Sentenza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 21351 Anno 2025
Civile Sent. Sez. 3 Num. 21351 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 25/07/2025
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 14014/2023 R.G.
proposto da
RAGIONE_SOCIALE rappresentata e difesa dall’Avv. NOME COGNOMEc.f. CODICE_FISCALE con domicilio digitale ex lege
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE rappresentata e difesa dall’Avv. NOME COGNOMEc.f. CODICE_FISCALE, con domicilio digitale ex lege
– controricorrente –
avverso la sentenza della Corte d’appello di Firenze del 19/12/2022 ; udita la relazione della causa svolta all ‘ udienza del 3/7/2025 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dr.ssa NOME COGNOME che ha concluso per il rigetto del ricorso; uditi i difensori delle parti e lette le memorie.
FATTI DI CAUSA
1. La vicenda giudiziaria tra la società RAGIONE_SOCIALE e la RAGIONE_SOCIALE traeva origine da tre distinti atti di precetto notificati il 20/1/2017 da RAGIONE_SOCIALE alla RAGIONE_SOCIALE (in precedenza RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE), fondati su altrettanti titoli esecutivi emessi dal Pretore e dal Tribunale di Pisa in favore di RAGIONE_SOCIALE (poi, a seguito di cambio di denominazione, divenuta Realtà Aziendale Banca Dati Centrale S.p.A., in forma contratta RAGIONE_SOCIALE: un decreto ingiuntivo del 18/10/1995 (n. 601/95), una sentenza del 12/6/1998 (n. 186/98) e una sentenza del 10/6/1999 (n. 696/99); il primo riguardava crediti per forniture di merci non pagate a RAGIONE_SOCIALE (che aveva precedentemente ceduto i suoi crediti alla RAGIONE_SOCIALE in forza di factoring) e le s pese liquidate per l’ingiunzione, il secondo le spese legali liquidate in sede di opposizione al provvedimento monitorio e il terzo le spese di lite liquidate in sede di appello rispetto alla sentenza che aveva deciso la citata opposizione.
2. La Realtà Aziendali Banca RAGIONE_SOCIALE Centrale RAGIONE_SOCIALE.p.ARAGIONE_SOCIALEEniBank S.p.A., con atto del 19/6/2000, aveva poi ceduto a RAGIONE_SOCIALE la propria azienda e con essa i propri crediti, ivi compreso quello nei confronti della RAGIONE_SOCIALE con atto di cessione notificato alla debitrice; pochi giorni dopo, la RAGIONE_SOCIALE veniva dichiarata fallita dal Tribunale di Livorno con la sentenza n. 41 del 28/6/2000.
3. Rispetto alla predetta cessione d’azienda la curatela fallimentare aveva esercitato l’azione ai sensi dell’art. 64 L.F. e l’atto traslativo era stato dichiarato inefficace dal Tribunale di Livorno con la sentenza n. 921 del 29/5/2002; la predetta decisione veniva impugnata dalla Daxter, che affermava di essere rimasta contumace in primo grado per nullità della notifica dell’atto di citazione; la Corte d’appello di Firenze, con sentenza n. 878 del 31/5/2004, accoglieva il gravame e rimetteva le parti innanzi al primo giudice, ma la pronuncia era poi revocata, ai sensi dell’art. 395 c.p.c., dalla sentenza della stessa Corte territoriale n. 389 del 5/3/2008, il ricorso per la cui cassazione era dichiarato inammissibile da Cass. 7/7/2011, n. 15018.
4. Con comunicazione datata 2/1/2017, la RAGIONE_SOCIALE aveva notificato alla RAGIONE_SOCIALE la cessione alla RAGIONE_SOCIALE del proprio credito, asseritamente vantato nei confronti della destinataria della missiva.
5. Ricevuti dalla RAGIONE_SOCIALE gli atti di precetto del 20/1/2017, la RAGIONE_SOCIALE proponeva opposizione ex art. 615, comma 1, c.p.c., sostenendo che il credito (unitario) era stato abusivamente frazionato, che i crediti erano stati estinti mediante pagamento alla curatela del fallimento della originaria creditrice (E-B. RAGIONE_SOCIALE, poi Realtà Aziendale Banca Dati Centrale o Enibank S.p.A.) e che l’opposta RAGIONE_SOCIALE non era legittimata ad agire, in quanto la cessione aziendale -e, quindi, dei crediti -era stata definitivamente dichiarata inefficace con la menzionata sentenza n. 921/2002 del Tribunale di Livorno.
