Sentenza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 19687 Anno 2025
Civile Sent. Sez. 2 Num. 19687 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 16/07/2025
SENTENZA
R.G.N. 27816/20
U.P. 3/7/2025
Vendita -Azione di responsabilità per pericolo di crollo verso i venditori costruttori sul ricorso (iscritto al N.R.G. 27816/2020) proposto da:
COGNOME NOME (C.F.: CODICE_FISCALE e COGNOME NOME (C.F.: CODICE_FISCALE), rappresentate e difese, in virtù di procure in calce al ricorso, dall’Avv. NOME COGNOME con domicilio digitale eletto presso l’indirizzo PEC del difensore;
-ricorrenti principali –
contro
COGNOME NOME (C.F.: RCR MHL 69B16 G273T), COGNOME NOME (C.F.: CODICE_FISCALE), NOME (C.F.: DTR FNC 59A25 G273U), DI SALVO NOME (C.F.: DSL TMS CODICE_FISCALE), DURANTE NOME (C.F.: DRN NGL CODICE_FISCALE), COGNOME NOME (C.F.: GLL NNN 62C17 G273L) e COGNOME NOME (C.F.: PLC CODICE_FISCALE), rappresentati e difesi, in
virtù di procure in calce al controricorso, dall’Avv. NOME COGNOME con domicilio digitale eletto presso l’indirizzo PEC del difensore;
-controricorrenti –
nonché
COGNOME NOME COGNOMEC.F.: CODICE_FISCALE, rappresentato e difeso, giusta procura in calce al ricorso, dall’Avv. NOME COGNOME con domicilio digitale eletto presso l’indirizzo PEC del difensore;
-ricorrente incidentale –
contro
COGNOME NOME (C.F.: BTT CODICE_FISCALE e COGNOME NOME (C.F.: BTT CODICE_FISCALE, rappresentate e difese, in forza di procure in calce al controricorso, dall’Avv. NOME COGNOME elettivamente domiciliate in Roma, INDIRIZZO, presso lo studio dell’Avv. NOME COGNOME;
e
COGNOME NOME (C.F.: CODICE_FISCALE e COGNOME NOME (C.F.: CODICE_FISCALE), quali eredi di COGNOME NOME, rappresentati e difesi, giusta procura in calce al controricorso, dall’Avv. NOME COGNOME elettivamente domiciliati in Roma, INDIRIZZO presso lo studio dell’Avv. NOME COGNOME
-controricorrenti –
e
COGNOME NOME (C.F.: CODICE_FISCALE); COGNOME NOME (C.F.: TARGA_VEICOLO);
-intimati –
avverso la sentenza della Corte d’appello di Palermo n. 1246/2019, pubblicata il 17 giugno 2019;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 3 luglio 2025 dal Consigliere relatore NOME COGNOME;
viste le conclusioni rassegnate nella memoria depositata dal P.M. ex art. 378, primo comma, c.p.c., in persona del Sostituto Procuratore generale dott. NOME COGNOME che ha chiesto il rigetto del ricorso principale e del ricorso incidentale; conclusioni ribadite nel corso dell’udienza pubblica;
sentito , in sede di discussione orale all’udienza pubblica, l’Avv. NOME COGNOME in sostituzione dell’Avv. NOME COGNOMEper i ricorrenti principali e per i controricorrenti COGNOME NOME e COGNOME NOMECOGNOME
FATTI DI CAUSA
1. -Con ricorso ex art. 700 c.p.c. depositato il 23 ottobre 1996, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME COGNOME, COGNOME NOME, COGNOME Tommaso, COGNOME NOME, COGNOME NOME e COGNOME NOME, tutti condomini dell’edificio sito nel Comune di Bagheria, INDIRIZZO adivano il Tribunale di Palermo, chiedendo che fosse ordinato a COGNOME NOME -in proprio e quale erede di COGNOME -nonché a COGNOME NOME e COGNOME NOME -quali eredi di COGNOME COGNOME -e a Tripoli NOME COGNOME
eseguire immediatamente tutte le opere necessarie a scongiurare il pericolo di crollo del fabbricato emarginato, previo espletamento di consulenza tecnica d’ufficio.
