Sentenza di Cassazione Civile Sez. L Num. 24791 Anno 2024
Civile Sent. Sez. L Num. 24791 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 16/09/2024
SENTENZA
sul ricorso 35820-2019 proposto da:
COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME nella qualità di soci ed eredi della RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, tutti elettivamente domiciliati in ROMA, INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME, che li rappresenta e difende;
– ricorrenti –
contro
COGNOME NOME, elettivamente domiciliato in ROMAINDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato NOME COGNOME;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 2448/2019 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 23/09/2019 R.G.N. 4876/2016; udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 04/07/2024 dal AVV_NOTAIO;
Oggetto
RNUMERO_DOCUMENTO.N.NUMERO_DOCUMENTO
COGNOME.
Rep.
Ud. 04/07/2024
PU
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale AVV_NOTAIO NOME COGNOME che ha concluso per l’accoglimento del primo motivo e rigetto del resto; udito l’avvocato NOME COGNOME; udito l’avvocato NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
La Corte di appello di Roma aveva accolto il ricorso di NOME COGNOME avverso la decisione con cui il Tribunale locale aveva rigettato la sua domanda, proposta nei confronti di NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME,(degli attuali ricorrenti), quali soci ed eredi di COGNOME, titolare della RAGIONE_SOCIALE, domanda diretta al riconoscimento della natura subordinata del rapporto di lavoro intercorso tra le parti e alla condanna al pagamnto delle differenze retributive così maturate.
La C rte d’appello aveva accertato la sussistenza di un vincolo di subordinazione sulla base delle testimonianze rese e aveva poi riconosciuto come dovute le somme di € 10.630,55 a titolo di TFR. Aveva invece escluso somme ad altro titolo (lavoro straordinario, ferie, ROL). La Corte aveva anche condannato gli appellati in solido alla regolarizzazione della posizione contributiva e previdenziale per l’intera durata del rapporto di lavoro.
Avverso detta decisione gli eredi-soci proponevano ricorso ulteriormente illustrato con successiva memoria, cui resisteva con controricorso il COGNOME.
La causa, originariamente assegnata alla trattazione in camera di consiglio, era rimessa alla pubblica udienza.
La Procura Generale concludeva per l’accoglimento del primo motivo di censura ed il complessivo rigetto delle ulteriori censure.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1)- Con il primo motivo è dedotta la violazione e falsa applicazione degli artt. 111 c.p.c., 24 cost., art. 2909 c.c. in ordine alla condanna alla regolarizzazione contributiva e previdenziale.
I ricorrenti si dolgono della condanna alla regolarizzazione in questione, pronunciata in assenza in giudizio dell’RAGIONE_SOCIALE.
Il tema della posizione contributiva del lavoratore e del suo interesse a vederla tutelata è stato oggetto di diverse pronunce di questa Corte di legittimità.
È stato chiarito che l’interesse del lavoratore al versamento dei contributi previdenziali di cui sia stato omesso il pagamento integra un diritto soggettivo alla posizione assicurativa, che non si identifica con il diritto spettante all’Istituto previdenziale di riscuotere il proprio credito, ma è tutelabile mediante la regolarizzazione della propria posizione. Ne consegue che il lavoratore ha la facoltà di chiedere in giudizio l’accertamento dell’obbligo contributivo del datore di lavoro e sentirlo condannare al versamento dei contributi (che sia ancora possibile giuridicamente versare) nei confronti dell’ente previdenziale, purché entrambi siano stati convenuti in giudizio, atteso il carattere eccezionale della condanna a favore di terzo, che postula una espressa previsione, restando altrimenti preclusa la possibilità della condanna del datore di lavoro al pagamento dei contributi previdenziali a favore dell’ente previdenziale che non sia stato chiamato in causa (Cass. n. 14853/2019).
La concreta conseguenza di tale principio affermativo del diritto del lavoratore è la accertata sussistenza di una ipotesi di litisconsorzio necessario iniziale tra lavoratore, datore di lavoro ed ente previdenziale, ai sensi dell’art. 102 c.p.c., allorché si sia in presenza di una domanda del lavoratore volta ad ottenere la condanna del datore di lavoro a versare all’ente previdenziale i contributi omessi e alla conseguente regolarizzazione; non è, invece, necessario il litisconsorzio quando il lavoratore abbia convenuto in giudizio l’ente allo scopo di ottenere la regolarizzazione della sua posizione contributiva, salva comunque la possibilità di quest’ultimo di chiamare in causa il datore di lavoro per sentirlo condannare al pagamento dei contributi dovuti, ai sensi dell’art. 106 c.p.c., o del giudice di chiamare in causa il datore di lavoro, ai sensi dell’art. 107 c.p.c. (Cass n. 701/2024).
Questa Corte ha dunque sottolineato la distinzione tra domanda diretta ad ottenere la condanna specifica del datore di lavoro a versare i contributi dovuti all’ente previdenziale, volta alla regolarizzazione della posizione contributiva, per la quale la presenza in giudizio di tutti i soggetti coinvolti nel rapporto
‘trilaterale’ è necessaria, da quella in cui il lavoratore abbia convenuto in giudizio l’ente e la presenza ‘trilaterale’ dei soggetti è solo opportunamente richiedibile da quest’ultimo o comunque disposta dal giudice.
