Sentenza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 18626 Anno 2025
SENTENZA
sul ricorso N. 3149/2023 R.G. proposto da:
NOME COGNOME quale liquidatore giudiziale della RAGIONE_SOCIALE in liquidazione e in concordato preventivo, attualmente elettivamente domiciliata in Roma, INDIRIZZO presso lo studio dell’avv. NOME COGNOME che la rappresenta e difende come da procura allegata alla comparsa di costituzione di nuovo difensore, domicilio digitale
– ricorrente –
contro
COGNOME NOME, elettivamente domiciliato in Roma, INDIRIZZO presso lo studio dell’avv. NOME COGNOME che lo rappresenta e difende come da procura in calce al controricorso, domicilio digitale ;
– controricorrente –
RAGIONE_SOCIALE
RAGIONE_SOCIALE in liquidazione
– intimata – avverso la sentenza del la Corte d’appello di Roma recante il n. 5712/2022 e pubblicata in data 20.9.2022;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 26.3.2025 dal Consigliere relatore dr. NOME COGNOME
udito il Sostituto Procuratore Generale dr.ssa NOME COGNOME che ha chiesto la cassazione con rimessione al giudice di primo grado e comunque l’accoglimento del ricorso;
uditi gli avvocati NOME COGNOME per delega dell’avv. NOME COGNOME e NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
In data 19.2. 2016, l’avv. NOME COGNOME notificò al la RAGIONE_SOCIALE in liquidazione e in concordato preventivo un precetto per il pagamento di € 19.351,27 per prestazioni professionali e successivamente, in data 1.4.2016, procedette al pignoramento presso terzi, iscritto al n. 10447/2016 R.G.E. dinanzi al Tribunale di Roma, sul presupposto che RAGIONE_SOCIALE fosse titolare di un c/c presso la banca Unicredit.
La banca terza pignorata rese dichiarazione positiva, benché diffidata dal liquidatore giudiziale dei beni ceduti da RAGIONE_SOCIALE, avv. NOME COGNOME sicché questa propose opposizione di terzo ex art. 619 c.p.c., eccependo la sussistenza, da un lato, del divieto di azioni esecutive ex art. 168 l. fall. sul
e nei confronti di
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patrimonio del debitore ammesso al concordato preventivo e dall’altro , trattandosi di concordato liquidatorio omologato, del vincolo del patrimonio al soddisfacimento dei creditori nell’ambito del concordato e nei limiti previsti dalla proposta; concluse, pertanto, chiedendo al Tribunale di ‘ accertare e dichiarare, con ogni conseguenza di legge, la nullità/illegittimità/improcedibilità e/o la conseguente inefficacia del pignoramento presso terzi in oggetto per aver colpito beni asserviti all’esclusivo soddi sfacimento dei creditori concorsuali secondo quanto previsto dal piano omologato oltre che dalle relative norme di legge ‘.
Il g iudice dell’esecuzione del Tribunale di Roma, con ordinanza del 15.6.2018, assegnò allo Zimatore la somma di ‘€ 17.372,64, oltre gli importi, purché documentati, relativi alle spese vive di registrazione, di copia e di notificazione del presente atto nonché gli interessi legali sulla somma capitale, successivi al precetto e fino alla data del pagamento ‘. Quindi, con ulteriore ordinanza resa nella medesima data del 15.6.2018, lo stesso giudice dell’esecuzione capitolino dichiarò inammissibile l’opposizione ex art. 619 c.p.c. perché da ritenersi proposta dalla stessa debitrice RAGIONE_SOCIALE, non legittimata a tanto, nonché per il ritenuto difetto d’interesse, non essendo stata provata nella specie la titolarità di un patrimonio separato.
