SENTENZA TRIBUNALE DI MONZA N. 1375 2025 – N. R.G. 00000513 2025 DEPOSITO MINUTA 18 11 2025 PUBBLICAZIONE 18 11 2025
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE ORDINARIO di MONZA
Sezione Lavoro
Il Tribunale, nella persona del AVV_NOTAIO del lavoro NOME AVV_NOTAIO , all’esito dell’udienza di discussione, ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nella causa civile di I Grado iscritta al n. rNUMERO_DOCUMENTO. NUMERO_DOCUMENTO promossa da:
C.F. ), con il patrocinio dell’AVV_NOTAIO e dell’AVV_NOTAIO , elettivamente domiciliato presso il loro studio in LodiINDIRIZZO C.F.
RICORRENTE
contro
(C.F. ), in persona del legale rappresentante pro tempore , con il patrocinio dell’AVV_NOTAIO, elettivamente domiciliato presso il suo studio in Bergamo, INDIRIZZO.
CONVENUTO
Oggetto: licenziamento per giusta causa
Svolgimento del processo
Con il ricorso introduttivo del giudizio, depositato il 19 febbraio 2025, ha adito il Tribunale di Monza in funzione di giudice del lavoro per sentir accertare l’illegittimità, illiceità, nullità, annullabilità, inefficacia del licenziamento per giusta causa intimatogli con lettera del 26.7.2024, con conseguente condanna della società convenuta a disporre la sua reintegrazione e, per essa, a corrispondergli l’indennità sostitutiva di quindici mensilità, oltre al risarcimento del danno subito per effetto dell’illegittimo licenziamento in misura pari a 12 mensilità, al tallone mensile di € 5.312,39.
A sostegno della propria domanda il ricorrente ha esposto:
-di aver iniziato a lavorare presso il gruppo il 1.4.1992;
-di essere stato inquadrato dal 1.1.1996 nel primo livello del c.c.n.l. commercio con autorizzazione a non timbrare il cartellino delle presenze giornaliere;
-di aver conseguito la categoria di quadro dal 1.4.1997;
-di essere transitato alle dipendenze della convenuta dal 1.7.2000 in seguito a cessione di azienda mantenendo categoria, mansione e anzianità;
-di essersi occupato di prestare assistenza alle società clienti programmando le attività su base settimanale e di aver sempre eseguito tali attività secondo le modalità consolidate, avendo la convenuta modificato le linee guide per la gestione degli interventi di assistenza solo nel luglio 2024;
-di aver ricevuto proprio nel luglio 2024 contestazione circa talune ‘ incongruenze tra le bolle di intervento e le spese di trasferta richieste nonché tra i luoghi di intervento e i luoghi in cui ha consumato il pranzo nei giorni degli interventi ‘ e di essersi quindi visto rimproverare di aver ‘ falsificato alcune bolle di assistenza tecnica ‘ risultando invece ‘ assente ingiustificato dal lavoro ‘ ed avendo ottenuto ‘ indebiti rimborsi spese dei pasti ‘ ;
-di esser dunque stato licenziato in seguito a tale addebito.
Ha allegato che la mera disamina dei tabulati dei passaggi autostradali (come risultanti dai tabulati Telepass ) sono sufficienti per dimostrare che nei giorni indicati nella contestazione disciplinare egli si è effettivamente recato presso i clienti indicati nei relativi report ed ha effettuato gli interventi tecnici necessari.
Ha dunque contestato gli addebiti da a) a r) di cui alla lettera di contestazione spiegando gli spostamenti effettuati per eseguire gli interventi tecnici ed ha sostenuto la mancanza della giusta causa del licenziamento o comunque la sproporzionalità della sanzione espulsiva.
Ritualmente costituitasi in giudizio, la società convenuta ha contestato le domande attoree e ne ha chiesto il rigetto, deducendo di non aver affatto redatto nel luglio 2024 nuove linee guida per la gestione degli interventi di assistenza, ma di essersi limitata a revisionare procedure già esistenti, disciplinando in modo più dettagliato le modalità di gestione degli interventi esterni.