In proposito, esponevano: – che COGNOME e COGNOME NOME avevano costruito le strutture portanti del fabbricato per civile abitazione composto dal piano cantinato e rialzato e da quattro piani, oltre l’attico; – che, con scrittura privata del 2 novembre 1988, i costruttori avevano ceduto a Tripoli Francesco gli interi piani dal secondo al quarto a titolo di corrispettivo dell’appalto avente ad oggetto l’esecuzione delle opere di completamento dell’intero edificio; – che, con atto pubblico del 24 aprile 1989, COGNOME e COGNOME NOME avevano, infine, trasferito la proprietà dei predetti piani al Tripoli, mantenendo la proprietà dei piani cantinato, rialzato, primo e attico nonché delle sovrastanti terrazze e, con separata scrittura, avevano concesso in appalto al Tripoli il completamento dell’intero edificio; – che, ultimati i lavori, ciascun proprietario aveva alienato le proprie unità immobiliari, che erano state separatamente acquistate, con distinti atti, dai ricorrenti; – che già nel mese di ottobre 1995 nei solai degli appartamenti si erano manifestate delle lesioni con distacco di intonaci, dovute alle ossidazioni dei ferri delle armature, generate dalle infiltrazioni d’acqua piovana, cui le strutture dell’edificio, prive di alcun rivestimento, erano state esposte per diversi anni.
Resistevano separatamente COGNOME NOME e COGNOME NOME, i quali contestavano la fondatezza dell’azione cautelare intrapresa, negavano ogni addebito ed eccepivano l’intervenuta prescrizione dell’azione di merito.
Con ordinanza del 5 gennaio 1998, il Tribunale adito disattendeva la domanda cautelare verso i ricorrenti COGNOME Tommaso, COGNOME Tommaso, COGNOME NOME e COGNOME Michele, poiché acquirenti da COGNOME, che aveva ultimato la realizzazione delle strutture portanti nell’edificio nel lontano 1981-82, con il conseguente decorso di oltre un decennio dall’ultimazione dell’opera al momento in cui i vizi erano stati scoperti nell’ottobre 1995; accoglieva, invece, l’azione cautelare spiegata da Durante NOMECOGNOME NOMECOGNOME Domenico, COGNOME NOMECOGNOME NOME COGNOME e COGNOME Rosario nei confronti di Tripoli NOME, cui ordinava di provvedere alle opere di ripristino e consolidamento dei solai, come indicate dal consulente tecnico d’ufficio.
Proposto reclamo da Tripoli NOME il Tribunale in composizione collegiale, con ordinanza depositata il 2 marzo 1998, revocava la misura cautelare anticipatoria adottata in favore di alcuni dei ricorrenti.
2. -Con atto di citazione notificato il 9-13 febbraio 1998, era avviato il giudizio di merito, con la richiesta di condanna di COGNOME NOME, COGNOME NOME e COGNOME NOME nonché di COGNOME NOME all’eliminazione dei vizi della costruzione e al rifacimento di tutte le parti danneggiate nonché, in via subordinata, al risarcimento dei danni commisurati al costo delle opere di ripristino dei solai e, in ogni caso, al ristoro del pregiudizio derivante dal mancato utilizzo dei rispettivi appartamenti, eventualmente da liquidarsi in via equitativa, oltre rivalutazione monetaria e interessi.
Si costituivano in giudizio separatamente COGNOME Maria e COGNOME NOME, i quali contestavano la fondatezza, in fatto e in diritto, delle domande avversarie e concludevano per il loro rigetto. Il COGNOME, in via subordinata, spiegava domanda di garanzia nei riguardi dei costruttori della struttura portante.
Successivamente si costituiva altresì COGNOME il quale chiedeva il rigetto delle domande avversarie, con la garanzia del Tripoli in caso di condanna.
Rimaneva contumace COGNOME NOME.
Nel corso del giudizio era assunta la prova orale ammessa ed era espletata consulenza tecnica d’ufficio.
