Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 25409 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 25409 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 16/09/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 28257/2021 R.G. proposto da: COGNOME NOMECOGNOME NOME, elettivamente domiciliati in RAVENNA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE che li rappresenta e difende
-ricorrente, COGNOME, elettivamente domiciliaao in RAVENNA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE che la rappresenta e difende
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE COGNOME NOME
-intimati- avverso SENTENZA della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA n. 653/2021 depositata il 29/03/2021.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 26/05/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
Fatti di causa
1. –NOME COGNOME e NOME COGNOME sono stati convenuti in giudizio da NOME COGNOME per il risarcimento dei danni da costui subiti da aggressione da parte del cane di proprietà dei due convenuti.
L’attore ha ottenuto il risarcimento.
Tuttavia, i due proprietari del cane hanno ritenuto di essere stati inadeguatamente difesi dal loro avvocato, NOME COGNOME che si era costituito tardivamente, non aveva svolto attività istruttorie, ed aveva fatto perdere loro la possibilità di una manleva da parte della assicurazione. E lo hanno citato per il risarcimento.
Nei primi due giudizi di merito, davanti al Tribunale di Ferrara ed alla Corte di Appello di Bologna, la domanda è stata respinta: i giudici di merito hanno escluso responsabilità del difensore. Ma, su ricorso dei due clienti, questa Corte (ord. 2322/ 2018) ha annullato con rinvio, proprio sulla responsabilità professionale.
Ne è dunque seguito un altro giudizio, all’esito del quale, invece, l’avvocato è stato condannato a risarcire i due clienti per il danno cagionato loro da condotta negligente.
2. -Questa decisione della Corte di Appello di Bologna, resa dunque all’esito del giudizio di rinvio, è qui impugnata da NOME COGNOME e dagli eredi del marito, NOME COGNOME nel frattempo deceduto, con due motivi di ricorso, quanto alla liquidazione delle spese di lite. Non si è costituito l’intimato.
Ragioni della decisione
1. -La Corte di Appello di Bologna, che ha deciso il giudizio di rinvio, accogliendo la domanda dei clienti, qui ricorrenti, di risarcimento del danno subito per la condotta del difensore, ha condannato quest’ultimo al pagamento delle spese di lite, nell’ammontare di 13.227,00 euro, oltre spese generali: questa somma è il risultato dell’ammontare delle spese sia del giudizio di rinvio che dei tre gradi precedenti ad esso.
2. -Con il primo motivo i ricorrenti prospettano violazione del DM n. 55 del 2014 e dell’articolo 2233 c.c.
La tesi è la seguente.
Il giudice di merito ha liquidato gli onorari al di sotto dei minimi tariffari, senza darne ragione. Ma, soprattutto, non ha tenuto conto del fatto che la causa era di particolare complessità a causa del fatto che è durata per diversi anni e per un totale di quattro giudizi, che era stata affidata la difesa di due parti e che da altre due parti quella difesa veniva contrastata.
Nella liquidazione si sarebbe dovuto tenere conto, quindi, dell’aumento dovuto a questi fattori. Il motivo è infondato.
Esso postula che la liquidazione sia errata e che dunque avrebbe dovuto essere di maggiore rilievo sulla base della particolare difficoltà della controversia.
L’accertamento di tale presupposto, essendo esso un presupposto di fatto, spetta al giudice di merito, ed è insindacabile in sede di legittimità.
Tuttavia, qui i ricorrenti sembrano censurare i criteri giuridici con cui si valuta la difficoltà di una causa, e ne prospettano alcuni: la durata di essa (quattro gradi in tutto, compreso il rinvio), il fatto che la difesa ha sostenuto le ragioni non di una ma di due parti, e che ha dovuto difendere tali ragioni da altrettanti (due, per l’appunto) contraddittori.
Né l’uno né l’altro criterio stanno a dimostrare che la causa è di particolare complessità e merita dunque una liquidazione delle spese corrispondente.
Non di certo il fatto che vi siano stati quattro giudizi, che è ipotesi prevista come ‘normale’ dal codice di procedura, in caso di annullamento con rinvio, e dunque non può, di per sé, costituire indice di difficoltà della causa, a prescindere dallo svolgimento concreto di essa.
Ma soprattutto, non può essere invocata la circostanza di avere difeso due parti, e non una sola. Non può esserlo sulla base del fatto, oggettivo e non contestato, che quelle due parti avevano una identica posizione, facevano una identica domanda, ossia in modo identico chiedevano il risarcimento del danno al loro avvocato.
