Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 21950 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 21950 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 30/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 29686/2020 R.G. proposto da:
COGNOME elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocat a NOME COGNOME rappresentato e difeso dagli avvocati NOME COGNOME e NOME COGNOME
-ricorrente-
contro
VERDERAME ASSUNTA
-intimata- avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO NAPOLI n. 669/2020 depositata il 12/02/2020.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 20/03/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
NOME COGNOME convenne in giudizio NOME COGNOME.
L’attrice espose di essere proprietaria di un alloggio formato da due vani al primo piano e un vano con antistante terrazza a livello sul lastrico solare di copertura del fabbricato condominiale, dalla quale affermava esercitarsi veduta laterale (verso mare) e obliqua; espose altresì che il COGNOME, proprietario dell’ultimo piano e del sottotetto del fabbricato contiguo, aveva realizzato interventi lesivi dei suoi diritti: realizzazione, comportante modifica della facciata del fabbricato, di un nuovo corpo di fabbrica di maggior volume rispetto alla preesistente veranda, con elevazione della falda del tetto, il cui nuovo andamento inclinato avrebbe precluso la veduta laterale verso il mare; dedusse quindi la violazione degli art. 907 e 873 c.c. e della normativa antisismica.
Il COGNOME replicò -per quanto ancora qui interessa- che il rifacimento del tetto con elevazione della falda era stato eseguito dal Condominio di cui la sua proprietà fa parte e che egli, nell’ambito dei lavori di ristrutturazione del fabbricato condominiale, si era limitato ad interventi di rifinitura.
Il Tribunale di Torre Annunziata, adito dalla COGNOME, accertò (per quanto ancora interessa) l’effettivo ampliamento da parte del Cuomo del precedente vano -veranda e la preesistenza delle vedute -definite tali- della COGNOME rispetto alla modifica apportata dalla controparte, l’incidenza della modifica della falda del tetto sulla veduta dell’attrice e la sussistenza dei presupposti per l’arretramento di tre metri del manufatto del convenuto, ex art.907 e 873 c.c.
L’appello del soccombente convenuto è stato respinto dalla Corte d’Appello di Napoli in base alle seguenti motivazioni: non c’è carenza di legittimazione passiva quanto all’intervento relativo al tetto e al solaio inclinato, perché il Cuomo ha sempre riconosciuto di aver effettuato le opere di sistemazione della sua proprietà nell’ambito della ristrutturazione condominiale e perché il manufatto, locale sottotetto, incidente sulla veduta Verderame è il suo; non è rilevante stabilire chi ha curato il rifacimento del tetto; quanto alla contestazione dell’affermata preesistenza delle vedute dell’attrice appellata, che invece l’appellante assume siano state realizzate abusivamente e dopo gli interventi di cui è causa, il terrazzo dal quale si esercitano risulta dall’atto di acquisto dell’appellata, che è del 1995; il riferimento del Tribunale all’art.873 c.c. è evidentemente un errore, dato che la decisione si fonda sul disposto dell’art.907 c.c., rispetto al terrazzo dai tre lati del quale si esercitano vedute.
Contro la sentenza della Corte d’Appello di Napoli ha proposto ricorso per cassazione NOME COGNOME affidandolo a quattro motivi.
NOME COGNOME è rimasta intimata.
NOME COGNOME ha depositato memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Il COGNOME, con i primi due motivi di ricorso, che tratta congiuntamente, lamenta la ‘ violazione dell’art.2697 c.c. e 1117 c.c. in relazione all’art.360 n.3 c.p.c .’ (con il primo), e la ‘ violazione dell’art.132 comma 2 n.4 c.p.c., dell’art.111 comma 6 cost. e degli art.115 comma 1 in relazione all’art.360 co 1 n.4 e 5 c.p.c.’ (con il secondo).