La Corte d’appello di Roma, con sentenza del 20.9.2022, rigettò l’appello del liquidatore giudiziale dei beni ceduti dalla RAGIONE_SOCIALE, osservando, per quanto qui interessa, che: ‘ l’art. 168 della legge fallimentare, nel prevedere il divieto di azioni esecutive sul patrimonio del debitore per tutti i creditori anteriori alla pubblicazione del ricorso per l’ammissione al concordato, postula l’inesistenza di una distinzione soggettiva tra la società che richiede l’ammissione alla procedura
concorsuale e la società ammessa al concordato preventivo. Il fatto che, dalla pubblicazione del ricorso nel registro delle imprese (e fino al momento in cui il decreto di omologazione del concordato preventivo diventa definitivo), i creditori per titolo o causa anteriore non possano iniziare o proseguire azioni esecutive sul patrimonio del debitore comporta solo un vincolo di destinazione del patrimonio della società al soddisfacimento dei creditori secondo il principio della par condicio, con conseguente insensibilità dello stesso patrimonio alle azioni esecutive individuali; non già una duplicazione di soggetti che succedono nella gestione del medesimo patrimonio. Ciò è reso evidente dalla stessa struttura del concordato preventivo, cui non consegue lo spossessamento del debitore, che conserva, pertanto – sia pure con particolari cautele l’amministrazione dei beni e la gestione dell’impresa; circostanza, questa, incompatibile con il riconoscimento di una soggettività (e di una autonomia patrimoniale) separata tra società in bonis (o in liquidazione) e società ammessa al concordato preventivo . Ciò chiarito, tuttavia, l’eccezione di nullità proposta dalla RAGIONE_SOCIALE in concordato preventivo dev’essere rigettata in accoglimento dell’eccezione di giudicato formulata dallo COGNOME e documentata in atti. L’eccezione suddetta, infatti, è stata già sollevata dalla RAGIONE_SOCIALE e rigettata dal Tribunale di Roma con la sentenza n. 13504/2015 pronunciata nell’ambito del giudizio di opposizione al precetto (doc. 3 all. alla costituzione avv. COGNOME proposta da RAGIONE_SOCIALE in liquidazione; sentenza poi confermata dalla sentenza 3521/2016 della Corte di appello di Roma, che ha dichiarato l’appello inammissibile (all. 4). È passata così in giudicato la decisione con cui l’az ione esecutiva proposta dallo COGNOME è
stata ritenuta valida ed efficace, poiché proposta dopo l’omologazione del concordato ‘ .
Avverso detta sentenza, NOME COGNOME quale liquidatore giudiziale dei beni ceduti dalla RAGIONE_SOCIALE s.r.lRAGIONE_SOCIALE in liquidazione e in concordato preventivo, ha proposto ricorso per cassazione, basato su tre motivi, illustrati da memoria, cui resiste con controricorso NOME COGNOME; Unicredit s.p.a., terza pignorata, è rimasta intimata. Con ordinanza interlocutoria n. 27381/2024, questa Corte ha ordinato l’integrazione del contraddittorio nei confronti della RAGIONE_SOCIALE s.r.l. in liq uidazione. Espletato l’incombente , dopo un rinvio interlocutorio disposto all’udienza pubblica del 29.1.2025 (per la quale lo Zimatore ha depositato memoria, mentre il Procuratore Generale ha depositato requisitoria scritta, chiedendo disporsi la cassazione con rinvio al giudice di primo grado, o comunque l’accoglimento del ricorso), il ricorso è sta to fissato per l’odierna pubblica udienza. Il Procuratore Generale ha depositato ulteriore requisitoria scritta, ribadendo le richieste già formulate. Sia NOME COGNOME n.q. che NOME COGNOME hanno depositato ulteriore memoria. La RAGIONE_SOCIALE in liquidazione non ha svolto difese.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.1 Con il primo motivo si lamenta la violazione degli artt. 2909 c.c. e 182 l. fall., in relazione all’art. 360, comma 1 , n. 3, c.p.c., per non avere la Corte d’appello distinto la legittimazione del liquidatore volontario di società in concordato preventivo dalla legittimazione del liquidatore giudiziale nominato dal t ribunale, ai sensi dell’art. 182 l. fall., in caso di concordato con cessione dei beni e per avere ritenuto che il giudicato ottenuto nei confronti del primo sia opponibile al secondo. Si osserva, in particolare, che la sentenza del Tribunale
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di Roma n. 13504/2015 utilizzata dalla Corte d’appello, con la sentenza qui impugnata, per accogliere l’eccezione sollevata dallo COGNOME circa la sussistenza di un giudicato concernente la validità ed efficacia dell’azione esecutiva dallo stesso avviata (perché proposta dopo l’omologazione del concordato) – non è in realtà opponibile al liquidatore giudiziale nominato dal tribunale ex art. 182 l.fall., perché nella specie essa ricorrente non aveva partecipato a quel giudizio.
