Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 32485 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L Num. 32485 Anno 2024
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 14/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso 29271 del 2022 proposto da:
COGNOME NOME, rappresentato e difeso dall’avv. NOME COGNOME presso lo studio del quale in Roma, INDIRIZZO. D è elettivamente domiciliato;
– ricorrente –
contro
INPS, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difes o dall’avv.to NOME COGNOME con il quale è elettivamente domiciliato in Roma, INDIRIZZO
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 294/2022 della CORTE D’APPELLO di ANCONA, depositata il 13.10.2022, R.G.N. 258/2021; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del FILOMENA
22/10/2024 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
Oggetto
Rapporto
contrattuale di fatto
alle dipendenze della
P.A. – Pagamento
TFS – Litisconsorzio
necessario
del
datore – Esclusione.
R.G.N. 29271/2022
COGNOME
Rep.
Ud. 22/10/2024
CC
RILEVATO CHE
La Corte di Appello di Ancona, per quanto qui rileva, in accoglimento dell’appello e in riforma della sentenza di primo grado, dichiarava la nullità del decreto opposto n. 4/2021 in data 8.1.2021 del Tribunale di Ancona per violazione del contraddittorio e rimetteva la causa al primo giudice.
Il Tribunale di Ancona aveva rigettato l’opposizione a decreto ingiuntivo proposta dall’INPS sulla scorta dei seguenti argomenti: a) lo svolgimento di attività lavorativa, benché ai sensi dell’art. 2126 c.c., stante la carenza del titolo legittimante l’assunzione, non osta al di ritto del lavoratore al pagamento del TFS, decurtato della quota pignorabile in virtù di condanna del lavoratore in distinto giudizio contabile; b) non ricorrenza nel caso di specie di un’ipotesi di litisconsorzio necessario con il MIUR, formale datore, avendo detta amministrazione richiesto la devoluzione in proprio favore delle somme da recuperare nei limiti di legge, non essendo invece in contestazione l’ammontare della retribuzione percepita.
Quanto alla ritenuta violazione del litisconsorzio necessario, nello specifico, la Corte territoriale affermava (cfr. pag. 3 della sentenza) che: ‘ (…) nelle ipotesi quale quella in esame, nella quale da una parte c’è il formale lavoratore che, conclusosi il rapporto reclama all’INPS il versamento in suo favore del TFS, dall’altra il Ministero dell’Istruzione, formale datore di lavoro, che, a sua volt a, in considerazione dell’accertata illegittimità del rapporto lavorativo, richiede all’INPS la restituzio ne delle somme accantonate per il pagamento del TFS, è evidente che, instauratosi il giudizio, non possa prescindersi dalla partecipazione al processo di tutte le parti. Va ricordato, infatti, che il litisconsorzio necessario, oltre che nei casi espressamente previsti dalla legge, ricorre, allorquando la situazione
sostanziale plurisoggettiva dedotta in giudizio deve essere necessariamente decisa in maniera unitaria nei confronti di tutti i soggetti che ne siano partecipi al fine di non privare la decisione dell’utilità connessa all’esperimento dell’azione proposta. (…) Nel caso concreto, se la decisione intervenisse senza la partecipazione al giudizio del Ministero si precluderebbe a quest’ultimo il diritto di opporsi al versamento delle proprie somme. In ragione di ciò non può, pertanto, condividersi l’assunto del p rimo giudice che ha escluso la sussistenza del litisconsorzio necessario sol perché l’amministrazione scolastica ha richiesto all’INPS la restituzione delle somme ‘nei limiti di legge’, espressione che non ha certamente il significato di riconoscimento della pretesa avanzata dal COGNOME. La mancata citazione in giudizio del Ministero dell’Istruzione costituisce, quindi, violazione del principio del contraddittorio, per cui gli atti, a norma del 354 c.p.c., vanno rimessi al primo giudice affinché il contraddittorio venga perfezionato nei confronti di tutti i soggetti che devono partecipare al giudizio, con onere di riassunzione nei termini di legge a cura della parte più diligente’.
Propone ricorso per cassazione articolato in tre motivi il lavoratore indicato in epigrafe.
Resiste con controricorso l’I NPS.
Deposita memoria il lavoratore.
CONSIDERATO CHE
Con il primo motivo si deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 102 c.p.c., l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti e la violazione e falsa applicazione dell’art. 215 del d.lgs. n. 174 del 2016.
1.1. Si nega la sussistenza, nel caso di specie, di un’ipotesi di litisconsorzio necessario sulla base del rilievo che -per effetto della sentenza della Corte dei Conti di condanna del lavoratore al risarcimento del danno erariale – il MIUR (oggi MIM) non ha affatto richiesto, a seguito della conversione del sequestro in pignoramento, la restituzione delle somme versate per costituire la provvista per il pagamento del TFS, ma solo la devoluzione in proprio favore delle somme recuperabili nei limiti di 1/5 secondo quanto previsto per legge.
Con la seconda doglianza si lamenta la violazione e falsa applicazione dell’art. 102 c.p.c. e dei principi generali in tema di litisconsorzio necessario.
2.1. Si rimarca che in materia previdenziale, con specifico riferimento alle questioni aventi ad oggetto il versamento dei contributi, come pure in quelle che concernono l’erogazione delle prestazioni assicurative, non vi è litisconsorzio necessario tra ente previdenziale e datore di lavoro in quanto i due rapporti restano diversi.
2.2. Si insiste che quello in rilievo non è un rapporto inscindibile e che l’unico obbligato al pagamento del TFS, prestazione per cui è causa, è l’INPS.