Con sentenza non definitiva n. 5781/2011, depositata il 13 dicembre 2011, il Tribunale di Palermo dichiarava la ‘prescrizione’ dell’azione di risarcimento danni per rovina e difetti di cose immobili ex art. 1669 c.c. per il decorso di dieci anni dal compimento dell’opera al momento in cui il pericolo di crollo si era manifestato mentre dichiarava l’ammissibilità dell’azione di risarcimento danni per responsabilità extracontrattuale proposta verso i convenuti, in ordine ai nocumenti dipendenti dai gravi difetti della costruzione.
Quindi, integrate le indagini peritali, il Tribunale adito, con sentenza definitiva n. 2701/2014, depositata il 14 maggio 2014: 1) condannava COGNOME NOME, COGNOME NOME e COGNOME NOME, in solido, a corrispondere, a titolo di risarcimento danni per responsabilità aquiliana, in favore di COGNOME NOME COGNOME la somma di euro 2.891,00, in favore di COGNOME NOME, la somma di euro 10.505,11, in favore di COGNOME NOME, la somma di euro 20.419,10, in favore di COGNOME
NOME, la somma di euro 9.046,40, in favore di COGNOME NOME, la somma di euro 12.603,71, in favore di COGNOME Rosario, la somma di euro 11.839,73; 2) condannava COGNOME NOME, per lo stesso titolo, al pagamento, in favore di COGNOME NOME, della somma di euro 3.445,86, in favore di NOME NOME, della somma di euro 13.080,65, in favore di COGNOME NOME NOME, della somma di euro 8.474,36, in favore di NOME, in proprio e in qualità, della somma di euro 13.548,22; 3) rigettava la domanda di garanzia impropria formulata da Tripoli Francesco nei confronti di COGNOME NOME, COGNOME NOME e COGNOME NOME.
3. -Con atto di citazione notificato il 22 giugno 2015, COGNOME NOME COGNOME proponeva appello avverso la pronuncia definitiva di primo grado, nei confronti di COGNOME NOME -quale erede di COGNOME NOME -nonché di COGNOME NOME e COGNOME NOME, lamentando l’erronea quantificazione dell’importo risarcitorio liquidato in suo favore.
Con atto di citazione notificato il 29 giugno 2015, spiegavano appello anche COGNOME NOME e COGNOME NOME sia contro la sentenza non definitiva sia contro la sentenza definitiva.
Con ulteriore atto di citazione proponeva gravame altresì COGNOME NOME contro la sola sentenza definitiva.
Si costituivano COGNOME NOME nonché gli acquirenti finali degli appartamenti, che resistevano al gravame.
Previa riunione dei giudizi, decidendo sui gravami interposti, la Corte d’appello di Palermo, con la sentenza di cui in epigrafe, rigettava l’appello principale e l’appello incidentale e, per l’effetto, confermava integralmente le sentenze impugnate.
