Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 8782 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 8782 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 02/04/2025
ORDINANZA
sul ricorso 2457-2023 proposto da:
COGNOME elettivamente domiciliato presso l’indirizzo PEC dell’avvocato NOME COGNOME che lo rappresenta e difende;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE
– intimate – avverso la sentenza n. 60/2022 della CORTE D’APPELLO di POTENZA, depositata il 08/08/2022 R.G.N. 321/2021; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
04/02/2025 dalla Consigliera NOME COGNOME
Rilevato che:
La Corte d’appello di Potenza ha respinto l’appello di NOME COGNOME confermando la sentenza di primo grado che
Oggetto
Cessione rapporto di lavoro
R.G.N. 2457/2023
COGNOME
Rep.
Ud. 04/02/2025
CC
aveva dichiarato improponibile il ricorso dal medesimo proposto nei confronti della RAGIONE_SOCIALE e della RAGIONE_SOCIALE
2. La Corte territoriale ha premesso che il COGNOME, col ricorso introduttivo di primo grado, aveva allegato: di aver lavorato dal 2006 alle dipendenze della società RAGIONE_SOCIALE; di essere stato licenziato il 31 agosto 2009 e immediatamente riassunto dalla società RAGIONE_SOCIALE continuando a lavorare senza soluzione di continuità nello stesso stabilimento e con tutti i precedenti colleghi di lavoro; che quest’ultima società nel 2012 aveva aperto una procedura di mobilità per crisi industriale conclusa con accordo sindacale del 6 dicembre 2012 e collocamento in mobilità di tutti i 34 dipendenti; con lettera del 24 gennaio 2013, consegnatagli il 15 febbraio 2013, la RAGIONE_SOCIALE gli aveva intimato il licenziamento con effetto dal 22 febbraio; prima del suo licenziamento, tutti gli altri dipendenti posti in mobilità erano stati assunti dalla RAGIONE_SOCIALE; il lavoratore aveva chiesto di accertare, previa declaratoria di nullità o illegittimità del licenziamento, l’avvenuta cessione di azienda dalla A-M COGNOME (di nuovo alla RAGIONE_SOCIALE e poi) alla RAGIONE_SOCIALE e di dichiarare che il suo rapporto di lavoro era proseguito con la società cessionaria, condannando le tre società al risarcimento dei danni e al pagamento delle retribuzioni non percepite dalla data del licenziamento fino alla riammissione in servizio nonché delle differenze retributive per ferie e permessi non goduti e per il lavoro straordinario svolto; nel giudizio di primo grado si erano costituite le due società RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE e il tribunale aveva dichiarato improponibile la domanda poiché non era stata ritualmente citata in giudizio la società RAGIONE_SOCIALE che aveva intimato il licenziamento; quest’ultima era stata cancellata dal registro delle imprese prima del deposito del ricorso in giudizio e la notifica era stata eseguita nei confronti
del liquidatore (non più esistente dopo la cancellazione) anziché nei confronti dei soci.
La Corte d’appello ha condiviso la statuizione di primo grado osservando che l’accertamento della continuità giuridica del rapporto di lavoro prima con la RAGIONE_SOCIALE e poi con la Dandy presupponeva l’accertamento della illegittimità del licenziamento intimato dalla cedente NOME-M COGNOME con conseguente litisconsorzio necessario nei confronti di quest’ultima.
Avverso la sentenza NOME COGNOME ha proposto ricorso per cassazione affidato a due motivi. La RAGIONE_SOCIALE e la RAGIONE_SOCIALE non hanno svolto difese.
Il Collegio si è riservato di depositare l’ordinanza nei successivi sessanta giorni, ai sensi dell’art. 380 bis.1 c.p.c., come modificato dal d.lgs. n. 149 del 2022.
Considerato che:
Con il primo motivo di ricorso è dedotta, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., violazione o falsa applicazione degli artt. 101, 102 e 103 c.c. in relazione all’art. 2112 c.c., per avere la Corte territoriale errato nel ravvisare un litisconsorzio necessario tra la cedente e le società cessionarie e per aver fatto discendere dalla omessa rituale citazione in giudizio della cedente AM Imbottiti l’improcedibilità della causa anche nei confronti delle cessionarie sebbene si trattasse di cause scindibili.
Con il secondo motivo di ricorso è dedotta, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c. e in via subordinata, violazione o falsa applicazione dell’art. 112 e dell’art. 102 c.p.c. per omessa pronuncia sul motivo di appello con cui si censurava la decisione di primo grado per non aver disposto l’integrazione del ritenuto litisconsorzio necessario.
Il primo motivo è fondato.
Sotto un primo profilo, in ipotesi di cause scindibili, se l’attore chiama validamente in giudizio alcune parti ed altre no, la citazione è valida nei confronti delle parti ritualmente evocate e l’invalidità della citazione nei confronti di taluno degli intimati non vizia l’atto nelle parti in cui ha raggiunto il suo scopo, per il principio di conservazione degli atti processuali validamente compiuti (v. Cass. n. 79 del 1964).
Sotto un secondo profilo, con specifico riferimento al trasferimento di azienda o di un suo ramo si è affermato che, nel giudizio promosso dal lavoratore per affermare l’esistenza del rapporto lavorativo con il datore di lavoro cedente, e negare quello con il cessionario (o viceversa), non sussiste litisconsorzio necessario tra cedente e cessionario, in quanto il lavoratore non deduce in giudizio un rapporto plurisoggettivo, né alcuna situazione di contitolarità, ma tende a conseguire un’utilità rivolgendosi ad una sola persona, ossia il vero datore di lavoro; in tal caso, l’accertamento negativo dell’altro rapporto avviene senza efficacia di giudicato e l’eventuale contrasto tra giudicati è bilanciato dalle esigenze di economia e speditezza processuale, ostacolate dalla presenza di un’altra parte nel giudizio. (v. Cass. n. 13171 del 2009; n. 4130 del 2014; n. 11420 del 2018; n. 438 del 2021).
Ha quindi errato la Corte d’appello a confermare la statuizione di improponibilità della domanda adottata dal Tribunale per effetto della irrituale notifica nei confronti della RAGIONE_SOCIALE nonostante l ‘ avvenuta costituzione delle società cessionarie e la esplicita richiesta del ricorrente a che si accertasse il suo diritto alla costituzione del rapporto nei confronti delle parti ritualmente citate.
L’accoglimento del primo motivo esonera la Corte dall’esaminare il secondo motivo di ricorso, proposto dal ricorrente espressamente solo in via subordinata.
Per le ragioni esposte, la sentenza impugnata deve essere cassata con rinvio alla medesima Corte d’appello, in diversa composizione, che provvederà anche a regolare le spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, assorbito il secondo, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia alla Corte d’appello di Potenza, in diversa composizione, anche per la regolazione delle spese del giudizio di legittimità. Così deciso nell’adunanza camerale del 4 febbraio 2025