Con la terza censura si deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 92 c.p.c., contestandosi la mancata compensazione delle spese in appello, in ragione del tenore della decisione di prime cure che non aveva disposto l’integrazione del contraddittorio, della pronunzia in rito della Corte di Appello e della richiesta, comunque effettuata al Tribunale, di disporre, se ritenuta opportuna, la chiamata in causa della parte datoriale.
I primi due motivi sono fondati.
4.1. Il Collegio condivide e si riporta a quanto già affermato da Cass. Sez. L. n. 3422 del 03/02/2022, rv. 663835 -01, ma
anche dalla successiva conforme non massimata Cass. n. 22117/2022, al cui percorso argomentativo integralmente si riporta condividendolo.
Nelle due pronunzie innanzi ricordate si rimarca che non sono litisconsorti necessari il lavoratore e il datore di lavoro, rispettivamente, nelle controversie fra il secondo e l’Ente previdenziale, aventi ad oggetto il versamento dei contributi, e in quelle, fra il primo e lo stesso Ente, aventi ad oggetto l’erogazione delle prestazioni assicurative, poiché, pur essendo il rapporto di lavoro e quello previdenziale connessi, rimangono, comunque, rapporti diversi e in siffatte controversie l’accertamento con forza di giudicato è chiesto solo con riferimento al rapporto previdenziale per le obbligazioni che ne derivano, di guisa che l’insorgere di una contestazione fra le parti circa la sussistenza del rapporto di lavoro non implica la necessità di integrazione del contraddittorio nei confronti dell’uno o dell’altro soggetto di quello stesso rapporto, rimasto estraneo alla causa in corso, potendo la relativa questione essere risolta in via meramente incidentale, al limitato fine dell’accertamento dei presupposti suddetti, senza che tale soggetto subisca pregiudizio da una decisione “incidenter tantum”, inidonea a costituire giudicato nei suoi confronti.
Insomma, nella fattispecie in esame – in cui peraltro non è in discussione lo svolgimento in fatto ex art. 2126 c.c. della prestazione di lavoro – tra datore di lavoro, lavoratore ed ente previdenziale non è configurabile un rapporto trilatero, ma tre rapporti bilaterali.
Ne consegue che deve escludersi la sussistenza di una situazione di litisconsorzio necessario con in datore di lavoro in relazione alla domanda con la quale il lavoratore avanzi la richiesta del TFS al solo ente previdenziale (cui, peraltro, nel
caso di specie, il MIUR ha incontestatamente versato i contributi).
Irrilevante nel caso qui all’attenzione , si soggiunge, Cass. 17320/2020, rv. 658831-01 in cui si è invece affermata la necessità del litisconsorzio necessario e ciò in quanto in quella fattispecie veniva in rilievo la diversa domanda all’INPS di versamento di contributi omessi. Sicché il litisconsorzio era giustificato dal fatto che l’obbligo di versamento dei contributi si configura, nell’ambito del rapporto di lavoro, come un obbligo di facere del datore di lavoro in favore dell’ente previdenziale che, dando luogo a una situazione sostanziale unitaria, deve trovare riflesso processuale nella partecipazione al giudizio di tutti i soggetti nei cui confronti la decisione del relativo giudizio è idonea a produrre effetti. Senza tacere, peraltro, che il suddetto orientamento ha superato quello espresso in precedenti pronunce che avevano negato la sussistenza di un’ipotesi di litisconsorzio necessario tra INPS e datore, anche nel caso di controversia avente ad oggetto il versamento dei contributi (vedi: Cass. n. 17162/2016 e Cass. n. 12213/2004). 4.2. Nel caso qui all’attenzione, in ogni caso, non viene in rilievo una questione elativa al mancato versamento dei contributi da parte del datore, infatti, si ribadisce, pur essendo configurabile un rapporto di fatto ex 2126 c.c., stante la mancanza del titolo abilitativo all’insegnamento da parte del lavoratore, non vi è alcuna contestazione con riguardo all’effettiva prestazione del servizio, del pari, non vi è contestazione con riguardo al versamento dei contributi e della provvista per il TFS da parte del datore.
4.3. Non vi è dubbio, conseguentemente, che i servizi effettivamente prestati dal lavoratore debbano essere valutati ai fini pensionistici e previdenziali in quanto connessi ad un’attività lavorativa effettivamente svolta anche se non
ricollegabile ad un rapporto di impiego pubblico, ma ad un rapporto rilevante ex art. 2126 c.c. (cfr. tra le tante anche Cons. di Stato, Sez. III, 27.8.2014, n. 4350).
4.4. Non è revocabile in dubbio, infine, che la fattispecie qui all’attenzione rientri nella sfera di applicazione dell’art. 2126 c.c. che riconosce al lavoratore il diritto al trattamento retributivo e alla contribuzione previdenziale per il tempo in cui il rapporto ha avuto materiale esecuzione, oltre che il diritto al pagamento del TFS che, peraltro, come sottolineato dalla Corte costituzionale, è una prestazione che costituisce componente della giusta retribuzione ai sensi dell’art. 36 Cost. (cfr. Corte cost. n. 130 del 2023).
Alla luce di tutto quanto innanzi esposto, va quindi esclusa la sussistenza nel caso in esame di un’ipotesi di litisconsorzio necessario che imponga la partecipazione al giudizio della parte datoriale, dovendo compiersi le azioni per il recupero dei crediti erariali cui si fa cenno nella motivazione della Corte territoriale secondo le disposizioni di legge normalmente applicabili.
Ne deriva che, in accoglimento delle prime due censure, assorbita la terza, il ricorso va accolto, la sentenza impugnata cassata con rinvio cd. restitutorio alla Corte di Appello di Ancona che provvederà anche sulle spese del presente giudizio di legittimità.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della non sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis, dello stesso art. 13.
accoglie i primi due motivi di ricorso, assorbito il terzo, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di Appello di Ancona che provvederà anche per le spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione