Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 34126 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 34126 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 23/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 4186/2023 R.G. proposto da :
COGNOME elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE rappresentato e difeso dagli avvocati COGNOME NOME (CODICE_FISCALE, COGNOME (CODICE_FISCALE
-ricorrente-
contro
COGNOME NOME COGNOME, COGNOME RAGIONE_SOCIALE, COGNOME, elettivamente domiciliati in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE
-controricorrenti-
nonchè
contro
COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME
-intimati- avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO ROMA n. 2387/2022 depositata il 11/04/2022.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 28/11/2024 dal Consigliere NOME COGNOME
Premesso che:
1.NOME, NOME, NOME, NOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME convenivano davanti al Tribunale di Cassino NOME COGNOME, esponevano che questi aveva modificato lo stato di un terreno comune, adibito ad aia, in Comune di Colle San Magno, in particolare distruggendo un muro di recinzione e realizzandone un altro in modo da accorpare parte dell’aia alla sua proprietà esclusiva, chiedevano accertarsi il loro diritto di comproprietari e condannarsi il convenuto alla riduzione in pristino dell’aia e al risarcimento dei danni. Il convenuto contestava il fondamento delle domande, chiedeva accertarsi il suo diritto esclusivo sull’aia per usucapione o, in subordine, procedersi alla scioglimento della comunione. Il Tribunale, rilevato che dagli atti era emerso che l’aia era in proprietà anche di terzi, disponeva l’integrazione del contraddittorio rispetto a tutti i comproprietari ravvisando la necessità dell’integrazione ‘in ordine alle domande formulate da entrambe le parti’. Nessuno si costituiva. All’esito dell’istruttoria il Tribunale accoglieva le domande principali e rigettava le riconvenzionali. Il Di COGNOME proponeva appello. La Corte di Appello rilevava che l’integrazione del contraddittorio non era avvenuta nei confronti di NOME COGNOME riteneva tuttavia che la
partecipazione al giudizio di tutti i comproprietari fosse necessaria solo per la domanda riproposta dell’appellante di scioglimento della comunione e non per le domande proposte dagli originari attori, separava la prima domanda dalle altre, annullava la sentenza impugnata per quanto concernente la domanda di scioglimento della comunione e rimetteva la causa relativa a questa domanda al Tribunale di Cassino ai sensi dell’art. 354 c.p.c., confermava per il resto la sentenza impugnata, salvo dichiarare il difetto di legittimazione di NOME COGNOME e di NOME COGNOME in quanto risultati non proprietari dell’aia;
2.contro questa sentenza ricorre il COGNOME con un motivo avversato da NOMECOGNOME NOME e NOME COGNOME
NOME e NOME COGNOME e NOME COGNOME sono rimasti intimati;
il ricorrente ha depositato memoria;
i controricorrenti hanno depositato memoria;
considerato che:
1.con l’unico motivo di ricorso si lamenta, in relazione all’art. 360, primo comma, n.4 c.p.c., la violazione o falsa applicazione dell’art. 354 c.p.c., per non avere la Corte di Appello ravvisato la sussistenza della necessità del litisconsorzio tra tutti i comproprietari ‘con riguardo alla domanda di accertamento della comproprietà e ripristino dello stato dei luoghi formulate in primo grado dagli attori’;
2.il motivo è fondato.
2.1. La Corte di Appello ha confermato la sentenza di primo grado nella parte in cui questa aveva, in accoglimento della originaria domanda di riduzione in pristino dell’aia – bene comune ad attori, convenuto e terzi, uno dei quali, NOME COGNOME pretermesso-, ordinato la demolizione delle opere realizzatevi dall’attuale ricorrente.
Tali opere sono divenute di proprietà comune a tutti i comproprietari dell’aia, in forza del noto principio di accessione, di cui all’art. 934 cod. civ., per il quale qualunque costruzione realizzata sopra il suolo si incorpora al suolo ed appartiene immediatamente al proprietario di questo («quidquid inaedificatur solo cedit»).