1.2 Con il secondo motivo si lamenta la violazione degli artt. 168 e 182 l. fall., in relazione all’art. 360, comma 1 , n. 4, c.p.c., per non avere la Corte territoriale pronunziato la nullità degli atti di esecuzione posti in essere dallo COGNOME, sull’erroneo presupposto della sussistenza del giudicato di cui al motivo che precede.
1.3 Con il terzo motivo, infine, si lamenta la violazione dell’art. 182 l. fall., in relazione all’art. 360, comma 1 , n. 3, c.p.c., per avere la Corte territoriale erroneamente escluso che i beni ceduti ai creditori costituiscano un patrimonio separato. La ricorrente censura la decisione impugnata per aver la Corte dapprima escluso che, in caso di concordato liquidatorio, nella gestione dei beni ceduti possa configurarsi una successione tra soggetti distinti, e poi per aver erroneamente desunto l’inesistenza di un patrimonio separato dal fatto che non esiste un patrimonio diverso da quello rappresentato dai beni ceduti ai creditori e dalla esclusione di distinti soggetti che si succedano nella gestione del patrimonio (il senso del mezzo è stato chiarito, nei predetti termini, nella memoria depositata dalla ricorrente il 12.3.2025).
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2.1 Preliminarmente, va rilevato che parte ricorrente ha tempestivamente documentato di aver ottemperato all’ordine di integrazione del contraddittorio nei confronti della RAGIONE_SOCIALE in liquidazione, litisconsorte necessaria, sicché il ricorso può considerarsi senz’altro procedibile , ex art. 371bis c.p.c.
Quanto alle ragioni della ritenuta natura di litisconsorte necessario della predetta società in proprio e in bonis , è qui sufficiente richiamare integralmente il contenuto dell’ordinanz a interlocutoria n. 27381 del 22.10.2024, che il Collegio pienamente condivide, dovendo solo ribadirsi: da un lato, che l’odierna parte ricorrente deve essere effettivamente identificata nell’avv. NOME COGNOME quale titolare dell’ufficio di liquidatore giudiziale ex art. 182 l.fall. e , dunque, quale mandataria ex lege dei creditori della società in concordato preventivo per il compimento di tutti gli atti necessari alla liquidazione dei beni ceduti ( ex multis , Cass. n. 7021/2012); dall’altro, che nell’opposizione di terzo all’esecuzione ex art. 619 c.p.c. (azione nella forma spiegata da NOME COGNOME nella predetta qualità), il debitore esecutato (appunto, la RAGIONE_SOCIALE in liquidazione volontaria) assume indiscutibilmente il ruolo di parte necessaria del processo ( ex plurimis , Cass. n. 23572/2013).
3.1 Ciò posto, non mette conto esaminare partitamente i motivi di ricorso, in quanto va rilevata (anche su eccezione del Procuratore Generale, almeno in parte qua ), in via dirimente, la mancata partecipazione al giudizio di primo grado della litisconsorte necessaria debitrice esecutata, RAGIONE_SOCIALE in liquidazione, con le conseguenze di cui si dirà infra .
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3.2 L ‘andamento del giudizio di merito, davvero singolare, impone anzitutto di precisare e ribadire che l’azione spiegata da NOME COGNOME n.q. e che qui occupa è una opposizi one di terzo all’esecuzione ex art. 619 c.p.c.
Pertanto – ribaditi gli argomenti spesi nella citata ordinanza interlocutoria circa la dualità o alterità soggettiva tra RAGIONE_SOCIALE in liquidazione e il liquidatore giudiziale nominato in ambito concordatario -, deve necessariamente evidenziarsi che le ragioni su cui l’opposizione della COGNOME si fonda sono certamente riconducibili alla pretesa di un terzo estraneo all’azione esecutiva (nella specie, pignoramento presso terzi), che allega la natura di patrimonio separato (e, come tale, del quale non avrebbe la titolarità il debitore esecutato) delle somme giacenti sul conto corrente, in quanto destinate al soddisfacimento dei creditori concorsuali, e dunque la loro non assoggettabilità alla stessa azione o, comunque, la loro impignorabilità: insomma, si ricade senz’altro nell’egida dell’art. 619 c.p.c., c ome pure correttamente sottolineato dal Procuratore Generale.
