Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 3383 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 3383 Anno 2024
AVV_NOTAIO: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 06/02/2024
sul ricorso 15296/2018 proposto da:
RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE elettivamente domiciliata in Roma presso lo studio dell’AVV_NOTAIO NOME COGNOME che l a rappresenta e difende
-ricorrente –
contro
RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE elettivamente domiciliata in Roma presso lo studio dell’AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO che la rappresenta e difende
-controricorrente – avverso la sentenza della CORTE D’APPELLO di ROMA n. 1036/2018 depositata il 15/02/2018;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 26/10/2023 dal AVV_NOTAIO.
FATTI DI CAUSA
1. La RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE, cessionaria dei rami di azienda già ceduti dalle originarie appaltatrici a RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE e, di seguito, da questa ad RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE, ricorre a questa Corte onde sentir cassare l’epigrafata sentenza con la quale la Corte d’Appello di Roma, da essa adita al fine della riforma dell’impugnata sentenza di primo grado, che aveva accolto l’opposizione dell’RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE al decreto ingiuntivo notificatole da RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE in relazione a pretesi crediti nascenti dai contratti di appalto stipulati da RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE con le originarie appaltatrici, ha dichiarato inammissibile il proposto atto di gravame rilevando il difetto di specificità degli azionati motivi di appello -segnatamente perché totalmente elusivi delle ragioni svolte nella sentenza impugnata, che aveva evidenziato come la pretesa non corrispondesse a nessun SAL né allo stato di approvazione finale dei lavori e non fosse contabilmente documentata -, nonché il fatto, parimenti ostativo, che le procedure di appalto a cui si rifaceva la pretesa erano state chiuse senza contestazioni sullo stato finale del lavori.
Il ricorso così introdotto si vale di tre motivi seguiti da memoria, ai quali resiste con controricorso e memoria l’intimata.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Il ricorso allega, al primo motivo, la violazione dell’art. 342 cod. proc. civ. sul presupposto che, contrariamente a quanto ritenuto dal decidente, l’appello era fondato sui contratti, sugli stati finali dei lavori, sulle lettere dell’RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE, nonché sulle fatture prodotte in sede monitoria, in relazione alle quali si era chiesto che le prestazioni ivi elencate fossero liquidate applicando il Prezzario Toscana 2003, circostanza che rimarcava l’errore del decidente di
primo grado che aveva giudicato invece inapplicabile il medesimo Prezzario per l’anno 2005 e rendeva inconferente la conclusiva argomentazione della sentenza impugnata, basandosi la domanda non su una diversa quantificazione dei lavori, ma sulla nullità dei prezzi applicati; al secondo motivo, la violazione della medesima norma in relazione agli artt. 1362, 1363 e 1367 cod. civ. sul presupposto che, nell’atto di dichiarare l’appello inammissibile, il decidente aveva omesso di indagare compiutamente quale fosse l’intenzione dell’appellante e di interpretare l’atto di appello nel senso di impedire che esso potesse essere dichiarato inammissibile; e al terzo motivo, la violazione del combinato disposto dell’art. 91 cod. proc. civ. e dell’art. 4, comma 5, lett. c) e d), d.m. 10 marzo 2014, n. 55 in quanto la Corte d’Appello avrebbe liquidato le spese di lite, riconoscendo dovute tanto le spettanze per la fase istruttoria, benché non si fosse nella specie svolta alcuna attività di tal fatta, quanto quelle per la fase decisionale, quantunque delle complessive attività ricadenti sotto questa voce, nella specie avesse avuto luogo solo la discussione orale.
Rispetto alla preconizzata disamina si impone, tuttavia, di rilevare in via pregiudiziale il vizio processuale che infirma la sentenza impugnata e che ne comporta la doverosa cassazione.
