Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 8312 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 8312 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 27/03/2024
ORDINANZA
sul ricorso 14281/2019 R.G. proposto da:
COGNOME NOME (C.F. CODICE_FISCALE), COGNOME NOME (C.F. CODICE_FISCALE) e COGNOME RAGIONE_SOCIALE (C.F. CODICE_FISCALE), rappresentati e difesa dall’avvocato COGNOME (C.F. CODICE_FISCALE), elettivamente domiciliati in INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME, giusta procura in atti;
-ricorrenti –
contro
COGNOME NOME (C.F. CODICE_FISCALE), COGNOME NOME (C.F. CODICE_FISCALE) e COGNOME NOME (C.F. CODICE_FISCALE), rappresentati e difesi dall’avvocato COGNOME NOME (C.F. CODICE_FISCALE), giusta procura in atti;
contro
NOME (C.F. CODICE_FISCALE), COGNOME NOME (C.F. CODICE_FISCALE), COGNOME NOME
-intimati-
avverso la sentenza n. 182/2019 della CORTE DI APPELLO DI CATANZARO, depositata il 01.02.2019; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
06/02/2024 dal Consigliere NOME COGNOME;
Osserva
NOME, NOME, NOME e NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME, proprietari d’un immobile, citarono in giudizio i confinanti. Ad NOME COGNOME subentrò ‘mortis causa’, nel corso del giudizio di primo grado, NOME COGNOME, alla NOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME e, alla morte anche di quest’ultima, succedette sempre NOME COGNOME. Si costituirono NOME, NOME, NOME e NOME COGNOME, nonché NOME COGNOME. A NOME COGNOME successero ‘mortis causa’ NOME COGNOME, NOME e NOME COGNOME.
Con l’intrapresa azione gli attori chiesero disporsi l’allargamento di una esistente servitù di passaggio, sì da renderla percorribile con <>, nonché accertarsi il confine tra le due proprietà.
Il Tribunale, accertato il difetto di legittimazione di NOME, NOME e NOME COGNOME per non essere proprietari del fondo confinante e integrato il contraddittorio nei confronti di NOME COGNOME NOME, la quale restò contumace, rigettò le domande.
1.1. NOME, NOME e NOME COGNOME, nonché NOME COGNOME, quale erede di NOME, proposero appello.
1.2. Con sentenza non definitiva la Corte d’appello di Catanzaro, accolto l’appello <>, accertò il confine, secondo le indicazioni del c.t.u. e rimise <>.
1.3. Con la sentenza definitiva la Corte locale così decise: <> e condannò gli appellati alla rifusione delle spese legali, cumulativamente quantificate per il primo e il secondo grado.
NOME COGNOME, NOME e NOME COGNOME ricorrono per cassazione sulla base di sette motivi.
Resiste con controricorso NOME, NOME e NOME COGNOME.
Entrambe le parti hanno depositato memorie.
Con il primo motivo i ricorrenti denunciano violazione degli artt. 100, 101 e 102 cod. proc. civ. osservando che fin dal giudizio di primo grado era a disposizione del giudice la circostanza che la particella 204 (su cui è stata costituita la servitù coattiva) era in comune proprietà di NOME COGNOME e della moglie NOME COGNOME e
perciò quest’ultima avrebbe dovuto essere citata sin dall’origine, in quanto proprietaria per la metà, al fine di assicurare integrità del contraddittorio a riguardo sia dell’azione di regolamento di confini e sia per quella < >.
Con il secondo motivo viene denunciata la violazione degli artt. 112 e 345 cod. proc. civ.
I ricorrenti assumono che la sentenza aveva violato il principio di corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato.
Al fine, riportano le conclusioni dell’atto di citazione: <> . Nonché, dell’atto d’appello: <>.
Doveva, di conseguenza, reputarsi non domandata la costituzione della servitù a carico della particella 204 di proprietà Le COGNOME , disposta invece dalla Corte d’Appello .