Sul punto, inopinatamente il giudice dell’esecuzione del Tribunale di Roma, con ordinanza del 15.6.2018 resa all’esito della fase sommaria di quella opposizione, senza l’assegnazione del termine per l’introduzione del giudizio di merito – dichiarò senz’altro l’inammissibilità dell’opposizione della COGNOME, regolando le spese (testualmente: ‘ Visto l’art. 549 c.p.c. DICHIARA inammissibile la domanda proposta dalla ricorrente ‘) . Peraltro, come emerge dalla lettura di detta ordinanza e anche dalla citazione testuale che precede, il g.e. in realtà sostanzialmente ritenne trattarsi di un procedimento ex art. 549 c.p.c. per l’accertamento dell’obbligo del terzo , pure negando la legittimazione
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attiva del liquidatore giudiziale (erroneamente individuato quale legale rappresentante della stessa RAGIONE_SOCIALE), secondo la singolare – non meno che palesemente insostenibile – idea per cui il debitore esecutato non potesse introdurre un simile incidente di cognizione; ad un tempo, il g.e. fece pure cenno a non meglio chiarite questioni in tema di presupposti di proponibilità della opposizione di terzo al l’esecuzione , ritenuti insussistenti nella specie.
Peraltro, giova evidenziare che il modus procedendi adottato dal giudice dell’esecuzione capitolino , per quanto emerge dagli atti, parrebbe conforme ad una prassi – già sconfessata da questa Corte (si veda Cass. n. 13487/2023, ed ivi richiami) – secondo cui nel pignoramento presso terzi non è sufficiente, per la parte che intenda muovere contestazioni in relazione alla dichiarazione di quantità resa dal terzo pignorato ex art. 547 c.p.c., verbalizzare le proprie istanze, ma occorre anche depositare, su invito dello stesso g.e., una sorta di memoria riepilogativa di contestazione, onde circo scrivere l’oggetto della contestazione stessa , a mo’ di vero e proprio atto introduttivo di un giudizio incidentale di cui all’ art. 549 c.p.c.
Nel seguire tale prassi contra legem , però, il g.e. – come emerge chiaramente dalla lettura della predetta ordinanza del 15.6.2018 – con ogni evidenza operò una indebita commistione tra le doglianze sollevate dalla Capriolo n.q. con il ricorso ex art. 619 c.p.c., benché proposto dopo la dichiarazione del terzo, e le contestazioni comunque sollevate all’esito della stessa dichiarazione, resa da Unicredit s.p.a. nonostante la precedente diffida inviatale dal liquidatore giudiziale: in sostanza, il g.e. romano perdette il focus sulla domanda effettivamente proposta dalla COGNOME, confondendo il petitum e la causa
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petendi della spiegata opposizione, ancora ribadita dalla stessa COGNOME con la memoria datata 5.12.2017 (in fasc. ric.te), qualificandola quale istanza di accertamento dell’obbligo del terzo pignorato e, per di più, definendola uno actu . Tuttavia, non è possibile in questa sede prendere in considerazione i vizi o l ‘ irregolarità dello svolgimento della fase sommaria, in quanto sulla natura dell’ordinanza del 15.6.2018 – qualificata dalla Corte territoriale come sentenza, a dispetto dell’ormai consolidato innovativo approdo di questa Corte sull ‘esclusione di tale qualità per qualsiasi atto del giudice dell’esecuzione (salvo quanto infra ) – poiché nessuna delle parti si è doluta di un simile operato del giudice dell’esecuzione capitolino .