In relazione a fattispecie analoga questa Corte ha affermato che il principio di diritto secondo cui la tutela della cosa comune compete ad ogni comproprietario, il quale può agire in giudizio senza necessità di chiamare in causa tutti gli altri, non ricorrendo un’ipotesi di litisconsorzio necessario tra tutti i condomini (in tali termini, Sez. 2, Sentenza n. 1505 del 23/02/1999, Rv. 523501), non è applicabile quando la tutela richiesta implichi la demolizione della cosa comune (Cass. 22694/2015) atteso che, in siffatta situazione, la mancata partecipazione al giudizio degli altri comproprietari renderebbe a loro inopponibile la richiesta pronuncia, che resterebbe “inutiliter data” (Cass.n.139/84). Le Sezioni Unite, con sentenza n. 1238 del 23/01/2015 , hanno precisato che «In tema di tutela possessoria, qualora la reintegrazione o la manutenzione del possesso richieda, per il ripristino dello stato dei luoghi, la demolizione di un’opera in proprietà o possesso di più persone, il comproprietario o compossessore non autore dello spoglio è litisconsorte necessario non solo quando egli, nella disponibilità materiale o solo in iure del bene su cui debba incidere l’attività ripristinatoria, abbia manifestato adesione alla condotta già tenuta dall’autore dello spoglio o abbia rifiutato di adoperarsi per l’eliminazione degli effetti dell’illecito, ovvero, al contrario, abbia dichiarato la disponibilità all’attività di ripristino, ma anche nell’ipotesi in cui colui che agisca a tutela del suo possesso ignori la situazione di compossesso o di comproprietà, perché in tutte queste fattispecie anche il compossessore o comproprietario non autore della condotta di
spoglio è destinatario del provvedimento di tutela ripristinatoria» (Sez. U, Sentenza n. 1238 del 23/01/2015). Nell’occasione le Sezioni unite hanno anche sottolineato che «Il terzo legittimato all’opposizione ordinaria ai sensi dell’art. 404, primo comma, cod. proc. civ., ancorché litisconsorte necessario pretermesso (così come il titolare di diritto autonomo e incompatibile, il falsamente rappresentato, il titolare di status incompatibile con quello accertato inter alios), non può, al fine di incidere sull’efficacia del titolo, proporre opposizione ai sensi dell’art. 615, primo e secondo comma, cod. proc. civ., avverso l’esecuzione promossa sulla base del titolo giudiziale costituito dalla sentenza pronunciata pur nella sua pretermissione, neppure se la procedura esecutiva, in forma specifica e formalmente diretta contro la parte della sentenza opponibile, lo coinvolga quale detentore materiale del bene, ma può far valere la sua situazione per bloccare l’esecuzione (o l’esecutività del titolo) esclusivamente con l’opposizione ordinaria, nel cui ambito ottenere, ai sensi dell’art. 407 cod. proc. civ., la sospensione dell’esecutività della sentenza» (Sez. U, Sentenza n. 1238 del 23/01/2015, Rv. 634088); potendo proporre opposizione all’esecuzione ai sensi dell’art. 615 cod. proc. civ. solo ove «sostenga che quanto stabilito dal predetto titolo sia stato soddisfatto oppure sia stato modificato da vicende successive, sicché non vi è più nulla da eseguire» oppure opposizione ai sensi dell’art. 619 cod. proc. civ. ove «l’esecuzione del titolo formatosi inter alios si estenda al di fuori dell’oggetto previsto nella statuizione giudiziale, sicché l’esecuzione non è sorretta dal titolo». Nel caso di specie, a fronte della sentenza che ha ordinato la demolizione della cosa comune, non ricorrevano neppure le ipotesi per le quali -alla stregua di quanto precisato dalle Sezioni Unite -sarebbero state ammesse l’opposizione all’esecuzione ai sensi dell’art. 615 cod. proc. civ. o quella ai sensi dell’art. 619 cod. proc. civ.
2.2. I controricorrenti, per contrastare il motivo di ricorso, eccepiscono, in primo luogo, che essi non avrebbero mai chiesto la demolizione di manufatti ma solo la riduzione in pristino. L’eccezione non ha pregio a fronte del fatto che la Corte di Appello ha scritto che ‘la sentenza è da confermare corrispondendo all’obiettivo dei comproprietari di essere reimmessi nel possesso dell’area attraverso la demolizione del muro di recinzione e della pavimentazione di cemento intorno al lastricato dell’aia. In sede di esecuzione sarà risolto ogni eventuale altro problema inerente al ripristino della situazione originaria ed in particolare la ricostruzione del muretto iniziale’.
I controricorrenti eccepiscono, in secondo luogo, che il ricorrente non avrebbe indicato i litisconsorti pretermessi. L’eccezione non ha pregio a fronte del fatto che nella sentenza di Appello si ribadisce, sia pure sull’assunto erroneo che il litisconsorzio sussistesse solo in relazione alle domande principali originarie e non alla riconvenzionale, quanto affermato dal Tribunale in ordine alla identità del litisconsorte pretermesso NOME COGNOME.
I controricorrenti eccepiscono, ancora, che il ricorrente non avrebbe indicato che interesse egli abbia all’integrazione del contraddittorio. L’eccezione non ha pregio posto che l’integrazione del contradditorio è necessaria al fine di evitare una sentenza inutile e che, proprio in relazione a questo fine, è stata disposta già dal Tribunale;
3.in conclusione, il ricorso deve essere accolto, la sentenza impugnata deve essere, in parte qua, cassata e la causa deve essere rinviata al Tribunale di Cassino, dato che, ove un litisconsorte necessario non sia stato citato in giudizio e il contraddittorio non si stato integrato, la relativa omissione rilevabile anche d’ufficio in ogni stato e grado del processodetermina l’annullamento della sentenza con rimessione della
causa al giudice di primo grado, ai sensi dell’art. 383, comma 3, c.p.c. (v. al riguardo Cass.4665/2021);
le spese del presente giudizio di legittimità saranno liquidate dal giudice del rinvio.
PQM
la Corte accoglie il motivo di ricorso, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia la causa al Tribunale di Cassino, in persona di altro magistrato, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma il 28 novembre 2024.