6. Il Tribunale di Siena, con la sentenza n. 1014 del 12/10/2019, rigettava le eccezioni di frazionamento del credito e di difetto di legittimazione attiva, ma accoglieva l’opposizione , ritenendo estinte le obbligazioni in ragione dell’intervenuto pagamento alla curatela fallimentare dell’importo di Euro 39.508,55.
7. Con comunicazione datata 30/3/2020, la RAGIONE_SOCIALE comunicava alla COGNOME di essere divenuta titolare dei crediti oggetto del precetto: «con atto di cessione crediti dell’08/03/2017 la società RAGIONE_SOCIALE con immediata efficacia traslativa, ha ceduto ogni suo credito derivante dalla gestione crediti Italia alla RAGIONE_SOCIALE e che quest’ultima con atto del 23.05.2018, ha poi ceduto alla scrivente RAGIONE_SOCIALE i crediti da Voi dovuti per sorte capitale, per interessi e per ogni altro eventuale elemento accessorio maturato nei Vostri confronti, in relazione a quanto appresso specificato: credito derivante da decreto ingiuntivo n° 601/1995, emesso in data 18/10/1995, … credito derivante da sentenza n° 186/1998, emessa in data 12/06/1998, … cr edito derivante da sentenza n° 696/1999, emessa in data 10/06/1999».
Con atto di citazione notificato il 9/4/2020, la RAGIONE_SOCIALE impugnava la sentenza n. 1014 del 12/10/2019 del Tribunale di Siena, limitatamente al capo relativo all’estinzione del credito; sosteneva che il pagamento eseguito dall’appellata si riferiva ad un quarto titolo esecutivo (la sentenza n. 362/2005 del Tribunale di Livorno), non oggetto di opposizione.
In data 10/7/2020, la RAGIONE_SOCIALE si costituiva nel giudizio di secondo grado e, richiamando il giudicato sulla declaratoria di inefficacia della cessione d’azienda da Realtà Aziendali Banca Dati Centrale S.p.A./EniBank S.p.A. RAGIONE_SOCIALE proponeva impugnazione incidentale: «In accoglimento dell’appello incidentale, accertare e dichiarare l’inesistenza originaria ovvero attuale del diritto della parte istante, società RAGIONE_SOCIALE, oggi RAGIONE_SOCIALE … a procedere ad esecuzione forzata nei c onfronti della società RAGIONE_SOCIALE; in quanto non legittimata né sostanzialmente né proceduralmente, sia perché sono illegittime le varie cessioni del credito poste in essere fino a giungere alla società appellante denominata RAGIONE_SOCIALE sia perché l’ obbligazione di cui agli atti di precetto notificati il 20.1.2017, è estinta per intervenuto pagamento attestato dalle ricevute versate in atti».
La prima udienza -fissata con l’atto di citazione in appello al 2/9/2020 -veniva rinviata d’ufficio al 22/6/2021 e successivamente al 15/3/2022, disponendo lo scambio e il deposito telematico di note scritte, con invito alle parti a depositare, almeno cinque giorni prima della predetta udienza, le proprie conclusioni definitive.
Con successiva sentenza n. 2823 del 19/12/2022, la Corte d’ appello di Firenze, in accoglimento dell’appello incidentale proposto dalla RAGIONE_SOCIALE dichiarava il difetto di legittimazione attiva di RAGIONE_SOCIALE ritenendo che la catena di cessioni di credito fosse viziata ab origine , in quanto fondata su un atto di cessione d’azienda dichiarato inefficace con sentenza passata in giudicato; dichiarate assorbite le altre questioni e condannava la RAGIONE_SOCIALE alle spese del grado, oltre che per lite temeraria.
La RAGIONE_SOCIALE proponeva ricorso per cassazione, fondato su nove motivi.
Resisteva con controricorso la RAGIONE_SOCIALE
Il Pubblico Ministero chiedeva il rigetto del ricorso.