A sostegno dell’adottata pronuncia la Corte di merito rilevava per quanto di interesse in questa sede: a ) che doveva darsi atto del passaggio in giudicato delle statuizioni rese dal Tribunale nei confronti di COGNOME NOME, in quanto quest’ultima non aveva proposto alcuna impugnazione avverso di esse; b ) che era inammissibile l’appello incidentale proposto da COGNOME NOME avverso la sentenza definitiva, in quanto privo dei requisiti di legge e contenente, in parte qua , censure avverso l’affermazion e di responsabilità espressa dal Tribunale nei suoi confronti con la sentenza non definitiva, dal medesimo non impugnata; c ) che, benché l’appellante principale COGNOME NOME COGNOME avesse notificato il proprio atto di gravame nei confronti di COGNOME Franca, quale figlia ed erede testamentaria di COGNOME NOME, deducendo che quest’ultimo era ‘frattanto’ deceduto, COGNOME non si era però costituita in giudizio, né l’appellante principale aveva dimostrato l’effettivo decesso del dante causa e/o la qualità di erede di COGNOME NOMECOGNOME sicché doveva presumersi che COGNOME NOME fosse ancora in vita alla data di notifica dell’appello incidentale dal medesimo proposto per il tramite del suo difensore; d ) che non vi era alcun vizio per violazione del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato, come invece ritenuto dagli appellanti incidentali COGNOME NOME e COGNOME NOMECOGNOME nel fatto che il giudice di primo grado -il quale aveva dichiarato prescritta l’azione ex art. 1669 c.c. -non avesse provveduto allo stesso modo con riguardo alla domanda risarcitoria per responsabilità aquiliana subordinatamente formulata dai danneggiati, alla luce del termine più breve (quinquennale) rispetto a quello (decennale)
considerato inutilmente spirato, poiché non risultava proposta alcuna eccezione di prescrizione (quinquennale) del diritto risarcitorio in subordine azionato dagli originari attori; e ) che i danneggiati non avevano affatto ancorato la loro pretesa al rapporto di compravendita invocato dagli appellanti, essendosi unicamente riferiti alla ‘colpa’ dei predetti COGNOME, quali eredi dell’originario costruttore COGNOME COGNOME citati in giudizio nella duplice veste di costruttori e venditori, senza limitare la domanda risarcitoria al titolo contrattuale; f ) che le contestazioni in ordine all’ an e al quantum della responsabilità dei COGNOME (in specie con riferimento al fatto che le strutture portanti trasferite al Tripoli erano ‘tampognate’ e non erano state abbandonate con esposizione alle intemperie per svariati anni per causa imputabile ai COGNOME) erano basate esclusivamente sulle deduzioni tecniche del proprio consulente tecnico di parte, senza alcuna specifica confutazione della ricostruzione dei fatti controversi, come emergenti dalle prove raccolte; g ) che l’appello spiegato da COGNOME NOME COGNOME verso la sentenza definitiva -nella parte in cui aveva escluso che alcun lavoro dovesse essere svolto nell’appartamento dello stesso, in ragione della riparazione dei danni eseguita con lavori in economia -era infondato, poiché l’appellante non aveva censurato, né indicato, la parte di sentenza in cui si era affermata la tardività (perché formulato solo in comparsa conclusionale) del rilievo circa l’ errata computazione della superficie dell’appartamento bisognevole di intervento, sicché non poteva tenersi conto di tale deduzione in fatto, riproposta tardivamente anche nel giudizio di gravame, al fine di supportare la richiesta di convocazione del consulente tecnico
d’ufficio a chiarimenti, né l’appellante aveva censurato specificamente la quantificazione delle opere indicate dal consulente d’ufficio per il ripristino della parte di solaio corrispondente al vano 4.
4. -Avverso la sentenza d’appello hanno proposto ricorso per cassazione, affidato a dieci motivi, COGNOME NOME e COGNOME NOME, cui hanno resistito, con controricorso, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME e COGNOME NOME.
Ha proposto successivamente ricorso (che deve essere, per l’effetto, qualificato come incidentale) avverso la medesima pronuncia -inserito nello stesso procedimento iscritto al ruolo generale –COGNOME NOME COGNOME verso cui hanno resistito, con separati controricorsi, COGNOME NOME e COGNOME Franca nonché COGNOME NOME e COGNOME NOME, quali eredi di COGNOME NOME.
Sono rimasti intimati Tripoli NOME e COGNOME NOMECOGNOME
Il Pubblico Ministero ha depositato memoria ex art. 378, primo comma, c.p.c., in cui ha rassegnato le conclusioni trascritte in epigrafe.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. -Con il primo motivo i ricorrenti principali denunciano, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., la violazione o falsa applicazione degli artt. 102, 113 e 115 c.p.c. nonché dell’art. 111, primo, secondo e sesto comma, Cost., per avere la Corte di merito contraddittoriamente sostenuto, per un verso, che COGNOME
NOME fosse erede di COGNOME NOME e, per altro verso, che rispetto a quest’ultimo dovesse presumersi la sua esistenza in vita alla data del 29 giugno 2015.
