Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 32933 Anno 2024
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Civile Ord. Sez. 3 Num. 32933 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 17/12/2024
Oggetto:
composta dai signori magistrati:
dott. NOME COGNOME
Presidente
RESPONSABILITÀ CIVILE DANNI DA CIRCOLAZIONE STRADALE
dott. NOME COGNOME
Consigliera
dott. NOME COGNOME
Consigliere
dott. NOME COGNOME
Consigliere
Ad. 25/10/2024 C.C.
dott. NOME COGNOME
Consigliere relatore
R.G. n. 13516/2022
ha pronunciato la seguente
Rep.
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al numero 13516 del ruolo generale dell’anno 2022, proposto
da
COGNOME Domenica (C.F.: TARGA_VEICOLO
rappresentata e difesa dall’avvocat o NOME COGNOMEC.F.: CCR TARGA_VEICOLO
COGNOME Salvatore (C.F.: TARGA_VEICOLO COGNOME (C.F.:
rappresentato e difeso dall’avvocat o PSC SRN 62R25 F231O)
-ricorrenti-
nei confronti di
RAGIONE_SOCIALE società unipersonale di nazionalità italiana (C.F.: P_IVA), in persona del rappresen- tante per procura NOME COGNOME o NOME COGNOME (C.F.: DRG
rappresentata e difesa dall’avvocat CODICE_FISCALE
-controricorrente-
per la cassazione della sentenza della Corte d’a ppello di Catania n. 489/2022, pubblicata in data 12 marzo 2022 (e che i ricor- renti assumono notificata in data 22 marzo 2022); udita la relazione sulla causa svolta alla camera di consiglio del 25 ottobre 2024 dal consigliere NOME COGNOME
Fatti di causa
NOME COGNOME e NOME COGNOME hanno agito in giudizio nei confronti della RAGIONE_SOCIALE
Corte di Cassazione – copia non ufficiale
RAGIONE_SOCIALE (oggi RAGIONE_SOCIALE) per ottenere il risarcimento dei danni subiti in occasione di un incidente stradale, la cui responsabilità sarebbe da attribuire a NOME COGNOME, conducente del veicolo (assicurato per la responsabilità civile dalla compagnia convenuta) con il quale si era scontrato quello a bordo del quale si trovavano.
La domanda è stata rigettata dal Tribunale di Caltagirone.
La Corte d’a ppello di Catania, a seguito di appello proposto dagli attori, ha annullato la decisione di primo grado e rimesso la causa al Tribunale di Caltagirone, ai sensi dell ‘ art. 354, commi 1 e 3, c.p.c., rilevando il difetto di integrità del contraddittorio, per non essere stato evocato in giudizio il responsabile del danno, e ha condannato gli stessi attori appellanti al pagamento delle spese del grado.
Ricorrono la Remora e il Giarrusso, sulla base di un unico motivo.
Resiste con controricorso RAGIONE_SOCIALE che propone a sua volta ricorso incidentale sulla base di un unico motivo.
È stata disposta la trattazione in camera di consiglio, in applicazione degli artt. 375 e 380 bis .1 c.p.c..
La società controricorrente ha depositato memoria ai sensi dell’art. 380 bis .1 c.p.c..
Il Collegio si è riservato il deposito dell’ordinanza decisoria nei sessanta giorni dalla data della camera di consiglio.
Ragioni della decisione
Con l’unico motivo del ricorso principale si denunzia « Violazione dell’ art. 91 e 92 del c.p.c. , dell’ art. 360 comma 3 c.p.c. e degli artt. 24 e 111 Cost. in merito alla condanna alle spese di lite del II° grado di giudizio che, secondo la costante giurisprudenza dell’Ecc.ma Corte di Cassazione, sussiste quando la pronuncia riveli una obiettiva carenza nella indicazione del criterio logico che ha condotto il giudice alla formazione del proprio
convincimento (cfr. sentenza di II° grado da pag. 3, IV° capoverso, a pag. 4, IV° capoverso) ».
1.1 Il ricorso principale è improcedibile.
I ricorrenti dichiarano che la sentenza impugnata sarebbe stata loro notificata in data 22 marzo 2022, ma non producono la relativa relazione di notificazione.