Le parti depositavano memorie ex art. 378 c.p.c.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Si deve rilevare, in via preliminare, che non ha partecipato al processo in grado di appello, né risulta quale destinataria del ricorso per cassazione, la RAGIONE_SOCIALE parte del processo di primo grado che aveva ceduto il credito all’appellante RAGIONE_SOCIALE in particolare, la RAGIONE_SOCIALE aveva appellato la decisione emessa nei confronti di RAGIONE_SOCIALE espressamente dichiarando la propria qualità di successore di detta società ex art. 111 c.p.c.
La menzionata disposizione stabilisce che «il processo prosegue tra le parti originarie», fermo restando che «in ogni caso il successore a titolo particolare può intervenire o essere chiamato nel processo e, se le altre parti vi consentono, l’alienante o i l successore universale può esserne estromesso». Perciò, per regola generale ex art. 111 c.p.c., l’intervento o la chiamata in causa del successore non privano il dante causa della qualità di litisconsorte necessario, in difetto di estromissione del medesimo (tra molte: Cass. Sez. U., 09/03/1990, n. 1918, Rv. 465787-01).
Quale corollario, in giurisprudenza si è statuito che «Il successore a titolo particolare di una delle parti nel rapporto giuridico controverso, il quale proponga impugnazione avverso la sentenza pronunciata nei confronti del suo dante causa che non sia stato in precedenza estromesso e che, per questo motivo, conserva la veste di litisconsorte necessario, è onerato a chiamarlo nell’instaurato giudizio di gravame, con la conseguenza che la relativa omissione comporta un difetto di integrità del contraddittorio rilevabile d’ufficio anche in sede di legittimità e determina, ove tale rilievo sia effettuato dalla corte di cassazione, la necessità della rimessione della causa nella fase di merito in cui il vizio si è configurato ai fini della sua elimina-
zione» (Cass. Sez. 3, 19/07/2005, n. 15208, Rv. 583384-01; analogamente, Cass. Sez. 1, 15/06/2018, n. 15905, Rv. 649280-01, Cass. Sez. 3, 24/02/2010, n. 4486, Rv. 611595-01, Cass. Sez. 3, 26/01/2010, n. 1535, Rv. 611191-01, e Cass. Sez. 2, 24/08/2006, n. 18483, Rv. 592064-01).
Al rigore di tale conclusione, tuttavia, la consolidata giurisprudenza di questa Corte apporta un temperamento, ogniqualvolta si possa configurare un’estromissione tacita. Infatti, si afferma che «L’impugnazione proposta dal solo cessionario del credito senza estendere il contraddittorio anche al cedente, in giudizio di opposizione all’esecuzione, è valida quando quest’ultimo non abbia impugnato la decisione e le controparti, senza formulare eccezioni sul punto o domande nei confronti del cedente stesso, abbiano accettato il contraddittorio nei confronti del solo cessionario, configurandosi in tal modo di fatto l’estromissione prevista dall’art. 111 terzo comma cod. proc. civ. e venendo meno, anche prima di una formale dichiarazione in tal senso, la qualità di litisconsorte necessario del cedente» (così Cass. Sez. 3, 08/02/2011, n. 3056, Rv. 616680-01; analogamente, Cass. Sez. 2, 30/08/2017, n. 20533, Rv. 645106-01: «Ove il giudizio di impugnazione si sia svolto senza l’evocazione in giudizio dell’alienante d el diritto controverso, ma con la partecipazione del successore a titolo particolare, allorché il primo abbia dimostrato il suo disinteresse al gravame e l’altra parte, senza formulare eccezioni al riguardo, abbia accettato il contraddittorio nei confronti del successore, sussistono i presupposti per l’estromissione tacita dal giudizio dell’alienante, con conseguente perdita della qualità di litisconsorte necessario della parte originaria.»; nello stesso senso, Cass. n. 5531 del 2024; Cass. n. 35798 del 2022; Cass. n. 2048 del 2018; Cass. n. 6196 del 2015).