Obiettano gli istanti che il decesso di COGNOME NOME risaliva al 2 dicembre 2009 e che nessuna rilevanza avrebbe assunto il fatto che questi avesse interposto appello in proprio per il tramite del suo difensore, inconsapevole del suo decesso.
Senonché, essendo stata COGNOME COGNOME chiamata in qualità di erede, ne sarebbe dovuto discendere che l’atto di appello proposto da COGNOME NOME COGNOME non era stato notificato a tutte le parti, e ciò perché gli eredi di COGNOME erano anche l’altro figlio COGNOME COGNOME e la moglie NOMECOGNOME con l’effetto che, essendovi un litisconsorzio necessario processuale tra gli eredi, la sentenza pronunciata sarebbe stata inutiliter data , in quanto il contraddittorio non sarebbe stato integro nel giudizio di gravame.
2. -Con il secondo motivo i ricorrenti principali rilevano, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., la violazione o falsa applicazione degli artt. 102, 112, 115 e 277, primo comma, c.p.c. nonché dell’art. 111, primo, secondo e sesto comma, Cost., per avere la Corte di seconde cure omesso di pronunciarsi su tutte le domande effettivamente svolte, con specifico riferimento al difetto di pronuncia nei confronti degli eredi non evocati di COGNOME.
2.1. -I superiori motivi -che possono essere esaminati congiuntamente, in quanto connessi -sono fondati nei termini che seguono.
Infatti, la proposizione di autonomo atto di appello a cura della parte deceduta (COGNOME NOME) per il tramite del suo
difensore, evidentemente già munito di procura alla lite valida anche per gli ulteriori gradi del processo, senza la dichiarazione dell’avvenuto decesso, non può giustificare l’integrità del contraddittorio alla luce del principio di ultrattività del mandato, in quanto, prima della scadenza del termine di impugnazione e anteriormente alla impugnazione medesima, altro soccombente aveva notificato l’atto di gravame ad uno degli eredi (COGNOME Franca) della parte defunta (COGNOME), sulla scorta della dedotta circostanza della morte della parte originaria.
Sicché con tale notifica deve ritenersi venuta meno la fictio iuris dell’ultrattività del mandato difensivo in capo al procuratore della parte defunta, posto che i gravami sono stati riuniti e, quindi, l’integrità del contraddittorio avrebbe dovuto valutarsi in ordine a tutte le cause proposte (Cass. Sez. U, Sentenza n. 15295 del 04/07/2014; cfr. anche Cass. Sez. 3, Sentenza n. 24993 del 25/11/2014).
A fronte di tale stato di fatto processuale, il giudice del gravame avrebbe dovuto provvedere a valutare la censura espressamente sollevata da COGNOME NOME circa l’omessa citazione degli altri due eredi di COGNOME NOME (di cui era stato confermato l’avvenuto decesso il 2 dicembre 2009).
Ed invero, in caso di morte di una delle parti nel corso del giudizio di primo grado, la sua legittimazione attiva e passiva si trasmette agli eredi, i quali vengono a trovarsi, per tutta l’ulteriore durata del processo, in una situazione di litisconsorzio necessario di ordine processuale, sicché, ove l’impugnazione sia stata proposta nei confronti di uno soltanto degli eredi della parte deceduta, il giudice d’appello deve ordinare, anche d’ufficio ed a
pena di nullità, l’integrazione del contraddittorio nei confronti degli altri coeredi, o comunque ritenere gli stessi legittimati ove si costituiscano spontaneamente (Cass. Sez. 3, Ordinanza n. 28921 del 11/11/2024; Sez. 6-3, Ordinanza n. 24639 del 05/11/2020; Sez. 2, Sentenza n. 6780 del 02/04/2015).
Per l’effetto, la sentenza impugnata è nulla, perché pronunciata a contraddittorio non integro.