Il ricorrente critica la sentenza d’appello per avere erroneamente rigettat o l’eccezione di difetto di legittimazione passiva formulata fin dal primo grado di giudizio, pur riconoscendo che non era lui il proprietario del solaio di copertura, sul presupposto non condivisibile secondo cui non avrebbe potuto ‘dirsi comune la colonna d’aria aggiunta al dominio individuale’; così argomentando, la Corte d’Appello avrebbe , ad avviso del ricorrente, altresì violato gli art.2697 c.c. e 1117 c.c. e avrebbe reso una motivazione perplessa e irragionevole, logicamente e formalmente incoerente ed in contrasto con i principi di diritto affermati dalla giurisprudenza di legittimità.
Il ricorrente, richiamando le difese svolte in grado di appello, ha insistito nell’affermare che il fatto che non fu lui a realizzare il ‘ manufatto solaio inclinato ‘ emergerebbe ‘in modo indiscutibile e incontestabile ‘ dalla documentazione depositata in atti (DIA n. 25488 del 17/06/2004 a firma del Geom. COGNOME NOME a cui fa riferimento il CTU, a conferma del fatto che i lavori al solaio di copertura dello stabile furono eseguiti dall’amministrazione condominiale, sotto la direzione tecnica del Geom. COGNOME); detti lavori furono autorizzati dal Comune, appaltati dall’amministrazione condominiale in persona dell’amministratore dell’epoca NOME COGNOME ed eseguiti da impresa incaricata dal Condominio; sarebbe indiscutibile che il tetto assume esclusivamente la funzione di copertura, e quindi che esso è un bene comune condominiale ai sensi dell’art. 1117 c.c. Sempre secondo il ricorrente, ‘ La ricostruzione dei fatti operata dal geom. COGNOME in sede di ATP e dall’arch. COGNOME in sede di CTU nel giudizio successivo e dal Giudice nel giudizio di primo grado, si basa su un grosso equivoco di fondo: il ritenere il COGNOME responsabile quale proprietario del tetto e quale autore del rifacimento del tetto. Sia il Giudice di primo grado che il Giudice di secondo grado, si riportano a quanto accertato e dichiarato dai consulenti in sede di ATP e di CTU. Ebbene, il
geom. NOME COGNOME così si esprime (pag. 8 della sua relazione): ‘Si ribadisce che effettivamente il tetto di copertura dell’immobile di proprietà COGNOME NOME, realizzato in passato con struttura in travi di legno e ricoperto da lamiere ondulate in ferro, è stato demolito durante i lavori di manutenzione straordinaria, DIA prot. 25488 del 17.06.2004, e sostituito con solaio a forma chiusa in calcestruzzo armato ricoperto da tegole in cotto, detto manufatto si presenta inclinato ad unica falda con quota minima alla gronda pari a mt 17.362 su INDIRIZZO quota intermedia pari a mt. 19.214 (altezza massima della camera da letto posta di fronte alla scala interna, e quota massima pari a mt. 20.362 (cfr. Allegato F). …’. Il CTU arch. COGNOME a pag. 5 della sua relazione così si esprime: ‘… dalla documentazione versata in atti è più specificatamente dalla Consulenza Tecnica d’Ufficio depositata in data 21/07/2010 e redatta dal Geom. NOME COGNOMEè emerso che effettivamente nel rifacimento del tetto è stata variata l’inclinazione della falda’ ed altresì che ‘effettivamente il nuovo manufatto solaio inclinato preclude ogni veduta lato mare’ ed infine ‘e che è stato realizzato in aderenza alla proprietà Verdera me’ -la parte in corsivo è riportata testualmente dal ricorso-.
Il motivo è fondato.
Seppur senza l’uso di formule sacramentali (cfr. Sez. U – , Ordinanza n. 32415 del 08/11/2021), il ricorrente denunzia un difetto di contraddittorio dal lato passivo, e quindi, in sostanza, una violazione del disposto dell’art.102 c.p.c. : essendo egli pacificamente solo un condomino del fabbricato di cui fa parte l’unità immobiliare di sua esclusiva proprietà, fabbricato rispetto al quale il tetto, alla modificazione della falda del quale appare quantomeno anche riferibile la lesione della veduta di controparte, e le sue componenti costituiscono presuntivamente parti comuni ex art.1117 c.c.
