Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 14315 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 14315 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 29/05/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 32261/2021 R.G. proposto da :
COGNOME NOME e COGNOME, rappresentati e difesi dall’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE, domicilio digitale: EMAIL
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE elettivamente domiciliato in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE, rappresentato e difeso dagli avvocati COGNOME (CODICE_FISCALE, COGNOME (CODICE_FISCALE
-controricorrente-
nonché contro
RAGIONE_SOCIALE
-intimata- avverso il DECRETO della CORTE D’APPELLO di NAPOLI n. 1228/2021 depositato il 12/11/2021;
udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 7/4/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
-Con il decreto indicato in epigrafe la Corte d’appello di Napoli ha accolto parzialmente il reclamo ex art. 22 l. fall. proposto dagli avvocati NOME e NOME COGNOME avverso il decreto del Tribunale di Napoli -che , anche all’esito dell’intervento di RAGIONE_SOCIALE, socio della debitrice RAGIONE_SOCIALE, aveva rigettato la loro istanza di fallimento nei confronti di quest’ultima , per difetto dello stato di insolvenza ex art. 5 l.fall. -confermando il rigetto dell’istanza ma riducendo la condanna ex art. 96, comma 3, c.p.c., disposta per complessivi € 19.000,00 e ritenuta «non solo immotivata nella sua misura, ma anche eccessiva», a complessivi euro 13.500,00 (di cui € 4.500,00 per spese processuali, oltre spese generali).
-Avverso detta decisione gli avvocati NOME e NOME COGNOME hanno proposto ricorso per cassazione in due motivi, cui RAGIONE_SOCIALE ha resistito con controricorso, illustrato da memoria, mentre l’intimato RAGIONE_SOCIALE non ha svolto difese.
RAGIONI DELLA DECISIONE
-Preliminarmente va affrontata l’eccezione di inammissibilità del ricorso sollevata dalla società controricorrente.
3.1. -L’eccezione è infondata, in quanto il ricorso non è diretto contro il rigetto del reclamo ex art. 22 l.fall. in sé considerato, ma riguarda esclusivamente il capo sulle spese e la condanna per lite temeraria ex art. 96, comma 3, c.p.c., rispetto alle quali è pacificamente ammissibile il ricorso straordinario ai sensi dell’art. 111, comma 7, Cost., incidendo tali statuizioni su diritti soggettivi (Cass. 7097/2025, 30296/2021, 25818/2010, 16975/2006, 19643/2005, 22476/2004).
-Con il primo motivo i ricorrenti denunciano la violazione e falsa applicazione di legge (art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c. in relazione all’art. 96 c.p.c. ed all’art. 24 Cost.) oltre che la nullità del provvedimento per manifesta illogicità della motivazione (art. 360, comma 1, nn. 3 e 4, c.p.c. in relazione all’art. 111, comma 6, Cost.), per avere la Corte d’appello escluso la mala fede o colpa
grave dei creditori istanti -elementi necessari ai fini della legittimità della condanna ex art. 96, comma 3, c.p.c.: v. Cass. Sez. U. 22405/2018 -e riconosciuto la plausibilità delle ragioni che avevano giustificato le loro iniziative, superate solo dai «nuovi eventi emersi nel corso del giudizio», così finendo per sanzionare non l ‘ iniziativa, ma la «perseveranza» nella stessa.
4.1. -Il motivo è inammissibile.
4.2. -La motivazione del decreto impugnato risulta, nel suo complesso, coerente, e basata sulla valutazione complessiva del comportamento processuale delle parti, che rientra nei poteri del giudice di merito e non può essere rivalutata in sede di legittimità.