3. -Con il terzo motivo i ricorrenti principali contestano, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., la violazione o falsa applicazione degli artt. 1669, 2043, 2947 c.c., degli artt. 113 e 115 c.p.c. nonché dell’art. 111, primo, secondo e sesto comma, Cost., per avere la Corte territoriale ritenuto che -a fronte dell’accertamento del decorso del decennio dal momento dell’ultimazione delle opere relative alla struttura dell’edificio, ultimazione avvenuta nell’anno 1982, poiché la prima denuncia dei gravi difetti della costruzione era stata formalizzata con lettera raccomandata a.r. pervenuta il 20 novembre 1995 -fosse esclusa l’intervenuta prescrizione dell’azione di responsabilità extracontrattuale -proposta in via integrativa rispetto all’azione ex art. 1669 c.c. -per difetto di proposizione dell’eccezione di prescrizione.
E ciò benché tale eccezione fosse stata sollevata dai COGNOME con le rispettive difese articolate nelle comparse di risposta del 20 maggio 1998 e del 1° aprile 1999, con le quali sarebbe stata chiesta la declaratoria di estinzione o di inesistenza del giudizio, dichiarando comunque infondati, irrituali, improponibili, inammissibili, improcedibili e intempestive le domande tutte contenute in citazione, sicché avrebbe dovuto essere dichiarata
l’estinzione della pretesa per decorso del termine prescrizionale quinquennale ex art. 2947 c.c.
Eccezione di decadenza e prescrizione reiterata a pag. 2 e 3 della comparsa di COGNOME NOMECOGNOME
4. -Con il quarto motivo i ricorrenti principali lamentano, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., la violazione o falsa applicazione degli artt. 2043 e 2947 c.c. nonché degli artt. 112, 115, 116, 132, secondo comma, n. 4, e 277 c.p.c., per avere la Corte distrettuale omesso di pronunciarsi sull’eccezione di prescrizione sollevata in ordine all’azione generale di responsabilità aquiliana.
5. -Con il quinto motivo i ricorrenti principali prospettano, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., la violazione o falsa applicazione degli artt. 2043 c.c. e 112, 113 e 115 c.p.c. nonché dell’art. 111, primo, secondo e sesto comma, Cost., per avere la Corte del gravame reputato che fosse ammissibile l’ulteriore domanda avanzata di risarcimento danni per responsabilità extracontrattuale, a fronte della domanda di responsabilità per rovina e difetti di cose immobili ex art. 1669 c.c. di cui era stato accertato il decorso del decennio.
Mentre, in realtà, sarebbe stata denunciata la lesione di interessi non già indipendenti dal rapporto contrattuale, bensì connessi al contratto di compravendita.
6. -Con il sesto motivo i ricorrenti principali censurano, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., la violazione o falsa applicazione degli artt. 2043, 1669 c.c. e 112, 113 e 115 c.p.c. nonché dell’art. 111, primo, secondo e sesto comma, Cost., per avere la Corte d’appello affermato, in ordine alla contestazione
della propria responsabilità, che nell’atto di appello il percorso argomentativo del Tribunale non fosse stato adeguatamente indicato, mentre, in realtà, espressamente sarebbe stato ripreso il passo argomentativo della sentenza di primo grado, secondo cui il ‘lungo abbandono’, da parte dei COGNOME, era cessato allorché le relative opere erano state già ultimate nell’anno 1981.
Deducono gli istanti che tale passo, favorevole ai ricorrenti, non sarebbe stato mai impugnato da alcuno.
7. -Con il settimo motivo i ricorrenti principali si dolgono, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., della violazione o falsa applicazione degli artt. 113, 115 e 342 c.p.c. nonché dell’art. 111, primo, secondo e sesto comma, Cost., per avere la Corte di secondo grado sostenuto che, con riguardo alla contestazione dell’ an e del quantum , non fosse stata specificamente contestata la ricostruzione tecnica dei fatti controversi, mentre, in realtà, nell’atto di appello vi sarebbe stata una specifica prospettazione dei fatti, anche con riferimento all’erroneo calcolo delle somme oggetto di condanna.