In quanto condomino, e quindi presuntivamente comproprietario ex art.1117 c.c. del tetto del fabbricato condominiale, oltre che proprietario dell’ultimo piano dello stabile e del sottotetto, il COGNOME è senz’altro legittimato passivo rispetto all’azione fondata sulla violazione delle distanze dalle vedute, introdotta dall’attrice : contrariamente al suo assunto, infatti, e vertendosi in materia di diritti reali, la sua vocazione in giudizio in veste di proprietario e non di condomino non esclude che, ove fin dall’introduzione del processo l’immobile in relazione al quale si lamenti l’effettuazione di interventi lesivi sull’altrui proprietà sia quantomeno anche bene
condominiale, egli si debba intendere legittimamente convenuto anche quale comproprietario di detto bene condominiale.
Si ribadisce, quindi, che non di carenza di legittimazione passiva del ricorrente si tratta ma di difetto di integrità del contraddittorio (e quindi di individuazione di tutti i soggetti da considerare passivamente legittimati in relazione alla domanda proposta da NOME COGNOME) che, ove risulti effettivamente lesa, comporterebbe la retrocessione del processo al Giudice di primo grado: la questione può essere rilevata, attraverso la rivalutazione del motivo e il suo corretto inquadramento secondo la qualificazione giuridica appropriata, in applicazione del disposto dell’art. 383 co 3 c.p.c. in relazione al disposto dell’art.354 c.p.c. -cfr. Cass. n.1158/1999; Cass. n.12767/1999; Cass. n. 5603/2001; Cass. n.5545/2005; Cass. n.23564/2019; Cass. n.2634/2021-.
La questione della corretta identificazione dei contraddittori necessari nell’ipotesi in cui si richiedano interventi sull’edificio condominiale volti alla modifica o demolizione di parti comuni è stata uniformemente risolta da questa Corte nel senso del necessario coinvolgimento nella controversia di tutti i condomini, sia perché l’edificio condominiale deve essere considerato come entità unitaria non divisibile pro quota quanto agli interventi da effettuare su di esso, sia perché la realizzazione di opere sulle parti comuni volte a modificarne le caratteristiche incide sul diritto di comproprietà di tutti i condomini, con la conseguenza che una pronuncia di condanna ad un facere volto a modificare le caratteristiche del bene che ne è oggetto non potrebbe essere eseguita se non in presenza di un titolo esecutivo formato nei confronti di tutti i soggetti coinvolti -si pensi ad una contestazione sul mancato rispetto delle distanze legali tra fabbricati e dal confine, con richiesta di arretramento dell’intero edificio: cfr. al riguardo, Cass. n.2484/1999, che ha appunto sottolineato come ‘ La domanda di arretramento di un edificio condominiale per violazione delle distanze legali deve esser proposta nei confronti di tutti i condomini, … ‘; nello stesso senso Cass. n.292/2000; in tema di comproprietà pro indiviso Cass. n.5545/2005 precisa che ‘ In tema di azioni reali sussiste il litisconsorzio necessario nei confronti dei comproprietari pro indiviso dell’immobile confinante, qualora la domanda ha ad oggetto la condanna dei medesimi alla demolizione o al ripristino dell’immobile de quo, giacché la sentenza pronunciata contro soltanto alcuni di essi sarebbe inutiliter data (Cass. 5603/2001; 2610/1999 ). …’ ; cfr. Cass. 21486/2012; cfr. inoltre Cass. n.7412/2003, Cass. n.22833/2005, Cass. n.921/2001, Cass. SSU
n.1238/2015 in materia possessoria, quando la reintegrazione debba avvenire con interventi su beni in comproprietà/compossesso-.