3.3 Inoltre, sotto diverso ma correlato versante, va pure osservato che l’anomala decisione adottata dal giudice dell’esecuzione romano non ne avrebbe comunque giustificato l’impugnazione dinanzi alla Corte d’appello da parte della Capriolo, giacché, nel caso in cui non venga garantita la nota bifasicità delle opposizioni esecutive (per tutte, v. Cass. n. 25170/2018), procedendosi senz’altro alla definizione dell’opposizione già nella fase interinale, la parte interessata ha pur sempre l’onere di introdurre il giudizio di merito a prescindere dall’assegnazione del relativo t ermine (v. in particolare Cass. n. 31077/2023, in motivazione, par. 2.3.2, ed ivi richiami), fatta eccezione per l’ipotesi, non ricorrente nella specie, in cui il giudice dell’esecuzione adotti un provvedimento definitorio avente non solo natura, ma anche forma di sentenza, solo in tal caso potendo operare il principio di apparenza e così restando giustificato il rimedio impugnatorio dell’appello (v. Cass. n. 11848/2022, resa in tema di opposizione agli atti esecutivi, anche per richiami).
Tuttavia, la Corte d’appello romana, con la sentenza qui impugnata, disattendendo le eccezioni sollevate da Unicredit s.p.a. e da NOME COGNOME ha invece esplicitamente ritenuto che correttamente la RAGIONE_SOCIALE n.q. avesse ritualmente proposto appello avverso detta ordinanza, proprio in forza del principio di apparenza, giacché la decisione del Tribunale aveva natura sostanziale di sentenza: in ciò, da un lato, senza tener conto della poc’anzi descritta commistione oggettiva indebitamente operata dal g.e., e dall’altro ponendosi inevitabilmente in totale disallineamento rispetto al consolidato orientamento di questa Corte di legittimità sui rimedi esperibili dalla parte interessata in caso di violazione del principio di bifasicità nell’ambito delle opposizioni esecutive, poc’anzi descritti .
Detta statuizione, però, non è stata impugnata da nessuno di coloro che potevano averne interesse: né da NOME COGNOME né da Unicredit s.p.a., rimasta intimata, né tampoco dalla stessa SAFAB s.r.l. in liquidazione (se del caso ai sensi dell’art. 334 c.p.c.) , anch’essa rimasta intimata, benché all’esito della disposta integrazione del contraddittorio in questa sede di legittimità.
In tali condizioni, quindi, questa Corte è impossibilitata a rilevare d’ufficio l’originaria i nammissi bilità dell’appello proposto dalla COGNOME nella ripetuta qualità di liquidatore giudiziale, non potendo quindi procedersi ai sens i dell’art. 382, comma 3, c.p.c., con la cassazione senza rinvio della sentenza di secondo grado comunque resa.
Del pari, questa Corte è vincolata per quanto la stessa sentenza d’appello, come si vedrà, debba essere cassata per non aver rilevato la violazione del contraddittorio in primo grado – alla ritenuta natura di sentenza in senso
sostanziale attribuita dalla Corte capitolina , come s’è detto, alla ordinanza del 15.6.2018, con cui il giudice dell’esecuzione definì l’opposizione di terzo introdotta dalla COGNOME. In altre parole, proprio per effetto della mancata reazione processuale di alcuna delle parti, deve ritenersi che – nonostante la patente violazione del principio di bifasicità, da parte del g.e. – il giudizio di primo grado si sia comunque svolto e sia stato definito da una pronuncia evidentemente idonea a definire l’esito della lite, nonostante l’effettivo mancato svolgimento della fase di merito, ex art. 616 c.p.c., nelle forme previste dal codice di rito. Sulle conseguenze di quanto precede si dirà tra breve.
3.4 Le descritte singolari decisioni del giudice dell’esecuzione e della Corte d’appello capitolini, però, impongono una soluzione processuale drastica, che consenta al debitore esecutato pretermesso il pieno recupero delle proprie facoltà difensive, dinanzi al giudice di primo grado competente per il merito, ex art. 616 c.p.c.
Del resto, occorre pure osservare che l’intima essenza dell’opposizione spiegata dalla COGNOME n.q. non resta scalfita dalla decisione resa, sul punto, dalla Corte territoriale, che – riscontrando una invece inesistente coincidenza soggettiva tra l’ufficio del liquidatore dei beni ceduti ai creditori e la società ammessa al concordato, v. ord. interlocutoria n. 27381/2024 – ha di fatto (e con un paradosso inespresso) relegato l’opposizione in parola ad una mai proposta (dal debitore esecutato) opposizione ex art. 615, comma 2, c.p.c.: è evidente, infatti, che se la opposizione spiegata dalla RAGIONE_SOCIALE dovesse tout court imputarsi alla società in proprio (come erroneamente ritenuto dal giudice d’appello), giammai
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potrebbe esservi spazio per una opposizione di terzo all’esecuzione, ai sensi dell’art. 619 c.p.c.