Dalla combinazione dei menzionati principî si evince che:
a ) la RAGIONE_SOCIALE avrebbe dovuto notificare l’appello anche al litisconsorte necessario RAGIONE_SOCIALE;
b ) l’omessa notifica sarebbe risultata irrilevante in caso di estromissione (tacita) della RAGIONE_SOCIALE
c ) la predetta estromissione sarebbe stata comunque condizionata alla mancata proposizione di eccezioni o domande nei confronti del litisconsorte necessario -la presentazione delle quali avrebbe precluso la prosecuzione del giudizio senza il suo coinvolgimento -o, in alternativa, al suo disinteresse al gravame.
6. Nel caso in esame, con appello incidentale -la cui proposizione non richiede alcuna notificazione nel rito ordinario, ma soltanto la tempestiva costituzione con apposita comparsa di risposta in secondo grado (art. 343, comma 1, c.p.c. ratione temporis vigente) -la COGNOME ha esplicitamente chiesto di «accertare e dichiarare l’inesistenza originaria ovvero attuale del diritto della parte istante, società RAGIONE_SOCIALE, oggi RAGIONE_SOCIALE … a procedere ad esecuzione forzata nei confronti della società RAGIONE_SOCIALE in ragione dell’inefficacia della cessione.
7. Tale domanda -volta a contestare la statuizione del primo giudice -impedisce ex se l’estromissione della RAGIONE_SOCIALE la cui qualità di litisconsorte necessario non può ritenersi venuta meno , per l’evidente interesse di quella e della stessa appellante incidentale alla disamina della legittimazione ad agire in via esecutiva, resa oggetto di domanda espressa in appello.
8. Conseguentemente, il giudice di secondo grado -preso atto della mancata notificazione dell’appello principale al litisconsorte necessario, della sua mancata estromissione dal giudizio e della proposizione di appello incidentale -avrebbe dovuto integrare il contraddittorio nei confronti della RAGIONE_SOCIALE a norma dell’art. 331 c.p.c.
9. La citata norma dispone che ciascuna delle parti appellanti, in forza dei principî di autonomia delle singole impugnazioni e del connesso interesse ad impugnare sottostante a ciascuna di esse, è soggetta all’onere di provvedere all’integrazione mediante la notificazione del proprio atto d’impugnazione entro il termine all’uopo stabilito dal giudice d’appello; ma poiché tale onere presuppone che un termine sia effettivamente fissato dal giudice (e poiché non rileva in contrario il precedente di Cass. Sez. 3, 22/01/2024, n. 2246, Rv. 67001501, che esclude l’applicazione dell’art.
331 c.p.c. in caso di appello incidentale rivolto nei confronti del contumace, poiché nella fattispecie de qua la RAGIONE_SOCIALE non era stata destinataria nemmeno dell’impugnazione principale) è evidente l’inconsistenza della censura della RAGIONE_SOCIALE che imputa alla COGNOME l’omissione della notificazione (peraltro, qualora detto termine fosse stato fissato, anche l’odierna ricorrente sarebbe stata onerata della notifica della propria impugnazione ex art. 331 c.p.c.).
In conclusione, si deve rilevare ex officio la non integrità del contraddittorio nel secondo grado di giudizio: come già esposto, la RAGIONE_SOCIALE litisconsorte necessario non estromessa (né espressamente, né implicitamente), non ha partecipato al processo d’appello ed è evidente l’interesse de l cedente il credito (tenuto a garantire l’esistenza del credito stesso al tempo della cessione, ex art. 1266 c.c.) ad una decisione che involge profili attinenti all’inefficacia della cessione e/o all’intervenuto pagamento del credito ceduto; e tale situazione preclude la disamina di tutti i motivi di ricorso, per essere stata illegittimamente resa la pronuncia oggetto dell’odierno gravame, in pretermissione di un litisconsorte necessario.
Di conseguenza, pronunciando sul ricorso, la sentenza impugnata va cassata con rinvio alla Corte di merito, in diversa composizione, per nuovo esame, previa integrazione del contraddittorio con la RAGIONE_SOCIALE nonché per la liquidazione delle complessive spese del giudizio.
La Corte, pronunciando sul ricorso, cassa la sentenza impugnata con rinvio alla Corte d’appello di Firenze, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Terza Sezione Civile,