La relazione di notificazione non è stata prodotta neanche dalla controparte (che, anzi, addirittura nega in radice di aver mai notificato la suddetta sentenza) e il ricorso non risulta notificato nei sessanta giorni dalla pubblicazione della decisione impugnata.
1.2 Il ricorso stesso sarebbe (lo si osserva anche a fini di completezza espositiva), comunque, infondato nel merito.
In caso di annullamento della decisione oggetto di gravame per una nullità derivante da vizio di instaurazione del contraddittorio, deve ritenersi conforme a diritto l’imputazione delle spese del giudizio di secondo grado alla parte che ha dato causa alla nullità processuale, come ha fatto nella specie la corte d’appello, indipendentemente da chi abbia proposto l’impugnazione, in quanto, in tal caso, il principio di soccombenza va declinato sotto il profilo di quello di causalità, con riguardo alla responsabilità per il vizio processuale.
Secondo l’ormai consolidato indirizzo di questa Corte, che il ricorso non offre ragioni idonee ad indurre a rimeditare, in particolare, « il giudice d ‘ appello, qualora rinvii la causa al primo giudice ai sensi dell ‘ art. 354 c.p.c. per integrare il contraddittorio nei confronti di un litisconsorte necessario, deve provvedere in ordine alle spese del processo di secondo grado, condannando al pagamento delle stesse la parte riconosciuta soccombente per avere dato causa alla nullità che ha determinato il rinvio; inoltre, ove abbia elementi sufficienti per stabilire a chi debba essere attribuita l ‘ irregolarità che ha dato luogo alla rimessione, può decidere anche sulle spese di primo grado » (Cass., Sez. 6
2, Ordinanza n. 11865 del 06/05/2021, Rv. 661476 -01; Sez.
2, Sentenza n. 16765 del 16/07/2010, Rv. 614173 -01; Sez.
2, Sentenza n. 6762 del 05/05/2003, Rv. 562602 -01; Sez. 2,
Sentenza n. 11668 del 05/09/2000, Rv. 539978 -01; Sez. 3, Sentenza n. 11441 del 12/11/1998, Rv. 520666 – 01).
La decisione impugnata, nella parte in cui è stata disposta la condanna degli attori al pagamento delle spese del giudizio di secondo grado (pur dagli stessi promosso proprio per far valere la predetta nullità, peraltro rilevabile di ufficio e denunciabile da qualunque interessato), essendo ad essi imputabile la mancata evocazione del litisconsorte necessario nel giudizio di primo grado, deve, pertanto, ritenersi conforme agli indicati principi di diritto, sottraendosi alle censure formulate dai ricorrenti.
Con l’unico motivo del ricorso incidentale si denunzia « Violazione e falsa applicazione dell’ art. 111 Cost. e degli artt. 127, 157, 175 e 354 c.p.c. , in relazione all’ art. 360, comma 1, n. 3 ».
Il ricorso incidentale è infondato.
Non vi sono dubbi o contestazioni (nessuna delle parti censura, del resto, la decisione impugnata sotto tale profilo) in ordine al principio di diritto enunciato dalla corte d’appello, secondo il quale, in caso di danni derivanti da incidenti stradali, nel giudizio promosso dal danneggiato direttamente nei confronti dell’assicuratore della responsabilità civile del responsabile del danno, quest’ultimo assume la qualità di litisconsorte necessario.
Nella specie, tale soggetto non è stato evocato in giudizio dagli attori, né in primo né in secondo grado.
Il giudizio di merito, sin dal primo grado, si è pertanto svolto in mancanza di un legittimato passivo necessario.
Il giudice di secondo grado, accertato il relativo vizio (denunciato con l’appello dagli stessi attori, ma comunque rilevabile anche di ufficio), ha, quindi, rimesso le parti davanti al giudice
di primo grado, ai sensi dell’art. 354 c.p.c., in conseguenza della nullità del giudizio di primo grado.
