Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 18494 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 18494 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 07/07/2025
R.G.N. 31521/20
C.C. 13/05/2025
ORDINANZA
Vendita -Rappresentante -Annullamento per conflitto di interessi -Integrazione contraddittorio sul ricorso (iscritto al N.R.G. 31521/2020) proposto da: COGNOME DI COGNOME NOME (C.F.: LPZ CODICE_FISCALE, COGNOME DI COGNOME NOME (C.F.: LPZ CODICE_FISCALE) e COGNOME DI COGNOME NOME (C.F.: LPZ CODICE_FISCALE), rappresentati e difesi, giusta procura in calce al ricorso, dall’Avv. NOME COGNOME nel cui studio in Roma, INDIRIZZO hanno eletto domicilio;
-ricorrenti –
contro
COGNOME NOME (C.F.: CODICE_FISCALE, rappresentata e difesa, giusta procura in calce al controricorso, dall’Avv. NOME COGNOME nel cui studio in Roma, INDIRIZZO ha eletto domicilio;
-controricorrente –
nonché
COGNOME NOME COGNOME NOME (C.F.: CODICE_FISCALE);
avverso la sentenza della Corte d’appello di Roma n. 4565/2020, pubblicata il 1° ottobre 2020;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 13 maggio 2025 dal Consigliere relatore NOME COGNOME
letta la memoria illustrativa depositata nell’interesse dei ricorrenti, ai sensi dell’art. 380 -bis .1. c.p.c.
FATTI DI CAUSA
1. -Con atto di citazione notificato il 31 luglio 2006, COGNOME NOME conveniva, davanti al Tribunale di Roma, le figlie NOME di NOME e NOME di NOME, chiedendo che fosse accertata la nullità del contratto di compravendita concluso per atto pubblico del 15 gennaio 2004 tra NOME NOME (alienante), quale procuratrice generale della madre, e la sorella NOME (acquirente), avente ad oggetto la cessione della nuda proprietà di un appartamento sito in Roma, INDIRIZZO, al prezzo di euro 120.000,00, di molto inferiore rispetto al suo valore di mercato, stimato in euro 500.000,00, per mancanza di causa o per simulazione relativa oggettiva ovvero, in subordine, che fosse pronunciato l’annullamento del medesimo contratto per conflitto di interessi, con la condanna delle convenute al risarcimento dei danni.
Si costituivano in giudizio NOME COGNOME di NOME NOME e NOME COGNOME di COGNOME NOME, le quali contestavano
la fondatezza, in fatto e in diritto, delle domande avversarie, di cui chiedevano il rigetto, spiegando NOME NOME domanda riconvenzionale di condanna alla restituzione del prezzo corrisposto, ove fossero state accolte le domande principali.
All’udienza del 9 aprile 2008 era dichiarata la sospensione del giudizio, in attesa che si definisse il giudizio di rendiconto intrapreso dalla COGNOME verso la sua procuratrice generale NOME COGNOME di NOME NOMECOGNOME
Con ordinanza n. 12070/2009, depositata il 25 maggio 2009, questa Corte accoglieva il proposto regolamento di competenza, dichiarando l’illegittimità del provvedimento di sospensione.
Riassunto il giudizio, all’udienza del 9 febbraio 2010, ne era disposta l’interruzione, in ragione della dichiarazione di morte di COGNOME NOME.
COGNOME NOME di COGNOME NOME, NOME, NOME e NOME, nella loro qualità di eredi di COGNOME NOME, proseguivano il giudizio.
L’atto di prosecuzione era notificato verso Lopez Y Royo di COGNOME NOME e NOME. La prima produceva atto relativo alla propria rinuncia all’eredità, unitamente alla rinuncia dei figli NOME NOME e NOME
Quindi, il Tribunale adito, con sentenza n. 14039/2012, depositata il 10 luglio 2012, dichiarata la carenza di legittimazione passiva di NOME di NOME NOME con riguardo alla domanda di invalidità del contratto di vendita, pronunciava l’annullamento per conflitto di interessi di tale vendita, condannando gli eredi di NOME NOME alla restituzione, in favore di NOME di NOME, della somma
corrisposta a titolo di prezzo di euro 120.000,00 e rigettando la domanda di risarcimento danni proposta dall’originaria attrice.