Si è ancora affermato, in materia di condominio e in linea con le considerazioni che precedono, che ‘… nel giudizio promosso per conseguire la rimozione di una costruzione, illegittimamente realizzata in un’unità immobiliare in danno delle parti comuni di un edificio condominiale, sono litisconsorti necessari tutti i comproprietari dell’immobile in cui l’opera medesima si trova, indipendentemente dal fatto che solo uno o alcuni di essi siano stati gli autori materiali della costruzione, in quanto la sentenza resa nei confronti di alcuni soltanto dei contitolari resterebbe inutiliter data, perchè non eseguibile nei confronti degli altri (arg. da Cass. Sez. 2, 15/05/2007, n. 11109; Cass. Sez. 1, 30/03/1979, n. 1841). Peraltro, la necessità di integrare il contraddittorio nei confronti dei litisconsorti pretermessi deve essere valutata non “secundum eventum litis” …, ma al momento in cui l’azione sia proposta, valutando se la stessa, sulla base del “petitum” (e, cioè, del risultato perseguito in giudizio dall’attore con la sua domanda), sia potenzialmente diretta anche ad una modificazione della cosa comune (cfr. Cass. Sez. 2, 14/12/2017, n. 30071)’ -così Cass. n.4685/2018; cfr. ancora, per ulteriori spunti di riflessione, Cass. n.10208/2011; Cass. n.21486/2012; Cass. n. 2634/2021-.
Occorre a questo punto verificare se l’intervento dal quale NOME COGNOME assume essere derivata la lesione del diritto di veduta per la cui tutela ha agito abbia riguardato un bene di proprietà esclusiva del ricorrente oppure un bene condominiale e, in questa seconda ipotesi, se il petitum della domanda proposta comporti un intervento modificativo su di esso.
Ora, emerge dalla motivazione della sentenza appellata che: NOME COGNOME aveva identificato gli interventi lesivi dei suoi diritti nella ‘ realizzazione, con modifica della facciata, in luogo di una preesistente veranda, di un nuovo corpo di fabbrica di maggior volume e l’elevazione della falda, il cui andamento inclinato le avrebbe precluso ogni veduta lato mare ‘; secondo il Tribunale di Torre Annunziata, ‘ effettivamente il nuovo manufatto solaio inclinato preclude ogni veduta intervento … praticato nel corso del rifacimento della copertura ‘ (cfr. a pag.3 della sentenza d’appello); il Tribunale di Torre Annunziata ha aderito alla ricostruzione in fatto proposta nelle consulenze tecniche d’ufficio, rilevanti che ‘ effettivamente nel rifacimento del tetto è stata variata l’inclinazione della falda ‘ e che ‘ effettivamente il nuovo manufatto solaio inclinato preclude ogni veduta lato mare ‘ (cfr. la sentenza
d’appello, a pag.4); la Corte di merito ha inteso valorizzare il fatto che la prospettata lesione della veduta è derivata dalla modifica dell’altezza e della volumetria del locale sottotetto, pacificamente di proprietà COGNOME, e ha ritenuto irrilevante, ai fini della titolarità/legittimazione passiva rispetto all’azione proposta da NOME COGNOME, il fatto che detta modifica sia stata eseguita ‘ mediante la variazione dell’angolo di inclinazione del tetto di copertura dell’intero fabbricato condominiale ‘, ‘ con traslazione verso l’alto della copertura ‘ (quindi con sostanziale riconoscimento che era intervenuta una modifica del tetto), ‘ nel corso dei lavori condominiali, legittimamente o meno appaltati e assentiti ‘ (cfr. la sentenza d’appello, a pag. 6).
