Questa distinzione è essenziale per avvocati e parti processuali al fine di impostare correttamente la strategia processuale ed evitare eccezioni che potrebbero ritardare o invalidare il giudizio.

In una causa per differenze retributive, è sempre necessario coinvolgere l’INPS?
No, non è sempre necessario. La presenza dell’INPS è obbligatoria solo se il lavoratore chiede esplicitamente la condanna del datore di lavoro al versamento dei contributi omessi (la cosiddetta regolarizzazione contributiva).

Perché la Corte ha stabilito che in questo caso non sussisteva il litisconsorzio necessario dell’INPS?
Perché il lavoratore aveva richiesto unicamente il pagamento delle differenze retributive a lui dovute e non aveva avanzato alcuna domanda volta a ottenere la regolarizzazione della sua posizione contributiva presso l’ente previdenziale. La causa riguardava solo il rapporto patrimoniale tra lavoratore e datore di lavoro.

La richiesta di un diverso inquadramento lavorativo implica automaticamente la necessità di chiamare in causa l’INPS?
No. Secondo quanto emerge dalla decisione, anche se la richiesta di un diverso inquadramento ha potenziali riflessi contributivi, ciò che rende necessario il coinvolgimento dell’INPS non è la causa della pretesa (es. ore extra, livello superiore), ma l’oggetto specifico della domanda giudiziale. Se la domanda è limitata al pagamento delle somme, l’INPS non è un litisconsorte necessario.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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