2. -Con atto di citazione notificato il 28 gennaio 2013, NOME COGNOME NOME di NOME proponeva appello avverso la pronuncia di prime cure, lamentando: 1) l’erroneità della riassunzione effettuata all’esito dell’interruzione del processo di primo grado per la dichiarazione di morte di NOME NOME, in quanto NOME COGNOME di NOME NOME aveva rinunciato all’eredità e così i figli di quest’ultima, COGNOME NOME e NOME , sicché il giudizio avrebbe dovuto essere proseguito anche verso l’altra figlia non rinunciante di NOME NOME COGNOME NOME, quale erede per rappresentazione della COGNOME, con la conseguente nullità della sentenza impugnata e la maturazione dell’estinzione del giudizio ovvero, in subordine, con la necessità di rimessione della causa davanti al Tribunale; 2) l’erronea pronuncia di annullamento della vendita, alla stregua della convalida del contratto, conseguente alla presentazione, in via giudiziale, a cura di COGNOME NOME, di istanza per la restituzione di somme illegittimamente prelevate dalla figlia NOME sul conto della madre, nel quale era confluito il versamento del prezzo della vendita; 3) la sussistenza di un negotium mixtum cum donatione .
Si costituivano nel giudizio d’impugnazione NOME COGNOME di COGNOME NOME, NOME, NOME e NOME, i quali instavano per il rigetto dell’appello, non essendo stato reso noto alcun atto di rinuncia all’eredità nel giudizio di primo grado a cura di NOME COGNOME di NOME NOME, né essendo conosciuta la qualità di erede di NOME NOME. Deducevano, poi, l’inammissibilità delle
domande nuove proposte in appello dall’appellante e in via incidentale -chiedevano che fosse dichiarata la legittimazione passiva di NOME di NOME NOMECOGNOME con la condanna di entrambe le originarie convenute al risarcimento dei danni e con la limitazione della restituzione all’importo di euro 100.000,00.
Si costituiva nel giudizio di gravame anche NOME COGNOME di NOME NOMECOGNOME la quale chiedeva che la pronuncia impugnata fosse confermata, nella parte in cui aveva dichiarato il suo difetto di legittimazione passiva.
Decidendo sul gravame interposto, la Corte d’appello di Roma, con la sentenza di cui in epigrafe, dichiarava la nullità della pronuncia impugnata per difetto di integrazione del contraddittorio e disponeva la rimessione della causa davanti al Tribunale di Roma.
A sostegno dell’adottata pronuncia la Corte di merito rilevava per quanto di interesse in questa sede: a ) che la produzione in udienza, come riportato a verbale, della copia della rinuncia all’eredità del 19 marzo 2009 era rituale, in quanto avvenuta nel rispetto del contraddittorio; b ) che, pertanto, era onere degli eredi che avevano riassunto il giudizio prendere atto della rinuncia all’eredità di NOME di NOME NOME e di due dei suoi figli, verificando l’esistenza di altri possibili er edi, che -nella specie -dovevano essere identificati nell’ulteriore figlia di NOME COGNOME NOME, quale erede della nonna per rappresentazione; c ) che la mancata riassunzione del giudizio di primo grado nei confronti di tutti gli eredi, indipendentemente dalla loro successione nel rapporto sostanziale controverso o dalla
scindibilità di questo, comportava la necessità, a pena di nullità dell’intero giudizio, dell’integrazione del contraddittorio; d ) che, in conseguenza della morte di una parte nel corso del giudizio, il subingresso di tutti gli eredi determinava una situazione di litisconsorzio necessario per ragioni processuali, sicché l’atto di prosecuzione volontaria, ancorché compiuto soltanto da alcuni degli eredi, non implicava l’estinzione del processo, essendo tale atto sufficiente a ricostituire il rapporto processuale, salvo per il giudice il potere/dovere di ordinare l’integrazione del contraddittorio nei riguardi degli eredi che non avessero proseguito volontariamente il processo e nei cui confronti non era avvenuta la riassunzione.