Sul punto, tuttavia, non può ritenersi formato il giudicato (il che, a ben vedere, avrebbe determinato senz’altro l’inammissibilità del ricorso della COGNOME), perché il primo motivo del ricorso – per quanto argomentando sotto diverso profilo – ha mantenuto viva la questione, essendosi comunque censurata la decisione d’appello per aver la Corte del merito ritenuto di non dover distinguere la posizione soggettiva del liquidatore giudiziale da quella della società ammessa al concordato preventivo: ciò che, appunto, consente di verificare, una volta ribadita la relativa alterità soggettiva, se il contraddittorio sia stato integro fin dall’inizio in questa complessa e contorta vicenda processuale .
Anche per tal verso, quindi, è indiscutibile che l’azione spiegata dalla COGNOME sia proprio una opposizione di terzo all’esecuzione, ex art. 619 c.p.c.
3.5.1 Ciò chiarito, occorre adesso finalmente riscontrare – come ampiamente anticipato il difetto di integrità del contraddittorio, con riguardo all’unica fase del giudizio di primo grado, interamente ed impropriamente tenutosi dinanzi al giudice dell’esecuzione (ma, come s’è visto, in guisa oramai irretrattabile), benché senza la partecipazione della debitrice esecutata, come anche correttamente rilevato dal Procuratore Generale.
Infatti, per quanto la RAGIONE_SOCIALE in liquidazione sia stata certamente evocata nel giudizio d’appello , può ritenersi che essa non lo sia stata
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per la fase effettivamente svoltasi dinanzi al g.e. capitolino (nella quale questi ha, illegittimamente, confuso e concentrato sia la fase sommaria che quella di merito, per di più erroneamente attribuendo alla domanda della Capriolo una natura diversa e/o ulteriore rispetto a quella effettivamente proposta -v. supra , par. 3.2), non risultando dagli atti legittimamente consultabili da questa Corte che il ricorso ex art. 619 c.p.c. della Capriolo n.q., nonché il pedissequo decreto del g.e., siano stati notificati al liquidatore volontario della predetta società, al contrario di quanto esposto dallo COGNOME nella memoria depositata il 13.3.2025. Anzi, è la stessa COGNOME, nella memoria del 12.3.2025, a precisare e a ‘confessare’ (senza però trarne le debite conseguenze) che tanto non avvenne , perché il giudice dell’esecuzione non assegnò i termini per l’introduzione del giudizio di merito.
3.5.2 -Ora, preso atto della già cennata mancanza di prova che il ricorso in questione sia stato effettivamente notificato all’esecutata , va anche rilevato che nulla avrebbe potuto ricavarsi, in proposito, dall’esame dei fascicoli d’ufficio del giudizio di merito, posto che, di regola, la prova della notificazione degli atti di parte si rinviene nel fascicolo della parte stessa e non in quello d’ufficio; tanto non consente, dunque, di pronunciare l’improcedibilità del ricorso a norma dell’art. 369, comma 3, c.p.c. (applicabile ratione temporis , posto che il ricorso che occupa venne notificato il 23.1.2023), benché la ricorrente non abbia tempestivamente depositato l’istanza alla cancelleria della Corte d’app ello per la trasmissione dei fascicoli stessi a questa Corte, giacché il loro esame, proprio per la suddetta ragione, non si rivela indispensabile ai fini della decisione (v., ex multis , Cass. n. 5819/2016).
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3.5.3 Ciò chiarito, a parte l’erroneità dell’assunto della ricorrente circa le ragioni della mancata evocazione della RAGIONE_SOCIALE in proprio nel giudizio di primo grado, perché – pur a prescindere dall ‘onere di reagire alla mancata concessione dei termini ex art. 616 c.p.c. , come s’è visto – il ricorso ex art. 619 c.p.c. avrebbe comunque dovuto esserle notificato anche per la fase interinale, non v’è dubbio che la pretermissione della stessa RAGIONE_SOCIALE in liquidazione, quale esecutata, anche per la predetta fase, determina la nullità del giudizio di primo grado comunque svoltosi (v. par. 3.3).