Secondo la società ricorrente, avrebbe dovuto, invece, omettere il rilievo del difetto di integrità del contraddittorio, in applicazione dei principi che, a suo avviso, dovrebbero desumersi da una serie di pronunzie di questa stessa Corte, in cui si afferma che « il rispetto del diritto fondamentale ad una ragionevole durata del processo impone al giudice (ai sensi degli artt. 175 e 127 c.p.c.) di evitare e impedire comportamenti che siano di ostacolo ad una sollecita definizione dello stesso, tra i quali rientrano certamente quelli che si traducono in un inutile dispendio di attività processuali e formalità superflue perché non giustificate dalla struttura dialettica del processo e, in particolare, dal rispetto effettivo del principio del contraddittorio, da effettive garanzie di difesa e dal diritto alla partecipazione al processo in condizioni di parità, dei soggetti nella cui sfera giuridica l’atto finale è destinato ad esplicare i suoi effetti; ne consegue che, in caso di ricorso per cassazione ‘prima facie’ infondato, appare superflua, pur potendo sussistere i presupposti (come nella specie, per inesistenza della notificazione del ricorso nei confronti di alcuni litisconsorti necessari), la fissazione del termine ex art. 331 c.p.c. per l’integrazione del contraddittorio, atteso che la concessione di esso si tradurrebbe, oltre che in un aggravio di spese, in un allungamento dei termini per la definizione del giudizio di cassazione senza comportare alcun beneficio per la garanzia dell’effettività dei diritti processuali delle parti » (Cass., Sez. 2, Sentenza n. 2723 del 08/02/2010, Rv. 611735 – 01; conf.: Cass., Sez. U, Ordinanza n. 6826 del 22/03/2010, Rv. 612077 – 01; Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 21141 del 13/10/2011, Rv. 620237 -01; Sez. 3, Sentenza n. 690 del 18/01/2012, Rv. 620539 -01; Sez. 3, Sentenza n. 15106 del 17/06/2013, Rv. 626969 -01; Sez. 2, Sentenza n. 11287 del 10/05/2018, Rv. 648501 -01; Sez. 2, Ordinanza n. 12515 del
21/05/2018, Rv. 648755 -01; Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 8980 del 15/05/2020, Rv. 657883 – 01).
I principi di diritto appena esposti, peraltro, non possono ritenersi applicabili nel caso di specie.
Come, del resto, di recente espressamente chiarito da questa stessa Corte (cfr. Cass., Sez. 3, Sentenza n. 22783 del 20/07/2022, in motivazione), tali principi sono stati in realtà enunciati esclusivamente con riguardo all’ipotesi in cui il difetto di contraddittorio si verifichi e venga rilevato nel giudizio di legittimità.
In ipotesi di mancata partecipazione di un litisconsorte necessario al giudizio di merito è, al contrario, altrettanto consolidato l’indirizzo secondo il quale si determina la nullità del giudizio stesso, rilevabile anche di ufficio in ogni stato e grado, imponendo l’annullamento della pronuncia emessa, con conseguente rimessione della causa al giudice di prime cure (Cass., Sez. 1, Sentenza n. 18127 del 26/07/2013, Rv. 627384: « quando risulta integrata la violazione delle norme sul litisconsorzio necessario, non rilevata né dal giudice di primo grado, che non ha disposto l’integrazione del contraddittorio, né da quello di appello, che non ha provveduto a rimettere la causa al pri mo giudice ai sensi dell’art. 354, comma 1, c.p.c., resta viziato l’intero processo e s’impone, in sede di giudizio di cassazione, l’annullamento, anche d’ufficio, delle pronunce emesse ed il conseguente rinvio della causa al giudice di prime cure, a norma dell’art. 383, comma 3, c.p. c. »; conf.: Sez. 3, Sentenza n. 8825 del 13/04/2007, Rv. 599201; Sez. U, Sentenza n. 3678 del 16/02/2009, Rv. 607444; Sez. 3, Sentenza n. 3866 del 26/02/2004, Rv. 570566 -01; Sez. 3, Sentenza n. 1462 del 30/01/2003, Rv. 560455 -01; con l’unica eccezione dell’assoluta originaria radicale improponibilità della domanda: cfr. Cass., Sez. 3, Sentenza n. 37847 del 01/12/2021, Rv. 663431 -01).
Questi ultimi principi di diritto risultano correttamente applicati dalla corte di appello.