Con il terzo motivo si denuncia violazione degli artt. 75 e 300 cod. proc. civ.
Poiché, si sostiene, dalla relazione del c.t.u. era emerso il decesso di NOME COGNOME (che i ricorrenti affermano essere avvenuto l’11/11/2005), già dichiarato contumace all’udienza del 6/12/2004, il Tribunale avrebbe dovuto, ai sensi del novellato (legge n. 69/2009) art. 300 cod. proc. civ., dichiarare l’interruzione del processo.
Con il quarto motivo si sostiene essere stati violati gli artt. 292 cod. proc. civ. e 90 delle disp. attuaz. cod. proc. civ., per non essere mai stata comunicato l’inizio delle operazioni peritali al contumace NOME COGNOME.
Con il quinto motivo viene denunciata violazione degli artt. 1051, 1052 e 1053 cod. civ., nonché dell’art. 360, n. 5, cod. proc. civ.
Questi gli assunti impugnatori:
-la Corte d’appello, siccome risultava dalla relazione peritale fatta propria dalla sentenza, invece che disporre l’ampliamento di una esistente servitù, ai sensi dell’art. 1052 cod. civ., aveva proceduto a istituire una servitù coattiva, ex art. 1051 cod. civ.;
-risultava violato il disposto dell’art. 1051 cod. civ., il quale prevede esonero da servitù di case, cortili, giardini e aie;
la sentenza non definitiva n. 810/2017 si era limitata regolare i confini e, pertanto, aveva errato quella definitiva a reputare coperte dal giudicato interno le questioni attinenti alla servitù, con
la conseguenza che la Corte locale non avrebbe potuto limitarsi a richiamare la sentenza non definitiva, ma avrebbe dovuto <>;
non era stata effettuata la comparazione tra pregiudizio arrecato alla corte dell’immobile dei ricorrenti e la pur ipotizzata soluzione alternativa; né si era considerato che, se di terzi era la particella 163, i cui proprietari non erano stati evocati in giudizio, del pari scevra da carico di servitù era la particella 204 di parte ricorrente, invece onerata con la sentenza;
-era stato violato l’art. 1053 cod. civ., in quanto la somma da corrispondere, in larga parte corrispondente alla spesa necessaria per ampliare il passaggio, e, in piccola parte per risarcire il valore del terreno occupato, non aveva, in alcun modo, tenuto conto del deprezzamento del valore residuo del lotto.
Con il sesto motivo i ricorrenti denunciano violazione degli artt. 2909 cod. civ. e 324 cod. proc. civ., assumendo che la sentenza impugnata aveva violato il giudicato formatosi sulla parte della sentenza di primo grado non attinta dall’appello. In particolare, avuto riguardo al passaggio motivazionale con il quale il Tribunale aveva affermato che gli attori non avevano provato, difronte all’eccezione contraria, la sussistenza delle esigenze colturali che giustificassero l’allargamento della stradella, né precisato in cosa avrebbero dovuto consistere l’utilizzo di mezzi meccanici e la loro relazione con le necessità colturali.
Con il settimo motivo viene denunciata la violazione degli artt. 91 e 92 cod. proc. civ., addebitandosi alla decisione d’appello di non aver tenuto conto del fatto che gli odierni ricorrenti erano estranei alla domanda di regolamento di confini, che riguardava
solo i convenuti NOME COGNOME e NOME COGNOME e che la c.t.u. svolta in primo grado aveva riguardato per la gran parte proprio il regolamento dei confini.
Inoltre, sotto altro profilo, viene lamentato che la liquidazione delle spese era stata effettuata cumulativamente per il primo e il secondo grado, senza imputare specificamente quanto riferito alla sentenza del Tribunale e quanto a quella d’appello.
Il primo motivo è fondato ed assorbe logicamente l’esame di tutti gli altri.