I ricorrenti assumono che tale circostanza (avere la difesa dovuto sostenere le ragioni di due parti, anziché di una) dovrebbe comportare un aumento degli onorari nel modo seguente: ‘ Tale situazione comporta l’aumento del 30% per ogni parte in più presente nel processo, parti che nel nostro caso sono divenute 3 giustificando un aumento del 90%’ (p. 18 del ricorso).
In realtà è principio di diritto che ‘ In tema di liquidazione degli onorari, l’avvocato che assiste più parti aventi la medesima posizione processuale ha sempre diritto ad un solo compenso, ma maggiorato ex art. 4, comma 2, del d.m. n. 55 del 2014, variando, tuttavia, la misura del compenso standard su cui applicare le maggiorazioni in ragione dell’identità o della differenza tra le pretese dei diversi assistiti: nel caso in cui le istanze siano diverse, infatti, a base del calcolo va posto il compenso che si sarebbe dovuto comunque liquidare per una sola parte, maggiorato del 30% per i primi dieci clienti e del 10% dall’undicesimo al trentesimo; se, invece, le pretese sono identiche in fatto ed in diritto, a base del calcolo va posto il compenso che si sarebbe dovuto comunque liquidare per una sola parte, ridotto del 30%, e
quindi maggiorato come indicato nella precedente ipotesi ‘ (Cass. 10367/ 2024).
Ossia, nel caso in cui le parti sono, si, due, ma hanno la stessa posizione, vale a dire identiche pretese in fatto e diritto, non si dà luogo ad automatico aumento del 30% fino addirittura al 90%: ipotesi quest’ultima avanzata dai ricorrenti sul presupposto che le parti siano diventate tre, ma in realtà erano due, essendo la terza parte contraria a loro e dunque non assistita dal medesimo difensore.
Ad ogni modo, l’articolo 4, comma 2 del DM 55 del 2014, considera l’aumento come possibile e non già dovuto, e dunque rimette al giudice di merito l’eventualità di applicarlo.
Il motivo di ricorso, dunque, pretende una liquidazione degli onorari basata su presupposti di fatto diversi da quelli accertati e soprattutto pretende l’applicazione di una regola diversa da quella indicata dal predetto DM e dalla giurisprudenza di questa Corte.
3. -Il secondo motivo prospetta violazione dell’articolo 91 c.p.c. e del DM n. 55 del 2014.
Secondo i ricorrenti non sono state liquidate le spese vive.
Il giudice di merito ha liquidato solo le spese generali, ma non quelle vive, ossia spese di notifica, di autenticazione copie e di contributo unificato.
Osservano che la liquidazione di tali spese è autonoma rispetto alle spese generali, e che solo queste ultime risultano liquidate e non le altre.
Il motivo è fondato.
È infatti principio di diritto che ‘ In tema di spese giudiziali, il giudice deve liquidare in modo distinto spese ed onorari in relazione a ciascun grado del giudizio, poiché solo tale specificazione consente alle parti di controllare i criteri di calcolo adottati e, di conseguenza, le ragioni per le quali sono state eventualmente ridotte le richieste presentate nelle note spese ‘.
(Cass. 23919/ 2020; Cass. 18905/ 2017; Cass. 19623/ 2016; Cass. 24890/ 2011; Cass. 6338/ 2008), e ciò a maggior ragioni in presenza di una nota spese in cui quegli esborsi erano indicati.
Nella fattispecie la liquidazione fatta in sentenza non indica in modo distinto spese ed onorari, e dunque non consente di stabilire se le prime sono comprese nella liquidazione ed in che misura; inoltre era stata depositata nota spese che analiticamente indicava quelle vive, e di cui non si è tenuto conto.
Va dunque accolto il secondo motivo di ricorso. La decisione va cassata, ma non essendovi necessità di accertamenti di fatto, può essere qui decisa nel merito, con accoglimento della domanda sulla liquidazione delle spese.
P.Q.M.
La Corte accoglie il secondo motivo di ricorso. Rigetta il primo. Cassa la decisione impugnata e, decidendo nel merito, accoglie la domanda di liquidazione delle spese vive, come da nota spese.
Così deciso in Roma, il 26/05/2025.
Il Presidente
NOME TRAVAGLINO