La differente struttura processuale da imprimere ab origine alla controversia è pertanto legata all’oggetto della domanda e la necessità originaria della presenza delle tre parti interessate è data dalla specifica richiesta di condanna al versamento del dovuto e alla regolarizzazione della posizione.
Nel caso in esame, a fronte dell ‘ originaria domanda di regolarizzazione della posizione contributiva, conseguente al riconoscimento della sussistenza di un rapporto di lavoro di natura subordinata, il lavoratore non ha chiamato in giudizio l’RAGIONE_SOCIALE e la pronuncia di condanna del giudice è stata erroneamente pronunciata in assenza di detta parte.
Il motivo di censura proposto in questa sede deve pertanto essere accolto e disposto il rinvio della causa ai fini dell ‘ integrazione del contraddittorio nei confronti dell’RAGIONE_SOCIALE, ai sensi del disposto degli artt. 354 c.p.c. (nella formulazione antecedente alla riforma disposta dal d.lvo n. 149/2022, applicabile, quest’ultima, ai procedimenti instaurati dal 30 giugno 2023), e dell’art.383 c.p.c. 2)- Con secondo motivo è dedotta la nullità della sentenza ai sensi dell’art. 132 co.4, e degli artt. 156 c.p.c. e 115 c.p.c., art. 111 Cost, per motivazione apparente e contrasto tra affermazioni inconciliabili su un fatto decisivo.
Il motivo lamenta una contraddizione tra l’accertamento della natura subordinata della prestazione e la carenza di prova circa la continuità della prestazione ai fini delle ferie e del ROL.
Occorre rilevare come la sentenza in esame muova l’iter argomentativo su piani differenti: il primo centrato sulla natura del rapporto di lavoro, non necessariamente coincidente, ai fini della qualificazione, con la sua continuità, e l’altro diretto a valu tare la sussistenza di prove certe ai fini del richiesto pagamento dell’indennità sostitutiva delle ferie e dei ROL non goduti. La corte di merito, con riferimento a questi ultimi istituti, ha infatti accertato la carenza di prova circa la continuità del rapporto di lavoro che, certamente incidente sull ‘ entità di ferie e permessi, ha comunque qualificato, con giudizio di merito, subordinato. Nessuna
contraddizione è evincibile in tale ratio decidendi , sicché il motivo è da rigettare.
3)- la terza censura riguarda la violazione e falsa applicazione dell’art. 2094 c.c., dell’art. 111 Cost. e degli artt. 115 e 112 c.p.c. ; viene denunciata, con riguardo alla prova del periodo di lavoro subordinato in questione, la valorizzazione di testi che non sarebbero stati presenti nel luogo di lavoro (uno licenziato e l’altro cessato prima del periodo oggetto di testimonianza).
Occorre sottolineare che la Corte territoriale, ben consapevole della denunciata inattendibilità dei testi per la non totale coincidenza temporale, ha però valutato, con giudizio non sindacabile in questa sede di legittimità, l’utilità complessiva dei fatti accertati soprattutto con riguardo al contenuto della prestazione fornita e alla qualificazione subordinata della stessa, senza specifici richiami alla durata del rapporto in questione.
Deve ribadirsi che l’esame delle prove e la loro valutazione è riservata al giudice di merito, così come la scelta, tra le varie risultanze probatorie, di quelle ritenute più idonee a sorreggere la motivazione.
Né il giudice di merito è tenuto a discutere di ogni singolo elemento o a confutare tutte le deduzioni difensive, dovendo ritenersi implicitamente disattesi tutti i rilievi e le circostanze che, sebbene non oggetto di specifica menzione, siano logicamente incompatibili con la decisione adottata (Cass. n. 16056/2016; conf. Cass. n. 29404/2017).
Il motivo deve quindi essere disatteso.
4)Con la quarta censura è dedotta la violazione dell’art. 2120 c.c. in ordine al calcolo del TFR, contestando la correttezza dei calcoli. Il motivo si appalesa inammissibile in quanto attinge al merito della decisione e ai fatti posti a fondamento della stessa con riferimento alla correttezza dei calcoli. Questa Corte ha chiarito che in tema di ricorso per cassazione, la valutazione effettuata dal giudice di merito sulle risultanze della CTU e viziata da errore di percezione è censurabile con la revocazione ordinaria se l’errore attiene ad un fatto non controverso, mentre è sindacabile ai sensi dell’art. 360, n. 4, c.p.c., per violazione dell’art. 115 c.p.c., se l’errore ricade su di una circostanza che ha formato oggetto di discussione tra le parti. (Cass. n. 19293/2018). Nessuna di tali ipotesi ricorre nella
censura in esame, solo genericamente diretta a contestare la valutazione svolta.
5) Con ultimo motivo è denunciata la violazione dell’art. 112 c.p.c. e degli accordi in sede di contrattazione collettiva (art. 360 co.1 n. 3 c.p.c) in ordine al riconoscimento delle mansioni di operaio specializzato basato su erronea valutazione delle prove testimoniali. Anche tale motivo è inammissibile poiché ripropone in questa sede di legittimità una rilettura, non consentita, delle risultanze testimoniali (Cass.n. 16056/2016; conf. Cass.n. 29404/2017).
In conclusione, deve essere accolto il primo motivo del ricorso e, relativamente ad esso, deve essere cassata la sentenza e rimessa la causa, sul punto, dinanzi al Tribunale di Roma, in persona di