10.1. Come costantemente affermato da questa Corte, l’azione costitutiva di servitù coattiva di passaggio va proposta nei confronti dei proprietari di tutti i fondi che si frappongono all’accesso alla pubblica via ovvero nei confronti di tutti i comproprietari dell’unico fondo intercludente, poiché la funzione del diritto riconosciuto dall’art. 1051 c.c. al proprietario del fondo intercluso si realizza solo con la costituzione della servitù di passaggio nella sua interezza, pena la pronuncia di una sentenza “inutiliter data”, non potendo applicarsi in via analogica, in caso di contraddittorio non integro, al fine di evitare detta inutilità, l’art. 1059, comma 2, c.c. (ex multis, Sez. 2, n. 10912, 6/04/2023, Rv. 667644; ma già S.U. n. 9685, 22/04/2013, Rv. 625962).
10.2. Gli originari attori (su cui, come è noto, incombeva l’onere di individuare i legittimati passivi) avrebbero dovuto fare dapprima le opportune verifiche e quindi citare in giudizio anche NOME COGNOME (odierna ricorrente), moglie del convenuto NOME COGNOME, comproprietaria della p.lla 204 (giusta atto di donazione del 10.6.1983 per AVV_NOTAIO, come riporta il ricorso).
La mancata citazione in primo grado di un litisconsorte necessario (comproprietario della particella 204 su cui è stata costituita la servitù di passaggio coattivo) è evidentemente sfuggita
al Tribunale (benché emersa in sede di CTU: v. ricorso pag. 8 che ne trascrive i passaggi salienti) e non è stata neppure rilevata dal giudice di appello.
È appena il caso di chiarire che la COGNOME prese parte al giudizio solo in grado d’appello e quale erede della quota del 50% del coniuge deceduto e vi restò contumace, essendo, per contro, rimasta estranea del tutto al giudizio di primo grado al quale avrebbe invece dovuto necessariamente prendere parte.
La Corte d’appello , come si è detto, non rilevò d’ufficio il vizio, nonostante avrebbe potuto e dovuto avvedersi del contraddittorio non integro, specie tenuto conto del fatto che una tale lesione era nuovamente emersa in sede di nuova CTU, omettendo, di conseguenza, di dichiarare la nullità della sentenza, e di rimettere la causa al primo giudice, ai sensi dell’art. 354 cod. proc. civ.
10.3. Poiché trattasi di nullità rilevabile in ogni stato e grado, anche d’ufficio, non opera la regola di cui all’art. 161 cod. proc. civ.: pertanto, la sentenza impugnata deve essere cassata e la causa rimessa, ai sensi dell’art. 383 ultimo comma cod. proc. civ., al Tribunale.
Invero, quando risulta integrata la violazione delle norme sul litisconsorzio necessario, non rilevata né dal giudice di primo grado, che non ha disposto l’integrazione del contraddittorio, né da quello di appello, che non ha provveduto a rimettere la causa al primo giudice ai sensi dell’art. 354, comma 1, c.p.c., resta viziato l’intero processo e s’impone, in sede di giudizio di cassazione, l’annullamento, anche d’ufficio, delle pronunce emesse ed il conseguente rinvio della causa al giudice di prime cure (Tribunale di Cosenza in diversa composizione), a norma dell’art. 383, comma 3, c.p.c. (Sez. 3, n. 4665, 22/02/2021, Rv. 660603; conf., ex multis, Cass. nn. 23315/2020, 6644/2018, 18217/2013).
L’accoglimento del primo motivo, rende inutile l’esame degli altri, i quali, pertanto, restano assorbiti in senso proprio.
Le spese del giudizio di legittimità verranno regolate dal Giudice del merito.
P.Q.M.
accoglie il primo motivo e dichiara assorbiti gli altri, cassa, in relazione all’accolto motivo, la sentenza impugnata e rimette le parti davanti al Tribunale di Cosenza in diversa composizione, che regolerà le spese del giudizio di legittimità.
Così deciso nella camera di consiglio del 6 febbraio 2024.