Si può conseguentemente affermare che, in fatto, è stato accertato nella sentenza d’appello che gli interventi effettuati sulla proprietà esclusiva di NOME COGNOME e la loro lesività rispetto al diritto di veduta per la cui tutela ha agito NOME COGNOME sono stati realizzati nello stesso contesto dell’intervento del Condominio di rifacimento della copertura del fabbricato sito in Castellammare di Stabia, INDIRIZZO con variazione dell’inclinazione della falda determinante la sua elevazione.
Occorre verificare quindi se sia corretta l’identificazione del solo NOME COGNOME quale legittimato passivo rispetto ad un’azione che vuole ottenere (ed ha provvisoriamente ottenuto per l’esito conforme dei due giudizi di merito) l’arretramento del necessariamente incidente anche sulla falda del tetto del fabbricato.
La risposta deve essere negativa perché alla luce delle considerazioni che precedono, tenuto conto del fatto che la modifica del tetto con innalzamento della falda rientra tra gli interventi oggetto di domanda di arretramento e ripristino formulata dalla attrice, al giudizio avrebbero dovuto partecipare quali litisconsorti necessari tutti i condomini, essendo il tetto e le sue componenti beni comuni, ex art.1117 c.c.
Rimane logicamente assorbita la valutazione del secondo motivo di ricorso, volto a mettere in discussione il profilo motivazionale della sentenza ex art.360 n.4 o n.5 c.p.c.
Anche il terzo motivo -‘ Arbitraria e falsa applicazione dell’art. 907 c.c. e dell’art.2697 c.c. in relazione all’art.360 n.3 c.p.c.’ – e il quarto -‘violazione dell’art.132 comma 2 n.4 c.p.c., dell’art.111 comma 6 Cost. e degli art.115 comma 1
in relazione allart.360 co 1 n.4 c.p.c. ‘ -sono trattati in un unico contesto argomentativo.
Attraverso di essi il ricorrente lamenta l’erronea equiparazione del terrazzo di proprietà Verderame, con un parapetto in muratura spesso 60 cm. e alto 100 cm. -che non permette affaccio e di cui contesta comunque la priorità temporale-, ad un balcone, e l’erronea applicazione dell’art.907 c.c. Emergerebbe dalla relazione peritale d’ufficio dell’arch. COGNOME che la veduta esercitabile dalla terrazza di proprietà Verderame, in tesi lesa dalle opere poste in essere sull’immobile di cui fa parte l’unità immobiliare del ricorrente, sia laterale e obliqua, non diretta, con conseguente impossibilità di riconoscere per essa la tutela che l’art.907 c.c. riserva alla sola veduta diretta: quindi, anche ove vi riconoscesse una preesistente veduta a favore della proprietà RAGIONE_SOCIALE, questa non sarebbe stata diretta e, inoltre, l’unico elemento che ne impedirebbe l’esercizio sarebbe costituito dal ‘manufatto solaio’ realizzato dall’amministrazione condominiale. Anche in relazione alle questioni evidenziate vi sarebbero nella sentenza d’appello le carenze motivazionali sopra evidenziate, di irragionevolezza e incoerenza insuperabile.
I motivi riportati, che presuppongono la rituale instaurazione del contraddittorio riguardando la corretta applicazione da parte dei Giudici di merito delle norme regolanti la materia oggetto di controversia, rimangono assorbiti dall’accoglimento del primo motivo, nei termini di cui sopra.
In conclusione, deve essere accolto il primo motivo di ricorso, assorbiti gli altri; va dichiarata la nullità del giudizio di primo grado e la sentenza va quindi cassata, con rinvio al primo Giudice, (Tribunale di Torre Annunziata in diversa composizione), per difetto di contraddittorio ex art.383 co 3 e 354 c.p.c.
Il Giudice di rinvio provvederà anche in ordine alle spese del giudizio di legittimità.
PQM
La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, con assorbimento dei restanti motivi; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia la causa al Tribunale di Torre Annunziata, in diversa composizione anche per le spese di questo giudizio.
Così deciso in Roma, nell’adunanza in camera di consiglio del 20.3.2025