E’ sufficiente al riguardo ricordare il passaggio della motivazione , non riportato in ricorso, nel quale i giudici del reclamo affermano inequivocabilmente che « la consapevolezza dell’insussistenza dello stato di insolvenza ben poteva maturarsi nel corso della prima fase di giudizio, essendo già state ivi rappresentante le plurime, concorrenti e plausibili circostanze che escludevano le condizioni di impotenza finanziaria, come condivisibilmente ritenuto dal primo Giudice », per poi aggiungere che « l’importo dovuto alla reclamante NOME COGNOME era stato alla medesima offerto più volte nel corso della prima fase di giudizio, già a partire dal 16 marzo 2021 (dopo la notifica del precetto avvenuto in data 1° febbraio 2021) ed anche con le modalità di cui agli artt. 1208 e ss. c.c., il che pure vale ad escludere la sussistenza di una irreversibile incapacità finanziaria. In tale contesto, dunque, la richiesta meglio si presta ad essere intesa come dipendente dall’eccessiva conflittualità tra le parti, che dalla ritenuta fondatezza della pretesa, come dimostrato dal postumo atteggiamento di NOME COGNOME nella presente fase di giudizio, a cui va aggiunta, ai fini della condanna di cui all’art. 96, co. 3. c.p.c. disposta in prime cure, l’osservazione secondo la quale, nella sostanza, l’utilità conseguibile attraverso l’esercizio delle proprie prerogative processuali non ha tenuto in debito conto gli interessi confliggenti in gioco, risultando così sproporzionata rispetto al sacrificio imposto all’interesse contrapposto (cfr. sul condiviso principio, da ultimo, Cass. 26545/2021) ».
4.3. -Corretto è anche il richiamo dell’orientamento di questa Corte in tema di condanna ex art. 96, comma 3, c.p.c., che richiede un accertamento -da effettuarsi caso per caso e in base al parametro indefettibile della correttezza, distinto da quella della lealtà -dell’esercizio ad opera della parte soccombente delle sue prerogative processuali in modo abusivo, cioè senza tener conto degli interessi confliggenti in gioco, sacrificandoli ingiustificatamente o sproporzionatamente in relazione all’utilità effettivamente conseguibile, da desumersi in termini oggettivi dagli atti del processo o dalle condotte processuali e senza che il giudizio sulla antigiuridicità della condotta processuale possa farsi derivare automaticamente dal rigetto della domanda o dalla inammissibilità o dall’infondatezza della impugnazione (Cass. 26545/2021). La Corte d’appello ha fatto invero puntuale applicazione di tali principi, valorizzando elementi fattuali da cui ha desunto l’abuso dello strumento processuale da parte dei ricorrenti.
-Con il secondo motivo i ricorrenti denunciano violazione e falsa applicazione di legge (art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c. in relazione agli artt. 91 e 92 c.p.c.), sostenendo che l ‘esito del reclamo avrebbe dovuto indurre la Corte territoriale a condannare i reclamati al pagamento delle spese processuali o, al più, a disporne la compensazione totale, e non parziale, come avvenuto (nella misura di un quarto).
5.1. -Anche il secondo motivo è inammissibile.
5.2. -In tema di spese processuali, il sindacato di questa Corte, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., è limitato ad accertare che non risulti violato il principio secondo il quale le stesse non possono essere poste a carico della parte totalmente vittoriosa (Cass. 16404/2023), mentre esula da tale sindacato, rientrando nel potere discrezionale del giudice di merito, la valutazione dell’opportunità di compensarle in tutto o in parte, sia nell’ipotesi di soccombenza reciproca che in quella di concorso di altri giusti motivi (Cass. 8421/2017, 24502/2017; cfr. Cass., Sez. U, 32061/2022).
5.3. -In particolare, l’accoglimento della domanda in misura ridotta non consente la condanna della parte vittoriosa al pagamento delle spese processuali in favore della parte soccombente, ma può giustificarne la compensazione totale o parziale, in presenza degli altri presupposti previsti dall’art. 92, comma 2, c.p.c. (Cass. 13827/2024). Nel caso di specie, la Corte d’appello ha fatto corretta applicazione di tali principi, disponendo una parziale compensazione delle spese in considerazione del parziale accoglimento del reclamo. E tanto la valutazione delle proporzioni della soccombenza reciproca quanto la determinazione delle quote in cui le spese processuali debbono ripartirsi o compensarsi tra le parti, ai sensi dell’art. 92, comma 2, c.p.c., rientrano nel potere discrezionale del giudice di merito, sottratto al sindacato di legittimità (Cass. 2149/2014, 30952/2017, 14459/2021).
-Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso segue la condanna alle spese, come da dispositivo.
-Sussistono i presupposti processuali per il raddoppio del contributo unificato.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Condanna i ricorrenti al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 3.500,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, se dovuto, per il ricorso principale, a norma del comma 1bis, dello stesso articolo 13.
Così deciso in Roma, il 7/4/2025.