Ha riferito di aver già contestato al ricorrente , nell’estate 2023, di aver indicato nei rimborsi a piè di lista scontrini afferenti a pasti fruiti nei giorni in cui l’attività lavorativa era stata invece prestata in sede e di aver perciò irrogato la sanzione della sospensione dal lavoro e dalla retribuzione per 10 giorni a fronte dell’ammissione del lavoratore rispetto ai fatti contestati e all’offerta di restituzione del complessivo importo di € 5.986,45 indebitamente richiesto e ottenuto a rimborso.
Ha dedotto che, dopo l’assunzione di un responsabile dell’assistenza tecnica, ha scoperto che riportato nel planning assistenza le bolle di intervento del ricorrente riportavano dati incompleti e contrastanti con quanto e nel foglio presenze e con le note presentate per conseguire il rimborso a piè di lista e, esaminando gli addebiti di cui ai punti da a) a r) della contestazione disciplinare, ha evidenziato gli elementi contraddittori idonei a comprovare la non veridicità delle spese per le quali il lavoratore aveva richiesto il rimborso e, soprattutto, la non veridicità della esecuzione della prestazione lavorativa nei giorni di cui alla contestazione disciplinare. Ha dunque confermato la legittimità del licenziamento gravato, rilevando come le giustificazioni del lavoratore risultassero smentite per tabulas dalla disamina dei tabulati del telepass e dalla disamina delle schede carburante.
Ha richiesto la condanna del ricorrente per lite temeraria.
Ritenuta la causa matura per la decisione su mera base documentale , all’udienza ex art. 420 c.p.c. il ricorrente ha dichiarato di rinunciare all’azione e il convenuto, presone atto, ha chiesto l’accoglimento della domanda formulata ai sensi dell’art. 96 c.p.c., rilevando che pur in presenza di una rinuncia all’azione residua per il giudice di procedere alla condanna per lite temeraria ai sensi dell’art. 96, comma 3, c.p.c. ; il AVV_NOTAIO, dopo aver invitato le parti alla discussione, si è ritirato in camera di consiglio, all’esito della quale ha depositato la presente sentenza, dando lettura del dispositivo e delle contestuali motivazioni.
Motivi della decisione
Con riferimento alla questione di merito afferente alla legittimità del licenziamento intimato al ricorrente con lettera del 26.7.2024, la rinuncia all’azione depositata in atti e le difese spiegate nel presente procedimento costituiscono rinuncia nel merito alla pretesa formulata dal ricorrente con il deposito del ricorso.
Deve dunque pronunciarsi sentenza di cessazione della materia del contendere: ‘ La rinuncia all’azione, diversamente dalla rinuncia agli atti del giudizio, non richiede l’accettazione della controparte, estingue l’azione, determina la cessazione della materia del contendere e, avendo l’efficacia di un rigetto, nel merito, della domanda, comporta che le spese del processo devono essere poste a carico del rinunciante ‘ (Cass., n. 18255 del 10.9.2004; nei medesimi termini Cass., n. 23749 del 14.11.2011 e, recentemente, Cass., n. 27697 del 16.10.2025).
Ne consegue che sul tema della legittimità, fondatezza ed efficacia del licenziamento intimato al ricorrente e su tutte le connesse domande di reintegrazione e di risarcimento del danno deve essere dichiarata la sopravvenuta cessazione della materia del contendere, in ragione della rinuncia all’azione validamente espressa dal ricorrente mediante deposito di dichiarazione sottoscritta di suo pugno e autenticata dal difensore.
Tenuto conto di quanto brevemente esposto e dei principi sopra richiamati espressi dalla Corte di legittimità, le spese del giudizio seguono la soccombenza e vengono liquidate secondo la misura indicata in dispositivo, tenuto conto che la rinuncia all’azione da parte del ricorrente comporta la valorizzazione delle sole fasi di studio e introduttiva.