È opportuno ribadire, in proposito, che dalle stesse ragioni per le quali si ritiene possibile prescindere dall’integrazione (o regolarizzazione) del contraddittorio nel giudizio di legittimità, in caso di ricorso per cassazione radicalmente inammissibile o ‘ prima facie ‘ infondato (cioè « l’esigenza di ragionevole durata del processo e quella di evitare inutile dispendio di attività processuali e di formalità non giustificate dalla struttura dialettica del processo stesso e dal rispetto effettivo del principio del contraddittorio, da effettive garanzie di difesa e dal diritto alla partecipazione al processo, in condizioni di parità, dei soggetti nella cui sfera giuridica l’atto finale è destinato ad esplicare i suoi effetti »), deriva che si tratta di un principio del tutto eccezionale, la cui possibilità di operare è necessariamente limitata al ricorrere di determinate e specifiche circostanze.
In primo luogo, infatti, il difetto di contraddittorio che può ritenersi superabile in virtù delle superiori esigenze di economia processuale è esclusivamente quello che riguardi la fase conclusiva del giudizio in cui esso viene rilevato (in previsione di un esito del gravame infausto per il ricorrente) e non si sia, invece, verificato nei precedenti gradi di giudizio, dal momento che, in tale ultimo caso, si è già determinata la nullità di tutte le attività processuali svolte in quei gradi e delle stesse decisioni che li hanno definiti, che per tale motivo non sarebbero in nessun caso idonee a passare in giudicato.
Inoltre, la possibilità di prescindere dalla regolare evocazione in giudizio di una delle parti necessarie, per ragioni di economia processuale, è concepibile esclusivamente nel caso in cui l’esito del giudizio stesso si determini in via definitiva nella fase in corso conclusiva dell’intero iter processuale (sempre in previsione dell’esito infausto del gravame) e, quindi, non vi siano potenziali ulteriori fasi o gradi ancora percorribili: in tale ultimo
caso, infatti, il predetto esito potrebbe essere ancora modificato, con conseguente necessità di successiva regolarizzazione del contraddittorio e vanificazione di tutte le ulteriori attività processuali frattanto svolte. In tale ipotesi, la durata del processo potrebbe addirittura essere prolungata dalla mancata regolarizzazione del contraddittorio e, dunque, le esigenze di economia processuale non potrebbero in nessun caso giustificarla. D’altronde, anche l’esplicito richiamo alla necessità di insussistenza di una « lesione del principio del contraddittorio » ed al « rispetto delle garanzie di difesa e del diritto alla partecipazione al processo in condizioni di parità dei soggetti nella cui sfera giuridica l’atto finale è destinato ad esplicare i suoi effetti », implica che l’esito del processo non deve in nessun modo pregiudicare gli interessi della parte dalla cui regolare partecipazione si ritiene di poter prescindere, circostanza questa che può concepirsi esclusivamente nel caso in cui non vi siano ulteriori gradi di giudizio che potenzialmente potrebbero ancora svolgersi e, quindi, modificare quell’esito.
Nella specie, dunque, la corte di appello ha correttamente rilevato l’originario difetto di contraddittorio per la mancata partecipazione al giudizio di merito, sin dall’origine, di un litisconsorte necessario e la conseguente nullità del giudizio di primo grado, rimettendo la causa al primo giudice ai sensi dell’art. 354, comma 1, c.p.c..
Ne deriva l’infondatezza del ricorso incidentale.
Il ricorso principale è dichiarato improcedibile. Il ricorso incidentale è rigettato.
Le spese del giudizio di legittimità possono essere integralmente compensate tra tutte le parti, sussistendo reciproca soccombenza.
Deve darsi atto della sussistenza dei presupposti processuali (rigetto, ovvero dichiarazione di inammissibilità o improcedibilità dell’impugnazione) di cui all’art. 13, co. 1 quater , del D.P.R.
30 maggio 2002 n. 115, per entrambe le parti ricorrenti (in via principale ed in via incidentale).
Per questi motivi
La Corte:
-dichiara improcedibile il ricorso principale;
-rigetta il ricorso incidentale;
-dichiara integralmente compensate tra le parti le spese del giudizio di legittimità.
Si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali (rigetto, ovvero dichiarazione di inammissibilità o improcedibilità dell’impugnazione) di cui all’art. 13, comma 1 quater , del D.P.R. 30 maggio 2002 n. 115, per il versamento al competente ufficio di merito, da parte dei ricorrente principale ed incidentale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso (se dovuto e nei limiti in cui lo stesso sia dovuto), a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.
Così deciso nella camera di consiglio della Terza Sezione Ci-