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Litisconsorzio necessario e cessione d’azienda: no

Un lavoratore impugna il licenziamento dopo una cessione d’azienda, citando solo le società acquirenti. I giudici di merito dichiarano la domanda improcedibile per mancata citazione della società cedente. La Cassazione cassa la sentenza, escludendo il litisconsorzio necessario in questi casi e affermando che l’invalidità della citazione verso una parte non invalida l’intero processo.

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Pubblicato il 19 settembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Cessione d’azienda e litisconsorzio necessario: la Cassazione fa chiarezza

In un contesto di trasferimento d’azienda, un lavoratore che intende far valere i propri diritti deve citare in giudizio tutte le società coinvolte? La Corte di Cassazione, con una recente ordinanza, torna sul tema del litisconsorzio necessario, offrendo un’interpretazione cruciale per la tutela dei lavoratori e la corretta instaurazione del giudizio. La decisione sottolinea che, in assenza di un rapporto giuridico unico e inscindibile, non è obbligatorio convenire in giudizio sia la società cedente sia quella cessionaria.

I Fatti del Caso

Un lavoratore, dopo essere stato licenziato dalla società A, che nel frattempo era stata cancellata dal registro delle imprese, agiva in giudizio contro le società B e C, ritenute cessionarie dell’azienda. Il suo obiettivo era ottenere l’accertamento della continuità del rapporto di lavoro con le nuove società, la declaratoria di illegittimità del licenziamento e il conseguente risarcimento del danno. Tuttavia, il lavoratore non aveva citato correttamente in giudizio la società A (la cedente), in quanto la notifica era stata indirizzata al liquidatore di una società ormai inesistente anziché ai singoli soci.

La Decisione dei Giudici di Merito

Sia il Tribunale che la Corte d’Appello avevano dichiarato la domanda del lavoratore improcedibile. Secondo i giudici di merito, l’accertamento della continuità del rapporto di lavoro con le società cessionarie presupponeva necessariamente l’accertamento dell’illegittimità del licenziamento intimato dalla società cedente. Tale circostanza, a loro avviso, creava una situazione di litisconsorzio necessario, rendendo indispensabile la partecipazione al processo della società cedente. La mancata rituale citazione di quest’ultima, dunque, viziava l’intero procedimento.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione: perché non sussiste il litisconsorzio necessario

La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso del lavoratore, cassando la sentenza d’appello e ribaltando la prospettiva dei giudici di merito. La Suprema Corte ha fondato la sua decisione su due principi fondamentali.

In primo luogo, ha richiamato il principio di conservazione degli atti processuali in caso di cause scindibili. Quando un attore cita in giudizio più parti e la notifica è valida solo per alcune di esse, il processo è validamente instaurato nei confronti di queste ultime. L’invalidità della citazione verso una parte non inficia l’intero atto, che conserva la sua efficacia per le parti correttamente evocate in giudizio.

In secondo luogo, e in modo più specifico, la Corte ha escluso la sussistenza di un litisconsorzio necessario tra cedente e cessionario in un caso come quello esaminato. Il lavoratore, infatti, non intendeva accertare un rapporto giuridico unico con più soggetti (rapporto plurisoggettivo), ma mirava a individuare il suo vero e unico datore di lavoro a seguito della cessione d’azienda. L’azione è volta a ottenere un’utilità rivolgendosi a una sola persona (la cessionaria). L’eventuale accertamento negativo del rapporto con un’altra parte (la cedente) avviene in via incidentale e senza efficacia di giudicato. Pertanto, la presenza di entrambe le società non è condizione essenziale per la decisione della causa.

Le Conclusioni

La Corte d’Appello ha errato nel dichiarare l’improponibilità della domanda. Avrebbe dovuto procedere all’esame del merito della richiesta del lavoratore nei confronti delle società cessionarie, regolarmente costituite in giudizio. Questa ordinanza rafforza la tutela del lavoratore nei complessi scenari di trasferimento d’azienda, semplificando l’onere processuale. Si afferma che il lavoratore può agire direttamente nei confronti della società che ritiene essere il suo attuale datore di lavoro, senza essere obbligato a coinvolgere nel processo anche il precedente titolare del rapporto, soprattutto quando quest’ultimo sia di difficile reperibilità, come nel caso di una società cancellata. La decisione promuove i principi di economia e speditezza processuale, evitando che un vizio di notifica verso una parte non essenziale possa paralizzare l’intera azione giudiziaria.

In una causa di lavoro per trasferimento d’azienda, è obbligatorio citare in giudizio sia la società cedente sia quella cessionaria?
No, la Corte di Cassazione ha stabilito che non sussiste un litisconsorzio necessario tra cedente e cessionario, in quanto il lavoratore non deduce un rapporto plurisoggettivo, ma mira a identificare il suo unico e vero datore di lavoro.

Se un lavoratore cita in giudizio più società e la notifica a una di esse risulta nulla, l’intera causa è invalida?
No. In caso di cause scindibili, la nullità della citazione nei confronti di una parte non invalida l’atto per le parti che sono state ritualmente citate, in base al principio di conservazione degli atti processuali.

Cosa avrebbe dovuto fare il giudice di merito anziché dichiarare la causa improcedibile?
Anche qualora avesse ritenuto sussistente un litisconsorzio necessario, il giudice avrebbe dovuto ordinare l’integrazione del contraddittorio, ossia dare un termine al lavoratore per notificare correttamente l’atto alla parte mancante, e non dichiarare l’improcedibilità della domanda.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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