Sul punto, proprio in relazione al giudizio ex art. 619 c.p.c., questa Corte ha di recente condivisibilmente affermato che ‘ Nell’opposizione di terzo all’esecuzione, la nullità del giudizio di primo grado derivante dalla mancata partecipazione del debitore esecutato, litisconsorte necessario con il terzo opponente e il creditore procedente, è sanata soltanto se il litisconsorte pretermesso, intervenendo nel grado d’appello, dichiara di accettare senza riserve il contenuto della sentenza di primo grado ‘ (Cass. n. 2962 9/2024).
Pertanto, nonostante la recuperata integrità del contraddittorio in questa sede di legittimità e l’evocazione della RAGIONE_SOCIALE in liq uidazione dinanzi alla Corte d’appello , la mancata partecipazione della società allo stesso giudizio d’appello e il suo contegno in quella sede meramente passivo (nel senso, cioè, che -essendo essa rimasta ivi contumace – difetta qualsiasi presa di posizione sulla sua pretermissione nel giudizio di primo grado) determinano la cristallizzazione del vulnus al suo diritto di difesa, quale litisconsorte necessario, in relazione allo stesso giudizio di primo grado.
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3.5.4 Pertanto , ai sensi dell’art. 383, comma 3, c.p.c., si impone la cassazione sia della sentenza d’appello , per non aver rilevato detto vulnus , sia dell’ordinanza del g.e. del 15.6.2018 (non potendo rimettersi in discussione la sua, benché errata, qualificazione di vera e propria sentenza in senso sostanziale, come s’è visto), in quanto ogni decisione sull’opposizione della COGNOME o, nella qualità più volte chiarita, in caso contrario, risulterebbe inutiliter data .
La causa va dunque rinviata al primo giudice, da individuarsi nel Tribunale ordinario di Roma in sede contenziosa (ovviamente e comunque, in persona di diverso magistrato rispetto al giudice dell’esecuzione del tempo) , non potendo rilevare -per garantire effettività al diritto di difesa del litisconsorte indebitamente pretermesso – che in quella sede il giudizio di merito di primo grado a cognizione piena non si sia effettivamente svolto.
Infatti, il vincolo circa la natura della ripetuta ordinanza del g.e. del 15.6.2018 (nel senso che deve ritenersi trattarsi, a tutti gli effetti, di sentenza in senso sostanziale), non consente a questa Corte di provvedere come da insegnamento di Cass. n. 18332/2019 e Cass. n. 29342/2019, entrambe non massimate, secondo cui, in casi consimili a quello che occupa, occorre meramente cassare senza rinvio la sentenza impugnata, con conseguente riapertura dei termini per l’eventuale instaurazione della fase a cognizione piena del giudizio di merito dell ‘ opposizione.
4.1 In definitiva, pronunciando sul ricorso, ai sensi dell’art. 383, comma 3, c.p.c., sono cassate la sentenza della Corte d’appello di Roma n. 5712/2022 del 20.9.2022, nonché l’ordinanza del giudice dell’esecuzione del Tribunale di Roma (avente natura di sentenza) del 15.6.2018, resa nel procedimento esecutivo
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presso terzi n. 10447/2016 R.G.E. a definizione dell’opposizione di terzo , con rinvio dinanzi al Tribunale di Roma in sede contenziosa, affinché ivi si svolga in primo grado e nella fase di merito il processo nel contraddittorio anche con la RAGIONE_SOCIALE in liquidazione (volontaria) e concordato preventivo, impregiudicata ovviamente ogni questione (eccetto la qualificazione della domanda), e si provveda pure alla liquidazione delle spese dell’intero giudizio.
P. Q. M.
la Corte, pronunciando sul ricorso, cassa la sentenza della Corte d’appello di Roma n. 5712/2022 del 20.9.2022, nonché l’ordinanza del giudice dell’esecuzione del Tribunale di Roma del 15.6.2018, resa nel procedimento esecutivo presso terzi n. 10447/2016 R.G.E., con rinvio dinanzi al Tribunale di Roma in sede contenziosa e in persona di diverso magistrato, che provvederà anche sulle spese dell’intero giudizio .
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Terza sezione Civile, il giorno