-Avverso la sentenza d’appello hanno proposto ricorso per cassazione, affidato a due motivi, NOME COGNOME di COGNOME NOME, NOME Y NOME di COGNOME NOME e NOME COGNOME di COGNOME NOME.
Ha resistito, con controricorso, NOME COGNOME di NOMECOGNOME
È rimasta intimata NOME COGNOME di NOME NOMECOGNOME
4. -I ricorrenti hanno depositato memoria illustrativa.
RAGIONI DELLA DECISIONE
-Preliminarmente si rileva che il ricorso introduttivo del giudizio di legittimità non è stato notificato verso Lopez Y COGNOME di NOME NOME, quale litisconsorte processuale necessaria pretermessa (che aveva partecipato al giudizio di primo grado e d’appello, quale erede di COGNOME NOME).
Nondimeno non si ritiene di disporre alcuna integrazione del contraddittorio, stante che il ricorso si presenta prima facie infondato.
Orbene, il rispetto del diritto fondamentale ad una ragionevole durata del processo impone al giudice (ai sensi degli artt. 175 e 127 c.p.c.) di evitare e impedire comportamenti che siano di ostacolo ad una sollecita definizione dello stesso, tra i quali rientrano quelli che si traducono in un inutile dispendio di attività processuali e formalità superflue perché non giustificate dalla struttura dialettica del processo e, in particolare, dal rispetto effettivo del principio del contraddittorio, da effettive garanzie di difesa e dal diritto alla partecipazione al processo in condizioni di parità, dei soggetti nella cui sfera giuridica l’atto finale è destinato a produrre i suoi effetti. Ne consegue che, in caso di ricorso per cassazione prima facie infondato -come nella fattispecie -, appare superfluo, pur potendone sussistere i presupposti, disporre la fissazione di un termine per l’integrazione del contraddittorio ovvero per la rinnovazione di una notifica nulla o inesistente, atteso che la concessione di esso si tradurrebbe, oltre che in un aggravio di spese, in un allungamento dei termini per la definizione del giudizio di cassazione, senza comportare alcun beneficio per la garanzia di effettività dei diritti processuali delle parti (Cass. Sez. 2, Ordinanza n. 9507 del 11/04/2025; Sez. 6-3, Ordinanza n. 8980 del 15/05/2020; Sez. 2, Ordinanza n. 12515 del 21/05/2018; Sez. 2, Sentenza n. 11287 del 10/05/2018; Sez. 3, Sentenza n. 15106 del 17/06/2013).
2. -Tanto premesso, con il primo motivo i ricorrenti denunciano, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., la violazione e falsa applicazione degli artt. 459, 474 e 2697 c.c., per avere la Corte di merito ritenuto configurabile la qualità di erede pretermesso in capo a COGNOME NOME, nonostante l’appellante NOME di NOME non avesse fornito alcuna prova di una sua accettazione, espressa o tacita, dell’eredità di COGNOME NOME.
Obiettano gli istanti che sarebbe spettato alla parte deducente l’onere, non solo di indicare le persone dei litisconsorti asseritamente pretermessi, ma anche di provare i presupposti di fatto e di diritto giustificativi dell’invocata integrazione, ossia i titoli in base ai quali i soggetti pretermessi avessero assunto la veste di litisconsorti necessari, onere della prova che non era stato assolto con riferimento a COGNOME NOME, in mancanza di alcuna dimostrazione della sua accettazione, espressa o tacita, dell’eredità di COGNOME NOME.
2.1. -Il motivo è infondato.