8. -Con l’ottavo motivo i ricorrenti principali assumono, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., la violazione o falsa applicazione degli artt. 2043 c.c. e 112, 115 e 342 c.p.c. nonché dell’art. 111, primo, secondo e sesto comma, Cost., per avere la Corte palermitana, incorrendo in error in procedendo , negato che gli appellanti avessero elaborato una specifica ricostruzione sulle conseguenze dei fatti ai fini di contestare l’ an e il quantum della pretesa azionata.
9. -Il nono motivo del ricorso principale investe, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., la violazione o falsa
applicazione degli artt. 2043 e 1669 c.c. nonché degli artt. 99, 101, 102, 112, 113, 115, 132, secondo comma, n. 4, e 277 c.p.c., per avere la Corte di merito ritenuto che le statuizioni rese dal Tribunale nei confronti di COGNOME Caterina fossero passate in giudicato, in quanto da quest’ultima non impugnate.
E ciò benché nella comparsa di costituzione in appello la COGNOME si fosse riportata alle deduzioni svolte dagli appellanti COGNOME NOME e COGNOME NOME.
10. -Il decimo motivo del ricorso principale concerne, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 5, c.p.c., l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio, oggetto di discussione tra le parti, in relazione agli artt. 2043 e 2947 c.c. nonché agli artt. 102, 112, 113, 115 e 277, primo comma, c.p.c., per avere la Corte distrettuale tralasciato di valutare i profili di rilievo attinenti al litisconsorzio necessario, alla prescrizione, alla esistenza dei danni, alle contestazioni tecniche, alla quantificazione dei pregiudizi.
11. -Passando all’esame del ricorso incidentale, l’unico motivo di tale ricorso riguarda, ai sensi dell’art. 360, primo comma, nn. 4 e 5, c.p.c., la violazione o falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c., con la nullità della sentenza impugnata e con motivazione omessa, insufficiente, contraddittoria o apparente in ordine alle ragioni di gravame contenute nell’atto di appello, con riferimento alla richiesta di convocazione del consulente tecnico d’ufficio a chiarimenti, o comunque con omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio, oggetto di discussione tra le parti, per avere la Corte territoriale -a fronte degli specifici vizi della consulenza dedotti in appello -reputato che l’appellante non
avesse specificamente contestato la tardività (come ritenuta dal Tribunale) dei rilievi svolti solo in comparsa conclusionale circa l’errata computazione della superficie dell’appartamento bisognevole di intervento, né avesse censurato specificamente il quantum delle opere indicate dall’ausiliario del giudice per il ripristino della parte di solaio corrispondente al vano 4.
Osserva l’istante che tale motivazione sarebbe stata contraddittoria per oscurità dell’ iter logico-argomentativo seguito, tale da non consentire l’esatta individuazione della sua ratio decidendi , cosicché non sarebbe stato svolto alcun approfondimento delle indagini, né sulla natura degli interventi eseguiti, né sulla necessità di eseguirne altri per ripristinare la solidità del solaio.
11.1. -I motivi che precedono -anche con riferimento al proposto ricorso incidentale -sono assorbiti dall’accoglimento dei pregiudiziali motivi accolti, primo e secondo, attinenti al difetto di integrità del contraddittorio nel giudizio di gravame.
12. -In definitiva, il primo e il secondo motivo del ricorso principale devono essere accolti, nei sensi di cui in motivazione, con la conseguente declaratoria di nullità della sentenza impugnata, mentre i rimanenti motivi del ricorso principale e il ricorso incidentale sono assorbiti.
La sentenza impugnata va dunque cassata, con rinvio della causa alla Corte d’appello di Palermo, in diversa composizione, che deciderà uniformandosi agli enunciati principi di diritto e tenendo conto dei rilievi svolti, provvedendo anche alla pronuncia sulle spese del giudizio di cassazione.
P. Q. M.
La Corte Suprema di Cassazione
accoglie, nei sensi di cui in motivazione, il primo e il secondo motivo del ricorso principale, dichiara assorbiti i restanti motivi del ricorso principale e il ricorso incidentale, dichiara la nullità della sentenza impugnata, cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia la causa alla Corte d’appello di Palermo, in diversa composizione, anche per la pronuncia sulle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda