Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 30330 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 30330 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 17/11/2025
ORDINANZA
sul ricorso 1914-2024 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, COGNOME NOME;
– ricorrente –
contro
COGNOME NOME, rappresentato e difeso dall’avvocato AVV_NOTAIO NOME COGNOME;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 2805/2023 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI, depositata il 20/07/2023 R.G.N. 3675/2021;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 18/09/2025 dal AVV_NOTAIO COGNOME.
Fatti di causa
Oggetto
Retribuzione
rapporto privato
R.G.N. 1914NUMERO_DOCUMENTO
COGNOME.
Rep.
Ud. 18/09/2025
CC
NOME COGNOME, dipendente della RAGIONE_SOCIALE fino alla intervenuta cessione del rapporto di lavoro, avvenuta l’1.3.2004 ai sensi dell’art. 2112 cod. civ. alla società RAGIONE_SOCIALE, con mansioni di operaio tecnico dove aveva espletato la sua attività lavorativa fino alla sospensione in CIGS dal mese di marzo 2012 e alla successiva messa in mobilità, sul presupposto della dichiarata illegittimità della cessione, accertata in sede giudiziaria e del ripristino del rapporto presso RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE solo il 7.3.2018, chiedeva il risarcimento del danno professionale, non patrimoniale, morale ed esistenziale patiti per il forzato periodo di inattività.
Il Tribunale di Napoli accoglieva la domanda per quanto di ragione e condannava RAGIONE_SOCIALE al risarcimento dei danni liquidandoli con la corresponsione di una somma pari al 30% della retribuzione dal 23.10.2012 al 13.9.2017, oltre accessori.
La Corte di appello di Napoli, con la sentenza n. 2805/2023, confermava la pronuncia di primo grado evidenziando che: a) quello della società era stato un comportamento illegittimo (il lavoratore era stato, infatti, riassunto solo dopo la notifica del ricorso introduttivo del presente giudizio); b) vi era stata una violazione dei diritti della persona del COGNOME ai fini del riconoscimento dei danni non patrimoniali; c) il periodo temporale di riferimento era quello dall’ottobre 2012 all’accertamento della illegittimità della cessione; d) la quantificazione dei danni, operata in prime cure, era da ritenersi corretta.
Avverso la sentenza di secondo grado la RAGIONE_SOCIALE proponeva ricorso per cassazione affidato ad un motivo cui resisteva con controricorso NOME COGNOME.
Il Collegio si è riservato il deposito dell’ordinanza nei termini di legge ex art. 380 bis 1 cpc.
Ragioni della decisione
Con l’unico motivo, rubricato ‘violazione e/o falsa applicazione in relazione all’art. 360 n. 3 cpc -degli artt. 1218, 1223 e 2112 cc’ la società obietta, in sostanza, che essa era stata condannata a pagare, in favore del COGNOME, un risarcimento del danno professionale sebbene il periodo dedotto in giudizio si riferisse integralmente ad un momento nel quale la prestazione lavorativa era stata resa dal dipendente unicamente in favore della cessionaria RAGIONE_SOCIALE
Orbene, ritiene il Collegio di dovere preliminarmente esaminare la questione prospettata dal controricorrente e riguardante il fatto preclusivo, all’esame della presente controversia, costituito da una intercorsa e pregressa conciliazione intervenuta tra le parti.
Ed invero, effettivamente il controricorrente ha dedotto (e documentalmente dimostrato) che con RAGIONE_SOCIALE, in data 18.10.2022, era intervenuta una conciliazione giudiziale, innanzi al Tribunale di Napoli, nell’ambito della quale la società avev a rinunciato all’azione, agli atti e a tutti i diritti fatti valere nel presente giudizio, all’epoca pendente presso la Corte di appello di Napoli con udienza fissata il 21.12.2022.
Tale conciliazione non risulta essere stata impugnata né la RAGIONE_SOCIALE ha contestato tale circostanza non allegando, peraltro, argomentazioni per ritenere la detta transazione invalida o inefficace o che comunque essa società avesse un interesse giuridicamente rilevante nella definizione della presente causa.
Il ricorso di cui al presente giudizio, proposto con atto del 17.1.2024 e notificato il 23.1.2024 (successivamente alla conciliazione giudiziale del 18.10.2022), va quindi dichiarato inammissibile non essendo emerso, da parte della odierna ricorrente, un interesse giuridico sia nella instaurazione che alla prosecuzione del presente giudizio.
È fondata, altresì, la connessa richiesta di condanna ex art. 96 co. 1 cpc, avanzata ritualmente dal COGNOME nel controricorso, risultando sia il presupposto dell’elemento soggettivo, costituito dalla conoscenza della infondatezza della domanda ovvero dal difetto della normale diligenza per l’acquisizione di detta consapevolezza (è stato, infatti, intrapreso un giudizio, senza spiegare le ragioni, a distanza di due anni dalla avvenuta conciliazione giudiziale), sia quello oggettivo del danno non patrimoniale, da liquidarsi in forma equitativa dal giudice secondo i parametri dell’illecito extracontrattuale, derivante dal patito ingiustificato ritardo nella definizione del giudizio e dalla violazione dei criteri di lealtà e probità, connessa ad una condotta processuale dilatoria, che hanno causato, ex se , oltre al danno patrimoniale strettamente economico compensabile con il rimborso delle spese di lite che concernono però il rapporto tra Difensore e cliente, un danno di natura psicologica, di non agevole quantificazione, e pertanto liquidabile in base agli elementi desumibili dagli atti di causa.
Il ricorso va, dunque dichiarato inammissibile.
La società, rimasta soccombente, va condannata al pagamento delle spese processuali, come in dispositivo, con distrazione in favore del Difensore del controricorrente dichiaratosi antistatario.
Infine, stante la temerarietà della lite, la RAGIONE_SOCIALE va condannata anche per responsabilità aggravata ex art. 96 co. 1 c.p.c. ai danni, da liquidarsi in via equitativa tenuto conto della natura della controversia e del suo valore economico nonché del ritardo che a seguito del presente ricorso è stata destinata a subire la definizione della controversia -nella somma globale di euro 2.000,00 (duemila/00).
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del DPR n. 115/02, nel testo risultante dalla legge 24.12.2012 n. 228, deve provvedersi, ricorrendone i presupposti processuali, sempre come da dispositivo.
PQM
La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio che liquida in euro 5.500,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in euro 200,00 ed agli accessori di legge, con distrazione in favore del Difensore del controricorrente dichiaratosi antistatario, oltre ancora ad euro 2.000,00 per responsabilità aggravata ex art. 96 co. 1 с.p.c. Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del DPR n. 115/02 dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 18.9.2025
La Presidente
AVV_NOTAIOssa NOME COGNOME