La sentenza in parola risulta, infatti, pronunciata in violazione dell’integrità del contraddittorio, posto che al giudizio da essa concluso avrebbe dovuto prendere parte, in ragione del litisconsorzio processuale ricorrente anche nei suoi confronti, il RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE, che, di seguito al fallimento della RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE dichiarato il 20.2.2014, aveva riassunto il giudizio di primo grado in luogo della fallita, la quale, peraltro, con atto del 14.1.2014 aveva proceduto a cedere il ramo di azienda, a cui afferivano anche i rapporti per cui è causa, all’odierna ricorrente. Considerato che RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE non era
intervenuta né era stata chiamata in causa ai sensi dell’art. 111, comma 3, cod. proc. civ., il giudizio era poi proseguito tra le parti originarie a mente dell’art. 111, comma 1, cod. proc. civ., ovvero tra RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE e, dopo, il suo fallimento, la curatela in veste di attore opposto, e RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE, in veste di convenuto opponente. L’appello veniva, però, proposto dal successore RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE, ai sensi dell’art. 111, comma 4, cod. proc. civ., senza, tuttavia, che nel giudizio così incardinato fosse evocato anche il RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE.to In. Ge.RAGIONE_SOCIALE, che aveva proseguito il giudizio di prime cure quale sostituto processuale della società cessionaria, oggi ricorrente per cassazione e già appellante. Orbene, è evidente che la cessionaria diviene parte nel processo in due casi: o se interviene o viene chiamata nel giudizio, o quando propone appello avverso la sentenza che spiega effetti anche nei suoi confronti, ai sensi – rispettivamente – dei commi 3 e 4 dell’art. 111 cod. proc. civ. In caso di successione a titolo particolare nel diritto controverso in corso di causa, il successore non assume, invero, la veste di “parte processuale” se non quando sia stato chiamato o sia intervenuto nel giudizio o abbia proposto impugnazione avverso la sentenza pronunziata tra il terzo ed il suo dante causa, potendo il processo proseguire tra le parti originarie ed assumendo l’alienante, fino a quando non venga formalmente estromesso dal giudizio, la qualità di “sostituto processuale” del successore a titolo particolare e di litisconsorte necessario (Cass., Sez. II, 2/05/1996, n. 4024). In tale prospettiva, si è più di recente ribadito che il successore a titolo particolare per atto tra vivi di una delle parti del processo può intervenire volontariamente nel processo o esservi chiamato, ma anche proporre impugnazione avverso la sentenza emessa nei confronti del suo dante causa, senza che ciò comporti automaticamente l’estromissione dell’alienante o del dante causa, potendo questa essere disposta dal giudice solo se le altre
parti vi consentano. Ne consegue che, nel giudizio di impugnazione contro la sentenza, il successore intervenuto in causa e l’alienante non estromesso sono litisconsorti necessari e che, se la sentenza è appellata da uno solo soltanto o contro uno soltanto dei medesimi, deve essere ordinata, anche d’ufficio, l’integrazione del contraddittorio nei confronti dell’altro, a norma dell’art. 331 cod. proc. civ. dovendosi, in difetto, rilevare, anche d’ufficio, in sede di legittimità, il difetto di integrità del contraddittorio con rimessione della causa al giudice di merito per la eliminazione del vizio (Cass., Sez. I, 15/06/2018, n. 15905).
A tanto occorre procedere anche nel caso che ne occupa atteso che dalla disamina degli atti, a cui il collegio è facultato in ragione del vizio rilevato, non consta che il contraddittorio in grado di appello sia stato integrato anche nei confronti del RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE.to In.Ge.RAGIONE_SOCIALE, quantunque questo, essendo stato parte del giudizio di primo grado e non essendo stato estromesso da esso, in quanto la cessionaria non vi era intervenuta né vi era stata chiamata, rivestisse la qualità di litisconsorte necessario.
Decidendo quindi sul ricorso, la sentenza va debitamente cassata e la causa va rinviata al giudice a quo per la rinnovazione del giudizio.
P.Q.M.
Decidendo sul ricorso, cassa l’impugnata sentenza nei limiti di cui in motivazione e rinvia la causa avanti alla Corte d’Appello di Roma che, in altra composizione, provvederà pure alla liquidazione delle spese del presente giudizio.
Cosi deciso in Roma nella camera di consiglio della I sezione civile il giorno 26.10.2023.
Il AVV_NOTAIO COGNOME