Con riferimento alla domanda di risarcimento del danno da lite temeraria ai sensi dell’art. 96, comma 3, c.p.c. , deve rilevarsi come sulla base della disamina dei documenti depositati dalla convenuta risulti chiara l’ infondatezza della domanda del lavoratore, che non solo ha completamente ignorato le sollecitazioni della datrice di lavoro (già formulate in seguito alla contestazione disciplinare del 2023) a non utilizzare il rimborso a piè di lista in maniera non corretta, ma ha anche tentato di spiegare la propria condotta con difese le cui risultanze contrastano con gli ‘strumenti’ da lui stesso utilizzati, dal momento che i dati da lui inseriti nelle schede carburante smentiscono la ricostruzione offerta in sede processuale per giustificare in via diretta gli spostamenti effettuati e in via indiretta i giorni di assenza ingiustificata e i rimborsi a piè di lista richiesti. Gli elementi enucleati sono dunque sintomatici del carattere pretestuoso della domanda proposta dal ricorrente.
La domanda risarcitoria deve, quindi, essere accolta.
Per la quantificazione del pregiudizio cagionato al convenuto deve condividersi quella giurisprudenza di legittimità secondo cui ‘ all’accoglimento della domanda di risarcimento dei danni da lite temeraria non osta l’omessa deduzione e dimostrazione dello specifico danno subito dalla parte vittoriosa, che non è costituito dalla lesione della propria posizione materiale, ma dagli oneri di ogni genere che questa abbia dovuto affrontare per essere stata costretta a contrastare l’ingiustificata iniziativa dell’avversario e dai disagi affrontati per effetto di tale iniziativa, danni la cui esistenza può essere desunta dalla comune esperienza ‘(Cass., n. 17485 del 23.8.2011).
Invero, ai fini del riconoscimento del danno da responsabilità aggravata il giudice ” può fare riferimento a nozioni di comune esperienza, tra cui il pregiudizio che la controparte subisce per il solo fatto di essere stata costretta a contrastare un’ingiustificata iniziativa dell’avversario, non compensata, sul piano strettamente economico, dal rimborso delle spese e degli onorari del procedimento stesso, liquidabili secondo tariffe che non concernono il rapporto tra parte e cliente ” (Cass., ss.uu. n. 3057 del 9.2.2009).
Nella specie, tenuto conto anche della particolare complessità delle verifiche documentali poste in essere dalla convenuta in sede procedimentale e processuale per dimostrare l’infondatezza delle difese svolte dal lavoratore , sussistono tutti gli elementi necessari per condannare, ai sensi dell’articolo 96 terzo comma c.p.c., il ricorrente al pagamento in favore della convenuta di una somma equitativamente determinata, che, stante la macroscopica e
ingiustificabile violazione delle regole di buona fede processuale e del costo del personale impiegato per le predette verifiche documentali, va stabilita in via equitativa in misura pari alle spese di lite liquidate in favore della convenuta.
Ritiene per converso il giudicante che la condanna del ricorrente ai sensi dell ‘ art. 96, comma 3, c.p.c. sia satisfattiva del danno causato dalla responsabilità aggravata del lavoratore e che non ricorrano gli estremi per l ‘ inflizione di un ‘ ammenda ai sensi dell ‘ art. 96, comma 4, c.p.c.
P.Q.M.
Il Tribunale, definitivamente pronunciando, ogni diversa istanza ed eccezione disattesa o assorbita, così dispone:
-Dichiara cessata la materia del contendere;
Condanna
rifondere ad
le spese di lite, liquidate
in complessivi € 6.464,00, oltre spese generali e accessori fiscali e previdenziali come per legge;
Condanna a risarcire ad il danno da lite temeraria ai sensi dell’articolo 96 , comma 3, c.p.c., che liquida nella somma di € 6.464,00.
Monza, 18 novembre 2025
Il AVV_NOTAIO NOME COGNOME