E ciò perché, nell’ipotesi di interruzione del processo per morte di una delle parti in corso di giudizio, i chiamati all’eredità, pur non assumendo, per il solo fatto di aver ricevuto e accettato la notifica come eredi, la suddetta qualità, hanno l’onere di contestare, costituendosi in giudizio, l’effettiva assunzione di tale condizione soggettiva, chiarendo la propria posizione, e il conseguente difetto di legittimazione, in quanto, dopo la morte della parte, la legittimazione passiva, che non si trasmette per mera delazione, deve essere individuata dall’istante allo stato degli atti, cioè nei confronti dei soggetti che oggettivamente
presentino un valido titolo per succedere, qualora non sia conosciuta, o conoscibile con l’ordinaria diligenza, alcuna circostanza idonea a dimostrare la mancanza del titolo (Cass. Sez. 2, Ordinanza n. 6815 del 14/03/2024; Sez. 6-3, Ordinanza n. 12987 del 30/06/2020; Sez. 5, Sentenza n. 8051 del 29/03/2017; Sez. 3, Sentenza n. 22870 del 10/11/2015; Sez. 1, Sentenza n. 7517 del 31/03/2011).
Per l’effetto, i soggetti nei cui confronti deve essere riassunta o proseguita la causa non sono soltanto coloro che abbiano già accettato l’eredità, ma tutti quelli che allo stato degli atti oggettivamente presentino un valido titolo per succedere alla parte deceduta, dovendo perciò considerarsi tali tutti i chiamati di cui non sia già conosciuta o conoscibile l’intervenuta rinuncia all’eredità.
Per contro, è facoltà di questi ultimi eccepire la propria carenza di legittimazione, per non aver assunto effettivamente la qualità di eredi, così da escludere la condizione di fatto giustificativa della predetta riassunzione.
3. -Con il secondo motivo i ricorrenti contestano, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., la violazione e falsa applicazione degli artt. 102 c.p.c., 727, 757 e 752 c.c., per avere la Corte territoriale reputato sussistente un’ipotesi di litisconsorzio necessario tra coeredi in una controversia avente ad oggetto un diritto di credito della scomparsa COGNOME NOME, ricadente nella comunione ereditaria.
Osservano gli istanti che la controversia avrebbe avuto ad oggetto un credito della scomparsa COGNOME NOME, ricaduto in comunione ereditaria, sicché ciascuno dei partecipanti a tale
comunione avrebbe potuto agire singolarmente, per far valere l’intero credito ereditario comune o la sola parte proporzionale alla quota ereditaria, senza necessità di integrazione del contraddittorio nei confronti di tutti gli altri coeredi.
3.1. -Il motivo è infondato.
Per quanto anzidetto l’oggetto del giudizio verteva in primis sulla dichiarazione di nullità del contratto di compravendita per mancanza di causa o per simulazione relativa oggettiva ovvero, in subordine, sulla pronuncia del suo annullamento per conflitto di interessi, e non già sulla mera pretesa risarcitoria vantata dall’ereditanda, consequenziale alle domande principali spiegate.
In ogni caso, in ipotesi di morte di una delle parti nel corso del giudizio, gli eredi, indipendentemente dalla natura del rapporto sostanziale controverso, vengono a trovarsi, per tutta la durata del processo, in una situazione di litisconsorzio necessario per ragioni processuali ed il giudice deve disporre l’integrazione del contraddittorio (Cass. Sez. 3, Ordinanza n. 28921 del 11/11/2024; Sez. 1, Sentenza n. 6296 del 19/03/2014; Sez. 3, Sentenza n. 18645 del 12/09/2011; Sez. 3, Sentenza n. 1202 del 19/01/2007).
4. -In conseguenza delle argomentazioni esposte, il ricorso deve essere respinto.
Le spese e compensi di lite seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.
Sussistono i presupposti processuali per il versamento – ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 -, da parte dei ricorrenti, di un ulteriore importo a titolo di
contributo unificato pari a quello previsto per l’impugnazione, se dovuto.
P. Q. M.
La Corte Suprema di Cassazione
rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti, in solido, alla refusione, in favore della controricorrente, delle spese di lite, che liquida in complessivi euro 6.000,00, di cui euro 200,00 per esborsi, oltre accessori come per legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda